«Il caso Rupnik non deve essere trattato secondo gli stili discorsivi cari alla cronaca scandalistica. È fondamentale che sia invece messa in luce la struttura che permette tali abusi, che li copre con l’omertà, che per secoli è stata complice, se non prima responsabile. È la struttura misogina gerarchica clericale che inferiorizza donne e laici, considerandoli a “propria disposizione”»

«Siamo determinate a condurre una battaglia senza sconti per denunciare le “strutture di peccato” in cui si radica il “caso del religioso gesuita Marko Rupnik”», accusato di violenza psicologiche e sessuali da oltre dieci religiose. Di questo «impianto la Chiesa cattolica è artefice e protagonista». Così Re-in-surrezione, una rete di persone appartenenti alle associazioni Donne per la Chiesa e Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, commenta gli ultimi sconcertanti sviluppi della vicenda che vede protagonisti Rupnik, teologo e artista religioso di fama mondiale, la Compagnia di Gesù e la Santa Sede, impegnati a cercare di far trapelare il meno possibile circa le accuse che inseguono il religioso sin dai primi anni Novanta.

«Troppo spesso – proseguono le attiviste di Re-in-surrezione – abbiamo constatato che nei movimenti ecclesiali/congregazioni/culti ci si serve surrettiziamente di alcune categorie ecclesiologiche per usare e manipolare persone (quasi sempre donne) che si avvicinano a tali contesti religiosi in nome di una chiamata spirituale. Queste donne sono limpide, fiduciose, ignare degli “adescamenti” che troppo spesso – oramai lo abbiamo verificato nella nostra non più breve esperienza – si compiono».

La logica, secondo le firmatarie del documento, «è quella del dominio del chierico maschio “ontologicamente superiore” e in nome dell’“obbedienza”, “umiltà”, “segretezza delle procedure”, “perdono”, del “non infangare una santa istituzione”, della “adorazione verso chi incarna il sacro” e altre categorie “dello spirito”, si cattura la persona in una rete di soprusi, abusi, macchinazioni perverse, dove le logiche della sudditanza e dell’omertà sono la regola». La minaccia, come ha raccontato a Left una testimone, è solo allusa: Quella di subire le conseguenze di un potere androcentrico totalitario e quindi la condanna all’infamia, oltre che al baratro esistenziale in caso di dissenso conclamato e all’ isolamento senza nessuna via d’uscita percorribile.

  • «La cultura dello stupro (che non è solo fisico, ma anche spirituale) passa di qui – si legge ancora nel documento -. Non ci intratteniamo sui dettagli del caso Rupnik, degno perpetratore di tale cultura. Vogliamo puntualizzare però alcune osservazioni:
  • Rupnik è sì uno tsunami, ma è solo la punta dell’iceberg: non è la mela marcia dentro a un paniere di mele sane, non è il criminale mentre i suoi sodali sarebbero innocenti. Si tratta di una malattia endemica che pervade il sistema ecclesiastico tutto e che in Italia, in particolare, si tende a occultare. Sono complici i mezzi di informazione, per lo più muti – tranne alcune lodevolissime eccezioni, a cui riconosciamo di essersi da tempo impegnate seriamente su tali fenomeni, per aver lanciato campagne di stampa e approfondito con inchieste: la agenzia di stampa Adista, la rivista Left, il quotidiano Domani; complici sono anche i /le cattolici/che che preferiscono non vedere e non sapere. Colluso è anche lo Stato che si mostra indifferente verso la sorte dei suoi/delle sue cittadini/e quando sono violati/e nei loro diritti.
  • La Compagnia di Gesù non può credere di salvare la faccia dicendo che le vittime si rivolgano a lei e saranno ascoltate e accolte a braccia aperte. È la stessa logica che percorre la Conferenza episcopale italiana, logica che nasconde la strategia del “sopire e tacere”, di manzoniana memoria. Tali atteggiamenti non sono credibili: esigiamo che ci sia una azione giuridica legale pubblica.
  • Chiediamo altresì che si aprano gli archivi rendendoli accessibili a una commissione indipendente.
  • E soprattutto affermiamo che il caso Rupnik non deve essere trattato secondo gli stili discorsivi cari alla cronaca scandalistica. È fondamentale che, nella ricostruzione di tali eventi, sia invece messa in luce la struttura che permette tali abusi, che li copre con l’omertà dell’istituzione stessa, che per secoli è stata complice, se non prima responsabile, di un habitus androcentrico. È la struttura misogina gerarchica clericale che inferiorizza donne e laici, considerandoli a “propria disposizione”».

Tutte le puntate dell’inchiesta di Spotlight Italia – Il database di Left

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