L'ultimo lavoro di Ivan Cavicchi, sociologo, antropologo, docente presso la facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata e filosofo della medicina da sempre attivo nella difesa della sanità pubblica, Articolo 32 - un diritto dimezzato, segue di appena un anno l’appello, a suo dire totalmente inascoltato (quantomeno dalla politica), formulato tramite il libro Salviamo la Sanità (entrambi usciti per Castelvecchi).
La sanità di cui parlava Cavicchi nella precedente pubblicazione e che è inevitabilmente richiamata in questa ultima uscita, è la sanità pubblica che versa nelle condizioni drammatiche ben note a noi tutti, operatori e pazienti. Una sanità fatta di liste di attesa infinite, file nei pronto soccorso, scarsità di professionisti sanitari. Ma questi sono solo i sintomi più evidenti di una malattia i cui prodromi vengono, in realtà, da molto lontano. E se non si agisce sulle cause che hanno portato alla patologia (una su tutte il sopravvento della sanità privata su quella pubblica), ma solo sui sintomi che essa provoca, la stessa non regredisce, anzi, peggiora. Cavicchi questo lo sa bene e nell’ultimo libro, edito da Castelvecchi, risale alle origini del degrado in cui versa il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), cambiando però la prospettiva analitica. Lo fa cioè analizzando in modo più specifico quello che il nostro Ssn dovrebbe garantire, ovvero il diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Chiedendosi ed in qualche modo chiedendoci, quanto, del testo di quell’articolo e conseguentemente di quel diritto, sia stato attuato, quanto sia ancora attuabile, ma, soprattutto, in quali forme. Lo fa ponendosi in modo critico con una visione attuale rispetto al 1948 quando i padri costituenti, con le loro varie estrazioni, culture e principi scrissero la Costituzione, ed in modo prospettico con una visione più predittiva rispetto alle sfide che il futuro ci pone, anche in termini di sostenibilità e compatibilità, con l’ambiente che ci circonda ed il pianeta che ci ospita.
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