Il Rosatellum era una trappola: ma la legge elettorale elucubrata dagli eredi politici di Almirante, se passa, sarà un colpo di Stato a norma di legge

Le regole del gioco, per Meloni, sono solo un altro strumento di comando. Ora tocca alla legge elettorale. Non bastano i pieni poteri del premierato: serve anche sterilizzare gli alleati, blindare la vittoria, riscrivere le urne per riscrivere il Parlamento. Il modello? Un proporzionale con premio di maggioranza al 55% per chi supera il 40% dei voti. Una soglia comoda per chi parte da un 47,4% virtuale e può così svuotare di senso la concorrenza. Altro che governabilità: qui si tratta di egemonia matematica.

Dentro c’è tutto: il nome del premier sulla scheda, i capilista bloccati, le preferenze solo dove non disturbano. Una riedizione del Porcellum, con lo stesso odore di incostituzionalità, cucito su misura per due Camere diverse, in una Repubblica che resiste a essere trasformata in monarchia elettiva. Il Senato, ricorda la Costituzione, si elegge su base regionale. Ma nella bozza non c’è traccia di premi regionali. Rischio: due maggioranze diverse e caos garantito.

Le opposizioni si compattano. Pd e M5S alzano le barricate, evocano le preferenze, persino le primarie. Conte fiuta l’occasione, Schlein il rischio. Ma la vera sfida non è solo opporsi a una legge. È opporsi all’idea che la democrazia si pieghi a chi comanda. Che il consenso autorizzi l’abuso. Che la riforma sia un’arma. Il Rosatellum era una trappola: ma questo, se passa, sarà un colpo di Stato a norma di legge. E a volto scoperto.

Meloni, incapace di vincere col premierato, tenta il colpo con l’urna truccata. Ma la storia insegna: chi gioca con la legge elettorale per fregare gli altri finisce fregato.

Buon mercoledì.