Ultimi giorni per vedere al Museo Civico Archeologico dell’Archiginnasio a Bologna la mostra su Ernesto che Guevara che raccoglie più di 2000 documenti e foto provenienti dall’archivio del “Centro de Estudios Che Guevara” dell’Avana, riconosciuto patrimonio di interesse “Memoria del mondo” dall’Unesco. Ideata e realizzata da Simmetrico Cultura è coprodotta da ALMA,dal centro Estudios Guevara con il supporto del dipartimento di Storia contemporanea dell’Università degli studi di Milano e dell’Università Iulm e la collaborazione del figlio Camilo Guevara March.
Documentata da una quantità impressionante di foto e scritti autografi, è corredata da un accurato catalogo acquistabile di 190 pagine, pubblicato dalla casa editrice bolognese Pendragon. Testimonianze, lettere private e pubbliche, foto d’epoca -alcune mai viste prima – che ci aiutano a ricostruire la vita inquieta, a tratti felice del rivoluzionario più citato, amato forse rimpianto del nostro secolo.
A sottolinearne la testarda vocazione alla rivolta e insieme la cura per un’affettività mai abbandonata, testimoniata dalla scritta in corsivo rosso che appare in copertina sotto al nome : “Ernesto Che Guevara, “tu y todos”, tu e tutti. E’ la frase finale di una poesia scritta alla moglie Aleida nel 1966 durante una delle ultime lunghe separazioni cui lo costringeva la pratica rivoluzionaria. “Mia unica al mondo, furtivamente ho rubato alla credenza di Hikmet questo unico verso innamorato per farti sentire l’esatta dimensione del mio amore. Eppure nel labirinto più profondo della conchiglia taciturna si incontrano e respingono i poli del mio spirito : tu e TUTTI. I Tutti che pretendono l’estremo sacrificio che la mia sola ombra oscuri il cammino”. Un conflitto che non lo abbandonerà mai per tutta la vita. Vediamo il viaggio in bicicletta del 1950,oltre 4500 km attraverso le province dell’Argentina,e il famoso viaggio in motocicletta attraverso tutta l’America Latina sulla “Poderosa II”,insieme al grande amico Alberto Granado. Ne torna profondamente scosso dal livello di povertà e ignoranza della sua gente ”quel vagare senza meta per la nostra “Maiuscola America”, scrive negli Appunti di viaggio,“mi ha cambiato più di quanto credessi” .Nel ’54 il Guatemala è sotto attacco,il presidente Arbenz si dimette denunciando gli Usa come responsabili diretti dei bombardamenti.Comincia la sua battaglia.
Foto e lettere che ci risuonano,che abbiamo ascoltato più tardi denunciate nei discorsi che infuocavano le nostre piazze,ma cosa sanno i più giovani? Quelli che di Che Guevara conoscono solo la maglietta con impresso il suo volto intenso ? Chiedi chi era Guevara, si potrebbe dire parafrasando la celebre canzone con le parole di Roversi e la musica degli Stadio. I commenti sono vari, sottovoce (figo, un vero sognatore, me lo immaginavo più vecchio…..(sic) detti, mormorati con grande rispetto e un’attenzione a vari particolari: gli strumenti, le armi di lotta, basiche, la coesione mostrata dal gruppo guerrigliero, senza retorica senza trionfalismo, i sentimenti espressi nelle lettere per l’altro, l’altra, gli altri tutti, appunto.
“Quando si entra in un archivio, lo si fa con attenzione”,dice Paola Romano, curatrice e coordinatrice dei materiali provenienti dal Centro de Estudios Che Guevara.”Abbiamo voluto dare un volto e un corpo a quanto visto solo nelle foto.” Di lui ricordiamo il celeberrimo ritratto del famoso fotografo,Alberto Korda (scattata durante i funerali delle vittime dello scoppio della nave francese Le Coubre al porto dell’Avana. Le armi che trasportava servivano di supporto alla rivoluzione cubana ndr.). Molti l’hanno tenuta in casa formato manifesto in nome di una possibile rivoluzione fatta “senza perdere la tenerezza” come diceva Guevara, anzi rivendicando sentimenti che fanno di un uomo un rivoluzionario completo.” Ma ci siamo voluti staccare – conclude Paola Romano – da quelle rappresentazioni troppo viste, che impedivano di allargare lo sguardo alla sua realtà tutta intera”.
Anche Guevara fa foto, esposte anche quelle: nel ’54 mentre era in Messico dove aveva sposato Hilda Gadea, una profuga peruviana, da cui si separerà, si era mantenuto per qualche tempo fotografando gare sportive. E proprio dal Messico, dove resta fino al ’56 scriverà “La Epica del nuestro tiempo”,frase tratta dal saggio dedicato al “Canto general” di Pablo Neruda. La rivoluzione non deve limitarsi a Cuba, l’internazionalismo lo chiama, va in Congo,d ove apprende della morte di sua madre e scrive un racconto intriso di dolore e malinconia”La piedra”, in cui evoca la carezza che sua madre gli faceva sui capelli. Andrà in Tanzania, poi a Praga dove medita e scrive sul futuro del socialismo. Più tardi, nel 1959, porterà con sé l’inseparabile macchina nel suo primo viaggio ufficiale in Giappone, scattando una foto emblematica da Hiroshima. Un paesaggio rarefatto desolato. Scrive alla moglie Aleida sottolineando l’importanza di lottare per la pace.
Daniele Zambelli, ideatore e curatore per la società Simmetrico dell’evento, dichiara che “ideare e realizzare una mostra su Ernesto Che Guevara ha richiesto due anni di lavoro. Personaggio controverso,Guevara è ancora una figura scomoda e culturalmente divisiva. Eroe per molti e cattivo maestro per altri,ha inciso l’immaginario collettivo di intere generazioni e condizionato culturalmente la nostra storia recente.” Non viene precisato di più ma assicura che l’obbiettivo della mostra non è alimentare l’epicità del personaggio ma quello di far riflettere sulla storia di un uomo fuori del comune, delle sue domande, delle sue urgenze e su un periodo storico cruciale per comprenderne l’attualità.”
Proprio per questo Luigi Bruti Liberati, docente di storia contemporanea alla Statale di Milano ha coordinato un gruppo su una sezione chiave della mostra in cui si presenta il quadro geopolitico mondiale in cui Che Guevara si muoveva. Viene esposto attraverso un percorso multimediale che immerge il visitatore nella vita di Che Guevara e nella storia della seconda metà del XX secolo. Ricorda Maria Carmen Ariet, coordinatrice scientifica del Centro de Estudios Che Guevara ”era importante definire tappe mirate ad approfondire i sogni di Guevara e le sue aspirazioni attraverso un elemento di intimità ed esperienza personale. Il risultato è il cammino verso la speranza…” “ volevamo conoscere e offrire risposte circa l’azione di un uomo che,come scrisse ai genitori nella lettera di addio, ha ambito a un gradino superiore con istinto di artista, si è addentrato in panorami complessi per raggiungere il miglioramento dell’essere umano”.
Scrive Guevara nel 1960 in un discorso al ministero della Sanità (era medico,nella mostra c’è il certificato di Laurea del 1953 con la sua foto e il tesserino di abilitazione alla professione ndr) “sognavo di diventare un famoso ricercatore…di lavorare instancabilmente per arrivare a qualcosa che potesse esser messo a disposizione dell’umanità… Ero figlio del mio ambiente,dopo la laurea percorsi la nostra America prima da studente poi da medico cominciando a stare a contatto con la fame le malattie l’impossibilità di curare un figlio per mancanza di mezzi……con l’abbrutimento da fame e castigo continuo…”.Va tra i contadini,insegna a leggere, sta con loro, li spinge a volere di più a ribellarsi, sono loro che gli dànno il nomignolo, diventa el Che.I più giovani capiranno questa scelta? La troveranno troppo romantica? legati come sono ad una concretezza semplice dettata da cellulari e IA….Nessuna intelligenza artificiale può clonare el Che, perché lui aveva il cuore dalla sua…
“C’è qualcosa di fisico nel suo affrontare la vita” scrive un altro dei curatori Flavio Andreini,docente di Storia dello spettacolo, a Lettere moderne a Firenze “ un corpo a corpo con lo scorrere del tempo.
Famelico ricercatore di verità, viaggiatore senza posa, le gravissime crisi di asma gli fanno provare già in tenera età il dolore la paura la fragilità dell’essere umano. Crescendo li riconoscerà nello sguardo degli altri. Guevara vuole che tutti sentano sulla propria pelle “lo schiaffo dato a qualunque altro uomo”, un progetto pedagogico, in cui ognuno dovrà esser maestro di sé stesso”. Ci accompagna il turbinìo di foto di viaggio (Congo, Tanzania,Praga,Parigi, Tunisia) di incontri con Mao, Kruscev,Simon De Beauvoir e Sartre,Allende,il presidente algerino Ben Bella, mentre la musica a cura di Andrea Guerra fa da colonna sonora agli scritti politici,familiari,alla figlia Hildita ( “devi sapere che sono lontano e rimarrò per molto tempo lontano non è qualcosa di straordinario,ma qualcosa la sto facendo e credo che potrai essere orgogliosa di tuo padre come io lo sono di te”).
La incontrerà a san Andres, Cuba, nel 1966,lui sotto la falsa identità di Ramon Benitez, irriconoscibile. In seguito diventerà Adolfo Mona Gonzales,per raggiungere la Bolivia e dare inizio ad una nuova lotta,non supportato dal partito comunista boliviano con il quale emergono divergenze insanabili.
La sua “Epica del nostro tiempo” continuerà drammaticamente. Scrive nel “ Diario in Bolivia”,27 marzo 1967 ” i disertori hanno parlato”e poi “siamo circondati da 2000 uomini il cerchio si stringe”. Il 7 ottobre nell’ultima pagina “oggi sono undici mesi dall’avvio della nostra guerriglia; la mattinata è trascorsa senza complicazioni bucolicamente, fino alle dodici e trenta”…..Il giorno dopo viene catturato a la Quebrada del Yuro. Il 9 ottobre del 1967 viene assassinato.