Il nuovo libro della psichiatra e psicoterapeuta Marcella Fagioli esplora l’origine del linguaggio umano come espressione dell’inconscio, facendo dialogare linguistica e psichiatria. Al centro, il sogno come espressione preverbale e via d’accesso alla cura della mente

È sempre stimolante avvicinarsi allo studio della capacità specificamente umana che è il linguaggio. Siamo l’unica specie vivente che comunica con una straordinaria complessità e pluralità di suoni che fanno parole e lingue, rendendoci per questo una specie indiscutibilmente disposta alla comunicazione e alla socialità. Allo stesso modo è sorprendente ed emozionante per ogni genitore osservare il piccolo bambino che superato il primo anno di vita durante il quale la comunicazione si è espressa unicamente nel vagito, inizia misteriosamente ad esprimere le prime incerte parole. Poi negli anni l’uomo acquisita pienamente la sua capacità linguistica. Sarà responsabilità di ognuno saperla usare nella relazione con gli altri perché le parole non sono solo il mezzo per chiedere l’acqua o comprendere la matematica, ma veicolano affetti o violenza, aggrediscono o proteggono.

Sul tema del linguaggio appare ora come novità editoriale il libro di Marcella Fagioli, La parola dell’inconscio. Ipotesi che legano gli studi linguistici alla realtà psichica, per i tipi del L’Asino d’oro. L’autrice, psichiatra e psicoterapeuta, propone lo studio svolto per la sua tesi di laurea nel 1992. Già questo aspetto potrebbe lasciarci perplessi. In effetti una tesi di laurea, pur se svolta con accuratezza, appare sempre un lavoro ancora acerbo sul piano scientifico. Invece questa è proposta come novità ben trent’anni dopo la sua elaborazione. La casa editrice ha infatti voluto a suo tempo inaugurare una nuova collana, Percorsi di ricerca con Massimo Fagioli, di cui questo volume è il terzo titolo, e nella quale sono raccolti lavori elaborati nel rapporto di persone che partecipavano alla ricerca dell’Analisi collettiva con Fagioli. E in questo volume, la ricerca

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