Dopo il vuoto pneumatico del discorso “al popolo” del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, inizia il conto alla rovescia per il governo giallonero dicono molti osservatori, preconizzando nuove elezioni, se non a settembre, a febbraio 2020. Quel che a noi balza ancora agli occhi è il granitico patto di potere legastellato, con i grillini totalmente asserviti ai diktat della Lega, sodali di un contratto corporativo che li ha portati a ingoiare la legittima difesa, condoni vari (compreso quello a Ischia), il sì agli F35 e ora li vede alla prova della manovra di bilancio, della Flat tax, dell’autonomia differenziata, dello Sblocca cantieri, con la richiesta da parte di Salvini di una deroga di due anni del codice degli appalti.

“Mi ricordo promesse verdi” titolavamo già mesi fa ricordando come anche per quanto riguarda la lotta al consumo di suolo - cavallo di battaglia dei grillini della prima ora - tutto sia finito in un nulla di fatto. Penoso e inaccettabile è stato anche il rimpallo di responsabilità fra i ministri Salvini e Toninelli dopo lo scontro fra una nave da crociera e un battello a Venezia, incidente in cui hanno rischiato la vita molte persone. La dismisura dei «grattacieli del mare» in Laguna non è solo uno schiaffo estetico alla cura e alla fantasia con cui generazioni e generazioni di architetti, artisti e abitanti hanno dato vita a questa antica città che nasce dal gioco armonico di palazzi tutti diversi. Come purtroppo abbiamo visto anche con questo incidente l’invasione delle grandi navi è un pericolo reale e mette a serio rischio la salute e la sopravvivenza dell’ecosistema della laguna. Venezia, ancor più di altre città, è un delicato organismo vivente, la stratificazione della sua storia, la presenza viva dei suoi abitanti passati e presenti forma un’immagine invisibile e potente, che dissennate politiche neoliberiste rischiano di distruggere, cancellandone la mirabile, originalissima sinfonia di case, calli e mare. Lo denunciava già Salvatore Settis nel 2014 con il libro Se Venezia muore (Einaudi) ma la politica, miope, non gli ha dato ascolto.

La tutela del paesaggio, dei centri storici, dell’arte, con lungimiranza costituzionalizzata all’indomani della guerra, dopo la Resistenza partigiana al sacco fascista è ancora un faro culturale per ricostruire il Paese; ancor più in questo momento in cui è messo a sacco dall’ignoranza e dal razzismo di forze sovraniste che puntano a isolare l’Italia dal resto d’Europa. Ripercorrendo queste settimane post elettorali in cui imperversa il tonitruante Salvini con la minaccia di un decreto immigrazione bis, ancor più lesivo dei diritti umani rispetto al precedente intervento del ministro sul tema, scorgiamo però gesti e azioni importanti per rompere il silenzio sulla repressione del dissenso e sulla criminalizzazione della migrazione a cui anche l’opposizione assiste inerte. Ancora una volta prese di posizione forti di rifiuto del razzismo arrivano dalla società civile e dai lavoratori! Dopo aver bloccato con uno sciopero l’imbarco di attrezzature di guerra su navi saudite (ne scrive Chiara Cruciati su questo numero) i camalli, i portuali genovesi, hanno attaccato alla Lanterna di Genova un grande striscione per dare il benvenuto alla nave carica di migranti salvati nel Mediterraneo che la politica dei porti chiusi aveva trattenuto al largo.

Ma a illuminare questa settimana è stata anche l’iniziativa coraggiosa e politicamente importante di due senatrici a vita, Liliana Segre e Elena Cattaneo, che hanno invitato e accolto in Senato la professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa perché i suoi alunni avevano osato interrogarsi sulle radici del fascismo e sui possibili nessi fra le leggi razziali e il decreto sicurezza e immigrazione. Un’occasione preziosa per parlare di libertà di insegnamento, di formazione, che spinge i ragazzi a sviluppare autonomia di pensiero, ma anche per tornare a indagare le radici storiche del nazifascismo che affondano nel razzismo e nell’antisemitismo. Mentre registriamo preoccupati il moltiplicarsi di azioni squadriste di fascisti del nuovo millennio, che si sentono legittimati dall’hate speech, avallato da esponenti di governo.

Nell’intervista che Liliana Segre ha rilasciato a Federico Tulli troverete riflessioni importanti su come la stupidità violenta del razzismo, che si ferma al colore della pelle, alle caratteristiche somatiche o alle differenze d’accento, negando la fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani, poi possa diventare de-umanizzazione dell’altro, pogrom e... addirittura piano lucido di sterminio. «La tempesta si annuncia goccia dopo goccia» è la frase della scrittrice Lia Levi che aveva colpito gli studenti della professoressa Dell’Aria. A permettere ad una goccia di diventare mare, avverte Segre, è l’indifferenza, quel voltarsi dall’altra parte che lei sperimentò sulla propria pelle quando, bambina, fu deportata e che ora colpisce i migranti. Complice colpevole è il silenzio, è l’inerzia, è l’anaffettività di chi volta la testa dall’altra parte. Complice è chi “non vuol vedere” la distruzione e l’annientamento del diverso che sarebbe non umano.

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L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 7 giugno 2019

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Dopo il vuoto pneumatico del discorso “al popolo” del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, inizia il conto alla rovescia per il governo giallonero dicono molti osservatori, preconizzando nuove elezioni, se non a settembre, a febbraio 2020. Quel che a noi balza ancora agli occhi è il granitico patto di potere legastellato, con i grillini totalmente asserviti ai diktat della Lega, sodali di un contratto corporativo che li ha portati a ingoiare la legittima difesa, condoni vari (compreso quello a Ischia), il sì agli F35 e ora li vede alla prova della manovra di bilancio, della Flat tax, dell’autonomia differenziata, dello Sblocca cantieri, con la richiesta da parte di Salvini di una deroga di due anni del codice degli appalti.

“Mi ricordo promesse verdi” titolavamo già mesi fa ricordando come anche per quanto riguarda la lotta al consumo di suolo – cavallo di battaglia dei grillini della prima ora – tutto sia finito in un nulla di fatto. Penoso e inaccettabile è stato anche il rimpallo di responsabilità fra i ministri Salvini e Toninelli dopo lo scontro fra una nave da crociera e un battello a Venezia, incidente in cui hanno rischiato la vita molte persone. La dismisura dei «grattacieli del mare» in Laguna non è solo uno schiaffo estetico alla cura e alla fantasia con cui generazioni e generazioni di architetti, artisti e abitanti hanno dato vita a questa antica città che nasce dal gioco armonico di palazzi tutti diversi. Come purtroppo abbiamo visto anche con questo incidente l’invasione delle grandi navi è un pericolo reale e mette a serio rischio la salute e la sopravvivenza dell’ecosistema della laguna. Venezia, ancor più di altre città, è un delicato organismo vivente, la stratificazione della sua storia, la presenza viva dei suoi abitanti passati e presenti forma un’immagine invisibile e potente, che dissennate politiche neoliberiste rischiano di distruggere, cancellandone la mirabile, originalissima sinfonia di case, calli e mare. Lo denunciava già Salvatore Settis nel 2014 con il libro Se Venezia muore (Einaudi) ma la politica, miope, non gli ha dato ascolto.

La tutela del paesaggio, dei centri storici, dell’arte, con lungimiranza costituzionalizzata all’indomani della guerra, dopo la Resistenza partigiana al sacco fascista è ancora un faro culturale per ricostruire il Paese; ancor più in questo momento in cui è messo a sacco dall’ignoranza e dal razzismo di forze sovraniste che puntano a isolare l’Italia dal resto d’Europa. Ripercorrendo queste settimane post elettorali in cui imperversa il tonitruante Salvini con la minaccia di un decreto immigrazione bis, ancor più lesivo dei diritti umani rispetto al precedente intervento del ministro sul tema, scorgiamo però gesti e azioni importanti per rompere il silenzio sulla repressione del dissenso e sulla criminalizzazione della migrazione a cui anche l’opposizione assiste inerte. Ancora una volta prese di posizione forti di rifiuto del razzismo arrivano dalla società civile e dai lavoratori! Dopo aver bloccato con uno sciopero l’imbarco di attrezzature di guerra su navi saudite (ne scrive Chiara Cruciati su questo numero) i camalli, i portuali genovesi, hanno attaccato alla Lanterna di Genova un grande striscione per dare il benvenuto alla nave carica di migranti salvati nel Mediterraneo che la politica dei porti chiusi aveva trattenuto al largo.

Ma a illuminare questa settimana è stata anche l’iniziativa coraggiosa e politicamente importante di due senatrici a vita, Liliana Segre e Elena Cattaneo, che hanno invitato e accolto in Senato la professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa perché i suoi alunni avevano osato interrogarsi sulle radici del fascismo e sui possibili nessi fra le leggi razziali e il decreto sicurezza e immigrazione. Un’occasione preziosa per parlare di libertà di insegnamento, di formazione, che spinge i ragazzi a sviluppare autonomia di pensiero, ma anche per tornare a indagare le radici storiche del nazifascismo che affondano nel razzismo e nell’antisemitismo. Mentre registriamo preoccupati il moltiplicarsi di azioni squadriste di fascisti del nuovo millennio, che si sentono legittimati dall’hate speech, avallato da esponenti di governo.

Nell’intervista che Liliana Segre ha rilasciato a Federico Tulli troverete riflessioni importanti su come la stupidità violenta del razzismo, che si ferma al colore della pelle, alle caratteristiche somatiche o alle differenze d’accento, negando la fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani, poi possa diventare de-umanizzazione dell’altro, pogrom e… addirittura piano lucido di sterminio. «La tempesta si annuncia goccia dopo goccia» è la frase della scrittrice Lia Levi che aveva colpito gli studenti della professoressa Dell’Aria. A permettere ad una goccia di diventare mare, avverte Segre, è l’indifferenza, quel voltarsi dall’altra parte che lei sperimentò sulla propria pelle quando, bambina, fu deportata e che ora colpisce i migranti. Complice colpevole è il silenzio, è l’inerzia, è l’anaffettività di chi volta la testa dall’altra parte. Complice è chi “non vuol vedere” la distruzione e l’annientamento del diverso che sarebbe non umano.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 7 giugno 2019


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