L’Irlanda ha detto sì. E segretamente le urne già lo sapevano da ieri sera: alle 22 più del 60% dell’elettorato aveva partecipato al voto, una partecipazione in assoluto più alta tra i più recenti referendum. E alle 12 in punto di oggi l’ufficialità della vittoria del sì al riconoscimento legale e costituzionale del matrimonio anche per persone dello stesso sesso.
Il sole e l’atmosfera brillante di ieri mattina, quando alle 7 in punto i seggi hanno aperto le loro porte ai primi elettori, hanno lasciato spazio a un bellissimo arcobaleno che è apparso proprio mentre il sì otteneva la sua schiacciante vittoria. C’è aria di festa a Dublino, i commentatori sottolineano la nascita di un’Irlanda riformata e con lo sguardo rivolto al futuro. È un risultato importante e marcatamente diverso da quello ottenuto nel 1993, quando la Chiesa ebbe un ruolo decisamente dominante, tanto che passò soltanto il referendum sul divorzio con un margine di 9000 voti.
Questa volta, invece, l’Irlanda, che allora aveva dimostrato tutto il suo conservatorismo, ha saputo dire di sì a un grande cambiamento. È certo che questo risultato è lo specchio degli eventi degli ultimi vent’anni, oscurati da una serie di contraddizioni interne alla Chiesa (basti pensare a tutti i casi di abusi sessuali degli ultimi anni) e il desiderio di muoversi verso un pensiero più liberale.
Ancor più indicativo è l’appoggio delle numerose celebrità come l’attrice Saoirse Ronan, così come la “chiamata al voto” diffusa sui social network: su facebook per giorni giravano immagini profilo con lo slogan “Yes equality 2015” e su twitter l’hashtag #homeToVote con il sottotitolo #gettheboat2vote (“prendi la barca per votare”) che ha cercato di esortare gli irlandesi che vivono fuori a tornare per dare il loro voto.
Per la precisione, erano due le correzioni costituzionali interessate al voto del referendum. La prima era la richiesta di abbassamento da 35 a 21 anni per concorrere alla Presidenza della Repubblica, la seconda, nonché quella che ha dominato il dibattito, era appunto la correzione all’articolo 41 della Costituzione con il quale si chiedeva la sostituzione delle semplici unioni civili con un riconoscimento legale e costituzionale del matrimonio anche per persone dello stesso sesso.
I sostenitori del No hanno ammesso il loro fallimento e si congratulano per la vittoria del fronte del sì, “riconoscendo che il voto rafforzerà la società irlandese, se le preoccupazioni sollevate dai sostenitori del No saranno esaminate e risolte, come promesso dal governo”. La loro opposizione era incentrata sul tema del benessere dei bambini, argomentazione sostenuta e promossa dallo Iona Institute: un’istituzione irlandese dedicata alla preservazione dei valori del matrimonio tradizionale e i dettami religiosi della società irlandese.
L’argomento è stato ampiamente discusso durante la campagna, nonostante il continuo ripetere della Commissione referendaria che le regole di maternità sostitutiva e di adozione non sarebbero state intaccate né influenzate dal risultato del voto. Altri argomenti proposti a sostegno del No riguardavano l’idea che il matrimonio, se ridefinito costituzionalmente, sarebbe diventato un ambiguo rapporto a metà tra un’amicizia e una relazione basata su incentivi fiscali. Motivazioni che non hanno fatto cambiare idea agli elettori e non sono riuscite a trattenere l’onda di rinnovamento che gli irlandesi hanno chiesto a gran voce.
C’è gran fermento per le strade ora, tutti si preparano a uscire e stasera si prevedono piazze piene di folla esultante. Ai bambini si dice che chi trova il punto in cui finisce l’arcobaleno, lì trova un tesoro. Per gli irlandesi alla fine dell’arcobaleno c’è l’inizio di un futuro più inclusivo e uguale per tutti.
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Caro Marco Lodoli, tu e Matteo Renzi voi non siete i “maestri della nazione” e noi non siamo i vostri alunni
Ebbene sì, anch’io quel 5 maggio ero a scioperare e ho contribuito a costruire quel profondo senso di solitudine di cui parli sulle pagine di Repubblica.
Nel leggerti mi è venuto in mente l’immagine di un giocatore che si lamenta di non trovare i propri compagni negli spogliatoi, mentre loro sono già sul campo a giocare la finale…
Caro Marco il tempo stringe… e non si può stare mani in mano a vagare per i corridoi. Ne va della nostra professione, ne va dei nostri ragazzi, ne va del nostro sistema scolastico. Stanno attaccando la scuola pubblica!
Tu, che ti sei sforzato così tanto di fare bella figura e noi, stupidi e arrabbiati, non abbiamo compreso le vostre intenzioni, le vostre serie e buone intenzioni. Lo sai qual è il problema? È proprio quest’aria buonista che nasconde invece l’arroganza di chi erge un muro e una distanza siderale fra voi della scuola “buona” e noi, della scuola “normale”.
Voi della scuola buona avete capito tutto e tutti, sapete come fare, animati dal sano ottimismo e dall’energia del fare. Noi della scuola normale invece siamo duri a capire, disfattisti e pessimisti sappiamo solo lamentarci e non vediamo la grandezza di una riforma epocale come la vostra. Siamo troppo arrabbiati e delusi, abbiamo le menti offuscate da anni di malaffare e di mal governo e prendiamo lucciole per lanterne additando voi, proprio voi, che vi siete rimboccati le maniche per risolvere gli annosi problemi della scuola italiana!
Non voglio e non posso credere che uno come te, che insegna da anni, che scrive libri, che ha partecipato alla ideazione di questa riforma, possa davvero credere che i veri e i grandi punti di forza del Ddl siano i 500 euro annui da spendere per la propria formazione culturale e l’assunzione dei precari. Nessuna parola che entri nel merito della riforma: e i soldi dati alle scuole private? E le modalità di assunzione dei precari storici? E le modalità dell’alternanza scuola-lavoro? E l’autonomia delle scuole gestita dal preside, “primus inter pares”? Nessuna parola inoltre sulle materie da insegnare, sul monte ore da distribuire, sulla relazione insegnante – allievo.
È inutile nascondersi dietro le semplificazioni e gli stereotipi della “professoressa tacco 12” o del “professore marxista leninista”. Queste possono andare bene per una sceneggiatura dell’ennesimo film scadente sulla scuola, ma non per convincerci che vi siete spiegati male. Non è un problema di come dite le cose, ma delle cose che dite.
Chi ti scrive “festeggia” quest’anno il suo undicesimo anno di precariato: ho attraversato tutti i ministri, tutte le riforme che si sono susseguite nel nostro paese in quest’ultimo decennio, ho visto ogni anno una scuola diversa, conosciuto centinaia di studenti e decine e decine di insegnanti, ma raramente ho incontrato questa semplificazione, questa fatuità disarmante con cui presentate il vostro progetto. Dietro un’idea di scuola, c’è un’idea di essere umano, di società, di politica. E la vostra idea di essere umano, di società, di politica non ci piace per niente. Voi dividete gli esseri umani in “chi è fatto per studiare” e “chi per lavorare”, la vostra è la società del merito di avere i soldi. Acuite le disuguaglianze, elargite fior di euro alle scuole cattoliche.
Eppure basterebbe fare classi di venti alunni al massimo, rendere le scuole private senza oneri per lo stato e investire in quelle pubbliche. Tu che insegni non puoi negare di quanto possa migliorare una lezione in un’aula ben attrezzata con un massimo di 20 alunni.
dal tuo pezzo, così come dalla lettera che Matteo Renzi ha inviato a tutti noi docenti, emerge una freddezza e una presunzione che nascondono soltanto il disprezzo per coloro che quella scuola la vivono davvero. Senza i 500 euro i professori non si formerebbero! Ahimè caro Marco io quest’anno ne spendo “solo” 2500 ( pari a poco meno di due mensilità) per prendere un’altra abilitazione e non ti aggiungo quelli che spendo per i libri, per il cinema, il teatro, i convegni e le mostre che vado a vedere nella mia e in altre città italiane. I 500 euro sono la solita ovvietà elargita come se fosse una grazia scesa dal cielo. Ma come?!? Mi lamento proprio io che forse il prossimo anno verrò assunta? Vogliamo innanzitutto sapere i numeri precisi di queste assunzioni, ma soprattutto come e dove saremo assunti. Nessuno, ad oggi, è ancora in grado di spiegarcelo!
Inoltre quella cosa che si chiama Contratto nazionale avrà ancora una sua validità o sarà scavalcato dalle decisioni del governo?
Qui si tratta di difendere un’idea di scuola pubblica, di stato sociale, di laicità e di uguaglianza!
Qui si tratta di interesse vero per gli altri esseri umani, in particolare per quelle nuove generazioni che saranno i cittadini di domani.
Qui si tratta di difendere una professione dalle basse logiche del mercato e della competizione.
Qui si tratta di formare i giovani nel pensiero critico, nella propria autonomia.
Qui si tratta di fare bene e amare la propria professione.
Qui si tratta di difendere uno dei pochi luoghi di lavoro e di formazione in cui vigono l’onesta e la trasparenza.
Non potete farlo voi che girate da soli per i corridoi e guardate dall’alto in basso.
Tu e Matteo Renzi vi lamentate di non essere stati capiti. Come farebbe un bravo insegnante quando la maggior parte dei suoi alunni non arriva alla sufficienza. Il buon insegnante è quello che ammette di non essersi spiegato bene.
C’è una piccola differenza: che voi non siete i “maestri della nazione” e noi non siamo i vostri alunni.
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