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Usa 2016, a due giorni dal voto guerra totale nel partito repubblicano

Due sostenitori di trump
Members of the audience dress as Republican presidential candidate Donald Trump and Hillary Clinton at a Trump campaign rally in Sterling Heights, Mich., Sunday, Nov. 6, 2016. (AP Photo/Paul Sancya)

Guerra totale fine di mondo all’interno del partito repubblicano. Il governtore dell’Ohio, il moderato John Kasich, che corre per la rielezione ed è un nemico giurato di Trump, ha diffuso questo video per prendere le distanze dal candidato del suo partito.
Nel video un prigioniero di guerra del Vietnam dice più o meno: «Trump ha detto che deporterà i messicani, ve ne siete infischiati, che bandirà i musulmani, ve ne siete infischiati, ha fatto aggredire persone di colore ai suoi comizi, ve ne siete infischiati. Se continua così e diventa presidente però, sarà bene che quando viene per voi ci sia qualcuno a difendervi». Più duro di così è difficile.

Kasich ha buone chance di essere rieletto ma sa che gli servono i voti indipendenti. I fedeli di Trump, infatti, potrebbero non votarlo. I due si sono scambiati insulti pesanti durante le primarie e poi su twitter. Bene, dopo la diffusione del video, alcuni alleati e portavoce Tv del candidato repubblicano si sono lasciati andare a reazioni furiose. «Ti devi vergognare, John, tu, McCain e Bush» ha detto Rick Santorum, che qualcuno ricorderà come il campione della destra religiosa alle primarie del 2012. Più duro Rudy Giuliani il 2 novembre, dopo che Kasich aveva annunciato che non avrebbe votato per Trump. Il tweet qui sotto recita: «Kasich e McCain si accodano ai codardi Bush nel rifiutare Trump. Non ce ne dimenticheremo».


Ora, che vinca o che perda, Trump ha scassato il partito repubblicano e dopo le elezioni comincerà una guerra interna furiosa. Che partito ne uscirà e che effetto avrà tutto questo sulla possibilità di governare del prossimo presidente, è tutto da vedere. Ieri intanto, a un comizio del candidato miliardario ha suonato Ted Nugent, chitarrista hard che è quasi nazi.

Nel populismo di Trump fatti e verità sono variabili insignificanti. Gli ultimi esempi

Donald e Melania Trump
Melania Trump, right, walks offstage as Republican presidential candidate Donald Trump speaks during a campaign rally, Saturday, Nov. 5, 2016, in Wilmington, N.C. (AP Photo/ Evan Vucci)

L’Fbi ha annunciato con una lettera al Congresso che Hillary Clinton non verrà incriminata per le email trovate sul Pc di Anthony Weiner. Gli investigatori le hanno lette tutte e non ci hanno trovato nulla. Era quasi scontato, ora è ufficiale. Eppure…

Una delle cose che fanno i populisti peggiori è inventare delle teorie sul mondo non basate sui fatti, ma sulla percezione che il pubblico che si vuole nutrire, convincere e mobilitare tende ad avere. Oppure a fornire una percezione delle cosa precotta, che sia in sintonia con alcune paure profonde di pezzi della società. Gli stupratori messicani, i milioni di siriani pronti a sbarcare in America se Hillary Clinton dovesse vincere le elezioni di martedì prossimo. La realtà in questo caso non conta, viene dilatata, modificata, plasmata a proprio piacimento.

Possiamo arrivare a dire che le frasi sui messicani o sui siriani, disgustose come sono, almeno hanno a che vedere con una linea politica. Trump sta dicendo ai suoi elettori che non vuole una riforma dell’immigrazione, che vuole cacciare milioni di messicani senza documenti e che cercherà di evitare di far entrare musulmani negli Stati Uniti. Fandonie irrelizzabili, ma in qualche forma punti di programma. Esagerati nella foga di un comizio.

Poi c’è la distorsione della realtà pura. Quella alla quale alcuni media della destra americana ci hanno abituati. Quella che consente di dire tutto e il contrario di tutto in forma incoerente, che ha fatto circolare, senza necessariamente sposarla, la teoria che Obama non fosse nato negli Stati Uniti. Tanto per fare un esempio. Quei media siti web, radio e FoxNews) sono la fonte di informazione della destra americana. Specie di quella che si appresta a votare Trump.

Infine c’è la distorsione della realtà oltre il limite: ti mostro una matita e ti dico che è un pallone da basket. Trump è specializzato anche in quella. Prendiamo due buoni esempi.

Altro esempio? Nei suoi comizi Trump cita un servizio di Fox News nel quale si sostiene che l’Fbi starebbe per incriminare Hillary Clinton. Il servizio è andato in onda ma il giornalista che l’ha fatto è stato costretto ad andare in diretta a chiedere scusa e spiegare che no, la cosa non era vera. Ma Trump ha continuato a ripeterlo. L’ultima versione è diversa ma simile: «Non si leggono migliaia di email in un giorno, ma lei è così potente da impedire all’Fbi di indagare». Un algoritmo ci mette poche ore a confrontare vecchie e nuove email e a cercare parole chiave. Ma tant’è. Nel video qui sotto Brian Williams chiede alla manager della campagna del miliardario Kellyanne Comway come mai. La risposta è: «La gente parla di una cultura della corruzione e ha sentito quel che deve sentire…Clinton potrebbe essere impeached per le email…mi chiedo perché non le chiedono di farsi da parte». Ovvero non risponde. «Lei è un avvocato e sa cosa vuol dire incriminazione». Miller conclude: abbiamo parlato con l’Fbi, ci hanno detto che l’indagine non si muove di un millimetro da mesi.

Il secondo esempio parte dall’episodio descritto nel video qui sotto:

Siamo a un comizio di Obama e la gente sta fischiando un vecchietto con un cartello di Trump. Obama interrompe i fischi, quasi si inalbera e poi dice: «Siamo un Paese libero, il signore ha diritto di parlare, dobbiamo rispetto agli anziani e tanto più al signore che ha un adivisa e, quindi, forse, è un veterano». Due ore dopo, durante un comizio, Trump –  che in più occasioni ha detto a chi protestava: «Sbattetelo fuori», oppure «Ai bei tempi non saremmo stati gentili come oggi con uno così» – ha sostenuto che Obama avesse urlato al signore che protestava: «Se avessi trattato io quel signore nello stesso modo, chissà che sarebbe successo».

La campagna elettorale che si sta concludendo è anche questa. Da una parte una candidata non granché, che si è spostata a sinistra grazie alla spinta della base del suo partito su diversi temi (il salario minimo, la riforma del sistema giudiziario e poliziesco, i trattati commerciali) e che si è inflitta da sola enormi danni a causa dell’ossessione per la segretezza e il controllo del messaggio. E che non promette di essere una colomba in politica estera (per quanto la politica estera tendano a farla gli eventi, non le scelte a priori). Dall’altra però c’è qualcuno che, oltre a promettere di abbassare le tasse ai ricchi e cacciare i migranti, non ha nessun rapporto con le cose per come sono. Le inventa, le cambia per presentarle come piacciono a lui. E se c’è qualcosa che non va è un complotto del nemico e dei poteri forti. Trump non è un conservatore né un uomo di destra, ma una brutta manifestazione di un momento storico brutto e pericoloso. In Europa ci sono già diversi premier che tendono a muoversi come fa lui. I politici spesso dicono bugie od omettono verità, ma avere anche un capo degli Stati Uniti per il quale i fatti sono qualcosa di marginale sarebbe una tragedia.

Così ieri Pavia è diventata nera, fascista. E la Polizia s’è fatta braccio armato

È piuttosto disordinato ultimamente questo ordine pubblico in un Paese in cui un presunto partito di sinistra fa cose di destra, dei quasi cinquantenni si atteggiano a giovani e la libertà di manifestare dipende dal tenesmo di un questore o di un potere.

Sabato sera Pavia è stata blindata per una manifestazione. Ce ne siamo accorti poco perché accadeva altro a Firenze dove la passerella del potere ha avuto gioco facile per inscenare il solito teatrino dei buoni contro i cattivi ma a Pavia un quartiere intero è diventato zona rossa.

Perché? Perché i fascisti hanno pensato bene di organizzare un corteo per ricordare un militante ucciso (dicono loro, scivolato in motorino dice la verità giudiziaria) negli anni settanta e la Questura e la Prefettura hanno pensato bene di accordare il permesso e allo stesso tempo negarlo al presidio antifascista. Attenzione: per tutti quelli che sono già lì lì a urlare dei “violenti incappucciati” è utile sapere che l’ANPI locale era tra gli organizzatori. E l’ANPI è un’accolita di vecchietti fuori dal mondo, ricordate?

L’ANPI ha invitato alla disobbedienza civile e il corteo antifascista si è tenuto fuori dalla “zona rossa” dove intanto pascolavano invece camerati che intonavano canti e mostravano il braccio teso (l’apologia di fascismo ormai è il reato più patetico del west, tra l’altro). Ah, con gli antifascisti e l’ANPI c’erano il sindaco di Pavia e alcuni consiglieri comunale, per dire.

Quindi? Indovinate chi le ha prese? Testa spaccata per Paolo, un attempato signore, scienziato di laboratorio, padre di due figli, iscritto storico all’associazione dei partigiani. Non oso immaginare cosa stesse facendo di così terribilmente pericoloso per allarmare il qualche poliziotto dal manganello facile. Poi altri contusi. Anziani. Bambini.

Eppure messi tutti insieme, quegli altri servi di ideologie e di dirigenti così fallaci, non hanno il coraggio di uno solo di chi non accetta che la democrazia diventi militare. Chissà se i giovani renziani al governo si ricordano che periodo è stato quello in cui l’ordine pubblico era l’esibizione muscolare di un’idea di governo. Chissà se ricordano. Se i loro spin-doctor gliel’hanno raccontato.

Buon lunedì.

Odifreddi: «La religione ci rende stupidi»

Odifreddi

Mentre Oltralpe l’etnologo Marc Augé, nel libro Parole che cambiarono il mondo (Raffaello Cortina) immagina che il papa annunci: «Dio non esiste» causando il crollo di molti Stati teocratici, da quest’altra parte delle Alpi, il matematico Piergiorgio Odifreddi stila un caustico Dizionario della stupidità (Rizzoli) dove la religione è additata come la prima causa. Insieme all’ideologia politica e alla filosofia metafisica. «Perché anch’essa è basata su un’idea di trascendenza e ci impedisce di vedere la realtà per quella che è».
In queste quasi quattrocento pagine lo scienziato torinese passa in rassegna molte “voci” che ci intontiscono. Sfilano così abitudini, borsa, capitalismo, facebook, grande fratello, Tv e molto altro. Ma mette a segno i suoi colpi migliori, gli aforismi più graffianti, quando parla di: al di là, apparizioni, Benedetto XVI, Bellarmino, ciarlatani, crocifisso, Dio, dittatura, dogmi, papa Francesco… Per arrivare, in finale, a lasciare il segno di Zorro sulla veste accademica di Antonino Zichichi che il 19 gennaio del 1983 all’università de L’Aquila inscenò «la pantomima “Gesù di Nazareth e la ricerca scientifica”». Con esiti esilaranti, ricorda Odifreddi, dacché il professore pretendeva di dimostrare che religione e scienza sono compatibili, «contrariamente a quanto pensano quasi tutti gli altri scienziati del mondo».

Ne parliamo anche su Left in edicola dal 5 novembre

 

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Ms Marvel scopre la politica: Go Vote!

Quella che vedete qui sopra è Khamila Khan, ovvero Ms Marvel. Supereroina nata a Jersey City, città dove, secondo Trump, i musulmani festeggiavano guardando le torri gemelle bruciare. La ragazza di Jersey City è uno dei personaggi della nuova linea Marvel in sintonia con l’epoca: più normali, più minoranze, più donne, meno muscoli. Lei, come suggerisce il cognome, è di origini pakistane e musulmana.

La verità è che JC è una città che somiglia demograficamente a New York in sedicesimo, compreso il grande centro finanziario dominato dal grattacielo di Goldman-Sachs. Jersey City è abitata da giovani coppie, vecchia comunità italo-americana (anche se rispetto agli anni 70 molta di è trasferita nella suburbia), polacca, ebrea. Poi ci sono la cospicua minoranza afroamericana, che vive in una vecchia zona residenziale in decadenza, come spesso accade, e quella cubana/dominicana/portoricana. Infine indiani, che hanno un loro quartiere e musulmani di molte provenienze. Nessuno festeggiava a Jersey City l’11 settembre. La città, come molte di quelle dalla composizione demografica ricca, è saldamente democratica.

Bene, l’ultimo albo di Ms Marvel, uscito ieri, a quattro giorni dal voto, la vede impegnata nel tentativo di convincere giovani e minoranze (e anziani) ad andara a votare. Sforzo che si rivela più duro della lotta contro i cattivi normalmente intrapresa nelle altre storie. Qui sotto, Ms Marvel va a fare del canvassing e la gente le sbatte la porta in faccia, si lamenta, se ne frega. Alla fine, con un sermoncino sulla democrazia, Khamila ottiene qualche risultato. Mica è Ms Marvel per caso.

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Il 7 novembre nuovo sgombero per il Baobab di Roma. I volontari: “Venite al presidio con i migranti”

Roma, 11 ottobre 2016. La protesta degli occupanti del Centro Baobab in Campidoglio, in occasione della seduta straordinaria dell'Assemblea Capitolina su via Cupa e il Baobab

Il 12 settembre l’assessora Laura Baldassarre aveva detto che il Comune di Roma non poteva fare niente perché ci sarebbero voluti almeno 45 giorni per allestire un campo e ospitare le centinaia di migranti in transito dalla città. E non sarebbe valsa la pena farlo a novembre. Invece siamo a novembre e – dopo la cacciata da via Cupa a settembre, la dispersione da piazzale del Verano a ottobre e i sigilli al parcheggio abbandonato della stazione Tiburtina in questi giorni – nella Capitale ci sono ancora 190 migranti accampati per strada. E, annunciano i volontari di Baobab Experience, “come previsto, anche stavolta la risposta all’emergenza è: blindati e sgombero”. Dopo lo sgombero di un anno fa, per il Baobab non c’è più stata pace e il mancato intervento del Campidoglio, anche stavolta, si tradurrà in una mera questione di ordine pubblico.

“Domani mattina – 7 novembre, “verrà di nuovo la polizia con i blindati a portare via e distruggere tende e gazebo donati dalla cittadinanza e dalle associazioni, a togliere l’unico riparo che questi migranti hanno trovato nella Capitale”. Sono sicuri, dal Baobab. Anche se non conoscono l’orario, perciò, hanno reso pubblico un appello, in nome “dell’umanità che avete dimostrato in questi mesi, per l’idea di fratellanza e giustizia che non riusciranno mai a sgomberare, vi chiediamo di venire tutti al presidio domani mattina dalle 6 per una colazione solidale con i migranti e per respingere l’ennesimo atto di forza delle nostre piccole istituzioni che ancora non riescono a dare altre risposte”.

Il 5 novembre Baobab Experience ha allestito una tendopoli davanti all’ingresso del parcheggio sotterraneo di Piazzale Spadolini, a est della stazione Tiburtina di Roma. Sono circa 190 i migranti in attesa del completamento delle procedure di asilo o di ricollocazione che vi trovano temporaneamente rifugio. In previsione della pioggia, il 4 novembre, intorno alle 19, i volontari hanno piantato le tende a piazzale Spadolini perché “dormire sotto la pioggia del novembre romano non è accoglienza degna”. Gli organizzatori parlano di un atto di “consapevole disobbedienza civile” in risposta al Comune di Roma che il giorno prima, il 4 novemnre, ha posto i sigilli all’ingresso del parcheggio: “Le istituzioni competenti sono incapaci di offrire soluzioni di lungo periodo. Certo, un parcheggio al lato di una stazione non è accoglienza degna, ma ancor meno degno è apporre i sigilli a quest’unico riparo, come invece è accaduto”. Gli ospiti sono cittadini di origine africana, arrivano dal Sudan, dal Gambia, dalla Libia e soprattutto dall’Eritrea. Per giunta molti di loro hanno denunciato il “mancato accesso alle procedure di asilo e di relocation, che sono sostanzialmente bloccate”.

Wu Ming, la lotta No Tav e il vero perché delle grandi opere

Un momento dei lavori per la costruzione di una delle gallerie nel cantiere del terzo valico ferroviario (Genova-Milano) a Genova nel corso della visita del ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi (non in foto), 25 luglio 2014. ANSALUCA ZENNARO

“Quando arrivavo in Val di Susa, era come passare… non un confine, ma la soglia di un campo di forza, una membrana sottile ma decisa, che si tendeva e si apriva in un punto per farmi entrare e subito si riformava. Sulla destra, il monte Musinè mi salutava con la grande scritta: tav = mafie, fatta di teli bianchi sul verde e rossiccio della parete brulla…”. Parla molto, e fin dalle prime pagine, dell’incardinamento tra mafie e grandi opere il nuovo libro di Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve. 25 anni di lotte No Tav in Val di Susa” (Einaudi, 664 pagg, 21 euro). Una fatica durata tre anni per indagare le ragioni di un movimento straordinario che “aveva cambiato in meglio la vita di migliaia di persone, aveva ricostruito i legami sociali e comunitari, aveva salvato alcuni destini dalla marginalità, dall’alcolismo, o anche solo dalla mera sopravvivenza”.

Un movimento che vede protagonista, tra gli altri, figure come quella di Nicoletta Dosio, per l’ennesima volta fermata dalle forze dell’ordine per essere “evasa” dagli arresti domiciliari: partecipava a un presidio No Tav davanti al Tribunale di Torino, in occasione del maxi-processo per gli scontri in Val Susa dell’estate 2011. «La mia evasione vuole essere una nuova tappa della lunga resistenza collettiva praticata dal movimento No Tav contro il partito trasversale degli affari», ha detto la storica attivista No Tav.

Quella della Tav – e più in generale quella delle grandi opere, continuamente al centro delle cronache giudiziarie – è una vicenda che attraversa molte stagioni della vita politica italiana e rivela la permeabilità di istituzioni e soggetti “privati” alle dinamiche dell’economia criminale.

Si legge nel libro di Wu Ming 1: “Un titolo de «La Stampa» del 15 ottobre 1991 strillava: Treni ad alta velocità subito o sarà tardi. L’attuale linea Torino-Lione è quasi satura. Chi conosceva i veri volumi di traffico sulla Torino- Modane era rimasto a bocca aperta. I rapidi per Lione c’erano già, ed erano vuoti; il Tgv francese passava sei volte al giorno, semivuoto”.

Insomma, un’opera spuntata all’improvviso nel 1986 e non contemplata dal Piano generale dei trasporti datato 1984, pensata forse per la Francia ma inadeguata alle montagne italiane. “Ma – prosegue il libro – era un’allettante mangiatoia, un affare colossale, anzi: poteva essere la metaopera che avrebbe collegato una pletora di grandi opere, la torta più grande intorno a cui potevano affollarsi general contractor, appaltatori, politici, intermediari, subappaltatori, amministratori locali, cosche mafiose, cooperative mostruose, sub-subappaltatori, smaltitori abusivi, architetti, suonatori di pifferi e grancasse…”

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La settimana in foto

Jakarta, Indonesia. (ANSA EPA / MAST Irham)

31 ottobre 2016. Kathmandu, in Nepal. Un ragazzo in abiti tradizionali, appartenente all’etnia dei newari, partecipa alla processione del Capodanno Newar che coincide con il festival di Tihar, la seconda festa principale per i nepalesi indù (ANSA EPA / NARENDRA SHRESTHA)
31 ottobre 2016. Kathmandu, in Nepal. Un ragazzo in abiti tradizionali, appartenente all’etnia dei newari, partecipa alla processione del Capodanno Newar che coincide con il festival di Tihar, la seconda festa principale per i nepalesi indù (ANSA EPA / NARENDRA SHRESTHA)

31 ottobre 2016. Srinagar, Kashmir. Bambini giocano con quel che resta delle pagine dei libri bruciati all'interno di un edificio scolastico alle fiamme. Secondo fonti locali, più di 27 scuole sono state date alle fiamme nel corso degli ultimi tre mesi di disordini durante i quali più di 90 persone sono rimaste uccisione, tra cui 89 civili e due poliziotti mentre più di 10.000 sono state ferite e più di 7.000 arrestati. (ANSA EPA / FAROOQ KHAN)
Srinagar, Kashmir. Bambini giocano con quel che resta delle pagine dei libri bruciati all’interno di un edificio scolastico. Secondo fonti locali, più di 27 scuole sono state date alle fiamme nel corso degli ultimi tre mesi di disordini durante i quali più di 90 persone sono rimaste uccise, tra cui 89 civili e due poliziotti mentre più di 10.000 sono state ferite e più di 7.000 arrestati. (ANSA EPA / FAROOQ KHAN)

L’interno di una baracca nel quartiere di Villa 31 di Buenos Aires, Argentina. Oltre il 32 per cento degli argentini vive in povertà. (AP Photo/ Natacha Pisarenko)
L’interno di una baracca nel quartiere di Villa 31 di Buenos Aires, Argentina. Oltre il 32 per cento degli argentini vive in povertà. (AP Photo/ Natacha Pisarenko)

31 ottobre, 2016. Hazro, Pakistan. I sostenitori del partito Tehreek-e-Insaf del Pakistan, si riuniscono per partire per la capitale durante uno scontro con le forze governative. La polizia pakistana ha lanciato un giro di vite a livello nazionale durante la notte, arrestando almeno 1.500 sostenitori di Khan prima di una manifestazione dell'opposizione prevista entro questa settimana a Islamabad. (AP Photo/ Mohammad Sajjad)
Hazro, Pakistan. I sostenitori del partito Tehreek-e-Insaf del Pakistan, si riuniscono per partire per la capitale durante uno scontro con le forze governative. La polizia pakistana ha lanciato un giro di vite a livello nazionale durante la notte, arrestando almeno 1.500 sostenitori di Khan prima di una manifestazione dell’opposizione prevista entro questa settimana a Islamabad. (AP Photo/ Mohammad Sajjad)

31 ottobre 2016. Amritsar, in India. Uomini sikh dell’armata dell’ordine dei Sikh Nihang, chiacchierano accanto ad uno scooter alla fine della processione religiosa Mohalla su 'Fateh Divas' o 'Giorno della Vittoria' (ANSA EPA / Raminder Pal Singh)
Amritsar, in India. Uomini sikh dell’armata dell’ordine dei Sikh Nihang, chiacchierano accanto ad uno scooter alla fine della processione religiosa Mohalla su ‘Fateh Divas’ o ‘Giorno della Vittoria’ (ANSA EPA / Raminder Pal Singh)

24 ottobre 2016. Secondo un rapporto dell’UNICEF circa un bambino su 7 respira aria tossica. Nell’immagine scattata a Yenagoa, Bayelsa, Nigeria, un bambino sta portando della carne affumicata su falò alimentati da materiali di scarto. I lavoratori del mattatoio utilizzano ossa di mucca, pneumatici, cavi elettrici, lattine di alluminio e altri rifiuti per sostenere le fiamme. (ANSA / US UNICEF / TANYA Bindra)
Secondo un rapporto dell’UNICEF circa un bambino su 7 respira aria tossica. Nell’immagine scattata a Yenagoa, Bayelsa, Nigeria, un bambino sta portando della carne affumicata su falò alimentati da materiali di scarto. I lavoratori del mattatoio utilizzano ossa di mucca, pneumatici, cavi elettrici, lattine di alluminio e altri rifiuti per alimentare le fiamme. (ANSA / US UNICEF / TANYA Bindra)

01 novembre 2016. Gaddani, Pakistan. Almeno nove operai sono stati uccisi e più di 100 sono rimasti feriti in un'esplosione che ha incendiato una nave nel cantiere navale di Gaddani. (ANSAEPA / REHAN KHAN)
01 novembre 2016. Gaddani, Pakistan. Almeno nove operai sono stati uccisi e più di 100 sono rimasti feriti in un’esplosione che ha incendiato una nave nel cantiere navale di Gaddani. (ANSAEPA / REHAN KHAN)

01 Novembre 2016. Brandeburgo, Germania. Una fotografia aerea scattata da un drone mostra due operai in una struttura in acciaio che servirà come base per un impianto eolico previsto nel Sieversdorf. Lo stato di Brandeburgo attualmente genera 5.500 megawatt di energia attraverso l'energia eolica, diventando così il secondo centro più importante dello stato di energia eolica in Germania dopo la Bassa Sassonia. (ANSA EPA / PATRICK PLEUL)
Brandeburgo, Germania. Una fotografia aerea scattata da un drone mostra due operai in una struttura in acciaio che servirà come base per un impianto eolico previsto nel Sieversdorf. Lo stato di Brandeburgo attualmente genera 5.500 megawatt di energia attraverso l’energia eolica, diventando così il secondo centro più importante dello stato di energia eolica in Germania dopo la Bassa Sassonia. (ANSA EPA / PATRICK PLEUL)

2 Novembre 2016. Srinagar, Kashmir. Un ragazzo schernisce gli agenti di polizia, imbracciando un pezzo di legno come se fosse un fucile. durante un raid da parte della polizia locale. I residenti della zona accusano le forze indiane di violenti raid nei quartieri in cui saccheggiano case, picchiano i civili e sparano sui trasformatori di energia elettrica per lasciare senza corrente le case. Più di 8.000 persone, per lo più ragazzi, sono già state arrestate nel giro di vite più grande che ci sia mai stato in India su civili disarmati, per sedare le proteste che da luglio sono scoppiate nel territorio himalayano. (AP Photo/ Dar Yasin)
2 Novembre 2016. Srinagar, Kashmir. Un ragazzo schernisce gli agenti di polizia, imbracciando un pezzo di legno come se fosse un fucile, durante un blitz da parte della polizia locale. I residenti della zona accusano le forze indiane di violente incursioni in cui saccheggiano case, picchiano civili e sparano sui trasformatori di energia elettrica lasciando senza corrente le case. Più di 8.000 persone, per lo più ragazzi, sono già state arrestate nel giro di vite più grande che ci sia mai stato in India su civili disarmati, per sedare le proteste che da luglio sono scoppiate nel territorio himalayano. (AP Photo/ Dar Yasin)

2 novembre 2016. Sud di Manila, Filippine. Circa 800 case sono state distrutte e più di un migliaio di famiglie sono rimaste senza casa inseguito all’incendio divampato nel quartiere di Las Pinas (AP Photo/ Aaron Favila)
Sud di Manila, Filippine. Circa 800 case sono state distrutte e più di un migliaio di famiglie sono rimaste senza casa in seguito all’incendio divampato nel quartiere di Las Pinas (AP Photo/ Aaron Favila)

Teheran, Iran 03 Novembre 2016. Migliaia di manifestanti si sono riuniti presso l'ex ambasciata degli Stati Uniti gridando 'Morte all'America’. Bandiere Americane, Israeliane e dell’Arabia Saudita sono state calpestate e bruciate dai partecipanti che prendono parte al cosidetto 'giorno di confronto nazionale contro l'imperialismo mondiale' ('day of national confrontation against world imperialism’). (ANSA EPA / Abedin TAHERKENAREH)
Teheran, Iran. Migliaia di manifestanti si sono riuniti presso l’ex ambasciata degli Stati Uniti gridando ‘Morte all’America’. Bandiere Americane, Israeliane e dell’Arabia Saudita sono state calpestate e bruciate dai partecipanti che prendono parte al cosidetto ‘giorno di confronto nazionale contro l’imperialismo mondiale’ (‘day of national confrontation against world imperialism’). (ANSA EPA / Abedin TAHERKENAREH)

3 novembre 2016. I migranti tratti in salvo dalla nave Phoenix della Ong Migrant Aid Station Offshore (MOAS). (Jason Florio / MOAS via AP)
3 novembre 2016. I migranti tratti in salvo dalla nave Phoenix della Ong Migrant Aid Station Offshore (MOAS). (Jason Florio / MOAS via AP)

3 novembre 2016. Sud di Mosul, in Iraq. Una famiglia irachena fa ritorno alla loro casa alla periferia di Qayara. (AP Photo/ Felipe Dana)
Sud di Mosul, in Iraq. Una famiglia irachena fa ritorno alla loro casa alla periferia di Qayara. (AP Photo/ Felipe Dana)

03 Novembre 2016. Lahore, Pakistan. L’arrivo dei musulmani alla tre giorni di convegno del mondo islamico che si terrà a Raiwind. (ANSA EPA / RAHAT DAR)
Lahore, Pakistan. L’arrivo dei musulmani alla tre giorni di convegno del mondo islamico che si terrà a Raiwind. (ANSA EPA / RAHAT DAR)

03 Novembre 2016. Seoul, Corea del Sud. Le luminare del Festival delle Lanterne. (ANSA EPA / JEON Heon-kyun)
Seoul, Corea del Sud. Le luminare del Festival delle Lanterne. (ANSA EPA / JEON Heon-kyun)

4 novembre, 2016. Parigi, Francia. Dopo essere stati sgpmbrati dal Campo di Calais circa 3.000 migranti provenienti da Sudan, Etiopia e altri paesi si sono accampati sui marciapiedi nel centro di Parigi. (AP Photo/ Thibault Camus)
Parigi, Francia. Dopo essere stati sgombrati dal Campo di Calais circa 3.000 migranti provenienti da Sudan, Etiopia e altri paesi si sono accampati sui marciapiedi nel centro di Parigi. (AP Photo/ Thibault Camus)

4 novembre, 2016. Parigi, Francia. I migranti che si erano accampati sui marciapiedi del centro di Parigi, vengono respinti dagli agenti di polizia mentre aspettano di salire a bordo degli autobus per essere trasferiti altrove. (AP Photo/Thibault Camus)
Parigi, Francia. I migranti che si erano accampati sui marciapiedi del centro di Parigi, vengono respinti dagli agenti di polizia mentre aspettano di salire a bordo degli autobus per essere trasferiti altrove. (AP Photo/Thibault Camus)

04 Novembre 2016. Jakarta, Indonesia. Ufficiale di polizia anti-sommossa indonesiana tra gli scudi nel corso di una protesta contro l’osservazione blasfema da parte del governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama, popolarmente noto come 'Ahok’. Migliaia di manifestanti hanno organizzato una manifestazione chiedendo che il governatore di Jakarta sia processato per blasfemia. (ANSA EPA / MAST Irham)
04 Novembre 2016. Jakarta, Indonesia. Ufficiale di polizia anti-sommossa indonesiana tra gli scudi nel corso di una protesta contro l’osservazione blasfema da parte del governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama, popolarmente noto come ‘Ahok’. Migliaia di manifestanti hanno organizzato una manifestazione chiedendo che il governatore di Jakarta sia processato per blasfemia. (ANSA EPA / MAST Irham)

Galleria a cura di Monica Di Brigida

L’eterna combattente e il diritto alla felicità

La cantante Fiorella Mannoia durante la prima puntata del programma Rai "Dieci Cose" all'auditorium Rai del Foro Italico , Roma, 15 ottobre 2016. ANSA/ANGELO CARCONI

Cita Che Guevara, «chi non lotta ha già perso», e Thomas Sankara, «perché le idee non si uccidono». Ma a poesia e rivoluzione Fiorella Mannoia ci ha già abituati. Alla sua eterna bellezza, anche. Questa volta a sorprendere è la musica, non tanto la ballata che ha scelto come singolo di apertura, ma quel vortice energico del resto che aumenta traccia dopo traccia. «È perché rispecchia quello che io sono oggi, sono in una fase della mia carriera in cui sono ancorata al mio passato, alle mie canzoni d’autore, ma è anche un momento di grande leggerezza, di grande libertà. È un momento bello della mia vita, sento di non dover dimostrare più niente e posso permettermi di cantare anche canzoni che uno non si aspetterebbe mai da me».

Quando si parla di te, spesso, si legge che sei il “controcanto della canzone d’autore italiana”, mi sono sempre chiesta ma “contro” chi?
(ride) Forse perché la canzone d’autore è sempre stata vista al maschile, ci sono tanti uomini e io sono stata la loro voce per tanti anni, perciò il controcanto era la voce femminile di qualcosa che è sempre stata attribuita agli uomini…
Finché poi un giorno hai preso a quattro mani il coraggio e hai fatto tutto da te.
Sì, devo dire che accarezzavo questo desiderio di scrivere i testi da molto tempo, ma non trovavo il coraggio. Pensavo che qualunque cosa scrivessi, in confronto a quello che scrivevano i cantautori storici che mi hanno accompagnato in questi anni, fosse scialbo, non all’altezza. Diciamo che mi sono un po’ autocensurata… sono stata la censora di me stessa.

Cosa è successo poi?
Questo desiderio me lo ha scatenato il disco Sud (2012, ndr) ho incontrato storie toccanti che ho sentito il bisogno di raccontare. …

L’intervista prosegue su Left in edicola dal 5 novembre

 

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