Dopo gli articoli pubblicati nel numero di Left di giugno, approfondiamo l'analisi sull'applicazione della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza con l'intervento della ginecologa Mirella Parachini. Ecco le proposte per migliorare le norme del 1978

L’edizione 2022 delle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità sull’aborto, “Abortion care guideline” evidenzia quanto un «ambiente favorevole» sia il fondamento per un’assistenza completa e di qualità in caso di aborto. «Un ambiente favorevole è quello in cui i diritti umani degli individui sono rispettati, protetti e soddisfatti. Ciò comporta un riesame periodico e, ove necessario, una revisione dei quadri normativi, legislativi e politici e l’adozione di misure per garantire la conformità con gli standard internazionali in materia di diritti umani in continua evoluzione».

Eppure nel nostro Paese “la legge 194 non si tocca” è il mantra recitato ormai da quasi tutte le forze politiche, comprese le destre antiabortiste attualmente al governo, che sanno bene come si possa ostacolare l’accesso all’aborto semplicemente non applicando o applicando male la legge, o anche interpretando in maniera rigidamente restrittiva molte parti di essa. L’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica porta avanti da anni proposte specifiche, sia per garantire una migliore applicazione della legge che per avviare le più corrette modalità con cui andrebbe monitorata, secondo le indicazioni emerse dall’indagine “Mai dati” (come riportato a suo tempo da Left). In questa direzione l’associazione Coscioni ha promosso, nel mese di maggio scorso, la costituzione di un intergruppo parlamentare in materia di Salute riproduttiva e interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), cui hanno aderito 28 tra deputati e senatori. Nessun esponente di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si è finora reso disponibile a partecipare al gruppo di lavoro.

Ne è seguito lo svolgimento di un seminario che si è tenuto a Roma il 4 luglio scorso, con la partecipazione di relatori da sempre impegnati nel campo della salute riproduttiva sia sul piano medico che giuridico, nel corso del quale sono state discusse quelle proposte di modifica delle parti della legge 194 che mostrano le più evidenti ed urgenti criticità, sulla base dell’esperienza applicativa a 45 anni dalla sua approvazione, un vero e proprio “tagliando”, come è stato intitolato l’incontro. Il seminario dovrebbe essere l’inizio di un percorso destinato ad apportare alcune modifiche in senso migliorativo della legge sull’aborto nel nostro Paese, ma anche ad un importante ripensamento della sua impostazione, a partire dalla integrazione del concetto di salute riproduttiva nell’ambito della definizione di salute.

Nel suo intervento Corrado Melega, il ginecologo di Bologna “discepolo” di Carlo Flamigni, ha ricordato come, sin dalla Conferenza Internazionale sui diritti umani, tenutasi a Teheran nel 1968, i diritti e la salute della riproduzione siano stati riconosciuti come una componente intrinseca dei diritti umani. Anche i trattati internazionali più recenti, sottoscritti dal nostro Paese, hanno definito molto chiaramente questi concetti, identificando le azioni fondamentali da intraprendere nonché gli indicatori per misurare gli sforzi e il progresso realizzato nel garantire tali diritti. Anna Pompili, ginecologa della associazione Coscioni e di Amica (Associazione medici italiani contraccezione e aborto), ha spiegato come, contrariamente al considerare l’aborto come un diritto definitivamente acquisito, la legge 194 in realtà non garantisca alle donne l’autodeterminazione, ma permette l’aborto volontario solo per scongiurare pericoli, potenziali o attuali, per la salute. Alla luce dell’evoluzione del concetto di salute in questi 45 anni, ne deriva come fondamentale e necessario includervi la salute riproduttiva, riconoscendo una completa responsabilità alle scelte delle donne.

Per quanto riguarda l’aspetto strettamente medico, alcune modifiche della legge sono davvero urgenti quali, per esempio, quella il diritto ad interrompere la gravidanza alle donne che oggi sono costrette ad andare all’estero in caso di una diagnosi troppo tardiva di grave patologia fetale, interruzione permessa nel nostro Paese solo fino a 22-23 settimane. Sono anni che io vado ripetendo che una legge che costringe a cambiare Paese per avere accesso ad un diritto tutelato, quale quello alla salute in questo caso, non è una buona legge. E va cambiata. Se e come sia possibile modificare la norma è stato analizzato da Milli Virgilio, avvocata del Foro di Bologna, partecipe delle azioni giudiziarie negli storici processi contro le autodenunce per aborto prima dell’approvazione della legge, che ha sostenuto come la proclamata intangibilità della 194 non convince e lede il principio di autodeterminazione della donna.

Tra le criticità e manchevolezze del dettato normativo ha sottolineato anche la questione della gratuità della contraccezione, che dovrebbe costituire requisito primario della salute riproduttiva. La ricognizione della legge articolo per articolo, è la premessa per la individuazione delle proposte di modifica legislativa, che si prospettino come sin d’ora proponibili e praticabili. Fondamentale per affrontare questo disegno, probabilmente da molti considerato utopistico, è il parere della prof.ssa Giuditta Brunelli, costituzionalista dell’Università di Ferrara, che ha illustrato la necessità di un intervento di riforma che aggiorni ciò che all’epoca, quasi mezzo secolo fa, derivava dalla sentenza della Corte Costituzionale, oggi piuttosto “asfittica” nei confronti sia del principio di eguaglianza di genere (che deriva dal nesso tra la possibilità delle donne di controllare la propria vita riproduttiva e quella di partecipare alla vita sociale, economica e politica senza subire discriminazioni) sia del principio di autodeterminazione nelle scelte procreative.

Chiara Lalli ha riproposto la necessità di disporre di dati aperti nel monitoraggio dell’applicazione della legge, al fine di rilevare correttamente tutti i disservizi, essendo questo l’unico modo in cui sia il ministro della Salute che le Regioni avrebbero dovuto intervenire tempestivamente. Ciò non è accaduto in questi 45 anni, in cui il Parlamento – di conseguenza – avrebbe potuto valutare le eventuali modifiche da apportare, anche solo nell’ottica della tutela del diritto alla salute. I vari ministri, invece, si sono sempre solo limitati a fare una sorta di annoiato “copia-incolla” dalle relazioni precedenti, senza mai segnalare reali criticità, ma, anzi, minimizzando quelle che emergevano dalle proteste della società civile, in relazione, ad esempio, agli alti tassi di obiettori di coscienza.

L’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, ha sottolineato come, con i parlamentari dell’intergruppo promosso dall’associazione, si voglia seguire la via parlamentare per le modifiche proposte, non tralasciando le altre vie possibili, inclusi i Tribunali. In conclusione ecco le proposte di modifica delle parti della legge che mostrano le più evidenti ed urgenti criticità, sulla base dell’esperienza applicativa:
Eliminare il periodo di attesa obbligatorio. Le procedure per l’interruzione volontaria di gravidanza sono sicure; è possibile comunque avere complicazioni, la cui incidenza aumenta progressivamente con l’aumentare dell’epoca gestazionale. Se la donna è convinta della sua scelta, costringerla a soprassedere sulla sua decisione per un periodo la cui durata è fissata per legge la espone solo a un rischio maggiore di complicazioni, per la salute fisica e per la salute psichica. Introdurre il “rischio per la salute” della donna per le Ivg oltre il 90esimo giorno. Al momento, quando vi sia la possibilità per il feto di vivere al di fuori dell’utero (oggi oltre 21 settimane + 6 giorni) la legge permette l’aborto solo se vi sono rischi per la vita della donna, e non per la sua salute. Questo corrisponde a una scelta legislativa molto rigorosa e penalizzante, configurabile come un vero e proprio “obbligo di continuazione della gravidanza” in presenza, appunto, di pericoli gravi per la salute. Per questo si propone di integrare l’articolo 6 con la menzione specifica della salute della donna oltre che per il grave pericolo per la vita. Eliminare l’obbligo del medico di “salvaguardare la vita del feto”. L’attuale approccio di attivismo terapeutico pone non pochi problemi e rende impossibile l’aborto in utero, previsto da tutte le società scientifiche internazionali. Oggi in Italia non è possibile, in pratica, abortire dopo la 22esima settimana e, in presenza di una diagnosi di seria patologia fetale, la donna dovrebbe partorire un figlio gravemente ammalato: una prospettiva inaccettabile per moltissime donne, che decidono dunque di abortire all’estero. Si propone che l’autorizzazione all’interruzione della gravidanza venga data da una commissione medica che valuta caso per caso.

La legge 194 ha compiuto 45 anni. Pur con le limitazioni dovute ad un’impostazione ideologica e di compromesso, ha permesso alle donne italiane l’accesso a procedure sicure e garantite dal nostro Sistema sanitario nazionale. Guardando al futuro, vogliamo pensare ad un superamento dei limiti ideologici entro i quali essa è stata elaborata, nell’ottica della costruzione di una norma “leggera” che, riconoscendo non solo il diritto alla salute, ma anche quello all’autodeterminazione, possa definire rigorosamente i doveri dello Stato in tema di diritti riproduttivi, impedendo scandalose latitanze. Le donne italiane hanno diritto ad un aggiornamento della legge. Un “tagliando” che non si può davvero più rimandare, e che è richiesto nella Petizione presentata dall’Associazione Luca Coscioni al Parlamento su cui ora è aperta una raccolta firme.

L’autrice: Mirella Parachini, ginecologa, vice segretaria dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, segretaria Fiapac (Federazione internazionale operatori di aborto e contraccezione). Conduce ogni sabato la trasmissione Il maratoneta su Radio radicale

Per approfondire il tema della legge 194: Alessio Laconi, A 45 anni dal varo della legge 194 i diritti delle donne sono ancora a rischio, Left, maggio-giugno 2023

Irene Terenzi, Contro la legge 194 obiezione e pregiudizio, una vergogna italiana, Left, maggio-giugno 2023

Nella foto: frame del video della manifestazione per la giornata mondiale dell’aborto sicuro, 28 settembre 2022