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Cannabis legale. Ecco dove e come nel mondo è permessa

Samples of marijuana sit on the counter at the Denver Discreet Dispensary in Denver, Colorado, USA, 01 January 2014. Colorado is the first state in the USA to sell recreational marijuana legally in the US. EPA/BOB PEARSON

Con più di 1700 emendamenti presentati, slitterà in autunno l’esame approfondito della proposta di legge per legalizzare la cannabispresentata dal sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, senatore di Scelta Civica ed ex segretario dei Radicali. L’iter del provvedimento si preannuncia lungo e arduo a causa dell’ostruzionismo delle destre. Tre i punti principali: la coltivazione a uso personale (cinque piante a testa, con la possibilità di associarsi tra consumatori, sul modello spagnolo dei social club),  il possesso entro piccole quantità – 5 grammi all’esterno e 15 a casa – e la commercializzazione all’interno di un regime di Monopolio statale. Questo per quanto riguarda l’Italia. Forse.

Ma nel resto del mondo a che punto è lo status legale della cannabis?

Partiamo con l’Uruguay che nel dicembre del 2013 ha legalizzato la cannabis rendendola un monopolio di stato: nello Stato latinoamericano ogni cittadino maggiorenne può coltivare, acquistare e consumare legalmente marijuana a patto che si registri in un albo dei consumatori.

Più complicata la situazione negli Stati Uniti, dove, a livello federale l’uso della cannabis è considerato illegale, ma in 23 stati è legale se per fini medici – la prima a consentirlo fu la California, nel 1996 –  ed in cinque di essi (Colorado, Washington, Oregon, Alaska e il distretto di Columbia) l’uso è legale anche per «fini ricreativi».

Nei Paesi Bassi, con meta dei consumatori provenienti da tutta Europa e dal mondo, la marijuana è legale «secondo normativa precisa»: pene pecuniarie o penali dipendono dalla singola quantità in possesso, e la detenzione fino a 5 grammi non prevede sanzioni di alcun tipo. Inoltre la vendita di droghe leggere è illegale, ma «tollerata» all’interno dei coffee shops, come lo è la coltivazione ad uso personale.

In Canada la legislazione è molto dettagliata: secondo la legge l’erba è illegale ma può divenire legale tramite apposite «licenze» governative che ne permettono l’uso a livello medico e industriale. In Spagna è illegale portarla in giro e fumarla in luoghi pubblici, ma è legale coltivarla in casa e farne uso in luoghi autorizzati, i cosiddetti social club, mentre in Portogallo è legale, dal 2001, il possesso fino a 25 grammi di marijuana e 5 di hashish, ma vietata la compravendita.

In Repubblica ceca è legale il possesso fino a 15 grammi, come è permessa la coltivazione ad uso personale con un numero limitato di piante. In molti paesi europei la cannabis è illegale, ma il consumo è depenalizzato, ossia difficilmente è previsto il carcere se non nel caso in cui la detenzione della sostanza si riveli a fini di spaccio.

Questi paesi, che presentano normative diverse tra loro circa l’uso personale, sono Germania, Francia, Belgio, Italia, Regno Unito, Irlanda, Grecia e Finlandia.

Status legale della cannabis per uso ricreativo nel mondo
Status legale della cannabis per uso ricreativo nel mondo

In Svizzera la cannabis è illegale, ma è permessa la detenzione fino a quattro piante in alcuni cantoni – Vaud, Ginevra, Neuchâtel e Friborgo. Particolarmente dura la legislazione in Polonia, dove la sostanza è completamente vietata e anche il possesso personale è punibile fino a 3 anni di reclusione.

In Giappone non c’è nessuna depenalizzazione e l’uso è severamente punito, anche se è personale e la coltivazione avviene all’interno delle mura domestiche.

Status legale cannabis per uso terapeutico del mondo
Status legale cannabis per uso terapeutico del mondo

In Russia la “maria” è stata depenalizzata nel 2010, ma il possesso di 6 grammi di di erba e 2 di hashish è punito solo a livello pecuniario; tuttavia, se si è colti con una dose superiore si rischiano le manette.

Strano il caso dell’India, in cui la sostanza è illegale ma l’uso è permesso in alcune manifestazioni religiose: a Varnasi, città sacra, è possibile farne uso sotto forma di bhang, una bevanda composta da alcuni fiori e dalla cannabis, che viene utilizzata durante i rituali Hindu.

In alcuni stati esiste un «regime doppio», come in Cambogia e Brasile, dove di fatto l’erba è illegale ma ampiamente tollerata. Vi sono poi alcuni stati in cui è prevista la pena capitale anche per il possesso di piccole quantità (Iran, Malesia, Arabia saudita, Emirati Arabi uniti), la fustigazione o l’ergastolo per piccole quantità e la pena capitale per dosi consistenti (Indonesia, Singrapore), la cura all’interno di un «campo di lavoro e rieducazione» (Cina).

Infine c’è la Corea del Nord: della legislazione del paese retto da Kim Yong-un sulla non si sa nulla con certezza. Ma secondo alcune fonti e immagini satellitari, esistono ampie coltivazioni di cannabis nel Paese.

È un pacco. Troppi disabili. Rivoglio i miei soldi.

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Il suo username su TripAdvisor (il sito di recensione di ristoranti e hotel) è cico33. Di lui sappiamo poco altro. Sappiamo che ha dei figli e che il 1 giugno di quest’anno ha portato la famiglia in vacanza a Roseto Degli Abruzzi. Ma è rimasto molto scontento. Molto. Nella sua recensione ha scritto:

“Il pacco è servito”
1 su 5 stelleRecensito il 1 giugno 2016 tramite dispositivo mobile

Sono attualmente nella struttura e volevo dire alla direzione di questa struttura che nella vita bisogna essere leali. Spiego.. ho prenotato questo viaggio per far divertire soprattutto i miei figli. Siamo arrivati e nel villaggio era presente una miriade di ragazzi disabili. Premetto non per discriminare ci mancherebbe sono persone che purtroppo la vita gli ha reso grandi sofferenze ma vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina. Bastava che la direzione mi avvisava e avrei spostato la vacanza in altra data. Sto valutando o meno di intraprendere una via legale per eventuali risarcimenti. Grazie di tutto.

In poche parole cico33 ha avuto problemi di appetito perché non è un bello spettacolo vedere disabili che soffrono su una carrozzina. E poi premete che lo scrive mica “per discriminare”. Se pensavate fai avere visto tutto con i feroci, i musulmani, le zecche comuniste, gli immigrati e le bambole gonfiabili di Salvini allora non avete ancora avuto la fortuna di incrociare cico33.

Che tra l’altro si riserva di intraprendere un’azione legale. Probabilmente contro il suo cervello che è diventato poltiglia, il suo cuore di catrame oppure contro se stesso perché ho il terrore di pensare come potrebbero crescere i suoi figli.

Quello che chiamate ultimamente “Corano” è il germe dell’idiozia infame. Sempre lo stesso. Da migliaia di anni.

Il bavaglio di Erdogan continua: mandato d’arresto per 42 giornalisti

Il duro contraccolpo di Erdogan ai golpisti dello scorso 15 luglio colpisce direttamente i media. Questa mattina le autorità turche hanno emesso 42 mandati d’arresto nei confronti dei giornalisti accusati di aver sostenuto la rete vicina a Fethullah Galien, il religioso esiliato negli Stati Uniti considerato la mente dietro il fallito golpe militarista.

Mentre Erdogan, è noto, da subito, ha chiesto l’estradizione del suo principale oppositore che ha però smentito ogni suo coinvolgimento nei fatti del 15 luglio, il pugno duro del governo colpisce le voci di riferimento della stampa liberale turca. Dopo gli arresti dei giorni successivi al golpe – tra cui quello di Orhan Kemal Cengia (nella foto qui sotto) giornalista e noto attivista per i diritti umani, oggi è toccato a molti professionisti tra cui  Bulent Mumay – ex caporedattore di Hurriyet – e Nazli Iliack. Volto storico dell’informazione circa, la giornalista settantaduenne ed ex parlamentare, aveva assunto ormai da tempo posizioni fortemente critiche nei confronti del governo di Recep Tayyip Erdogan. Per quelle critiche Nazli Iliack era stata allontanata nel 2013 dal giornale per il quale scriveva.

L’epurazione della stampa turca arriva nel giorno dell’arresto di altri 40 militari. Questa volta in un’accademia di Instabul. A dichiararlo è l’agenzia Anadolu che in un comunicato spiega che le operazioni sono state portate avanti da un’unità vicina all’antiterrorismo turco che ha eseguito anche una serie di perquisizioni nelle abitazioni degli arrestati.

Nell'infografica realizzata da Centimetri i dipendenti pubblici che hanno perso il posto e i professionisti a cui viene impedito di lavorare in Turchia. ANSA/CENTIMETRI
Nell’infografica realizzata da Centimetri i dipendenti pubblici che hanno perso il posto e i professionisti a cui viene impedito di lavorare in Turchia.
ANSA/CENTIMETRI

Ad oggi le autorità turche hanno arrestato, incriminato e sospeso oltre 60.000 persone. Tra di loro ci sono magistrati, professori, dipendenti pubblici e membri delle forze di polizia e dell’esercito. 2341 tra scuole, ospedali ed uffici pubblici ad essere stati chiusi a partire da sabato scorso. Dichiarato lo stato d’emergenza e prorogata a 30 giorni la durata massima dello stato di fermo. La stretta di Erdogan non risparmia nessuno ed il paese è spaccato a metà.

Ieri migliaia di persone, tra cui moltissimi curdi, sono scese in piazza ad Istanbul per contestare lo stato d’emergenza e in difesa della democrazia dopo il colpo di Stato tentato dai  militari ormai quasi due settimane fa. In piazza c’erano anche eletti dell’Akp, il partito del presidente, che evidentemente cerca di stare in equilibrio e continuare a dare una parvenza di agibilità democratica. In una città blindata e in una piazza di bandiere tra le quali è spuntata quella raffigurante il volto di Kemal Ataturk, padre della Repubblica, una parte del Paese prova a resistere alle strette oscurantiste del governo.

Approfondimenti e analisi su Left in edicola dal 23 luglio

 

SOMMARIO ACQUISTA

Comprate un cervello gonfiabile per Salvini

Comprate un cervello gonfiabile per Salvini. Ma fate in fretta perché il leader leghista continua a crogiolarsi in un trumpismo provincialotto che condanna la politica italiana al pubblico ludibrio scatenando quattro risate avvinazzate dei suoi seguaci in cambio di qualche offesa sessista o razzista.

La scena in cui Salvini imbraccia una bambola gonfiabile inneggiando alla Boldrini è solo l’ultima di una serie di salivate che continueranno finché sarà convinto che funzionino e che funzioneranno finché questo Paese non riuscirà ad imporre un’etica nella politica. Comprate un cervello gonfiabile a Salvini perché così forse potrà germogliargli il dubbio che tutto questo rimestare merda rende l’Italia un Paese peggiore anche per lui, per i suoi figli. Per tutti. Forse riuscirà a capire una volta per tutte che ogni germe di ignoranza, volgarità e mancanza di rispetto finirà per farsi prato intorno anche a casa sua, alla sua famiglia e ai suoi parenti.

Comprate un cervello gonfiabile a Salvini così riuscirà a capire che l’augurio più grande che possiamo fargli è che l’Italia diventi un Paese così come la racconta lui, tutta bile e sangue, voce grossa e battute grasse e così quando busserà al vetro martoriato non gli apriremo. Lo lasceremo lì.

I veti dei centristi, l’ottimismo dei promotori. Perché la legalizzazione della cannabis è una strada segnata

Una manifestante pro cannabis legale a Berlino. JOERG CARSTENSEN

«L’Italia non legalizzerà mai le droghe», dice Maurizio Gasparri, una delle tante voci, tra proibizionismo e curiosi richiami ai valori della famiglia, che si stanno levando in queste ore contro la legge per la legalizzazione della cannabis, legge approdata, per la prima prima volta, in aula alla Camera, per la discussione generale. Discussione subito rinviata a settembre, in realtà, con la legge che torna ai box della commissione giustizia da dove era appena uscita, senza un voto, appesantita da quasi duemila tra emendamenti e articoli aggiuntivi.

L’ostruzionismo dei centristi ha dunque funzionato, per il momento. Anche se i promotori della legge – sostenuta da 221 deputati e 73 senatori, un intergruppo coordinato da Benedetto Della Vedova – si dicono ottimisti, almeno per il passaggio alla Camera, in autunno. Qui i numeri, con la convergenza del Movimento 5 stelle e delle sinistre, potrebbero anche esserci, infatti, se il Pd sarà compatto.

Il problema è però al Senato, come nota Gasparri. Ecco perché persino il relatore del testo, il deputato di Sinistra Italiana Daniele Farina, parlando con Left deve cedere qualcosa al pessimismo: «Noi speriamo e confidiamo di farcela questa legislatura», dice, «ma se non è questa sarà sicuramente la prossima. La strada è ormai segnata». La legge, se approvata, permetterebbe la coltivazione (domestica o in apposite associazioni) per uso personale e ricreativo. Massimo cinque piante a testa, però, e in tasca non più di cinque grammi (15 nel cassetto di casa). La vendita, altrimenti comunque proibita, sarebbe autorizzata dal Monopolio in appositi negozi.

Per i promotori la strada è segnata non solo perché nel mondo crescono i Paesi che già hanno legalizzato, ottenendo risultati importanti sia dal punto di vista fiscale che della sicurezza. Sono i numeri a supportare la convinzione di Farina o di Luigi Manconi e tutti gli altri parlamentari che hanno presentato i molti testi che stanno alla base di quello proposto dall’intergruppo (c’è ne è uno anche del verdiniano Barani). Pur volendo sorvolare sugli argomenti di salute pubblica (non convince il ministro Lorenzin, evidentemente, che i Paesi che hanno legalizzato le droghe – non solo la cannabis, come il Portogallo – vedano diminuire non solo i reati ma le malattie, Hiv compresa), è un buon argomento, ad esempio, il fatto che se la cannabis fosse legalizzata i guadagni per lo stato oscillerebbero tra i 5,5 miliardi (stima de La Sapienza) e gli 8,5 miliardi di euro (una più ottimista previsione dell’università di Messina).

“Il nostro problema è Hillary” Caffè del 25 luglio 2016

Ci vorrebbe un Trump italiano. Meglio un Erdogan de noantri. Altan coglie ancora nel segno: la scia di morti, provocata dal terrorismo islamico o dall’americanizzazione della violenza, mette a nudo la gracilità del nostro mondo e suggerisce che un equilibrio si stia rompendo. Il ceto medio diventa pessimista, in ragione dell’insicurezza, della debole crescita e della stagnazione. Cresce la contestazione di chi sta in alto, della “casta”, dell’1% che decide mentre il 99% subisce. Le conquiste civili, i diritti, le libertà cominciano ad apparire un lusso. Aumenta la domanda di protezione e la disponibilità a pagare un prezzo per ottenerla.
Ultime dalla Germania. Ieri sera un profugo siriano si è fatto esplodere a 60 chilometri da Norimberga durante un concerto all’aperto, ma per fortuna prima che superasse i controlli. È morto e ha ferito 12 persone, 3 in gravi condizioni. Il ministro dell’interno della Baveria ha subito parlato di “terrorismo islamico” e forse si prepara a contestare il governo centrale che a quel siriano avrebbe negato l’asilo ma senza accompagnarlo ai confini. Intanto a Monaco è stato arrestato un ragazzo di 16 anni che sarebbe stato complice dei progetti omicidi di Ali Simboly. Il corriere ci fa il titolone: “Il killer aveva un complice”. Sotto un altro omicidio: una donna incinta ammazzata a colpi di machete da un altro rifugiato siriano. Auguri alla Merkel.
In coda per la Francia. La Stampa mostra una fila di auto lunga 15 chilometri. Migliaia famiglie inglesi prese in ostaggio per tutta la notte mentre muovevano verso gli imbarchi di Dover. Pare che i francesi si siano messi a fare controlli pedanti -per giusta precauzione anti terrorismo o per ritorsione dopo la Brexit? Fate voi- e questo sarebbe bastato per mandare in tilt la circolazione e per trasformare in incubo la fuga verso mare e vacanze.
Nizza contro Parigi. L’eroina si chiama Sandra Bertin. Stava davanti alle telecamere la notte del 14 luglio e ha visto in diretta il camion mettere sotto tutte quelle persone. In una intervista al Journal de dimanche ha sostenuto che dal ministero le avevano chiesto di specificare dove fosse quella notte la polizia nazionale, ma Sandra sulla Promenade aveva visto solo poliziotti della città di Nizza e si sarebbe rifiutata di mentire. Sandra accenna anche a una strana richiesta che le sarebbe stata fatta di cancellare le registrazioni video. Per il ministro dell’interno Cazeneuve, che l’ha querelata, sarebbe una bugiarda mitomane.
Sorpresa Hillary contro Trump c’è Bloomberg. Titolo ottimista di repubblica in edicola: Bloomberg è un miliardario, più volte sindaco conservatore di New York. Secondo colpo al centro, dunque, dopo la scelta di Hillary come vice di Tim Kaine, moderato senatore della Virginia. Federico Rampini spiega, però, che la vera posta della Convention che si apre oggi a Philadelphia è “riconquistare i fan di Sanders”. Le mail pubblicate da Wikileaks e che dimostrano quante schifezze l’apparato di partito abbia fatto per far vincere la Clinton e danneggiare Sanders, certo non aiutano. E hanno già portato alle dimissioni di Debbie Wassermann Schultz, che era a capo della Commissione nazionale democratica ed era stata duramente contestata dai seguaci di Bernie.
A novembre vincerà Trump, predice invece Michael Moore, articolo tradotto e pubblicato da Huffington post italia. Perché è contro NAFTA e TTIP, accordi di libero scambio voluti dalla multinazionali ma dai quali la classe media americana si sente danneggiata. Perché è andato in Michigan e ha minacciato la Ford, se avesse chiuso una abbocca in quello stato per demoralizzare in Messico, di imporre una sovrattassa del 35% su ogni vettura fabbricata laggiù e venduta negli Stati Uniti. Ma soprattutto perché:
Il nostro problema principale non è Trump, è Hillary. “È incredibilmente impopolare: quasi il 70% degli eletteori pensa che sia disonesta e inaffidabile. Rappresentante della vecchia politica, che non crede a niente se non alle cose utili a farsi eleggere. Ecco perché il momento prima si oppone al matrimonio gay e quello dopo ne celebra uno. Tra i suoi principali detrattori ci sono le giovani donne: questo deve far male condiderando i sacrifici e le battaglie che Hillary, e altre donne della sua generazione, hanno sopportato per far sì che le esponenti di questa nuova generazione non fossero più costrette a sentire le Barbara Bush del mondo dire loro di chiudere il becco e andare a sfornare biscotti. Ma i ragazzi non la amano, e non passa giorno senza che un millennial non mi dica che non voterà per lei. Nessun democratico, e di certo nessun indipendente, si sveglierà l’8 Novembre e vorrà precipitarsi a votare per Hillary, come invece hanno fatto il giorno dell’elelezione di Obama o quando Bernie ha corso per le primarie.Quando il sostenitore medio di Bernie si recherà alle urne quel giorno per votare, seppur con riluttanza, per Hillary, esprimerà il cosiddetto “voto depresso”: significa che l’elettore non porta con sé a votare altre 5 persone. Non svolge attività di volontariato nel mese precedente alle elezioni. Non parla in toni entusiastici quando gli/le chiedono perché voterà per Hillary. Un elettore depresso. Perché, quando sei giovane, la tua tollerenza verso gli ipocriti e le stronzate è pari a zero”. (Michael Moore)

Ansbach, davvero la risposta è chiudere tutto?

«La sua domanda d’asilo era stata respinta un anno fa, ma gli era stato concesso di continuare a vivere in Germania con un permesso di soggiorno provvisorio in considerazione del conflitto in Siria. Aveva tentato il suicidio due volte ed era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico».
Ha 27 anni ed è fuggito dalla Siria. È solo l’ultimo per oggi. L’ultimo a farsi esplodere facendo esplodere. Dopo Monaco, Ansbach… la reazione sempre la stessa. La Germania nel terrore, le politiche della Merkel sotto processo. Venti di chiusura.

Davvero pensate che se chiudiamo tutti fuori vivremo sani e felici? Se saremo tutti tedeschi o tutti italiani o tutti francesi non ci saranno pazzi in giro pronti a far esplodere la loro pazzia? Io ‘The Truman show’ l’ho visto un sacco di volte e il cielo finto me lo ricordo, e il disagio del protagonista anche e la pazzia di quella costruzione ‘sociale’ di perfezione pure. Mi chiedo sempre perché la reazione non sia esattamente quella contraria. Perché non ci si fermi a riflettere sul fatto che di fronte a persone che stanno male perché vengono da guerre, distruzione, fame, morte, lutti, perdite, violenze infinite, le risposte da dare siano altre. Altre rispetto a carte bollate, paura, centri di identificazione, espulsioni, permessi a tempo. Altre, perché poi se tentano il suicidio due volte, se vengono ricoverati in ospedali psichiatrici, qualche campanellino dovrà pure risuonarci dentro.

A volte mi fermo a pensare se fossi io a fuggire da paura e terrore, se arrivassi finalmente sulle mie spiagge della salvezza e qualcuno tentasse in ogni modo di rimandarmi da dove vengo. In ogni modo, con le buone (Cie) e con le cattive (reato di clandestinità)… cosa farei io? Le tenterei tutte? Ne avrei la forza? Fuggirei nella notte dove? Mi ammalerei? Mi lascerei rispedire indietro? Sopporterei la violenza? O perderei la forza? Mi toglierei la vita?

Non lo so. Non so rispondere. Non voglio giustificare nulla. Nessuna Ansbach. Ma non capisco perché i nostri ‘governanti’, parte della nostra politica e della nostra cultura non si fermi a riflettere sul fatto che di fronte a persone che stanno male, tante tantissime o poche che siano, qualunque sia il motivo o il loro luogo di nascita, le risposte da dare sono altre.

Ansbach e gli altri attentati in Germania. La “costante” dei problemi psichiatrici

In Germania un nuovo attentato – stavolta ad Ansbach, città bavarese vicina a Norimberga – e di nuovo lo spettro di problemi psichiatrici alla base del gesto hche stavolta, nella tarda serata di ieri, ha provocato la morte dell’attentatore e 12 feriti, tre dei quali in gravi condizioni. L’esplosione è avvenuta vicino a un ristorante e al luogo all’aperto dove si stava tenendo un concerto con 2.500 spettatori. «È molto probabile, secondo la mia opinione personale, sfortunatamente, che questo sia stato in realtà un attacco suicida di matrice islamica»: ha detto all’agenzia stampa tedesca Dpa il ministro dell’Interno bavarese Joachim Herrmann.

Subito dopo l’esplosione le agenzie parlavano di una fuga di gas poi i dettagli si sono chiariti anche sull’autore dell’attentato. Si tratta di un rifugiato siriano di 27 anni che aveva tentato più volte il suicidio e a cui era stato rifiutato l’asilo politico in Germania un anno fa. L’uomo era conosciuto da parte delle forze dell’ordine per reati collegati alla droga, doveva anche essere estradato in Bulgaria. L’attentatore, era stato anche ricoverato in un ospedale psichiatrico.

L’esplosione ha innescato scene di panico ad Ansbach. «Mentre la band suonava abbiamo sentito un bel botto alle nostre spalle. Abbiamo sentito il boato e l’onda d’urto. Un uomo della sicurezza è corso verso l’entrata», racconta alla Bild uno spettatore. Una unità di crisi è stata istituita nel Municipio di Ansbach e nella cittadina già nel cuore della notte si era precipitato il ministro dell’interno bavarese Joachim Herrmann che si trovava a Berlino.

L’esplosione di Ansbach ha concluso una domenica in cui è avvenuto un altro fatto di sangue che i media hanno rilanciato più volte, ma che non ha un legame con il terrorismo islamico. A Reutlingen (Baden-Württemberg), non lontano da Stoccarda, un rifugiato siriano di 21 anni ha ucciso una donna con il machete ed ha ferito altre due persone. Secondo la polizia i motivi derivano da fattori personali, anzi, è stato liquidato come “omicidio passionale”.

Anche in questo caso, le condizioni psichiche dell’omicida però sembrano fondamentali per comprendere il gesto. «Era completamente impazzito. Si è addirittura messo a inseguire con il suo machete una macchina della polizia. È stato investito a quel punto da un’auto privata, è caduto ed è stato bloccato dalla polizia, immediatamente intervenuta», dicono alcuni testimoni.

Infine, sempre ieri, si sono aggiunti nuovi tasselli alle indagini sul caso di Monaco e del giovane diciottenne di origini iraniane che venerdì ha ucciso 9 persone e poi si è suicidato. David Ali Somboly, ricordiamo, era vittima di bullismo, era stato in cura da uno psichiatra ed era stato ricoverato per due mesi in un ospedale psichiatrico.

Ieri dunque è stato arrestato un sedicenne di origini afgane che Somboly aveva conosciuto proprio nel reparto psichiatrico dove era stato ricoverato. Il ragazzino sarebbe stato a conoscenza del piano dell’attentatore ma non lo avrebbe denunciato, sostiene la polizia.

Stando alle note di agenzia, per il momento, gli ultimi tre fatti di sangue accaduti in Germania – tutti con giovanissimi come autori – sembra che abbiano un filo comune che è quello della malattia mentale. 

Wikileaks agita la convention democratica. Si dimette Wasserman Schultz, la leader del partito

Oggi a Philadelphia comincia la convention democratica. Quella che dovrebbe mostrare all’America la faccia di un partito unito. A differenza del partito repubblicano. Da ieri sul sito di Wikileaks compaiono migliaia di email private di sette dirigenti del Democratic National Commitee dale quali si evince come la testa organizzativa del partito guidata da Debora Wasserman Schultz fosse schierata nella competizione tra Bernie Sanders e Hillary Clinton. Un’accusa che la campagna del senatore del Vermont aveva lanciato molte volte durante la sua sorprendente corsa nelle primarie.

La campagna Clinton, ma anche diversi esperti di cybersicurezza delle agenzie di intelligence federali hanno detto che ci sono diversi elementi per ipotizzare che dietro al leak ci potrebbero essere i russi, intenzionati a favorire una vittoria di Donald Trump. Il vice del DNC ha invece detto che chiunque abbia lavorato a favore di qualcuno durante la contesa delel primarie va immediatamente licenziato.

Dopo la pubblicazione delle email, Wasserman Schutlz si è dimessa. Era lei a guidare in maniera verticistica e poco connessa con il resto del partito la macchina che detta le regole delle primarie e organizza la convention e il lavoro sul campo durante la campagna elettorale – il leader del DNC è un po’ l’equivalente di un responsabile organizzazione di un partito europeo. Con una particolarità: da quando Obama è stato eletto presidente, la sua campagna non si è di fatto mai sciolta, strutturandosi in una macchina per promuovere alcune battaglie politiche e indebolendo nei fatti il DNC. La conseguenza è stata un certo isolamento della macchina democratica, una perdita di peso. Ma anche un’autonomia eccessiva, che nel momento in cui si sono organizzate le primarie e Sanders è comparso come outsider di successo, ha pesato.

Sanders, che per mesi aveva chiesto la testa di Wasserman e che chiede una riforma del sistema delle primarie, non può che gioire. E, a dire il vero, ha anche mantenuto un profilo molto sobrio: nel comunicato emesso dopo la rivelazione, ringrazia la capa del DNC per il suo lavoro ma aggiunge che non può più rimanere al suo posto. Il senatore vuole passare all’incasso e non usando toni troppo duri, contribuisce a calmare le acque alal vigilia della convention e ha più forza per contrattare nuove regole del partito che favoriscano la partecipazione.

Il vero problema è però se e quanto la sua base, dopo questa rivelazione, non si rivolterà contro Clinton a Philadelphia. Migliaia erano già in città per manifestare a prescindere. Ora hanno un argomento in più per protestare contro quello che sentono come l’establishment del partito lontano dalla base. La cosa sarebbe un pessimo affare per Hillary che punta a mostare come i democratici siano uniti e pronti a lavorare per l’America – in contrasto con i repubblicani guidati da un populista e divisi in almento tre fazioni in guerra tra loro.

Molto sta a lei e ad altri potenti del partito: sapranno riscrivere le regole con Sanders e la sinistra in maniera da renderle migliori? Se così sarà il senatore del Vermont, dopo aver ottenuto di parlare in prima serata e molte aperture nella piattaforma programmatica democratica, potrà dire di aver davvero contribuito a trasformare i democratici. Altrimenti prepariamoci a un po’ di proteste durante la convention.

Intanto l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg è stato annunciato come speaker a Philadelphia.  L’imprenditore dei media economici ha deciso di schierarsi con Hillary dopo la convention repubblicana e la scelte di Tim Kaine come vice. Tra le cose per le quali Bloomberg si è speso ci sono il controllo dele armi, il cambiamento climatico, i diritti uguali per tutti – anche religiosi: da sindaco difese l’idea di una moschea vicino a Ground Zero. I toni usati da Trump alla convention lo hanno fatto propendere per una posizione pubblica. Si tratta di un colpo per Clinton che vuole cattirare gli indecisi: Bloomberg è una figura indipendente, che avrebbe potuto diventare un pericoloso terzo candidato presidente – se avesse deciso di correre, ipotesi scartata mesi fa. Il problema, tornando alla sinistra del partito, è che pur essendo progressista su temi importanti, Bloomberg è un vero amico e alleato di banche e finanza. Tema cruciale e delicato per convincere i giovani di sinistra a votare per Hillary. I prossimi giorni ci diranno che capacità avrà l’ex senatrice candidata a diventare la prima donna presidente, di camminare sul filo, riuscendo a promettere politiche che soddisfino le varie anime del partito.

 

Elena e Deborah spose. In Italia. Pensa te.

Castel San Pietro, provincia di Bologna: Debora Piccinini ed Elena Vanni si sono sposate. Deborah è ragioniera mentre Elena si occupa di informatica. È la prima unione civile in Italia, a poche ore dal decreto attuativo della legge Cirinnà.

In pratica ieri è successo ciò che Adinolfi, Formigoni, Giovanardi e compagnia bella temevano mostruosamente: Deborah e Elena si sono sposate e infatti già oggi probabilmente il prodotto interno lordo nazionale ha avuto un crollo verticale, le casse dello Stato si avviano ad essere prosciugate per pagare medicine e visite oculistiche, le famiglie tradizionali vivono oggi un brivido per il rischio di essere sradicate da queste due coniugi, migliaia di bambini si sono risvegliati deviati e traumatizzati e dio provocherà l’innalzamento dei mari e un turbine di tifoni.

L’apocalisse è nel momento di quelle due che hanno avuto lo stomaco di baciarsi davanti al sindaco. La notizia rimbalzerà sulle televisioni di tutto il mondo, ferirà centinaia di madri di famiglia, provocherà ripetuti conati di vomito in affaticati lavoratori, procurerà un mezzo coccoloni a papa Francesco, provocherà il crollo delle borse internazionali, ringalluzzirà orde di pervertiti, scioccherà i miei bambini, ferirà mia madre, partorirà una lunga fase di instabilità politica e inciderà mostruosamente sul pericolo di attentati.

Oppure semplicemente oggi, Deborah e Elena, sono le protagoniste di una notizia che non merita niente di più che un paio di righe di cronaca e qualche telegramma di felicitazioni. E la normalità della notizia è la fotografia di un allarme ridicolo e patetico. E che Paese banale è questo in cui gli allarmi non fanno nemmeno un mezza notizia quando accadono.