Ieri si è purtroppo realizzato quello che – inascoltati o quasi – stiamo dicendo da quasi 6 anni. Non era il nostro allarmismo, ma semplicemente la capacità di immaginare ciò che sarebbe accaduto – forti della conoscenza del dettato della Costituzione – a spingerci a creare Comitati e Tavolo NOAD, concentrati su un unico scopo: denunciare l’eversione del progetto di autonomia differenziata, che ieri ha acquisito il sì del Senato. L’Aula ha approvato con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti, il ddl per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Il testo passa alla Camera per la seconda lettura.
Il patto scellerato tra Lega e Fratelli d’Italia – lo scambio alla pari autonomia differenziata/premierato forte – acquisisce pericolosa concretezza.
Le bandierine italiane sventolate dal Pd alla conclusione del voto dovrebbero essere accompagnate da un serio esame di coscienza da parte di un partito che ha contribuito largamente a portare il Paese fino a questo – non imprevedibile – risultato, varando nel 2001 la cosiddetta riforma del Titolo V, con cui venne ‘costituzionalizzata’ l’autonomia differenziata.
Del richiamo a tali dirette responsabilità – Calderoli &C hanno riempito i propri interventi in Aula. Le dichiarazioni della segretaria Elly Schlein – durante il presidio che Comitati e Tavolo hanno fatto al Pantheon, il 16 gennaio, in occasione dell’inizio della discussione in Aula – ha rivendicato un cambiamento di atteggiamento da parte del Pd, in seguito al congresso. Ne siamo felici: questo potrebbe determinare un cambio di passo più significativo durante la discussione alla Camera, dove il regolamento consente maggiori margini di manovra. Tuttavia, affinché si blocchi il ddl Calderoli, è necessaria una mobilitazione nel e del Paese unendo Nord e Sud contro i Lep (livelli essenziali di prestazioni) e le arretratezze territoriali. Occorre che i sindacati coinvolgano i lavoratori in questa lotta, occorre attivare i/le cittadini/e del Sud, smascherando le manovre della presidente Meloni, che chiede i voti delle genti meridionali, mentre taglia il reddito di cittadinanza e subisce i ricatti di Salvini.
Infatti, la Lega ha ben motivo di esultare sventolando il vessillo della Serenissima, ma Fratelli d’Italia avrà il suo bel daffare a giustificare il tradimento degli elettori del Sud, perpetrato attraverso il voto positivo, che sconfessa la promessa fatta in campagna elettorale ai territori e ai moltissimi elettori del Mezzogiorno, che l’autonomia differenziata non sarebbe passata e che il partito avrebbe tutelato il Sud. Che Fratelli d’Italia possa essersi infilato in una situazione estremamente complicata, lo dimostra l’emendamento tentato in Aula in extremis, giovedì scorso, dal senatore De Priamo, di FdI, che, sostenuto dal presidente della I commissione Affari Costituzionali del Senato, Balboni (FdI), ha proposto un emendamento all’art. 4 del ddl Calderoli. Secondo tale emendamento, qualora una Regione che avesse raggiunto l’intesa avesse migliorato i livelli di prestazione essenziale, questo nuovo livello più elevato avrebbe dovuto essere generalizzato a tutte le Regioni. È intervenuta con una tagliola la V Commissione Bilancio (pur presieduta da un senatore di FdI, su spinta del ministero dell’Economia e delle Finanze, modificando radicalmente tale emendamento e reintroducendo, invece, il discorso del vincolo e degli equilibri di bilancio. Pertanto, anche questo emendamento interno alla maggioranza – evidentemente consapevole dell’abisso in cui sarà relegato il Sud che mirava appunto almeno a garantire i livelli essenziali su scala nazionale – è stato bocciato.
È evidentemente impossibile – e lo affermiamo da 5 anni – che l’autonomia differenziata porti a garantire, secondo il dettato del secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, a tutti/e i servizi e i livelli delle prestazioni su scala nazionale: tutta la riforma deve avvenire a costo zero.
Lo stesso senatore De Priamo – durante la dichiarazione di voto in Senato – dopo aver scomodato persino Dante, ha evocato i borghi, le cucine, il folclore, rivendicando il valore «sacro» (così, testualmente è stato definito) dell’unità di Italia, ricordando i martiri che per essa si sono sacrificati. In nome di questo sacro valore, ha concluso, FdI ha espresso convintamente il proprio voto favorevole, forte della convinzione che appoggiare l’autonomia differenziata (basterebbe riflettere su quell’aggettivo per notare l’ossimoro, ndr) sia la cosa giusta da fare.
La riforma, quindi, istituzionalizzerà le attuali diseguaglianze, aumentandole, considerata la totale assenza di fondi per provvedere a qualsivoglia forma di perequazione; verrà istituito una sorta di ius domicilii, secondo il quale i diritti garantiti e la loro esigibilità saranno conseguenti al certificato di residenza di cittadine e cittadini: dimmi in che regione abiti e ti dirò di che diritti potrai usufruire e quali potrai esigere.
Noi non ci arrendiamo. Abbiamo sollevato la questione – come Comitati per il Ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti – a livello di ParlamentoEuropeo. La nostra denuncia poggia addirittura su una considerazione fatta dalla Commissione stessa lo scorso giugno quando, nel suo country report, ha affermato che è impossibile garantire i Lep a risorse invariate. La petizione ha ottenuto un risultato positivo, grazie anche alla parlamentare europea del gruppo dei Verdi, Rosa D’Amato: la petizione continuerà ad andare avanti e la Commissione sarà costretta a rispondere alle nostre osservazioni.
La nostra attività di formazione e informazione continuerà ad andare avanti (ancora oggi la maggior parte di cittadine e cittadini non sono consapevoli di cosa sia l’autonomia differenziata): in programma c’è la presentazione del volume che Left ha dedicato recentemente al tema e un seminario dal titolo “Autonomia Differenziata e donne”: le questioni – ad esempio – relative alla chiusura dei consultori e agli ostacoli all’interruzione di gravidanza non sono affatto estranee al tema autonomia differenziata, e subiranno ulteriori strette. Sul piano della mobilitazione, il 24 febbraio a Milano, presso la Camera del Lavoro, ci sarà un’assemblea sui temi Lep, contratti nazionali, privatizzazione, cui parteciperanno voci autorevoli e esponenti dei movimenti, a sottolineare che l’AD non colpirà solo il Sud. Il 16 marzo a Napoli è prevista una manifestazione nazionale che verterà – oltre che sui Lep e sugli squilibri territoriali – sul tema delle servitù (per l’energia, per la logistica) che il Sud sarà costretto a fornire al Nord per sopravvivere.
Se e quando il ddl dovesse passare anche alla Camera, organizzeremo capillarmente i comitati regionali per creare movimenti che si oppongano alle eventuali intese che i presidenti di regione potrebbero voler stipulare con il governo, e parteciperemo a tutte le iniziative locali e nazionali che verranno intraprese per bloccare l’autonomia differenziata, la cui lotta si intreccia con quella contro il premierato assoluto. Il capogruppo della Lega al Senato, Romeo, da novello Montesquieu, sostiene che l’AD bilancia il premierato. Ma è solo un’affermazione manipolatoria: l’autonomia differenziata rafforzerà ancora di più i poteri autocratici dei governatori regionali che si integreranno con, e non bilanceranno, l’autocrazia elettiva del premier se mai passasse la riforma costituzionale di Giorgia Meloni.
Ci attende, quindi, ancora uno grande sforzo, per bloccare l’AD e il premierato assoluto, a difesa della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza.
Documenti per approfondire:
Senato, Seduta del 16 gennaio 2023
Emendamento 4.203 (De Priamo, Lisei, Spinelli ) Si trova a questo link Fascicolo emendamenti n. 2 (PDF) pagina 80
«Al comma 1, in fine, sostituire le parole: “e con riferimento all’intero territorio nazionale al fine di evitare disparità di trattamento tra Regioni” con le seguenti: In quest’ultimo caso con il medesimo provvedimento legislativo di stanziamento delle risorse finanziarie a copertura degli eventuali maggiori oneri per l’esercizio delle funzioni riferibili ai LEP oggetto di trasferimento alle Regioni, sono contestualmente incrementate le risorse volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni»
Questo sopra è l’originario emendamento e dal testo si evince che quando una Regione che gode della devoluzione innalza i Lep, allora contestualmente si devono assicurare i nuovi livelli sull’intero territorio nazionale; quella sotto è la modifica chiesta, votata e inserita nel testo finale della legge, e dice che vanno salvaguardati gli obiettivi di finanza pubblica e gli equilibri di bilancio, con rinvii specifici che rafforzano il dettato normativo, dunque le altre Regioni rimangono ‘a secco’. Insomma dice l’opposto.
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La riformulazione poi definitiva si trova a questo link seguendo la scaletta Emendamenti – in Assemblea Art. 4 – 4.203 (testo 2) Approvato
DELLA PORTA, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all’articolo 4, con l’eccezione dell’emendamento 4.203, su cui esprimo parere favorevole ove accolta la seguente riformulazione: “Al comma 1, in fine, sostituire le parole da: «coerenti con gli obiettivi programmati» fino alla fine del comma con le seguenti: «volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, ivi comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni, coerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio, nel rispetto dell’articolo 9 della presente legge e della lettera d) del comma 793 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197»”.
l’autrice: la docente Marina Boscaino è portavoce dei comitati NoAd. È coautrice del libro di Left Repubblica, una indivisibile euromediterranea