Utilizzata dai media in contesti e riguardo dinamiche molto diversi, la parola raptus assume un significato generico all’interno di analisi spesso superficiali e non documentate. C’è dietro un’idea di cattiveria insita nella natura umana, tipica di un approccio moralistico e religioso

Scorriamo i titoli di alcuni giornali relativi a fatti di cronaca: “Yara è stata uccisa per un raptus sessuale”, “Ha colpito in preda a un raptus”, “Accoltellata per un raptus di follia”, “14enne ha un raptus mentre gioca e uccide il padre a coltellate”. Si potrebbero citare tanti altri esempi relativi a casi di infanticidio o femminicidio che testimoniano l’uso da parte della stampa del termine raptus come sinonimo di atto violento impulsivo non controllabile compiuto in una condizione di incapacità di intendere e di volere. Così la parola raptus utilizzata in contesti e in relazione a dinamiche e motivazioni molto diverse assume un significato generico all’interno di analisi spesso superficiali e non documentate. L’uso specialistico, storicamente molto circoscritto, del termine differisce da quello giornalistico: troviamo per esempio la dizione, rara, di raptus melancholicus riferita ad una condizione conosciuta come stupor depressivo nella quale si ha un ottundimento della coscienza accompagnato da un blocco quasi totale del movimento. Si osserva come all’improvviso il soggetto fortemente inibito vada incontro ad una crisi di agitazione accompagnata o meno da gesti auto o etero distruttivi. Il raptus, secondo una concezione classica sostenuta da Eugen Bleuler può intervenire anche in una patologia completamente diversa cioè la schizofrenia catatonica nella quale la persona è immobilizzata dal terrore nell’attesa di un evento apocalittico ritenuto imminente: di colpo può sopraggiungere una crisi psicomotoria. In certi schizofrenici poi si danno anche tipi di raptus che costituiscono estrinsecazioni di ideazioni improvvise (einfhall) non precedute da una tensione emotiva riconoscibile. Nell’ambito del giornalismo che abusa del termine raptus e ne generalizza il misuso, conferisce un carattere sensazionalistico alla notizia il fatto che il gesto efferato e improvviso viene riferito come avvenuto in un contesto apparentemente “normale” nel quale spesso non ci sono condizioni psicotiche conclamate che avrebbero potuto far presagire la tragedia. Ma esiste davvero l’episodio psicotico puntiforme, uno scompenso imprevedibile senza tracce né prima né dopo?…

 

Sul tema “Uso e misuso del termine raptus” lo psichiatra Domenico Fargnoli interverrà giovedì 7 febbraio a Firenze, alla Biblioteca delle Oblate (ore 21). Modera Franco Bagnoli, Università di Firenze e Caffescienza

L’articolo di Domenico Fargnoli prosegue su Left in edicola dall’1 febbraio 2019


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