Dopo le denunce per violenza e abusi psicologici delle suore della Comunità Loyola (reati prescritti), la drammatica testimonianza di una donna che per alcuni anni ha lavorato al Centro Aletti quando era diretto da padre Rupnik ed è dovuta «fuggire» per sottrarsi alle forti pressioni subite. «I gesuiti sanno che questa cosa non è accaduta solo a me». Le parole di un vescovo: «Rupnik è molto ben difeso»

«Quello che mi è capitato con padre Rupnik è accaduto nel contesto del Centro Aletti di cui lui era direttore. Ho sentito il dovere di parlare, di collaborare, dopo aver letto quello che è divenuto pubblico all’inizio di dicembre, sconcertata dalla reazione “tiepida” dei gesuiti e dal totale silenzio della Santa Sede». L’incontro con una nuova testimone del caso-Rupnik avviene su Skype dopo averle assicurato totale garanzia di anonimato. «Tutto ciò che sto per raccontarle – dice – in un certo senso forse è meno grave di quanto denunciato dalle suore di Lubjana nei confronti di colui che era il loro padre spirituale all’inizio degli anni Novanta, però è accaduto molto più di recente, è accaduto a Roma e soprattutto il quartier generale della Compagnia di Gesù ne è a conoscenza già da tempo». Il che smentirebbe in parte quanto raccontato da un gesuita all’agenzia stampa cattolica Aciprensa il 5 dicembre scorso e cioè che il Vicariato di Roma non è finora intervenuto perché le accuse contro Rupnik riguardano fatti accaduti solo in Slovenia.

La donna prosegue il racconto: «Quando arrivai alla scuola d’arte del Centro Aletti di Roma avevo grandi aspettative, ero un’artista, avevo lavorato in diversi atelier, volevo far parte della squadra del famoso padre Rupnik realizzatore di mosaici per le chiese di mezzo mondo, avevo un enorme desiderio di imparare». Ma le cose non sono andate come desiderava. «Le mie aspirazioni sono diventate il suo terreno di conquista, la sua arte è diventata il suo terreno di seduzione. E a un certo punto è iniziato un rapporto “nuovo”. Nel senso che senza che me ne rendessi conto lui ha iniziato ad avere su di me un dominio psichico al punto che per due anni ho perso la mia libertà di pensiero e quasi la libertà di muovermi. Ero completamente presa da quest’uomo e soprattutto completamente persa. Vivevo un grande caos interiore».

Potrebbe sembrare un innamoramento ma secondo la nostra fonte era qualcosa di diverso. «Lui poteva fare di me quello che voleva. Ero sotto il suo controllo e pian piano lui ha iniziato a compiere dei gesti su di me che non si devono fare. Gesti che non possono essere qualificati come vera e propria aggressione sessuale, siamo proprio al limite. Io semplicemente non volevo che mi mettesse le mani addosso ma lui si è avvicinato troppo. In tal senso la mia vicenda è molto meno grave della storia denunciata dalle suore di Lubjana. Ne sono consapevole. Siamo su due piani in parte diversi. La mia è molto più caratterizzata dal dominio psichico che dall’abuso sessuale».

E cosa ha fatto? «Inizialmente ho cercato di reagire ma Rupnik mi fece capire che se avessi continuato a rifiutarlo beh… forse dovevo andare via dall’atelier e che il mio posto non era lì. In pratica il mio lavoro sarebbe dipeso dall’accettazione dei suoi gesti, dall’accettazione di quello che voleva fare di me. L’unica soluzione è stata fuggire. Questa è la parola. Sono fuggita. Ho inventato un pretesto e sono fuggita. Poco tempo dopo ho avuto un crollo psicologico». Non lo ha più rivisto da allora? «Sì ma quando accennai alle sue “attenzioni” dapprima negò poi mi chiese se ne avessi parlato con qualcuno, infine se ne andò senza lasciarmi parlare». E a quel punto cosa fece? «Lo scorso anno mi sono manifestata ai gesuiti. Ho scritto una testimonianza di 10 pagine e l’ho mandata a Roma. Poi c’è stato un incontro su zoom durante il quale un gesuita mi disse di aver ricevuto qualche anno prima una testimonianza molto simile alla mia. Io non so chi è questa persona ma da quello che ho capito è italiana». Dalla sua denuncia è stato avviato un procedimento? Cosa le ha risposto il gesuita?

«Mi è stato detto che la prima testimonianza ha dato il via a una visita canonica dentro il Centro Aletti. “Abbiamo fatto un po’ di pulizia e Rupnik è stato tolto dal posto di direttore”, sono state queste le sue parole». E poi? «Il mio interlocutore mi ha detto che avevano deciso di sottoporlo ad alcune misure per limitare il suo “modo di fare”: gli hanno tolto la confessione delle donne e l’accompagnamento spirituale delle donne». E qui un altro passaggio chiave e fin qui inedito del caso-Rupnik. «Quando mi sono manifestata ai gesuiti di Roma queste misure erano già in vigore e mi è stato suggerito di prendermi del tempo per pensare se denunciarlo anche io. «Per il momento, Rupnik ha già delle restrizioni temporanee. Quindi non c’è emergenza, ci rifletta su e quando scadranno le restrizioni attuali, ne parliamo di nuovo”». Non è chiaro quando queste misure temporanee contro Rupnik sarebbero scadute ma secondo i calcoli di chi scrive sono state comminate nel 2019. Inoltre, la nostra interlocutrice dopo alcuni mesi da quel colloquio è venuta a sapere che a causa delle accuse delle suore della Comunità Loyola di Lubiana Rupnik sarebbe stato sottoposto a nuove restrizioni: «Quindi io tecnicamente non ho mai fatto una denuncia in senso stretto. Ancora oggi il generale dei gesuiti non conosce la mia identità. Sa che io esisto. Ma io sono sotto anonimato totale».

Ha mai pensato di denunciare tutto alla magistratura laica? «Sì, poche settimane fa quando ho capito che i gesuiti affermando di aver fatto quello che si doveva fare se ne sarebbero lavati le mani e che il Dicastero della dottrina della fede non avrebbe condannato Rupnik per via della prescrizione dei reati di cui era accusato. Ho chiesto consiglio a un avvocato e a un magistrato ma mi è stato detto che sarebbe stato difficilissimo provare qualcosa per quanto riguarda le pressioni psicologiche. Mentre i gesti che ho subito, tra due adulti, sarebbero poca cosa. Ma dal punto di vista canonico è diverso. Un religioso certe cose non le può fare». I gesuiti secondo lei non stanno facendo abbastanza?

«Penso alle suore di Lubjana e ad altre vittime. Penso a quello che hanno dovuto sopportare. Ebbene, i gesuiti dovrebbero chiedere la testimonianza di tutti coloro che sono passati dal centro Aletti di Roma: studenti, artisti, persone accolte per un tempo e che non ci vivono più…, ma fino a oggi non l’hanno fatto. Tutto questo per il momento resta nell’ombra. Io capisco che l’attualità di oggi si concentri sulle accuse delle 9 suore ed è un bene che si stiano finalmente accendendo i riflettori. Io mi auguro che in una seconda fase si ripensi a tutto il contesto, compreso quello artistico in cui Rupnik si è mosso. Ci sono donne che hanno dato la loro vita per Rupnik e alcune sono donne consacrate. Bisogna indagare lì per verificare se ci siano state altre vittime».

In tutto questo sappiamo che al team di Rupnik continuano a commissionare mosaici religiosi in tutto il mondo. «Le racconto un’ultima cosa». Ci dica. «Ho parlato di recente con un vescovo che aveva appena chiamato la curia a Roma per chiedere come regolarsi. Già perché anche se è stato prosciolto dalle accuse per la prescrizione dei reati ora dovrebbe provocare imbarazzo avere dei mosaici di Rupnik laddove prima era un vanto. Ebbene io questo l’ho detto al vescovo e la sua risposta è stata: “Rupnik è molto ben difeso”. Lì per lì ingenuamente ho pensato che avesse un avvocato ecclesiastico molto buono. Oggi interpreto quella frase in un altro modo: Per come si sono messe le cose chi è in grado di difenderlo a un livello così alto? Ci sono pochissime persone che lo possono fare…».

Tutte le puntate dell’inchiesta di Spotlight Italia – Il database di Left

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Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).