L'aviazione israeliana ha ripreso i bombardamenti con la forza promessa da Netanyahu e con la complicità di chi si affretta a giustificare l'orrore

La tregua era una tregua solo per chi non guardava abbastanza. Per chi poteva permettersi di dimenticare che ogni giorno a Gaza significava assedio, fame, sete, e il suono costante dei droni in cielo. Adesso non c’è neanche più quell’illusione: l’aviazione israeliana ha ripreso i bombardamenti con la forza promessa da Netanyahu e con la complicità di chi si affretta a giustificare l’orrore. Più di 300 morti nella prima notte, decine di bambini, le case che crollano come carta, gli ospedali che ormai non sono più niente se non fosse per i medici che restano, consapevoli che salvarne uno vuol dire condannarne altri mille per mancanza di tutto.

Netanyahu ha deciso che la guerra è più conveniente della pace. Serve a schiacciare l’opposizione interna, serve a negoziare meglio con gli Stati Uniti, serve a ridisegnare il futuro di Gaza con il linguaggio della forza. Hamas non rilascia gli ostaggi e la punizione collettiva diventa la dottrina ufficiale: colpire tutti, donne e bambini inclusi, per dimostrare che Israele non tollera resistenze. Il ministro della Difesa minaccia che “le porte dell’inferno si apriranno” su Gaza. L’inferno lo ha già visto chi ancora scava tra le macerie.

Dicono che non c’era scelta. Dicono che la responsabilità è solo di Hamas. Dicono tante cose. Intanto, gli stessi che parlano di diritto alla sicurezza di Israele guardano altrove mentre un popolo viene annientato con il consenso della comunità internazionale. La tregua è finita. Il massacro continua.

Buon martedì.

Foto AS