Il lockdown volge al termine. Nella sua versione più stringente. È al via la fase due. Ma i due mesi appena trascorsi lasceranno un’eredità pesante sul nostro sistema socioeconomico. Oggi è ancora molto difficile quantificare quali saranno le conseguenze di medio e lungo periodo della crisi sanitaria e delle restrizioni imposte dal governo per contenerla. Ma un aspetto che comincia a delinearsi chiaramente è la marcata differenziazione degli effetti negativi fra generazioni: con i più giovani che risultano molto più duramente colpiti rispetto agli anziani.
L’Italia non è un Paese per giovani, non si tratta di una percezione soggettiva dell’opinione pubblica, lo confermano le statistiche. Il livello di disuguaglianza intergenerazionale è forte nel nostro Paese. Come suggerito dalla Banca d’Italia, i giovani guadagnano meno ed hanno minori tutele rispetto ai più anziani, più di quanto non accada in altri Paesi. Purtroppo anche questo shock appare peggiorare ulteriormente questo quadro. Mentre la popolazione inattiva, anziana, mantiene invariate le disponibilità di reddito, quella attiva, giovane ed adulta, vede ridursi le occasioni di lavoro ed il proprio reddito.
Attraverso un modello di microsimulazione (secondo il modello Microreg sviluppato dall’Irpet, Istituto regionale programmazione economica Toscana) è possibile misurare esattamente gli effetti delle misure sui redditi delle famiglie italiane. L’analisi mostra che in conseguenza del lockdown diseguaglianza e povertà crescono. Ma l’impatto negativo è sopportato in maniera prevalente dalle famiglie più giovani e le misure di stimolo non sono in grado di controbilanciare completamente questo effetto…
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