Dopo la manifestazione del 7 giugno a Roma, il 21 giugno ci sarà il momento clou di una grande mobilitazione europea contro il piano ReArm
Il 7 giugno, a Roma, la piazza per Gaza dei partiti di opposizione, Pd, Avs, Cinquestelle, ma c’era anche Rifondazione con il grande bandierone palestinese, è stata una grande piazza di popolo. La mozione parlamentare che era la base della convocazione era chiara e così lo è stata la manifestazione. Certo, si può dire che si è aspettato molto, troppo, lasciando soli a mobilitarsi i pezzi più sensibili. Ora preferisco dire, finalmente. Quando l’orrore è grande, serve una grande forza per cercare di fermarlo.
A Gaza, l’orrore di Guernica che Picasso consegnò alle nostre coscienze, rivive moltiplicato a dismisura. Sconfina in quella parola, genocidio, che le nostre coscienze e, soprattutto, ciò che nacque dopo la sconfitta del nazifascismo che lo aveva praticato fino all’ Olocausto, avevano detto mai più.
La guerra tra Russia e Ucraina continua sull’orlo del ricorso al nucleare e chi pensava che l’avrebbe fermata l’elezione di Trump deve fare i conti con un mondo in cui i dominanti, tutti e anche quelli a capo della Ue, coltivano la ricerca dei propri posti al sole, spesso con la guerra. Un sole dei morenti, per ricordare un grande scrittore, Jean Claude Izzo. Morenti sono I dominati, carne da cannone, come Benjamin ricordava fosse la storia del passato.
Un passato che è tornato presente. I testi bellicisti che chiamano alle armi i dominati sembrano scritti da Orwell. La distonia bellicista e repressiva invece è realtà. Tutti si riarmano. E le armi vengono usate. La Ue dice che servono a far avanzare la propria unità. Per armarsi consente di sforare i sacri dogmi del pareggio di bilancio e di stornare fondi destinati alla coesione o rimanenti dal Pnrr. Ma se vedi come la Germania di Merz, che di questo riarmo fa la parte del leone, nei modi di esprimersi e pensare se stessa, cancelli tanti impegni presi dopo la seconda guerra mondiale a partire dal non riarmarsi, pensi che più che andare verso la nuova Europa unita si va tornando verso quella per cui la Prima guerra mondiale cominciò chiamandomi in realtà Grande guerra europea. E sentire Starmer, il premier inglese, invitare a prepararsi alla guerra, anche nucleare, lo conferma. E la Polonia, altro Paese in corsa sui cingoli della spesa militare, che vota ed elegge la propria versione di leader trumpiano, dice di come la partita tra le destre globaliste e quelle nazionaliste sia tutta aperta. Si ritrovano sul riarmo. Sono divise sul che farne, sul come impiegarlo. Importante è che i dominati siano in condizione di non nuocere. E qui Meloni docet col terribile dl “sicurezza”. Zitto e muori.
Per questo le Resistenze che si stanno palesando sono una preziosa speranza.
Il 21 giugno ci sarà il momento clou di una grande mobilitazione europea già in corso contro il piano ReArm (ribattezzato ipocritamente Readiness 2030) varato dalla Commissione europea e che prevede una spesa di 800 miliardi per una Ue che punta a sostituire il welfare con il warfare, lo stato sociale con lo stato di guerra. E non è che l’inizio visto che il segretario generale della Nato, Rutte, dice che proporrà di portare al 5% la spesa per la difesa.
In quei giorni ci sarà all’Aja una sessione Nato dedicata anche a questo. Una Nato che fa i conti con Trump che chiede all’Ue di pagarsi la sicurezza e con la Ue sempre più imbarcata sulla strada recentemente definita in un testo contenente le linee guida di questa “sicurezza europea”. Affidata appunto ad un riarmo massiccio e ad una massiccia preparazione dei cittadini, già dalle scuole, di fatto alla guerra. Un testo, quello varato ed approvato, tutto pieno di nemici da cui “difendersi”. Con la forza e non con la politica.
A 50 anni dalla Conferenza di Helsinki sulla sicurezza comune europea che, in piena guerra fredda, vide la partecipazione di tutti i Paesi europei di entrambi i lati della Cortina di ferro e di Usa ed Urss, che fu capace di definire accordi di cooperazione, rispetto di regole e di diritti, si va esattamente in senso inverso. Quello che Enrico Berlinguer, in una intervista a Critica Marxista del 1984, paventava e considerava esiziale per l’Europa, contrario alla sua natura e al suo ruolo, foriero di una vittoria delle destre. Parlava di una Europa che sostituisce la politica della forza alla forza della politica.
Purtroppo questa è la strada intrapresa sempre più marcatamente dal 1989 in poi. Con una Ue che si adegua alla nuova fase della globalizzazione di cui rimane lo strapotere della finanziarizzazione e delle grandi imprese globali mentre ci si riassetta su aree geopolitiche e geoeconomiche confliggenti. E due ideologie, di destra, dominanti, quella ormai vecchia dei neoconservatori e la rampante tecno feudale come è stata definita. Tra autoritarismo e democrature. Dominanti e dominati. Sembra di essere 50 anni prima e non 50 anni dopo Helsinki. Naturalmente non basta certo tornare indietro. Un mondo di Stati ha prodotto, sulla spinta della lotta al nazifascismo, e nel “confronto” tra socialismo e capitalismo “reali” il  ‘900 per come lo abbiamo conosciuto. Processi di liberazione, avanzamenti ma anche nuovi orrori e drammi irrisolti. Il Sudafrica si è liberato.
A Gaza torna il genocidio. Perciò dovremmo provare ad andare oltre. Verso un nuovo internazionalismo, una nuova democrazia dell’umanità. Un orizzonte difficile, forse lontano ma necessario. Anche a piccoli passi.
In questa situazione la realizzazione di un appello europeo, Stop Rearm, promosso da reti europee come Transform Europa, TNI, International Peace Bureau, GCOMS, da reti italiane come Ferma il Riarmo, e da organizzazioni del Regno Unito, Spagna e Italia come Attac e ARCI, capace di realizzare quasi 2 mila adesioni di associazioni europee e centinaia italiane, è un fatto di grande importanza. Per molte ragioni. Perché la militarizzazione sta marciando a livello delle decisioni della UE sia pure in connubio con le leadership nazionali anche se con evidenti diversità di intenti. E perché si cominciano a superare antiche sconfitte ma anche diversità paralizzanti emerse con la guerra Russia Ucraina.
In Italia poi si è costruita una convergenza di oltre 350 aderenti, che ha esteso i temi dal no a ReArm a no a guerra, genocidio e autoritarismo. Collaborazione anche con la rete contro il dl sicurezza che ha realizzato la grandissima manifestazione del 31 maggio. Le adesioni sono tantissime. Arci, Cgil, Anpi, Acli. Pacifismo e non solo. Femminismo. Partiti come Sinistra europea, Cinquestelle, Avs, Rifondazione comunista, Partito del Sud, Sinistra anticapitalista. L’elenco completo, e in crescita, va letto perché da il senso di una costruzione a rete che ricorda il movimento dei movimenti, quello di Genova, e reincontra il grande pacifismo italiano che fu protagonista, dalla lotta contro gli euromissili a quella contro le guerre preventive e permanenti.
Tantissime anche le adesioni individuali tra cui mi fa piacere citare il premio nobel Giorgio Parisi, Tomaso Montanari e Paola Caridi, animatori dei sudari bianchi. E tanti artisti che donano immagini e pensieri.
I sottoscrittori dell’appello europeo si riuniscono in assemblee on line. Si ha così conferma che sono in crescita anche gli appuntamenti europei.
Già il 7 giugno in Gran Bretagna c’è stata una grande  manifestazione “welfare not warfare” contro austerità e riarmo a Londra. Stato sociale, non stato di guerra, gridato al governo Starmer che dichiara di volersi attrezzare alla terza guerra mondiale, investe 15 miliardi di sterline per il rinnovo dell’arsenale atomico, costruisce 12 nuovi sottomarini nucleari, aumenta il numero di riservisti, impegna la cittadinanza civile alla difesa, e sostiene la richiesta Nato del 5% del Pil in spese militari. Nella grande coalizione promotrice, The people assembly, alcune sigle firmatarie dell’appello europeo.
Sempre il 7 giugno e sempre in Gran Bretagna altra manifestazione a Plymouth “Investire nella pace non nel nucleare” significativamente alla base dei sottomarini nucleari Il 21 giugno in Spagna ci sarà un  contro summit a Madrid e mobilitazioni locali in diverse città. Ancora il 21 giugno, questa volta in Francia a Le Bourget, manifestazione contro la fiera delle armi. Il 22 giugno alla Aja manifestazione e controvertice in occasione del vertice Nato. Dal 23 al 24 giugno a Bruxelles forum internazionale per la pace. In Grecia si stanno definendo gli appuntamenti. In Irlanda sono impegnati da mesi in una grande campagna per difendere la neutralità del Paese I paesi nordici sono al lavoro per iniziative internazionali in occasione dell’anniversario di Helsinki.

L’Italia sta facendo la sua parte. L’intreccio di movimenti e temi, contro guerra e riarmo, contro il genocidio e per Gaza, contro l’autoritarismo e la militarizzazione di economia, società e scuola, rappresenta un possibile “ritorno al futuro”. Appuntamento il 21 giugno a Roma, a piazza San Paolo, alle ore 14.

L’autore: Roberto Musacchio, già parlamentare europeo, è politico e collaboratore di Transform e Left