Home Blog Pagina 1260

Il più grande sciopero di sempre dei lavoratori dei fast-food Usa

I lavoratori dei fast food e dei ristoranti, quelli delle grandi catene che passano ore a infornare pizze, girare hamburger, friggere, consegnare a casa, pulire bagni a tutte le ore del giorno e della notte, hanno intenzione di pesare e farsi sentire nell’anno delle elezioni presidenziali americane. E con loro i guardiani, le maestre d’asilo e tutti gli altri che lavorano duro e guadagnano troppo poco.

I lavoratori chiedono un salario minimo di 15 dollari l’ora e il diritto di organizzarsi in sindacato e hanno scioperato in centinaia di città americane, dando il via a una campagna lunga un anno per far pesare la voce dei 64 milioni di lavoratori che guadagnano il salario minimo. Come get my vote, è lo slogan, vieni a conquistarti il mio voto. Questo è un pezzo della base democratica che, se mobilitato, peserà molto nelle primarie e nell’urna del novembre 2016.

Gli scioperi sono una prova di forza, da tre anni il movimenti di Fight for 15 e altri cresce e si organizza e quella di ieri è stata la giornata più importante e partecipata. Le campagne raccolte sotto l’ombrello di Fight for 15 sono decine e in molti Stati e hanno come spina dorsale organizzativa la SEIU, il sindacato del terziario poco avanzato, ma indispensabile alla vita delle città e dei grandi palazzi delle corporation. La gente chiede malattie pagate, sostengo per la cura dei bambini – senza il quale non si può andare a lavorare per una paga da fame.

Ai comizi di New York c’era anche il sindaco Bill de Blasio che ha ricordato come lo Stato governato da Cuomo e la città abbiano approvato leggi che portano progressivamente i salari al minimo di 15 dollari. new York non è sola: sono molte le città e gli Stati  governati dai democratici che hanno fatto scelte in questa direzione. Lo stesso presidente si è detto favorevole.E con lui tutti gli aspiranti democrtici a succederli (che sono rimasti in tre)


Anche Bernie Sanders, senatore del Vermont candidato alle primarie democratiche era a uno dei comizi. Il suo discorso, sotto la pioggia, nel video in fondo alla pagina.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/minomazz” target=”on” ][/social_link] @minomazz

Di questo movimento abbiamo scritto su Left a giugno, parlando con alcuni dei protagonisti e facendoci spiegare come organizzano le loro campagne. L’articolo è qui.

Spegni Facebook e sarai più felice: i risultati di una ricerca danese

Più di mille persone senza lo sfondo blu e i mi piace di facebook, social network più diffuso tra grandi e piccini per una settimana. E’ questo l’esperimento del danese Istituto per la ricerca sulla felicità, che cercava di rispondere alla domanda: “i social network cambiano la qualità della nostra vita?”. La risposta dei ricercatori danesi è: abbastanza.

La ricerca è qualitativa e piuttosto semplice: prendere due gruppi di persone piuttosto attive su Facebook e chiedere alla metà di loro di farne a meno per sette giorni. E poi osservarne le reazioni. Il campione era composto da persone che nel 96% visitano quotidianamente il social network, che postano spesso foto, che ci passano almeno 30 minuti al giorno. Una parte consistente del campione è fatta di persone giovani che non hanno mai fatto a meno del social network. A tutti i partecipanti erano state fatte domande sul grado di felicità e socialità prima dell’inizio dell’esperimento.

I risultati, tutto sommato non sono sorprendenti e sono sintetizzati nell’immagine qui sotto: i numeri in blu riguardano il campione che ha continuato a usare Facebook, quelli bianchi sono coloro che si sono astenuti. I numeri in blu rivelano meno felicità, più preoccupazione, più rabbia, meno entusiasmo, meno depressione, più solitudine.Schermata 2015-11-10 alle 18.53.03

Tra le altre cose verificate dai ricercatori attraverso le risposte dei partecipanti all’esperimento, c’è la minore sensazione di aver perso del tempo, la maggiore capacità di concentrarsi e una vita sociale più attiva. «I miei coinquilini e io abbiamo dovuto parlare più spesso tra noi, invece di chiuderci in camera davanti al Pc» ha detto una delle intervistate.

Oltre al tempo perso, alla concentrazione e alla socialità, che tutto sommato sono scoperte poco clamorose e forse intuitive, tra le ipotesi dei ricercatori c’è l’idea che una parte consistente degli utenti/amici di Facebook tenda ad offrire un’immagine di sé non veritiera, più felice e tendenzialmente più di successo di quanto non sia in realtà. «Si tratta di un flusso di vite rappresentate in maniera distorta che distorcono la nostra percezione della realtà» scrivono i ricercatori. Una distorsione che ingenera gelosie e frustrazione in alcuni. E infelicità.

Certo dare la colpa di tutto ai social network è sbagliato: se passiamo tempo da soli, davanti a uno schermo, è perché c’è una forma di domanda. Ma certo la piattaforma di Zuckerberg da una mano. Il passo successivo dei ricercatori di felicità (un think-tank così non poteva che nascere in Scandinavia) è scoprire se gli effetti della cura di una settimana dureranno qualche tempo o meno.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/minomazz” target=”on” ][/social_link]@minomazz

 

E’ morto Helmut Schmidt, socialdemocratico ed europeista

epa05019313 A picture made available 10 November 2015 shows (L-R) Soviet Foreign Minister Andrei Gromyko, Soviet ambassador to Bonn, Vladimir Semyonov, General Secretary of the Central Committee (CC) of the Communist Party Leonid Brezhnev, German Foreign Minister Hans-Dietrich Genscher and German Chancellor Helmut Schmidt during a meeting at Schloss Gymnich, 22 November 1981. According to German news agency dpa citing his personal physician, former German chancellor Helmut Schmidt has died on 10 November 2015 at the age of 96 in Hamburg. Schmidt led West Germany from 1974 to 1982 and is best known for his fight against domestic terrorism and as one of the architects of the euro currency. Described by some as Germany's 'most prominent chain smoker,' Schmidt has repeatedly suffered from health problems and was on his fifth pacemaker. EPA/HEINRICH SANDEN

E’ morto Helmut Schmidt, premier tedesco dal 1974 al 1982 e successore di Willy Brandt, oltre che suo ministro della Difesa e poi delle Finanze in anni di boom economico. Con Brandt è l’alfiere della distensione, che prese forma con la cosiddetta Ostpolitik. Una delle figure più importanti della storia tedesca del Dopoguerra, ha avuto la fortuna di vedere la riunificazione delle due Germanie per la quale aveva tanto lavorato. Quelli di Schmidt e Brandt sono gli anni dell’espansione del welfare tedesco.

A picture made available 10 November 2015 shows Britain's Queen Elizabeth II (L) and German Chancellor Helmut Schmidt during the Queen's second visit to Germany, on the terrace of Palais Schaumburg in Bonn, Germany, 23 May 1978. According to German news agency dpa citing his personal physician, former German chancellor Helmut Schmidt has died on 10 November 2015 at the age of 96 in Hamburg. Schmidt led West Germany from 1974 to 1982 and is best known for his fight against domestic terrorism and as one of the architects of the euro currency. Described by some as Germany's 'most prominent chain smoker,' Schmidt has repeatedly suffered from health problems and was on his fifth pacemaker.  EPA/DPA

FILE - In this   June 11, 1982 file picture then  U.S. President Ronald Reagan, center,  waves to the crowd as he stands with then Mayor of West Berlin, Richard von Weizsaecker, left, and then West German Chancellor Helmut Schmidt in the American Sector at the Checkpoint Charlie in West Berlin.       (ANSA/AP Photo, str.file)  B/W ONLY

epa04124085 Former German chancellor Helmut Schmidt smiles during a reception in honour of Schmidt's 95th birthday in Berlin, Germany, 13 March 2014. Schmidt had turned 95 on 23 December 2013.  EPA/MAURIZIO GAMBARINI

Cresciuto in una zona povera di Amburgo, combatté nella Seconda Guerra mondiale e venne eletto per la prima volta nel 1953.
Abile diplomatico, Schmidt perseguì la distensione senza fare passi indietro: quando l’Unione Sovietica decise di posizionare le sue batterie di missili nei Paesi europei dell’est, autorizzò gli americani a impiantare missili a medio raggio sul suolo tedesco nonostante l’opposizione di una parte consistente del suo elettorato e grandi manifestazioni in tutto il Paese. I suoi anni al potere sono anche quelli in cui la R.A.F., il gruppo terroristico, colpiva duramente (gli anni di Schmidt sono anche quelli delle morti sospette dei terroristi in carcere).
Fortemente europeista, Schmidt insieme con i leader francesi ha promosso il Sistema monetario europeo nel 1979.
Nel 1982, il partito liberale alleato dei socialdemocratici cambiò alleato e votò il governo di Helmut Kohl.

Trivelle in Abruzzo, dopo il via del governo Regione e comitati annunciano battaglia

Non è bastato il no di Regione, sindaci, area protetta e cittadini. Il ministero dello Sviluppo economico ha fatto di testa sua e ha autorizzato il progetto di estrazione petrolifera off-shore denominato “Ombrina Mare”, al largo delle coste abruzzesi. La conferenza dei servizi si è conclusa senza tener conto delle ragioni di chi – come il comitato No Ombrina – negli anni si è battuto per tutelare un’area di elevato valore naturalistico, culturale e paesaggistico. In mezzo all’Adriatico, a pochi chilometri dalla Costa dei Trabocchi, il progetto prevede nuovi pozzi e una nuova piattaforma petrolifera collegata a una nave-raffineria poco più al largo.

Davanti alla sede del Mise, mentre giungeva notizia della decisione del governo, circa duecento attivisti manifestavano sottolineando la schizofrenia di una scelta in controtendenza «sia rispetto alle dichiarazioni d’intenti su green economy e lotta ai cambiamenti climatici sia rispetto alle tendenze globali che, alla vigilia del vertice sul clima di Parigi, vedono ad esempio il presidente degli Stati Uniti Obama rinunciare all’oleodotto Keystone XL e alle estrazioni petrolifere nell’Artico».

Il coordinamento No Ombrina annuncia battaglia legale contro quello che definisce «un sopruso» del dirigente del Mise presente all’incontro davanti elle criticità e agli impedimenti rilevati da Regione e Comuni abruzzesi. Associazioni e comitati locali non risparmiano critiche al governo «amico dei petrolieri» e in controtendenza rispetto agli allarmi di numerosi organismi internazionali che suggeriscono di disinvestire sulle fonti fossili.

Sullo sfondo, ancora una volta lo scontro istituzionale – su questa come su altre questioni ambientali – tra governo centrale e Regioni. «Ci saremmo aspettati quantomeno una sospensione dell’iter autorizzativo, se non la revoca, viste le due leggi regionali vigenti che di fatto vietano la costruzione della piattaforma a largo della costa teatina» ha spiegato il presidente di Legambiente Abruzzo Giuseppe Di Marco, riferendosi al divieto di trivellare entro le 12 miglia e all’istituzione del Parco marino della Costa dei Trabocchi.

Quello del Mise non è l’atto finale sulla vicenda Ombrina Mare: Regione Abruzzo, enti locali e ambientalisti aspettano il pronunciamento della Corte di Cassazione sul referendum promosso da dieci Regioni contro le norme pro-trivelle e lo Sblocca Italia, su cui pende anche un ricorso alla Consulta. E non sono escuse anche nuove manifestazioni.

Italicum, ricorsi a raffica nei tribunali

L’ultimo, in ordine di tempo, è quello di oggi, a Catanzaro. Il Cordinamento per la Democrazia costituzionale  di Cosenza ha presentato un ricorso giudiziario presso la Corte d’Appello di Catanzaro per ottenere “la declaratoria” di incostituzionalità della nuova legge elettorale detta Italicum. È una delle tappe del “tour” legale che sta portando avanti il Comitato per la Democrazia costituzionale (Cdc) nelle sedi di corti d’appello italiane. «Sono stati già depositati quattro ricorsi, a Milano, Venezia, Potenza e Catanzaro. In corso di notifica a Trieste, Bologna e Torino. A Genova si tratta di attendere pochi giorni così anche a Messina e Catania», elenca a Left l’avvocato Felice Besostri che è un po’ l’anima del Coordinamento, anche perché è uno dei tre legali (gli altri sono Aldo Bozzi e Claudio Tani) che ha affossato il Porcellum. La prossima settimana i ricorsi saranno presentati anche a Reggio Calabria e poi a Lecce, Bari, a Roma stanno raccogliendo tutte le firme.

Chi c’è dietro il Coordinamento

I ricorsi sono a titolo individuale, spesso sono gli avvocati residenti che li presentano – «a Torino è addirittura arrivato uno dalla Svizzera per firmare» -, ma anche semplici cittadini, come è accaduto a Milano. Come spiega l’avvocato Besostri, il sostegno viene soprattutto dai componenti del Coordinamento che, ricordiamo, è costituito da Libera, Fiom, Usb, Cgil, Articolo 21 Comitati Dossetti, Libertà e Giustizia, e poi da comitati spontanei forti nei territori, come, nel caso della Calabria, il comitato Partigiani della scuola pubblica. «M5s e Sel sono sempre dentro i ricorsi, a Genova c’è Pastorino, a Torino il primo firmatario è Don Ciotti», racconta ancora Besostri che sabato scorso è intervenuto al Teatro Quirino all’assemblea di Sinistra italiana. «Non ho ancora visto la firma di Civati che pure aveva detto di voler firmare», continua l’avvocato.

Qual è l’obiettivo da raggiungere?

«Ottenere le prime udienze tra febbraio e marzo del 2016, per avere un minimo di 10 o un massimo di 22 giudici investiti del problema che possono decidere alla prima udienza se rinviare o no alla corte costituzionale», continua Besostri. Per il Comitato è importante che ciò avvenga prima del 1 luglio 2016, la data in cui si applica la legge elettorale. Intanto, accanto ai ricorsi – e qui Besostri è molto soddisfatto – c’è molta attenzione da parte dei mezzi di informazione locale e soprattutto stanno nascendo come funghi comitati locali di sostegno, come è avvenuto a Catania, Bari, Venezia, Torino dove i coordinatori sono l’ex sindaco Diego Novelli e l’ex difensore civico della Regione Piemonte l’avvocato Antonio Caputo.

Insomma, nella primavera del 2016, oltre alla battaglia per le elezioni amministrative, ci sarà anche quella nei tribunali, a suon di carte bollate.

Da Hayez a Banksy il bacio nell’arte

hayez il bacio milano

Grande successo per la mostra dedicata a Hayez, alle Gallerie d’Italia – Piazza Scala, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano, nel primo fine settimana di apertura. Oltre 7.000 persone in coda davanti al museo fin dal mattino per ammirare le numerose opere del maestro veneziano di origine, ma milanese di adozione, che torna nel capoluogo lombardo dopo oltre trent’anni. La mostra rappresenta la più completa e aggiornata esposizione monografica su Francesco Hayez (Venezia 1791 – Milano 1882) e raccoglie in un’unica sede oltre 100 tra dipinti e affreschi dell’artista. Code anche all’interno per vedere, per la prima volta insieme, le tre versioni del Bacio. Ma quello di Hayez non è l’unico bacio famoso della storia, nella gallery alcuni di quelli più significativi nella storia dell’arte:


[huge_it_gallery id=”46″]
 [social_link type=”twitter” url=”http://twitter.com/LeftAvvenimenti” target=”” ][/social_link]  @LeftAvvenimenti

L’ambiente delle città italiane migliora. Merito della crisi?

Effetto della crisi o del cambiamento climatico? Nel 2014 la qualità dell’aria nelle città italiane è leggermente migliorata. O almeno così si legge nel rapporto sulla Qualità dell’ambiente urbano diffuso dall’Istat. I dati relativi all’aria sono tutti sostanzialmente positivi e si registrano fattori positivi anche in altri ambiti, sebbene con differenze e ritardi che rendono i piccoli miglioramenti insufficienti.

I capoluoghi dove i limiti di legge relativi alla concentrazione delle polveri sottili sono stati superati per oltre 35 giorni scendono da 44 a 35. Mentre sono 23 (erano 35 nel 2013) i capoluoghi dove si supera la concentrazione media annua di biossido di azoto – particolarmente grave la situazione a Brescia, Genova, Firenze, Roma e Palermo. Quanto all’ozono si dimezza il numero di città in cui si superano i limiti per oltre 25 giorni.

C’entrano la crisi e il clima o si tratta di politiche virtuose? Questo l’Istat non lo dice, ma certo è che l’aumento delle temperature medie invernali contribuisce a ridurre il numero di ore in cui i riscaldamenti sono accesi – e i caloriferi sono la principale fonte di inquinamento urbano. Una controprova è il calo di consumo energetico, sia elettrico che di gas metano per consumi domestici.

La crisi ha poi fatto diminuire per diversi anni consecutivi il parco auto circolante e aumentato di poco la domanda di trasporto urbano collettivo, mentre le nuove auto sono meno inquinanti, anche questi fattori contribuiscono al piccolo miglioramento della qualità dell’aria.

Il 2014 è anche l’anno in cui il tasso di motorizzazione torna a salire. In Italia circola un numero di auto ridicolo: 619 per mille abitanti contro le 494 della media europea nel 2013 – 502 in Gran Bretagna, 545 in Germania. Nei capoluoghi le auto circolanti nel 2014 sono 603 per mille abitanti, mentre nel 2011 erano 635. Tornano a crescere dello 0,1% le auto circolanti e le nuove immatricolazioni fanno un salto (+7,5%).

«In generale, la domanda di mobilità privata tende a essere più consistente nelle città medie e piccole, e il valore medio dei grandi comuni è nettamente inferiore a quello degli altri capoluoghi (566 contro 652) (…) Rispetto al 2013, il calo del tasso di motorizzazione è particolarmente marcato nelle città del Centro (da 642 a 617 auto ogni mille abitanti) e del Mezzogiorno (da 601 a 591), mentre al Nord la flessione è lieve (da 603 a 602). Il calo si concentra nel sottoinsieme dei grandi comuni, dove si passa da 585 a 566 auto ogni mille abitanti. I cali più vistosi si osservano a Roma (da 659 a 619), Milano (da 542 a 516) e Catania (da 698 a 671)».

Lieve aumento della domanda (+3,3%) di trasporto pubblico – anche qui: migliore offerta o crisi? – concentrata in alcuni grandi comuni, in particolare Napoli, Torino, Venezia, Bologna, Palermo.

Schermata 2015-11-10 alle 13.18.30

Buoni segnali sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti e dell’impiego di fonti rinnovabili. La raccolta differenziata è pari al 38,6% del totale, +3% in un anno e nettamente sotto l’obbiettivo fissato del 65% entro il 2012. Il divario Nord-Sud è molto elevato: i primi capoluoghi per raccolta sono Pordenone, Verbania, Belluno, Mantova, Treviso, Trento tra il 70 e l’80%, mentre in Sicilia sei capoluoghi su nove sono sotto al 10%.

Schermata 2015-11-10 alle 13.40.20

Cresce anche l’impiego di impianti di fotovoltaico, sia a uso privato che sui tetti degli edifici pubblici. Il dato è particolarmente positivo perché i bonus e incentivi non erano più in essere. Le città più fotovoltaiche dove la potenza complessivamente installata supera i 30 kW ogni mille abitanti: Novara, Gorizia e Lucca (soprattutto su edifici produttivi), L’Aquila (prevalentemente su edilizia residenziale), Salerno (con un parco fotovoltaico di proprietà comunale), Lanusei, Ascoli Piceno e, tra le grandi città, Bologna.

Schermata 2015-11-10 alle 13.41.07

 

Il Portogallo sfiducia il centrodestra? Pronta una coalizione delle sinistre

Il Portogallo (e probabilmente l’Europa) aspetta con il fiato sospeso il risultato di un voto di fiducia in Parlamento al governo di centrodestra di Pedro Passos Coelho che, appena nominato e senza maggioranza, rischia di finire subito sott’acqua.

Socialisti, Blocco di sinistra e comunisti dovrebbero votare contro il programma di governo che offre la continuazione delle politiche di austerità messe in atto in questi anni, non premiate nell’urna dagli elettori nelle elezioni del 4 ottobre scorso. Durante lo scorso weekend i tre partiti di sinistra hanno anche espresso di nuovo la loro volontà di guidare il Paese con un governo di coalizione che avrebbe i numeri (122 deputati, quando serve una maggioranza di 107). La manovra del presidente Cavaco Silva, che ha scelto di incaricare Coelho di formare il governo nonostante questi non avesse la maggioranza, è dunque destinata a fallire a meno di colpi di scena.

I particolari dell’accordo tra PSP e i due partiti alla sua sinistra non si conoscono ancora: Costa avrebbe minacciato di votare la fiducia al centrodestra se il Blocco e il PCP non avessero accettato un programma che non prevede nessuna minaccia di uscita dall’euro e che, pur cambiando di molto le politiche e chiedendo flessibilità, rispetta nel complesso alcuni parametri europei. L’accordo deve essere sottoposto al voto interno ai partiti – solo allora se ne conosceranno meglio i dettagli. Prima però la sinistra deve mandare a casa Coelho. Per il PCP – che è per l’uscita dall’euro – si tratta di accettare un compromesso notevole.

La prospettiva di un governo di sinistra ha portato la Borsa portoghese in territorio negativo e fatto alzare i tassi di interesse a cui si vendono buoni del Tesoro. Starà a Costa essere capace di rassicurare Bruxelles e, al contempo, offrire alla sinistra politiche coerenti con i programmi di fuoriuscita dall’austerità. Certo è, e i burocrati europei dovrebbero cominciare a registrarlo, che il voto portoghese è l’ennesimo nel quale le politiche imposte dalla Commissione vengono bocciate dagli elettori.

Leggi anche: l’analisi del dopo voto e un’intervista alla deputata del Bloque de Esquerda Marisa Matias

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/LeftAvvenimenti” target=”on” ]@LeftAvvenimenti

La grande lezione di Ken Saro-Wiwa, raccontata dalla scrittrice Noo, sua figlia

Ken Saro-Wiwa, one of nine Ogoni community activists executed after a grossly unfair trial in 1995.

L’ultima volta che Noo Saro-Wiwa era stata in Nigeria era il 2005. Era andata per dare una sepoltura ai resti di suo padre, il poeta e attivista Ken Saro-Wiwa, ucciso dal regime nel 1995 per il suo impegno politico a sostegno dei diritti degli Ogoni, popolo del delta sfruttato dalle multinazionali del petrolio. Cresciuta in Inghilterra, nel 2011 Noo ha deciso di compiere all’inverso il viaggio che fanno tanti migranti, tornando a confrontarsi con quella terra così forte e presente nelle sue memorie d’infanzia, ma anche in parte a lei sconosciuta. Per mesi ha attraversato la Nigeria, sentendosi osservata e giudicata come una straniera benché lei si sia sempre sentita «profondamente nigeriana».

Del resto, ammette, «sono arrivata a Lagos con la Visa nel reggiseno e qualche banconota nascosta nelle scarpe, per emergenza». Praticamente «in un assetto di allerta paranoico», racconta la scrittrice, con autoironia, nel volume In cerca di Transwonderland (66thand2nd Editore): libro di viaggio e insieme memoir da cui emerge un vivo affresco della Nigeria di oggi, fra modernità e conservazione; un Paese dove le persone hanno imparato a usare l’ironia per far fronte alle mille traversie quotidiane, dovute alla mancanza di mezzi e di infrastrutture, alla burocrazia e alla corruzione.

Così ci tuffiamo nella crescita travolgente e nelle contraddizioni di Lagos insieme a Noo Saro-Wiwa, visitiamo con lei villaggi sperduti e attraversiamo le strade linde di Calabar dove, negli anni Ottanta del boom petrolifero, scorrevano fiumi di champagne. In quella località turistica le elite si vestono all’occidentale anche ai matrimoni, ma obbligano la futura sposa, per mesi, a stare chiusa in casa a mangiare enormi quantità di cibo per ingrassare. E se queste tradizioni fanno vibrare in Noo accenti di denuncia, sono i tanti episodi di esaltazione religiosa a farle scattare un senso di netto rifiuto. Il cristianesimo qui arrivò con la colonizzazione e a poco a poco «la Nigeria è diventata il Paese più religioso di tutta l’Africa», scrive nel libro, ricostruendo il dilagare di questa forma di cristianesimo evangelico e fondamentalista grazie a «ex avvocati, professori e persino medici che, ispirandosi ai telepredicatori americani, gestiscono le chiese come fossero aziende». E approfittano dell’ignoranza diffusa in un Paese che ha ancora percentuali di analfabetismo del cinquanta per cento.

Noo_rA Roma, per partecipare ad un’iniziativa dedicata al padre e per presentare In cerca di Transwonderland, abbiamo incontrato Noo Saro Wiwa chiedendole di raccontarci di questo suo ritorno in Nigeria, da giornalista e scrittrice. «Sono stata fortunata perché ho potuto fare quel viaggio a ritroso. Avere denaro a sufficienza mi ha evitato tanti svantaggi che hanno le donne nigeriane, purtroppo. Farlo da scrittrice poi è stato particolarmente utile perché… riesci a sopportare e affrontare situazioni difficili, perché ti danno materia per scrivere!».

Il suo essere dentro e fuori la Nigeria cosa le ha permesso di cogliere immediatamente?

Mi ha preoccupato vedere come il paesaggio e il patrimonio culturale siano stati attaccati e abbandonati dai turisti. Facendo parte dei nigeriani della diaspora, tornando, ho potuto verificare e denunciare tutto questo. Un lusso che i nigeriani che vivono là non si possono permettere. Ma anche un altro aspetto mi ha colpito subito: Io non vado in chiesa, sono atea, questo non è un problema in Inghilterra. Ma molti nigeriani lo disapprovvano. E il loro giudizio mi metteva a disagio, mi infastidiva. Ho studiato, però, alcuni riti pre-cristiani e pre-islamici (la mia formazione è piuttosto di stampo filosofico empirista). Forse proprio per il mio essere un outsider mi hanno incuriosito alcuni aspetti delle tradizioni animiste, quelle che cristiani e musulmani vorrebbero cancellare.

Anche se in Nigeria allora non circolavano molti libri, suo padre leggeva molto e cercava di fare in modo che anche lei, bambina, si appassionasse alla lettura. Dal carcere in isolamento scriveva lettere interessandosi ai suoi progressi negli studi. Quale è stato il suo insegnamento più grande?

Mio padre mi ha insegnato che lo studio e la perseveranza sono ciò che conta e ti fa crescere nella vita. Mi diceva sempre: «Se provi e non riesci, prova, prova, prova di nuovo». Il mei genitori non mi hanno mai fatto sentire che non sarei riuscita a raggiungere i miei obiettivi perché “nera”. Semmai mi dicevano dovrai impegnarti più duramente di tutti gli altri. Ma soprattutto la lotta di mio padre contro il degrado ambientale nel delta ha portato ad una nuova cultura della responsabilitàPIATTO NOO SARO WIVA 5.qxd:Layout 1d’impresa tra le multinazionali di tutto il mondo. Per ciò che ha detto e fatto Ken Saro-Wiwa le grandi compagnie petrolifere devono pensare attentamente a come trattano la gente locale, altrimenti i tribunali li giudicano responsabili.

Suo padre aveva scelto di lottare usando la non violenza. Condivide?

Sì. Anche se la violenza talvolta è necessaria per difendersi. Pensiamo per esempio ai partigiani che combattevano contro Hitler. In generale, però, è sempre meglio cercare di raggiungere i propri obiettivi pacificamente. La violenza può portare alla vittoria, ma potrebbe non valerne la pena sul lungo termine, per il prezzo da pagare.

La Shell ha pagato 15 milioni e mezzo di dollari per evitare di comparire al processo per l’ assassinio di suo padre e dei suoi compagni uccisi dal regime, perché si opponevano ai metodi Shell di estrazione del petrolio. E ora Amnesty International denuncia che Shell non ha provveduto alle bonifiche raccomandate dall’Unep. Dopo vent’anni le condizioni ambientali di Ogoniland sono drammatiche.

La Shell è un simbolo di ricchezza per l’Occidente. La Nigeria avrebbe potuto vivere in prosperità se il nostro governo avesse usato i soldi del petrolio con giudizio. Ma il governo era corrotto e ha permesso alle compagnie petrolifere di fare ciò che volevano.

Quale è stato il ruolo della religione nel mantenere il Paese in uno stato di “minorità”?

Tanti vogliono credere in un potere superiore. Il cristianesimo che ha preso piede è pentecostale arrivato dagli Stati Uniti nel corso degli anni 80 in un momento di forte crisi della Nigeria. Mio padre, con Marx, diceva che la religione è «oppio dei popoli». Dare potere a un’entità metafisica era una pazzia secondo lui .

Il Nobel Wole Soyinka e altri scrittori della diaspora come Teju Cole hanno catalizzato l’attenzione del pubblico occidentale. Quali altri autori consiglierebbe?

La letteratura nigeriana è sbocciata dopo un periodo di declino negli anni 1980. Sta godendo di moltissima attenzione a livello mondiale anche grazie a scrittori come Helon Habila e Chimamanda Adichie (l’autrice di AmericanaH e Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi ndr). E poi Seffi Atta, Chinelo Okparanta e Igoni Barrett. Il mio rapporto con letteratura nigeriana passa soprattutto attraverso le loro opere, sono questi gli autori che più amo leggere.


La denuncia di Amnesty international

In un rapporto diffuso in occasione dell’anniversario della morte di Ken Saro Wiwa, l’ambientalista e scrittore che dedicò la sua vita a denunciare i danni causati dall’industria petrolifera nel delta del fiume Niger, Amnesty International e l’Ong nigeriana Centro per l’ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cerd) hanno nuovamente smentito la Shell, definendo false le dichiarazioni secondo cui il gigante petrolifero avrebbe bonificato le aree pesantemente inquinate del delta del fiume Niger.

Il rapporto documenta la contaminazione ancora in corso in quattro zone interessate da fuoriuscite di petrolio, che la Shell aveva dichiarato di aver bonificato anni fa. «Per non aver adeguatamente rimediato all’inquinamento prodotto dai suoi oleodotti e dai suoi pozzi petroliferi, la Shell sta continuando a esporre, in alcuni casi da anni se non addirittura da decenni, migliaia di donne, uomini e bambini alla contaminazione dei terreni, dell’aria e dell’acqua» – ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore di Amnesty International «Le fuoriuscite di petrolio hanno un impatto devastante sui campi, sulle foreste e sulla fauna ittica da cui dipende il benessere e la stessa vita delle popolazioni del delta del fiume Niger. Chiunque visiti queste zone può vedere e annusare la dimensione dell’inquinamento».
bus saro wiwa

(Questo autobus è una opera d’arte e denuncia che le organizzazioni ambiantaliste vogliono far circolare per la Nigeria in questi giorni per ricordare l’anniversario di Saro Wiwa. Le autorità nigeriane di frontiera lo hanno bloccato alla dogana)

Il rapporto di Amnesty International e del Cerd denuncia inoltre come il governo nigeriano non abbia regolamentato le attività delle compagnie petrolifere. L’organo di controllo statale, l’Agenzia nazionale per l’individuazione e la risposta alle fuoriuscite di petrolio (Nosdra), opera con personale ridotto e continua a certificare come bonificate aree che sono visibilmente inquinate.

«La Shell e lo stesso governo nigeriano non possono ignorare la terribile eredità lasciata alla popolazione del delta del fiume Niger dall’industria petrolifera. A tante persone il petrolio non ha portato altro che miseria» ha dichiarato Stevyn Obodoekwe, direttore dei programmi del Cerd «La qualità della vita delle persone che vivono circondate dalle esalazioni, dai terreni impregnati e dalle acque traboccanti di petrolio è terribile da decenni».

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/simonamaggiorel” target=”on” ][/social_link] @simonamaggiorel


 

 

Clima, superata la soglia di un grado di aumento della temperatura

Ve ne eravate accorti? Il 2015 è caldo. Quest’anno abbiamo superato di un grado la temperatura media di quelle registrate tra 1850 e 1900 e se non precipiteranno di colpo negli ultimi due mesi dell’anno, potremo senz’altro dire di essere diretti verso la fatidica soglia dei 2 gradi centigradi di innalzamento delle temperature medie considerate dalla comunità scientifica come una soglia pericolosa.

La speranza è che i nuovi dati producano la consapevolezza dell’urgenza di prendere delle decisioni reali alla conferenza mondiale sul clima di Parigi.

La misurazione è il frutto di un nuovo lavoro del Met Office, l’ufficio meteorologico britannico, che ha deciso di superare il dibattito sulla confusione delle temperature precedenti alla rivoluzione industriale utilizzando un cinquantennio su cui i dati a disposizione sono di più – non ne sappiamo abbastanza, ma è quello il momento in cui le emissioni di CO2 aumentano in misura esponenziale.

«E’ evidente sono le attività dell’uomo a portarci in un territorio inesplorato per quanto riguarda il clima» ha detto Stephan Belcher, del Met Office.

Dalla Cina, probabilmente il primo inquinatore mondiale, arrivano invece le foto qui sotto, che ci parlano di un nord-est del Paese attanagliato in una cappa di smog che non si dissolve e che ha costretto milioni di persone a uscire di casa con la maschera o a tapparsi in casa. Le cause sono l’accensione dei riscaldamenti e le fiamme date ai campi di grano dopo il raccolto – la regione dove manca l’aria è denominata “il granaio di Cina”. Del resto, come ha detto oggi l’ufficio meteorologico mondiale, il 2014 è l’anno in cui la concentrazione nell’atmosfera di gas serra hanno di nuovo superato un record. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale dice che tra il 1990 e il 2014 c’è stato un aumento del 36% di effetto dei gas sul riscaldamento sul clima.

Sempre oggi, e in vista della conferenza di Parigi (30 novembre – 11 dicembre) la Banca mondiale ha diffuso un rapporto nel quale si dice che senza affrontare e fermare il cambiamento climatico lo sradicamento della povertà globale è destinato a fallire.

«Il cambiamento climatico colpisce più duramente i più poveri, e la nuova sfida è quella di proteggere decine di milioni di persone a cadere nella povertà estrema a causa di un clima che cambia», ha detto il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim.

I poveri vengono danneggiati sia dal clima che muta (minori raccolti, inondazioni, acqua che manca, nuove malattie), che dalle politiche per fermarlo, che rischiano di arrestare la crescita in alcuni Paesi, sostengono alla Banca. «Per questo – ha detto John Roome, direttore del ripartimento della Banca per il cambiamento climatico – occorre affrontare la riduzione della povertà e il cambiamento climatico in una strategia integrata». Migliori ammortizzatori sociali e una copertura sanitaria per tutti, assieme a miglioramenti mirati come le difese contro le inondazioni, sistemi di allarme precoce e colture più resistenti, potrebbero prevenire o compensare la maggior parte degli effetti negativi del cambiamento climatico sulla povertà nei prossimi 15 anni, dice il rapporto. Servono, insomma, sostengono alla Banca Mondiale, misure a breve termine che ci consentano di prendere (oggi) decisioni sul lungo periodo.