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Il francobollo impossibile per Adriano De Zan che ha raccontato l’Italia del Giro

Questa settimana, con orgoglio e incontenibile gioia, dedichiamo il francobollo impossibile all’avvenimento sportivo più importante dell’anno, subito dopo il campionato di calcio, ovviamente: il Giro d’Italia. L’evento sportivo proletario per antonomasia. La corsa a tappe di ciclismo su strada ideata dal giornalista Tullo Morgagni che, dal 1909, con cadenza annuale, porta per le strade di tutta Italia lo spettacolo maestoso di un battaglione di biciclette domate da veri e propri eroi.

Tra questi centauri a pedali son tanti i personaggi indomiti che nel corso della loro carriera hanno ricevuto l’epiteto di “eterno secondo”: il già citato Franco Bitossi o il misconosciuto Tano Belloni, latin lover Pizzighettonese che, nonostante la sua bomba da 12 uova di galline cremonesi ingerita sulla linea di partenza arrivò per più di 120 volte secondo, molto spesso dietro il campione dei campioni, Costante Girardengo.

Oggi però, abbiamo deciso di dedicare il francobollo al Giro d’Italia non come evento sportivo ma come strumento di promozione culturale e turistica del nostro Paese, dei suoi borghi, dei suoi paesaggi e delle sue storie.

Dedichiamo l’epica effige filatelica ad Adriano De Zan il vero artefice di questo up-load comunicativo. Adriano è stato, dal 1955, la voce narrante delle storie, delle fughe, delle rincorse e degli inseguimenti che si susseguivano di tappa in tappa nei borghi più pittoreschi dell’intera Penisola.

Omaggiamo quel De Zan che con passione e sensibilità infinita è riuscito a mescolare sapientemente l’evento agonistico con descrizioni soavi di contesti che diventavano, attraverso le sue parole, da subalterni sfondi dell’impresa a comprimari protagonisti dell’avvenimento sportivo.

Un ringraziamento sincero ad Adriano che ha trasformato, il Giro d’Italia nella migliore trasmissione di approfondimento culturale e sociale del palinsesto Rai degli ultimi 50 anni. Un cronista preparato e appassionato, che ha raccontato, attraverso l’utilizzo di infiniti aneddoti, di garbato umorismo le trasformazioni sociali e culturali del nostro Paese. Un francobollo impossibile per Adriano De Zan che ci ha accoccolato e profuso amore per la cultura, lo sport e le tradizioni popolari del nostro Belpaese.

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Le cinque delle 13.00

Possibile. Pippo Civati è pronto a battezzare la sua “cosa rossa”. Subito dopo le Regionali nascerà Possibile, la rete che il deputato uscito dal Partito democratico immagina come un movimento «inedito e diverso dal solito».

Economia. Le considerazioni del governatore della Banca d’Italia: prematuro valutare il Jobs Act ma i primi segnali sono positivi. “Nel Sud c’è il rischio che la ripresa non sia in grado di creare occupazione nello stesso modo in cui è accaduto in passato”. Monito sulla corruzione

Migranti. L’Italia avrà un mese per presentare una roadmap sull’accoglienza dei migranti, dopo l’ok al meccanismo d’emergenza per la ridistribuzione intra-Ue dei richiedenti asilo. Lo prevede la proposta legislativa dell’esecutivo Ue, che domani sarà sul tavolo del collegio dei commissari, per l’approvazione, spiegano fonti.

UberPop boccato in tutta Italia. Il Tribunale di Milano con un provvedimento cautelare ha disposto, su tutto il territorio nazionale con inibizione dalla prestazione del servizio, il blocco di Uber-pop, il servizio messo a disposizione dall’applicazione Uber che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza.

Arte. Recuperati in Usa affreschi rubati a Pompei nel 1957 dai carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) in collaborazione con l’Ice. Sono tre splendidi affreschi del I secolo a.C. razziati nel 1957 dai locali della Soprintendenza di Pompei.

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Le cinque delle 20.00

Politica. Il terremoto politico in Spagna fa discutere anche in Italia: «Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi» ha detto il presidente del Consiglio Renzi.

Lavoro. Ad aprile le attivazioni di nuovi contratti a tempo indeterminato sono state 171.515 a fronte di 122.979 cessazioni con un saldo attivo di oltre 48.000 contratti stabili. Lo rileva il ministero del Lavoro: le assunzioni sono state anche molto superiori rispetto a quelle che si sono avute nell’aprile del 2014 (112.839).

Grecia. Ieri lo strappo oggi il passo indietro. La Grecia farà ogni sforzo per onorare tutti i debiti con il Fondo monetario internazionale «come meglio potremo» sottolinea il portavoce del governo ellenico Gabriel Sakellaridis.

Economia. Non si arresta la flessione delle Borse europee aperte con lo spettro del default greco che torna ad agitare i mercati. Conferma il forte calo Madrid (-2,2%) dopo le elezioni locali che hanno certificato il successo di Podemos e della sinistra. Anche Piazza Affari chiude in calo.

Pasolini. Archiviata anche l’ultima inchiesta della procura di Roma sulla morte dello scrittore ucciso all’Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. Secondo la procura, non è stato possibile dare una identità a quei cinque profili genetici riconducibili ad altrettanti soggetti probabilmente presenti sulla scena del crimine, oltre a Pino Pelosi, l’unico condannato per il delitto.

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Basta bugie: i docenti vogliono essere valutati, ma da chi?

Un’insidiosa bugia mascherata da mezza verità sta avvelenando il dibattito pubblico sul ddl sulla scuola. La bugia: i docenti italiani non vogliono farsi valutare. La verità: i docenti italiani non vogliono farsi valutare in base alle vaghe e capricciose indicazioni di una classe dirigente incurante della qualità della scuola pubblica.

Ogni riforma che pretenda di definirsi “buona” dovrebbe essere sperimentata innanzitutto da chi la propugna. Ma chi sarebbe mai disposto a farsi valutare da chi non ha nessuna qualifica o preparazione specifiche per svolgere quella funzione? I primi ad essere liberati dal provarle sono gli ideatori e gli esecutori. Poi il privilegio tocca al corteo di commentatori celebranti

Ora questa “buona” riforma viene proposta da un governo che non ha legittimazione elettorale e potrebbe essere licenziata da un Parlamento di cooptati dalle burocrazie dei partiti, in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Però, non si sa come, i membri di questo governo si sentono particolarmente ferrati sui temi del merito e della valutazione. Esemplare la giravolta del ministro Giannini, ora fervida sostenitrice dell’adozione di un criterio quantitativo nella rilevazione delle prove scolastiche, come quello delle prove Invalsi, ma da docente e presidente della Società Italiana di Glottologia contraria all’uso della metodologia bibliometrica (cioè di un criterio puramente quantitativo) nella valutazione dei risultati della ricerca scientifica.

Quanto agli eroici opinionisti che portano in trionfo il ddl sopra le sabbie mobili del sindacato, certe lodi sperticate sarebbero più credibili se fossero precedute dalla notizia delle valutazioni a cui sono periodicamente sottoposti e del numero degli esami e dei concorsi che hanno superato per salire sulla tribuna dalla quale sdottoreggiano su scuola e merito. Perché non s’impegnano con analogo zelo contro l’egualitarismo rimunerativo, per esempio, dei medici o dei giudici? Conoscono il funzionamento della macchina ministeriale, capace di schiacciare competenze, esperienze, titoli e diritti?

Chi è stato precario sa quanto possa essere inaffidabile e perverso il congegno delle graduatorie, a causa di eccezioni, deroghe, riserve e ricorsi. Prendiamo il caso dei vincitori del Tfa, che in 10mila hanno superato una durissima selezione (gli aspiranti erano 138mila). Prima è stata assicurata loro la cattedra, visto che il fabbisogno stimato era il doppio del numero dei vincitori. Poi, la perfetta macchina meritocratica dello Stato ha consentito a 70mila docenti, tra quelli già bocciati nella precedente selezione, di superare un percorso abilitativo speciale che ha stravolto la graduatoria di merito precedente.

Come ci si può fidare di una classe dirigente che un giorno fissa un criterio di valutazione e un altro giorno se lo rimangia? Ci siamo dimenticati che Berlinguer, primo ad avventurarsi nel terreno sconosciuto della meritocrazia, aveva escluso dalla partecipazione al concorso per la progressione di carriera i docenti che non avevano maturato almeno dieci anni di ruolo, mentre oggi i suoi eredi calpestano il valore dell’esperienza maturata sul campo?

Le cinque delle 13.00

Tunisi, militare apre il fuoco in una caserma: quattro morti e 15 feriti. Nella caserma colpita dall’attacco al Museo del Bardo questa mattina un sergente sospeso dal servizio è stato ucciso dopo che ha aperto il fuoco contro i commilitoni, colpendone a morte altri tre e ferendone altri 15.

Il governo greco ha annunciato di non poter far fronte alle rate del prestito concesso dal Fondo Monetario e dall’ex Troika. La paura per un possibile default della Grecia e sulla tenuta dell’Euro ha fatto precipitare le Borse.

Spagna, Podemos conquista Barcellona e rompe il bipartitismo. Crollano i popolari, il partito del premier Mariano Rajoy arretra dal 40% del 2011 al 26%, delusi i socialisti. L’avanzata di Podemos rompe il bipartitismo in vista delle elezioni politiche di novembre.

Palma d’Oro del 68° Festival di Cannes a “Dheepan”, del regista francese Audiard. Miglior regista è Hou Hsiao-Xsien. Migliori attori Rooney Mara, Emmanuel Bercot e Vincent Lindon. Nessun premio per i tre film italiani in concorso.

Divorzio breve, domani parte la rivoluzione. Si impiegheranno da 6 a 12 mesi per dirsi addio. Questa è la rivoluzione della riforma che entra in vigore a partire da domani. Rischio caos nei tribunali: le nuove norme si applicano anche ai procedimenti in corso.

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La leggenda Nasser Hejazi, il più forte portiere asiatico di sempre

Quando nel ’43, Teheran ospita in conferenza Roosevelt, Stalin e Churchill, sfoggia ampi viali, edifici moderni e un buon numero di automobili. Le vecchie mura  sono crollate e delle antiche porte ne rimane in piedi una sola. La colpa non è della guerra ma degli ammodernamenti voluti fin dagli anni Trenta dallo Scià Reza Pahlavi, costretto ora a rimettere il potere politico nelle mani del figlio Mohammad Reza dopo aver già regalato quello economico  all’Anglo-Iranian Oil Company, beneficiaria dello sfruttamento degli idrocarburi del Paese un tempo detto Persia. Alla fine del ’49, a Teheran, nasce Nasser Hejazi, figlio di Ali Akbar, azero di Tabriz e titolare di un’agenzia immobiliare. Il giovane Scià ha appena divorziato dalla sorella del re d’Egitto, la guerra è finita da un pezzo, la crisi del petrolio di Abadan è dietro l’angolo e manca un campionato nazionale vero e proprio. Si giocano solo tornei locali.

Nasser Hejazi è alto, magro, agile e non ha paura di niente. È un portiere imbattibile su ogni superficie anche quando si arruola nei dilettanti del Nader. Appena maggiorenne firma un contratto da professionista con il Taj Club e in 10 anni vince due edizioni del neonato campionato persiano, una coppa dell’Iran e una coppa Campioni d’Asia. È anche chiamato dalla Nazionale con la quale alza al cielo la Coppa d’Asia del ’72, quella del ’76 e partecipa alle Olimpiadi di Montreal.

Il match della vita lo gioca a novembre ’77 allo stadio Aryamehr contro l’Australia. In palio c’è la qualificazione per il mundial argentino. Bisogna vincere per evitare il sorpasso della Corea del Sud fermata sullo 0-0 proprio dalle parate di Hejazi che avevano spinto l’allenatore avversario a urlare alla stampa: «Quelli, stasera, in porta avevano uno stregone ». L’Iran batte l’Australia 1-0 davanti a 90.000 persone in festa. In tribuna c’è anche lo Scià con il figlio Ciro, finalmente un erede maschio dopo tre matrimoni.

In Argentina, l’Iran esce al primo turno. Tra Olanda, Scozia e Perù, Hejazi incassa 8 gol, di cui 4 su rigore e uno su autorete. In estate, lo chiama il Manchester United, ma la Federazione iraniana non gli proroga il periodo di prova. A Teheran c’è aria di rivoluzione, lo Scìà fugge in Marocco e Khomeini rientra da Parigi. Il campionato ’78-79 viene sospeso e il ministero ordina il ritiro dall’agonismo per tutti gli atleti con 27 anni di età.

Hejazi ne ha 29, ma in barba alle regole, continua a giocare tornei minori con i bianconeri dello Shabaz. L’incalzare della guerra contro l’Iraq lo convince a chiudere da professionista a Dacca dove rimarrà ad allenare la Nazionale del Bangladesh. Quando muore Khomeini, riparte il campionato ed Hejazi torna ad allenare il suo vecchio Taj, ormai rinominato Esteghlal.

L’azero dagli occhi a mandorla si spegne prematuramente  el 2011 per un male incurabile. I suoi funerali, nel grande stadio ribattezzato Azadi, degenerano in una contestazione di folla contro il presidente Ahmadinejad. Hejazi infatti aveva apertamente sostenuto i suoi avversari alle elezioni politiche del 2005 e del 2009. «Non posso vedere la gente povera in una terra ricca di petrolio». Queste le sue parole, che il regime ha sempre provato invano di fargli rimangiare. Nasser Hejazi non poteva essere perseguitato. Lui era “Ostureh”, la leggenda.

A Venezia ci sono andati lo stesso! I ragazzi down più forti delle discriminazioni

Erano partiti per una gita a Venezia, coronamento di un percorso di autonomia. Autonomia significa imparare a vivere la vita fuori casa, da soli, con le fragilità e le lentezze che si hanno ma sviluppando le (tante) possibilità.

E divertendosi un bel po’, perché alla fine il divertimento conta, eccome se conta, per questo avevano deciso proprio per una gita a Venezia, loro che partivano da Conegliano in Veneto. E per questo si erano messi in fila per fare il biglietto del treno.

Ed è alla fine della fila che il dipendente di Trenitalia, un uomo mai stato Uomo, si è rivolto all’accompagnatrice: «Lasci perdere, mi ascolti. Ho più esperienza di lei: questi ragazzi non sono in grado di imparare. Se fate voi il biglietto per loro fate un favore alla comunità».

Riporto questo fatto, denunciato dall’Associazione persone Down, perché è giusto sottolineare gli stronzi e incentivarne il licenziamento. O magari un mese di volontariato in un luogo che sia in grado di insegnare a quell’omuncolo del bigliettaio la magia della vita, lui che il profumo della vita non l’ha mai sentito, anaffettivo del piffero.

E comunque il commento migliore l’ha fatto Michele, 25 anni: “Sono Down, mica scemo”.
(e sì, alla fine a Venezia ci sono andati lo stesso, grandi ragazzi!)

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Le cinquantadue perle di Melania Mazzucco

Cinquantadue perle di diversa grandezza e luce. Una collana di quadri straordinari, perché eccentrici ed imprevisti nella poetica di un artista, oppure perché rappresentano uno strappo dalla tradizione. O, ancora, perché rimasti incompresi per secoli o perché capaci di dare voce a soggetti che non ce l’hanno mai avuta nella storia ufficiale.

In ogni caso, quadri che hanno colpito profondamente la sensibilità e la fantasia di Melania Mazzucco che li racconta ne Il museo del mondo (Einaudi), iniziando con Ad Parnassum di Klee per finire con la Presentazione di Maria al tempio di Tintoretto, il telero che le ispirò una decennale ricerca sulla pittrice Marietta, figlia dell’artista veneziano.

Appartenenti a culture ed epoche molto diverse fra loro, sono opere che riescono a toccare corde profonde in chi guarda. Sono quadri che “parlano” quelli scelti dalla scrittrice romana che è andata a cercarli in musei, all’estero e in Italia, in città d’arte e in piccoli borghi, per poterli raccontare dal vivo in una serie di articoli apparsi sul quotidiano Repubblica e poi raccolti in questo volume che il 16 maggio al Salone del libro di Torino è diventato lo spunto per un lungo dialogo con il critico e curatore Vincenzo Trione. Fra queste opere troviamo capolavori come La Madonna dei pellegrini di Caravaggio e la Madonna del parto di Piero della Francesca, ma anche tele sottovalutate dalla critica come La morte di Procri di Piero di Cosimo. Pittore coevo di Botticelli, fu stigmatizzato da Vasari come «omo fantastico» e «selvatico» per la sua misantropia e i suoi comportamenti bizzarri.

Melania Mazzucco ne sottolinea invece la generosità nel regalare sorprendenti invenzioni d’immagine a spalliere che poi sparivano nelle stanze private di ricchi mercanti. E ne sottolinea il coraggio nel rappresentare miti pagani giudicati scabrosi nella bigotta Firenze savonaroliana. Ed ecco, a proposito di quadri che rivoluzionano l’iconografia consolidata, Susanna e i vecchioni, topos dell’arte sacra, che Artemisia Gentileschi trasformò in una denuncia del voyeurismo di vecchi guardoni che ricattano una giovane nuda, intimandole il silenzio. Un quadro firmato, nonostante la pittrice avesse nel 1610 solo 17 anni. Il padre Orazio Gentileschi lo usò poi per mostrare il talento della figlia, vittima di uno stupro e oltraggiata perché aveva avuto il coraggio di denunciare. Moltissimi sono gli spunti di ricerca che ci offre la scrittrice in questo libro, lasciamo al lettore il gusto di scoprirli, suggerendo in chiusura anche la sua lettura di Giove ed Io di Correggio (in foto), come inedita e geniale rappresentazione dell’orgasmo femminile.

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