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Redistribuzione e uguaglianza alla base della Coalizione sociale

Stimolato dagli interventi di Emanuele Ferragina sugli ultimi tre numeri di Left, in occasione del lancio del progetto di Coalizione sociale di Landini, ho letto i suoi due recenti volumi Chi troppo chi niente (Bur, 2013) e La maggioranza invisibile (Bur, 2014), che colpevolmente non avevo ancora visto. Ne ho tratto l’impressione che, nel dibattito sulla rifondazione della sinistra, le analisi e la proposta politica di Ferragina si qualifichino per alcuni tratti distintivi di notevole spessore, che, nei limiti di questa rubrica, posso solo, provvisoriamente, elencare.

Primo

Mi sembra che nel dibattito corrente prevalga l’attenzione per la “soggettività” delle forze potenzialmente interessate a un processo rifondativo della sinistra: si guarda alla galassia dei movimenti, delle associazioni, delle pratiche di vita, produzione e consumo alternative ecc. e ci si interroga sulle possibili forme di aggregazione (talora, invero, neppure ritenute necessarie). Ferragina muove invece da un’analisi – sociale ed economica – delle forze che potenzialmente possono costituire la base materiale di un nuovo blocco egemonico (disoccupati, neet, pensionati meno abbienti, migranti, precari). Si tratta di un approccio, come dire, ancora molto novecentesco, poco “liquido”, di impronta gramsciana (e Gramsci, infatti, è uno degli autori cui più significativamente attinge).

Secondo

Si individua nella domanda di redistribuzione e di maggiore uguaglianza il cemento unificante questo nuovo blocco di forze. L’elettore mediano del modello classico, quello decisivo per la prevalenza elettorale, è sempre più povero, il suo reddito è sempre più distante dal reddito medio (perché è aumentata la concentrazione). C’è dunque una maggioranza potenziale favorevole a un progetto politico fondato sulla redistribuzione.

Terzo

L’analisi tenta, con esiti interessanti, di sottrarsi ai due maggiori dilemmi (tradeoff) che affliggono il dibattito: quello tra equità ed efficienza, da una parte, tra lavoro e reddito, dall’altra. Come nella migliore elaborazione teorica classica, il sistema di protezione sociale (welfare state), così come oggi la sua riforma, trova le sue giustificazioni sia in base a considerazioni di equità sia di efficienza. La riduzione dei rischi sociali e della polarizzazione della ricchezza risulta funzionale a un aumento della “produttività sociale” complessiva del sistema. Esemplare, sotto questo profilo, la proposta di un ingente investimento nella cura (nel senso inglese di care) dell’infanzia (asili nido), che ha enormi implicazioni sia in termini di uguaglianza (delle opportunità) sia di crescita del capitale umano. La lotta è, insieme, contro «l’insostenibile iniquità e inefficienza del sistema». O ancora, «l’egualitarismo efficiente», vale a dire «una rete di sicurezza, come strumento di libertà per l’individuo e come modo per accrescere l’efficienza del sistema Paese».

Quarto

Sul piano politico, la necessità di una netta rottura con il passato, «con il sindacato fordista… con i partitini che popolano la galassia sinistra… con il Pd» (su Left n. 12, pag. 16). “Organizzare la maggioranza invisibile” sarà un percorso lungo, tutto da costruire, ma in direzioni del tutto nuove.

Da ultimo, ma non ultimo

La necessità di una trasformazione antropologica, di una fuoriuscita dalla passività, di «restare sognatori in un mondo fatto di cinismo… come unico antidoto contro l’infermità mentale» (epilogo di La maggioranza, pag. 261). Un discorso che andrà ripreso.

Le cinque delle 20.00

#Immigrazione sarebbero circa 400 le vittime di un naufragio avvenuto a 24 ore dalla partenza dalla Libia, e tra queste molti giovani, probabilmente minori. È quanto emerge dalle testimonianze raccolte da Save the Children tra i 150 superstiti, sbarcati oggi a Reggio Calabria.

#TotòRiina è stato assolto dall’accusa di essere il mandante della strage del Rapido 904 del 23 dicembre 1984 in cui morirono 16 persone. Il pm aveva chiesto l’ergastolo per il boss detenuto in carcere a Parma.

#Italicum l’iter delle riforme e della riforma elettorale non è il Monopoli, non si può ricominciare e tornare a Vicolo corto. Così il premier, Matteo Renzi, parlando all’inaugurazione del salone del Mobile, mentre nel Pd si allarga il fronte del no, soprattutto nella minoranza dem.

#Himera secondo Delrio, neo ministro delle Infrastrutture, che ha effettuato un sopralluogo sul ponte dell’autostrada A19 Palermo-Catania, dove ieri hanno ceduto due piloni colpiti da una frana staccatasi dalla collina adiacente, bisognerà demolire entrambe le carreggiate e non una come si ipotizzava inizialmente.

#Milano è la settimana del Salone del Mobile. Il capoluogo lombardo ospita la 54esima edizione della Design week. Attesi 300mila visitatori: è la prova generale per Expo.

Odiens, l’Italia anni 60 non c’è più

Erano gli anni dei cosmonauti e della conquista dello spazio contesa fra Usa e Urss. In Italia si correva veloce, c’erano il boom economico, le prime vacanze al mare e i ragazzi sognavano la California, i Beatles e i Rolling Stones. Gli Odiens ci riportano lì, agli anni 60, e lo fanno con tutta la freschezza di chi quegli  anni non li ha vissuti, ma li ha consumati ascoltando vinili e 45 giri ritrovati in soffitta. Il risultato è un mix romantico e nostalgico quanto attuale, intriso di indie rock, beat e ye ye, in cui ieri e oggi si mescolano.

Prima incisione è il vostro album d’esordio, orgogliosamente registrato in analogico.

Abbiamo inciso tutto su nastro, ci ha aiutato a trasmettere meglio l’immaginario e l’atmosfera retrò del beat italiano degli anni 60. Correggere le sbavature come si fa con il digitale era impossibile, ma ci ha permesso di arrivare a un suono molto più caldo e sincero.

Perché proprio gli anni 60?

Inizialmente suonavamo indie rock, ma ci serviva un riferimento forte che rendesse più credibili i testi in italiano. E poi da piccoli venivamo trascinati ai concerti dei Dick Dick o degli Homo Sapiens. Oggi viviamo in un’Italia molto diversa da quella di allora, la consapevolezza di mettere in musica qualcosa che può sembrare anacronistico c’è, ma soprattutto c’è un lavoro di arrangiamento che riesce a riattualizzare il suono, a rendere un album, carico di citazioni, molto più un semplice revival.

A proposito di citazioni, in molte canzoni ritroviamo uno stile vicino ai Baustelle.

Ci piacciono molto, soprattutto i loro primi album Sussidiario, La moda del lento. In Prima incisione aumentano però i rifermenti beat.

I vostri testi parlano per lo più d’amore

Riprendiamo un tema tipico delle canzoni anni 60, ma cambiamo prospettiva. Diamo maggior importanza al testo e ci concentriamo soprattutto sull’aspetto dell’ossessione, come in “Voyeurismo” o in “Routine”.

Vi chiamate Odiens, un riferimento a quelli che «odiano a tempo pieno» della vostra canzone “Il fascino discreto della misantropia”?

Sì, è un gioco di parole con il latino odiens, colui che odia, e una versione italianizzata di audience, ma è anche un tributo agli anni 80 dove Odiens era un programma tv un po’ trash con Lorella Cuccarini. Ci piaceva l’idea di mescolare i piani e le epoche. Un classico nome da band sixties, come I Corvi, I Camaleonti o Le Orme, sarebbe stato noioso.

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Il genio dimenticato di Nikola Tesla

Francobollo dedicato a Nikola Tesla. Lo diciamo subito, già per troppo tempo il genio di questo superbo scienziato è stato riposto, volontariamente, nel dimenticatoio della storia. Serbo nato in Croazia, statunitense naturalizzato, in un’opera di dovuto revisionismo scientifico andrebbe annoverato fra i più grandi, forse il più grande di tutti, genio del XX secolo. Un genio infinito, prolifico, talmente dilagante da esser osteggiato.

L’ingegno di Tesla correva velocissimamente “in direzione ostinata e contraria”. Non rincorse mai fama, denari e successo, rifiutò per ben due volte il Premio Nobel per la Fisica. Era un genio scomodo, letteralmente folgorato dalla sua visione fu fatto passare per pazzo. L’umanità deve molto a questo visionario scienziato europeo.

A lui sono attribuite invenzioni e scoperte del calibro del motore a corrente alternata, l’alternatore, i raggi cosmici, il trasporto di energia attraverso le onde elettromagnetiche e, solo per citarne alcuni, le onde radio. Sì, le onde radio, Tesla anticipò puranco il nostro Marconi, che ebbe il solo merito di riempire queste onde di contenuti creando così la comunicazione via etere.

Abbiamo voluto questa dedica a Nikola Tesla, per l’epica audacia visionaria, per l’elevato tasso d’idealismo e per il suo indefesso senso di appartenenza al genere umano. Con rammarico possiamo affermare che il vero grande errore di Tesla è stato pensare troppo in grande, troppo in avanti, proiettato in chissà quale futuro. Ci piace rilevare la sua vera peculiarità distintiva: il bene comune planetario.

Tesla voleva realizzare il sogno di veicolare l’energia idroelelettrica gratuitamente in tutto il pianeta attraverso l’atmosfera. I suoi esperimenti mescolati ai suoi appunti dimostrerebbero che ci riuscì, ma non si può confermare, poiché alla sua morte, avvenuta in squallide condizioni d’indigenza e solitudine a Nuova York durante la seconda guerra mondiale, tutto il suo lavoro fu sequestrato e secretato.

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Le cinque delle 13.00

#Debitopubblico record. Il debito delle amministrazioni pubbliche aumentato a febbraio di 3,3 miliardi rispetto a gennaio, salendo a 2.169,2 miliardi e raggiungendo il massimo storico, sopra il precedente picco di 2.167,7 miliardi del luglio 2014. Lo comunica Bankitalia.

#Mediaset fine pena per Silvio Berlusconi. L’ha deciso il tribunale di sorveglianza di Milano all’esito dei 10 mesi e mezzo di affidamento in prova ai servizi sociali a cui era stato ammesso un anno fa in seguito alla condanna definitiva a 4 anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto, per il caso Mediaset.

#Immigrazione centri di accoglienza al collasso. Tutti i prefetti sollecitati dal Viminale ad individuare strutture di accoglienza sui loro territori per far fronte all’emergenza immigrazione: servono subito 6500 posti, anche con provvedimenti di occupazione d’urgenza e requisizione, si legge in una circolare.

#BrunoContrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti – siamo tra il 1979 e il 1988 – il reato non “era sufficientemente chiaro”. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani e ora lo Stato italiano deve versare all’ex numero tre del Sisde 10 mila euro per danni morali.

#Napoli momenti di tensione a Palazzo di Giustizia per i disagi e i rallentamenti nell’accesso al Tribunale provocati dalle nuove disposizioni in materia di sicurezza in conseguenza dei fatti di Milano.

Misericordia e carità al posto di diritti e giustizia

Come ha osservato di recente Thomas Piketty, i partiti di centrosinistra al governo hanno cessato da tempo di difendere le classi popolari: davanti alla crisi della deindustrializzazione, invece di rafforzare le istituzioni pubbliche e i sistemi di protezione sociale esistenti, i partiti di governo hanno scelto di abbandonare le classi popolari e i ceti medi.

Noi italiani lo sappiamo bene. Scomparso da tempo perfino lo spettro verbale della “patrimoniale”, da noi si fanno avanti ricette come quella di colpire le “pensioni d’oro” e ridisegnare la curva delle pensioni. Sulla pelle dei lavoratori si è abbattuta la cancellazione dell’art. 18, ultima fondamentale conquista della politica dell’abbandono delle tutele e dei servizi pubblici essenziali – si pensi alle ferrovie, alla sanità, alla scuola pubblica e all’università, ai beni culturali e al paesaggio.

Si capisce perché le classi popolari votino per le destre, osserva Piketty pensando al caso francese. Ma in Italia le cose vanno in altra direzione: un partito che si definisce ancora di centrosinistra continua a riscuotere la maggioranza dei consensi, almeno di coloro che ancora pensano di partecipare alle elezioni.

Quella italiana è una variante che non si spiega con la miseria delle destre nostrane ma chiede di essere analizzata. E qui bisogna ricorrere alla celebre formula di Tomasi di Lampedusa: bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’era. Formula suggestiva e persuasiva quanto misteriosa. Quel che resta com’era è l’ingiustizia sociale, il rapporto di sopraffazione dei vincitori sui vinti, le classi popolari: quel che cambia è la retorica. Renzi ne offre un buon esempio nel colorare di rosa la realtà.

Si pensi alla storia della ripresa dovuta al Jobs act: una vera invenzione della politica parlata. Secondo Renzi, a inizio 2015 avremmo avuto 82.000 posti di lavoro in più: un segno di speranza. Ma la realtà dei dati Istat ha calato la suo gelida carta: la disoccupazione è salita di nuovo sfiorando il 13% complessivo mentre quella giovanile tocca la cifra terrificante del 42,3%. Comunque, bando alla realtà, l’ottimismo di Stato è necessario. Perché da noi lo stato d’animo diffuso è lo scoramento. Una volta l’orgoglio nazionale scattava quando Coppi e Bartali vincevano il Tour de France. Oggi che la Ferrari è un’azienda in mani non italiane è difficile rivitalizzare l’esultanza del tifo.

Ma c’è nella retorica della comunicazione pubblica qualcosa che è cambiato, contribuendo a che tutto resti com’era. Parliamo di Chiesa e religione. Col papato argentino di Francesco è caduto in desuetudine lo sfacciato legame delle gerarchie ecclesiastiche con gli affari della destra finanziaria più feroce e gaudente incarnata da Berlusconi. Oggi la denunzia delle sofferenze ha trovato un grande amplificatore nell’uomo che fa affluire torme umane in piazza San Pietro; ma si è anche aperta la possibilità di trasformare la protesta in un dolce e gratificante lamento devoto sulla malvagità umana.

Le classi popolari sono ridiventate i poveri del mondo preindustriale. La parola dominante è misericordia. Ci sarà un giubileo col suo nome. Il consenso universale che circonda ogni uscita di Francesco ha molto di ambiguo e di strumentale: se ieri, in mezzo a una massa di indifferenti più o meno credenti, c’era anche qualche laico (magari devoto), oggi ci sono solo devoti, non importa se credenti o meno.

Il furbissimo partito renziano ha colto l’opportunità che gli si offriva per restaurare una nuova età democristiana dove la carità prevarica sulla giustizia e la misericordia ha la meglio sui diritti: provate un po’ a parlare di moschee da costruire o di diritti di cittadinanza per chi vive e lavora da noi.

Le cinque delle 20.00

Dimissioni di Pietro Ciucci, presidente dell’Anas, che ha incontrato questa mattina il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. La decisione, si legge in una nota della società, è stata presa «in segno di rispetto per il nuovo Ministro al fine di favorire le più opportune decisioni in materia di governance di Anas».

L’Europa promuove il Documento di economia e finanza del governo italiano. «Le cifre previsionali inserite dal governo nel Def sono ampiamente in linea con le previsioni della Commissione europea» ha affermato il vicepresidente dell’esecutivo Ue, Valdis Dombrovskis nel corso della conferenza stampa congiunta con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo il loro incontro. ”

Barcone carico di immigrati si è rovesciato a circa 80 miglia dalle coste della Libia, da dove era salpato. I corpi di nove persone sono stati recuperati da unità della Guardia costiera, che hanno tratto in salvo 144 superstiti. Negli ultimi tre giorni sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia 5.629 migranti diretti in Italia.

Marco Rubio ha annunciato ufficialmente la sua candidatura per la Casa Bianca. Il senatore repubblicano di origini cubane ha dichiarato di sentirsi la persona giusta, per parlare di futuro agli americani.

Morto a 74 anni lo scrittore Eduardo Galeano. Nato nel settembre del 1940, era ricoverato da una settimana in un ospedale della capitale uruguaiana, nella fase terminale di un cancro ai polmoni. Lo scrittore era noto soprattutto come autore de “Le vene aperte dell’America Latina” (1971), bestseller internazionale e opera politica di riferimento riguardo allo sfruttamento coloniale e post-coloniale del subcontinente sudamericano.