Un’emorragia silenziosa. Un fenomeno a senso unico. È la nuova emigrazione giovanile italiana. A lasciare la Penisola sono soprattutto laureati, ricercatori, spesso anche docenti universitari. Costretti ad andarsene non per scelta ma per necessità, in cerca di opportunità e salari coerenti con la propria formazione che l’Italia non offre per via di scellerate politiche portate avanti da governi di diverso colore. E quel che è peggio, questo fenomeno non è compensato da ingressi equivalenti - men che meno oggi con il governo di Giorgia Meloni - quindi impoverisce progressivamente il tessuto culturale, sociale e produttivo del nostro Paese privandolo di competenze fondamentali per innovazione e sviluppo. Eppure oggi ci si presenta una grande opportunità.
L’amministrazione Trump ha dato vita a una sconcertante politica di drastica riduzione, se non eliminazione totale, di fondi federali a istituti di ricerca e università statunitensi, mettendo da un lato a rischio, solo per fermarci al mondo della medicina, intere linee di ricerca da cui può dipendere la salute pubblica mondiale, e dall’altro paradossalmente spingendo il mondo scientifico Usa a cercare in altri Paesi le risorse e le strutture necessarie per portare a compimento il loro lavoro.
Su Scientific American è stato rilanciato il grido d’allarme di circa 1.900 scienziati di massimo livello, tra cui premi Nobel, sui rischi per il futuro della ricerca scientifica negli Stati Uniti causati dalle recenti mosse dell’amministrazione Trump. E secondo molti, tra cui gli estensori del manifesto ReBrain Europe (vedi box a pagina 13), questa improvvisa crisi nordamericana rappresenta, per l’Italia e per l’Europa, un’opportunità straordinaria e una chiamata a alla responsabilità nella difesa di valori come la libertà scientifica e lo sviluppo della ricerca di eccellenza. Ci siamo chiesti: il nostro Paese può essere un hub di richiamo? E l’Europa alle prese con i dazi di Trump, la guerra in Ucraina e un’atavica crisi politica?
Per approfondire questi temi abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandro Foti. Ricercatore in immunologia al Max Planck Institute di Berlino in Germania.È autore del libro Stai fuori! (con prefazione di Riccardo Iacona, edizioni Dedalo), un lavoro che fonde la struttura di un saggio con quella di un libro d’ inchiesta - e anche un po’ autobiografico - che attraverso dati e testimonianze, a partire dall’esperienza vissuta sulla propria pelle, analizza le carenze strutturali italiane e propone soluzioni per frenare l’esodo e invertire questa tendenza. Una fotografia impietosa dello stato in cui versa il nostro Paese ma anche una finestra aperta sul mondo esterno - dalla Germania, in cui appunto vive e lavora, alla Francia e altri Paesi anche meno ricchi dell’Italia - dove invece sui giovani e sul miglioramento della condizione giovanile si punta senza ipocrisia e tentennamenti. Ma senza avere ancora una visione di Europa unita culturalmente, socialmente e politicamente.
L’avversione di Trump per la ricerca e il mondo scientifico può essere un’opportunità per l’Europa? Sì, in teoria è una grande occasione. La situazione
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