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A tempo di libertà. Parla il maestro Jovica Jovic

«La musica tzigana non si studia sugli spartiti, ce l’hai dentro fin dalla nascita, la ascolti in casa fin da piccolo e la impari a orecchio, sapendo che poi la tramanderai ai tuoi figli. È una musica che senti con il cuore e con l’anima. Prima piangi tu che la suoni, poi gli altri che la ascoltano. E questo ce l’ha lasciato Auschwitz». Sono le parole del maestro Jovica Jovic, fisarmonicista rom nato 61 anni fa a Mali Mokri Lug, vicino Belgrado, in Serbia. Da anni Jovic insegna la fisarmonica cromatica con il suo particolare metodo: a orecchio, senza teoria, basandosi sulla memoria visiva e sulla capacità d’ascolto. Il 14 marzo sarà al Nuovo Cinema Aquila per concludere con le sue note il “Roma Sinti Fest”, un evento dedicato alla cultura, alla storia e alla condizione sociale di rom, sinti e caminanti. Un festival che arriva nella Capitale all’indomani delle esternazionidell’eurodeputato leghista Gianluca Buonanno in tv: «I rom sono la feccia della società».

Maestro Jovic, ha iniziato a suonare da bambino. E proviene da una famiglia di musicisti, che ricordo ha della sua infanzia?

Ricordi belli e brutti, come tutti del resto. Belli per quanto riguarda la musica e non basterebbe un libro per raccontarli. Brutti per le difficoltà, i miei erano poveri, eravamo cinque figli, ma ce l’abbiamo sempre fatta onestamente e questo mi rende orgoglioso. Ho iniziato a suonare fin da piccolo, quando avevo 6-7 anni, ricordo che mio padre vendette una mucca per comprarmi la mia prima fisa, e la gioia provata non me la dimenticherò mai. Tutti in famiglia suonavano, mio nonno, lo racconto sempre, è morto a 106 anni suonando il violino.

Ricorda la prima nota che ha suonato?

Non è possibile ricordare la prima nota… noi rom suoniamo a orecchio!

E viaggiate tanto anche. A 18 anni ha lasciato la Serbia ed è andato in giro per l’Europa, giusto?

Sì, ho girato e suonato nei locali di Austria, Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Ungheria, Polonia… Fino ad arrivare in Italia, da cui vado e vengo da 30anni, e dove ormai vivo.

Come tratta il suo popolo il nostro Paese?

Malissimo. Siamo gli ultimi degli ultimi, considerati peggio degli animali. E non vedo miglioramenti: impossibile avere i documenti, lavorare e vivere onestamente. Non voglio giustificare chi ruba, ma penso a quelli delle cooperative… tutti più o meno, e non solo a Roma, sono anni che rubano i fondi che avrebbero potuto aiutare il mio popolo ad avere una vita migliore.

Qual è l’importanza della musica e dell’arte per la sua cultura e la sua gente?

La mia gente ha la musica nel dna, forti tradizioni, racconti tramandati oralmente. Ma non ne percepisce l’importanza perché sono costretti a sopravvivere e hanno altro a cui pensare. Perciò sono felice se posso contribuire a diffondere i nostri valori.

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Quel selvaggio di Gauguin alla Fondation Beyeler di Basilea fino al 28 giugno

La paura che la propria vena creativa potesse esaurirsi, l’attrazione verso culture lontane, (anche se percepite attraverso la lente deformante dell’esotismo) e poi la ricerca di temi visionari, di tonalità calde e di una luce nuova spinsero il pittore Paul Gauguin ad abbandonare la Francia per trasferirsi prima a Tahiti e in seguito, dal 1901, nelle isole marchesi.

Il frutto di quella scelta radicale furono marine abbaglianti, paesaggi rigogliosi e soprattutto una seducente serie di nudi di fanciulle in fiore, incontrate in poveri villaggi di pescatori. Come racconta la mostra monografica che la Fondation Beyeler di Basilea dedica, fino al 28 giugno, all’artista francese. Un’esposizione che ai dipinti del periodo bretone affianca opere realizzate a Tahiti, in cui appare la quotidianità idealizzata delle comunità indigene attraverso la raffigurazione di giovani corpi dai colori ambrati e dall’evidenza plastica, quasi scultorea, nonostante siano rigidamente bidimensionali.

Ma se la ricerca di una pittura sintetica affidata soprattutto alla forza del colore caratterizzava già la pittura di Gauguin fin dai tempi di Pont Aven, la passione per le stampe giapponesi, condivisa con Van Gogh, gli permise di arrivare a un’originale definizione dei contorni realizzati con il solo colore. La seduzione delle stampe orientali incontrava così la forza dei primitivi francesi che Gauguin studiò assiduamente in Britannia, come testimonia Paul Sérusier nel libro I segreti della pittura, scritto dopo la fine dell’esperienza di Pont Aven e che ci permette di sapere come lo sfuggente Gauguin veniva percepito dai giovani artisti che fecero di lui un maestro, per superare definitivamente l’impressionismo e poter poi prendere la strada di una ricerca visionaria e intimista, come quella del movimento Nabis. Castelvecchi ha di recente riproposto in edizione italiana il saggio di Sérusier. E ancor più utilmente ha pubblicato il testo-testamento che Gauguin scrisse nel 1902, quando ormai l’aggravarsi di problemi alle gambe e l’assenza di risorse finanziarie per un viaggio a Parigi avevano reso impossibile ogni eventuale progetto di ritorno in Europa.

Lucidamente Gauguin pensò di approfittare dell’aura di mistero che ormai circondava lui e la sua opera e si mise a scrivere un libro, Avant et aprés, come autoritratto per i posteri. Ma da quelle 241 pagine, pubblicate da Castelvecchi con il titolo Prima e Dopo, non emerge solo ciò che Gauguin avrebbe voluto tramandare di sé. Accanto alla rivendicazione di un animus selvaggio e ai discorsi in difesa degli indigeni vittime del pregiudizio occidentale e del colonialismo, emergono in filigrana i nodi affettivi irrisolti e il modo cinico e paternalistico con cui ricordava Van Gogh, con il quale aveva condiviso burrascosamente la casa di Arles. Una “amicizia” che questo «non libro», indirettamente, suggerisce di tornare ad esplorare.

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Lavorare meno, lavorare tutti

Lavorare meno lavorare tutti. Non è una semplice redistribuzione quantitativa, ma anche una scelta qualitativa. Un cambio di paradigma economico e sociale in cui tempo lavoro e tempo libero riconquistano la giusta fetta nella vita di ognuno di noi. La sfida che abbiamo davanti, ce lo spiega Marco Craviolatti, autore de E la borsa e la vita, è quella di rispondere sia alla povertà di reddito che alla povertà di tempo. Per riconquistare il pane e le rose insieme e per rifiutare di essere considerati, come ci avverte Giorgio Airaudo, «merce tra le merci». Perché il Jobs act di Renzi si avvicina pericolosamente alla riforma del lavoro Schroeder tristemente nota per i minijob, i “piccoli lavoretti”, con cui i tedeschi hanno imparato a sopravvivere. Perdendo la libertà di vivere.

Ma su Left questa settimana, anche Salvatore Bellomo, pm di Monza, che analizza la nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati avvertendoci delle conseguenze devastanti che potrebbe avere; e la scuola: quante sono e come lavorano le scuole paritarie in Italia? Classi colme, insegnanti sottopagati, programmi scadenti. Al contrario dei finanziamenti che non mancano mai.

E tanto altro, un viaggio nella middle class rom, affatto nomade. Anzi tutta casa e lavoro e due magnifici reportage fotografici, da Gaza city Cristina Mastrandrea e dall’Ucraina, Michela Iaccarino ci racconta la Nuova Russia a un anno dalla rivolta di Maidan.

In apertura di cultura la denuncia di due archeologi, dopo la distruzione di Nimrud, Ninive e Mosul, D’Agostino e Valentini accusano l’Is non solo di mercificare l’arte ma di voler eliminare del tutto la civiltà mesopotamica preislamica. Per finire con il cinema, dal 18 al 21 marzo sbarcano in laguna trenta giovani registi per contendersi il premio dello Short film Festival della Ca’ Foscari, e con la scienza di Trieste dove il gruppo di ricercatori guidato da Mauro Giacca ha scoperto dove si nasconde il virus Hiv nelle cellule. Buona lettura!

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Le cinque delle 13.00

Nasce la «Podemos» di Landini, domani nella sede della FIOM

La «coalizione sociale» nasce già sabato, nella sede della Fiom nazionale. «Dovremmo trovare il modo di dare forma e forza ad un progetto innovativo, individuando punti di programma condivisi (…). Queste poche righe per invitarti\vi a incontrarci», dalle 10, in corso Trieste a Roma. Sindacalisti assieme ad «associazioni, reti, movimenti e “personalità”». L’ora della fondazione è arrivata. «Cari saluti» e la firma: Maurizio Landini. Questo in sintesi il contenuto della lettera spedita dal segretario della Fiom lo scorso 6 marzo scorso, di cui il Corriere della Sera riporta ampi stralci.

GRECIA
Tsipras a Bruxelles: Sono ottimista
Si allenta la tensione tra la Grecia e Bruxelles e il premier Alexis Tsipras, prima di incontrarsi con il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker esprime tutto il suo ottimismo: «Troveremo una soluzione comune». Lo stesso Juncker sostiene che ormai si è arrivati al dunque ed esclude categoricamente l’ipotesi di un default per il paese ellenico. I dubbi però vengono sollevati dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, che non esclude un’uscita della Grecia dalla moneta unica.

#LABUONASCUOLA
Scuola, ieri dal Cdm il via libera alla riforma
La chiamano rivoluzione nel mondo dell’istruzione. Ieri il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge sulla scuola. Come ha spiegato Matteo Renzi, la riforma si articolerà in dieci punti: tra le maggiori novità, la possibilità per i presidi di scegliere, all’interno di un albo, i nuovi insegnanti da inserire in organico e un bonus di 500 euro per ogni professore da spendere per attività culturali.

EXPO
Renzi visita il cantiere Expo: Ce la faremo, venderemo 10mln biglietti
Messaggio di fiducia del premier Matteo Renzi che ha visitato in mattinata il cantiere di Expo a Milano. «Ce la faremo ha detto, anche se correndo un po’ alla fine, come è nel nostro Dna». Il premier si è detto certo che «alla fine venderemo 10 milioni di biglietti e nessuna famiglia italiana non verrà ad Expo». Una sfida, dunque, ha detto il premier, che verrà vinta, «a dispetto dei gufi come quella delle riforme». E se così non fosse, sarà colpa dei gufi?

BRASILE
La lunga notte di Cesare Battisti: arrestato e poi rilasciato
Doppia svolta nel caso di Cesare Battisti. L’ex terrorista è stato arrestato giovedì ne tardo pomeriggio nella cittadina brasiliana di Embu das Artes, nello stato di San Paolo, e poi trasferito nel carcere della capitale dello stato medesimo. Ma l’arresto, disposto dalle autorità «a compimento di un ordine di detenzione amministrativa per fini di espulsione» è durato poche ore. Poco dopo la mezzanotte di giovedì Battisti era di nuovo libero, rilasciato dopo l’accettazione del ricorso presentato dal suo legale brasiliano.

Diseguale, aziendale e anche autoritaria #labuonascuola di Renzi in cinque punti

“Una rivoluzione strepitosa”, ha detto il premier Matteo Renzi presentando alla fine del Consiglio dei ministri le 10 slide che ridisegnano l’intero sistema scolastico italiano. La “strepitosa” Buona scuola renziana, leggendo dietro le cifre e le parole d’ordine del premier, sarà soprattutto una “strepitosa” scuola della disuguaglianza.

Forse efficiente, certo, ma solo dove esistono già le basi. E l’articolo 3 della Costituzione che invita lo Stato a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana? Dietro a elementi positivi come l’assunzione di centomila precari o la Carta dei prof, si nascondono provvedimenti che vanno nella direzione contraria all’uguaglianza. Vediamo per quali motivi:

1.

Puntando sull’autonomia scolastica e sulla forte presenza dei territori, chiaramente si favoriranno quegli istituti che avranno la fortuna di trovarsi in zone con maggiori risorse. E magari scuole di frontiera, con bravi docenti e studenti con possibilità, saranno come al solito penalizzati. Con la proposta di devolvere il 5xmille alle scuole, è ovvio poi che le famiglie ricche lo faranno per gli istituti dei propri figli che difficilmente saranno istituti tecnici o professionali di periferia. Così come con altre iniziative “esterne”, come il crowdfunding o l’intervento di sponsor privati saranno più frequenti in zone del Paese caratterizzate da una maggiore vivacità economica e sociale.

2.

Con la figura del preside “leader educativo del territorio” – così l’ha definito il premier-sindaco – si dà un potere immenso al dirigente scolastico, da perfetto capo di un’azienda o meglio ancora, da sindaco. Questa figura dovrebbe non solo pensare alla regolare amministrazione del suo istituto-azienda, ma anche ai contenuti, al sapere, al profilo umano dei suoi dipendenti. Basteranno i curricula a suggerire scelte oculate? O si verificherà anche in questo caso, diversità di trattamento, scelte di favore, clientelismi? Chi controlla il controllore?

3.

Il trattamento di favore per le scuole paritarie private. Le famiglie che iscrivono i propri figli a questi istituti avranno una detrazione fiscale che ogni anno potrebbe arrivare anche a 450 milioni di euro. Sommati ai 700 euro che ricevono da Stato e enti locali, si arriva a oltre un miliardo l’anno. E perché allora non favorire il diritto allo studio per chi si iscrive alle scuole pubbliche e paga un contributo volontario che a volte arriva anche ai 150 euro? Sappiamo che ci sono poi regioni come il Veneto che pur mantenendo i fondi per le paritarie (circa 40 milioni) tagliano le borse di studio per gli universitari. Vi sembra una scuola dell’uguaglianza?

4.

La competizione che verrà alimentata tra i docenti con i premi per il merito. Per un mucchietto di soldi in più chissà cosa accadrà, tenendo conto che abbiamo a che fare con una categoria vessata per anni, umiliata e offesa, sia da un punto di vista contrattuale che umano.

5.

I contenuti dell’insegnamento saranno diversi da scuola a scuola. Visto che il premier ha calcato la mano sull’”autonomia vera”, sull’offerta formativa costituita da discipline ad hoc per ogni istituto, è chiaro che ci sarà anche in questo caso una disparità tra il Nord e il Sud, tra le periferie e i centri delle grandi città.

Vale la pena di andare a scorrere i dati forniti da un corposo dossier uscito alla fine del 2013, il Rapporto sul sistema educativo italiano, realizzato da Cidi, Legambiente e altre associazioni educative. Il Paese, per investimenti e abbandoni scolastici, è diviso come ai tempi dell’unità d’Italia. Se in Sicilia, per esempio, per il diritto all’istruzione si spende poco più di 600 euro a studente e in Emilia Romagna tre volte tante, affidarsi ai territori forse non è la cosa migliore.

E perché nella sanità si assiste ad una tendenza “centralistica”, mentre  per la scuola accade esattamente il contrario? Non sarà questo solo un escamotage per contenere i costi affidandoli ai territori senza alcun progetto educativo e formativo globale dietro alle spalle?

Diseguale, aziendale e anche autoritaria, visto il carattere del preside-sindaco. Questa è la Buona scuola renziana. A questo punto i parlamentari se hanno ancora un briciolo di sangue “democratico” nelle vene, devono farsi sentire. Gli studenti lo stanno facendo, scendendo nelle piazze. C’è un buon progetto di scuola pubblica, quello della Lip (legge di iniziativa popolare), si tratta solo di afferrarne alcuni principi e proporre una strada comune (con alcuni punti della Buona scuola positivi, come l’assunzione dei precari e l’organico funzionale). L’obiettivo deve essere l’uguaglianza di base, di partenza. Il sapere offerto anche a chi non se lo può permettere.

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Nigeria, soldi sporchi nelle elezioni più importanti d’Africa

Desiderate, temute e infine rinviate, fra accuse incrociate dei principali schieramenti. Le elezioni in Nigeria stanno dividendo il paese. Ecco perché dobbiamo seguirle con attenzione. E perché i “Soldi sporchi” dell’omonima graphic novel, che Left racconta con tavole e un’intervista in esclusiva sul numero del 7-13 marzo 2015, sono più che mai attuali.

Come in “Soldi sporchi. Corruzione, riciclaggio e abuso di potere fra Europa e Delta del Niger”, tutto parte dal sud del paese più popoloso d’Africa. La foce del terzo fiume africano è una delle principali riserve di petrolio del pianeta. Due milioni di barili al giorno, estratti da compagnie internazionali – Shell, Chevron e Eni in prima linea – in accordo o tramite società locali. Una fortuna in mano a pochissimi, che fornisce il 20 per cento del carburante europeo. Luca Manes, che ha sceneggiato il fumetto con l’associazione Re:Common, spiega che “la storia di Oloko, il protagonista, mostra con chiarezza la connivenza fra élites locali e istituzioni pubbliche e private occidentali, che lucrano sulla povertà e sul degrado ambientale di una zona strategicamente centrale”.

Capire qualcosa della politica nigeriana è però difficile quanto seguire gli intrecci sentimentali delle serie TV di Nollywod, la ricca industria del film di Lagos. “Soldi sporchi” ci offre una traccia. Partiamo da James Ibori, il super corrotto del fumetto. Per 8 anni governa il Delta State e nel 2007 è arrestato da Nuhu Ribadu, a capo della Commissione governativa per i Crimini Economici e Finanziari, un Raffaele Cantone nigeriano ante-litteram. Solo Goodluck Jonathan, originario del Delta e presidente dal 2010 a oggi, riesce però a metterlo alle strette, costringendolo a fuggire dal paese. Emergono a quel punto presunti legami di Ibori con il Mend – Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger, un gruppo armato che combatte contro le compagnie estrattive straniere e l’esercito nazionale che le protegge.

Oggi, almeno in apparenza, le carte si sono clamorosamente rovesciate. Nelle elezioni del 28 marzo, rinviate di sei settimane formalmente per combattere Boko Haram, si confrontano il PDP di Jonathan e l’APC di Muhammad Buhari, un ex generale golpista noto per il suo ostracismo, almeno teorico, verso la corruzione e per quello, tutto pratico, verso i diritti umani. Asari Dokubo, energico leader delle Forze Volontarie del Delta, altro gruppo armato vicino al Mend, ha dichiarato a gennaio che “se Jonathan perde, metteremo sottosopra il paese”, accusando Buhari, le cui visioni fondamentaliste dell’Islam avevano avuto eco in passato, di essere vicino a Boko Haram. Buhari è appoggiato da Bola Tinubu, ex governatore dello stato di Lagos. Anche Tinubu, come Ibori, fu messo sotto indagine da Ribadu nel 2007 e poi prosciolto da ogni accusa nel 2009, dopo la rimozione di Ribadu dall’incarico.

Tutto, o quasi, riporta a Ibori. I fondi al centro di “Soldi Sporchi” coinvolgevano anche la Oando, oggi la prima compagnia petrolifera nigeriana, e forse di tutta l’Africa. Ceo di Oando è Wale Tinubu, un parente di Bola Tinubu. E Jonathan? Sua moglie Patience venne indagata per una frode da 13 milioni di dollari proprio da Ribadu, nel 2006. Accusa poi caduta. Il simbolo nazionale dell’anticorruzione sfidò Buhari e Jonathan alle precedenti elezioni presidenziali, nel 2011, arrivando al terzo posto. Oggi però Ribadu è candidato alle legislative, che si terranno l’11 aprile, come governatore dell’Adamawa State, nel nord, nelle fila del PDP dell’ex-avversario Jonathan. E lo scorso dicembre molti giornali nigeriani hanno rumoreggiato di una vista segreta di Jonathan a Ibori, in carcere a Londra, con lo scopo, si dice, di trattare per un suo rientro in patria. Ibori è insomma ancora potente e il suo primo accusatore Ribadu, con un trasformismo del tutto simile a quello italiano, è alleato del suo – di Ribadu e Ibori – ex-nemico, che avrebbe incontrato quest’ultimo in carcere.

I sondaggi, poco attendibili, danno Buhari al primo posto. Nella confusione del momento, l’unica certezza è che il 28 marzo – salvo ulteriori rinvii – si giocherà un momento cruciale per la Nigeria, per tutta l’Africa e per gli assetti globali. Dopo le elezioni del 2011 gli scontri avevano ucciso quasi mille persone e oggi la tensione sembra più alta che allora. Tutto, come recita il titolo di un recente successo del cinema nigeriano, “In the name of money”.

Le cinque delle 20.00

Scuola, dal Consiglio dei Ministri via libera al Disegno di Legge

Il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge sulla Buona Scuola che Renzi sta illustrando in questo momento in conferenza stampa. ll «bonus per le eccellenze» (200 milioni l’anno, circa 5.000 euro a testa) sarà deciso dai presidi. Valutazione e carriere rinviate a una legge delega.

TV
Rai: ecco la riforma, i lavoratori entrano in cda
Ricondurre la Rai nel solco del codice civile, creare un capo azienda con ampi poteri e inserire un rappresentante dei lavoratori nel consiglio di amministrazione. Sono i punti centrali della riforma della tv pubblica che approda in consiglio dei ministri, probabilmente per un primo passaggio in vista del via libera al disegno di legge. Sono due le bozze sul tappeto, discusse nella riunione di ieri al Nazareno, dove Renzi ha ascoltato i parlamentari, ma ha anche espresso la sua posizione.

GIUSTIZIA
Prescrizione, primo si’  Camera Maggioranza divisa, Ncd contro
La Commissione Giustizia della Camera approva le nuove norme che allungano la prescrizione dei reati, in particolare per la corruzione, ma la maggioranza non tiene e si spacca. Il testo sarà in Aula da lunedi prossimo 16 marzo, ma Area popolare con l’Ncd alza le barricate e chiede subito un chiarimento fra Alfano e il premier Renzi perché si arrivi ad una soluzione: il testo approvato dalla commissione non ci convince affatto gli esponenti centristi. «Si legittima la prescrizione infinita», dichiara il capogruppo in commissione Giustizia di Area popolare (Ncd-Udc) alla Camera, Alessandro Pagano.

CASO MARÒ
India, ennesimo rinvio per i marò. Udienza l’1 luglio
Il tribunale speciale di Nuova Delhi ha rinviato l’udienza dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone «al primo luglio, in attesa di una pronuncia della Corte Suprema che sta esaminando il caso». Il giudice Neena Bansal Krishnam ha rinviato la prossima udienza dopo aver ricevuto informazioni sull’udienza svoltasi martedì nella Cancelleria della stessa Corte, ha fissato la nuova data. La più alta istanza giudiziaria indiana deve ancora esprimersi sul merito del ricorso presentato dai legali dei due marò contro l’utilizzo nelle indagini della polizia antiterrorismo Nia.

DIRITTI
Nozze gay, il Parlamento Ue agli Stati «Sono un diritto politico e umano»
Le unioni civili e il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono un diritto umano. A dirlo è il Parlamento europeo. Che giovedì ha approvato a larga maggioranza (390 sì, 151 no e 97 astensioni) la «Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo», curata dall’europarlamentare pd Pier Antonio Panzeri con cui, al punto 162, si «incoraggiano governi e istituzioni a contribuire alla riflessione sul riconoscimento di queste unioni». Il documento ha diviso il voto degli europarlamentari del Pd. Silvia Costa non ha votato, Luigi Morgano e Damiano Zoffoli hanno votato ‘no’ e la capodelegazione Patrizia Toia e Caterina Chinnici si sono astenute.  L’Italia è uno degli ultimi 9 nove Paesi Ue – su 28 – a non prevedere alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali.

Timbuktu, l’arma dell’arte contro il fondamentalismo

Timbuktu del regista mauritano Abderrahmane Sissako è un film di rara bellezza e sospeso incanto, pur trattando il tema dell’orrore jihadista in terra d’Africa.

Lascia senza respiro per le qualità estetiche e la raffinata semplicità del linguaggio, per i temi che affronta con limpida chiarezza e rigore morale, per la narrazione, scevra da retorica, che alla consequenzialità logica preferisce una frammentarietà liricamente avvolgente, dolorosamente profonda.

Locandina Timbuktu, leftNel 2012 ad Aguelok, nel nord del Mali i genitori di due bambini, vengono giustiziati con la lapidazione. La loro unica colpa era quella di non essere sposati. Prendendo spunto da questo fatto realmente accaduto, Sissako racconta una città presa d’assedio dai fondamentalisti islamici e le regole da loro imposte. Non si può cantare, né fare musica. Non si può fumare, né giocare a calcio. Le donne hanno l’obbligo di portare il velo e i guanti, anche se vendono pesce. Vietato decidere chi amare e con chi stare. La vita di tutti è perimetrata da ordini e divieti, schiacciata da proclami al megafono e sorveglianza continua, annichilita dalle armi e un regime opportunista, i cui militanti risultano così ipocriti e meschini nell’esercizio dei loro compiti da risultare ferocemente ridicoli. Al regime non sfugge neanche il pastore che vive tranquillo con la moglie e la figlia tra le dune. Reo di aver ucciso un pescatore che lo ha privato della sua mucca, accetta la pena capitale, versando lacrime di dolore per chi resta sola di fronte al suo destino e pronunciando parole, che il suo improvvisato giudice non comprende.

Il regista si muove tra le contraddizioni con leggerezza di tocco e sottile ironia: i ragazzi giocano una splendida partita, senza pallone ai piedi; la donna, punita a colpi di frusta, grida il suo dolore con un canto straziante; i jihadisti comunicano con i cellulari in inglese; diversamente non riescono a capirsi; il rapper, chiamato a pronunciare di fronte alla videocamera la sharia contro gli infedeli, non riesce più a parlare; il miliziano importuna la donna sposata, accusandola di indecenza, quando il marito non c’è; l’imam cerca di ammorbidire l’ottusità del fanatismo religioso, spiegando in nome di Allah il suo dissenso; le teste degli idoli pagani vengono crivellate di colpi.

Sullo sfondo resta la fuga di una gazzella, inseguita da una jeep, mentre gli uomini fuori campo gridano di non ucciderla, ma sfiancarla, e poi la corsa di un giovane in moto, di un adolescente e di una bimba. Non è importante la meta, visivamente solo la tensione elastica del movimento vitale acquista senso e con esso le corde degli strumenti musicali pizzicate sommessamente, le voci sensuali che sussurrano un canto, gli sguardi delle donne, i colori sgargianti che tagliano la campitura monocroma del deserto, tracce di una resistenza e di una bellezza che non vuole morire.

La Rai che verrà, il format Renzi per la Tv di Stato in cinque mosse

«Riformare la Rai significa metterla nelle migliori condizioni per informare, divertire, educare, per poter essere la più innovativa azienda italiana» ha spiegato Matteo Renzi. Un vero e proprio disegno di legge non è ancora pronto. Ecco le 5 proposte presenti nel dossier aperto oggi dal Consiglio dei Ministri.

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