E’ l’uomo politico del momento. Mentre Silvio Berlusconi fa morire di lenta agonia Forza Italia e Beppe Grillo sembra essere uscito dalla grazia degli elettori, Matteo Salvini è l’unico leader in grado di lanciare il guanto di sfida a Matteo Renzi. Il capo leghista scala ogni giorno le “classifiche” di gradimento degli italiani e il suo partito, un tempo confinato alle valli del Po, viene quotato attorno al 10 per cento.
Salvini il “macina consenso” – soffiando sulle braci della guerra tra poveri che genera paura e scollamento sociale – non disdegna nemmeno compagni di strada scomodi, come i fascisti di CasaPound. Il Matteo venuto dal Nord ha un’idea fissa in testa: trasformare la Lega in un partito nazionale, capace di diventare forza di governo a Canicattì come a Pontida. Per farlo, ha annunciato la nascita di un nuovo contenitore, la Lega dei Popoli, con cui i seguaci di Alberto da Giussano dovrebbero a breve sbarcare al Sud.
Salvini, partiamo da qui, a che punto è il progetto “Lega dei Popoli”?
Quasi confezionato. Lo stiamo ritardando perché non pensavamo di avere così tante richieste e adesioni, l’avevamo studiato come punto di partenza ma ci sbagliavamo: oggi sono già arrivate 140 domande di adesione da tutto il Centro Sud.
Da quali regioni?
C’è un sacco di Puglia, un sacco di Calabria e Roma che è un vulcano.
Anche perché nella Capitale avete cavalcato la rabbia delle periferie.
No, ma anche da prima.
Grazie a Borghezio allora, che le ha preparato il terreno con CasaPound durante la campagna elettorale per le Europee. Ma come fa ad accogliere i fascisti di CasaPound nel suo progetto?
Il progetto è aperto a tutti. Presenteremo una carta di valori con sei o sette punti molto concreti su tasse, immigrazione, Europa, famiglia, burocrazia. Saremo aperti a tutti i soggetti democraticamente riconosciute: dalle casalinghe ai pompieri, passando per i cacciatori e qualunque tipo di comunità aggregata.
Mi sta dicendo che CasaPound, che non disdegna la violenza, è una qualunque comunità aggregata?
Il no alla violenza è il prerequisito per chiunque voglia aderire. I problemi non si risolvono a calci, pugni e sprangate. Purtroppo la violenza è di sinistra.
Vabbé, torniamo alla Lega dei Popoli. In realtà è un’idea che viene da lontano, dai primi anni Novanta e dalla mente di Gianfranco Miglio, ideologo e padre nobile del suo movimento. Però, secondo un’inchiesta della Procura di Palermo poi archiviata, Miglio, per espandersi al Sud sarebbe entrato in contatto con uomini d’onore, con la benedizione di Licio Gelli. Spero che la nuova Lega dei Popoli non abbia nulla a che vedere con quel progetto…
Avendo avuto la fortuna di conoscerlo, mi rifiuto di pensare che Miglio ragionasse insieme a certi personaggi. Detto questo, i soggetti di cui parla sono nostri nemici giurati con cui non voglio avere niente a che fare.
Però Miglio qualche idea strana ce l’aveva, senta cosa dichiarava al Giornale il 20 marzo del 1999: «Io sono per il mantenimento anche della mafia e dalla ’ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando».
Non è la mia idea. Io al Sud voglio dialogare con gente che odia la mafia, la ’ndrangheta la camorra e la Sacra corona unita.
Vorrebbe creare delle macroregioni autonome in tutta Italia?
L’importante è il concetto di autonomia. Ne ho parlato anche con esponenti pugliesi, siciliani, calabresi. A noi interessa l’autogoverno. Se poi sono macroregioni, Regioni a statuto speciale, aree omogenee per interesse economico, non lo so. L’importante è che ogni territorio riesca ad autogestirsi. Di certo non penso alla Sicilia come modello, quella è la peggiore accezione dell’autonomia.
Come individuerà le persone di cui fidarsi al Sud, visto che parliamo di un ambito geografico non di sua diretta competenza?
Guardiamo le fedine penali, per cominciare. E poi si va a intuito. Contando soprattutto sulla biografia delle persone. C’è gente che mi ha contattato e ha storie anche ventennali di lotta contro le mafie. Parto da quelli.
Domenica si vota in Calabria, ma voi non ci siete. A quando l’esordio elettorale della Lega meridionale?
In primavera. Saranno chiamate al voto nove regioni e noi ci saremo ovunque.
Perché ha ritirato il mandato agli avvocati della Lega nel processo contro Belsito?
Perché stavamo perdendo tempo e soldi.
Sì, ma stiamo parlando di una persona che per gli inquirenti avrebbe avuto rapporti con le ’ndrine? Forse, a rimanere nel processo, la Lega avrebbe ci avrebbe guadagnato in immagine…
C’è un processo. Se verrà condannato dalla giustizia italiana posso chiedere comunque il risarcimento danni. Ma siccome io non ho moltissima fiducia nella giustizia italiana, voglio vedere quanto tempo ci mettono e cosa portano a casa.
Perché non ha detto niente a Maroni prima di prendere una decisione del genere?
Perché ho altre emergenze onestamente. Ho girato per Milano sott’acqua e la settimana scorsa ho girato per l’Emilia in campagna elettorale. Il signor Belsito ci ha già fatto tutti i danni possibili e immaginabili. Non è più al centro dei miei pensieri.
Riuscirà ricompattare tutto il centrodestra attorno alla sua figura?
Sì, è la maggioranza di questo Paese.
Come fa a prendere il posto che fu di Berlusconi?
Proponendo un progetto di vita, di società e di economia totalmente alternativo a quello di Renzi.
E quale sarebbe?
Noi il 13 dicembre a Milano, per esempio, presentiamo la nostra proposta di rivoluzione fiscale: la flat tax. Sarebbe un’aliquota fiscale secca, uguale per tutti, al 15 per cento. Spero che attorno a questa proposta l’area liberale, moderata e moderna del Paese si ricompatti. È una sfida totalmente alternativa a Renzi.
Una sfida che lancerete alleandovi con Fratelli d’Italia?
Anche. Però non voglio chiudere il recinto alle sigle di partito. Io penso ai 10 milioni di italiani che votarono centrodestra e che non l’hanno più votato perché la rivoluzione liberale non l’abbiamo fatta. Penso che adesso ci siano le condizioni per farla.
Per conquistare i moderati forse dovrebbe prima disfarsi dei compagni di strada di cui parlavamo prima: quelli di CasaPound. Scusi se insisto…
Ripeto, il progetto sarà uguale per tutti. Basta accettare alcune idea: la non violenza, un certo tipo di considerazione di Europa, un certo tipo di presenza dello Stato nel welfare, meno Stato in economia.
E basta Euro…
Certo, ma questo è nelle cose. Salvini, da questo punto di vista, è l’ultimo dei problemi. L’Euro finisce perché è una moneta senza senso. Solo così l’Italia potrà tornare a competere ad armi pari, non con una moneta sbagliata, sopravvalutata e al servizio di interessi di altri, non i nostri.
Marine Le Pen e Vladimir Putin sono due suoi ingombranti punti di riferimento. Pensa che i moderati la capiranno?
Sì, perché penso che Putin sia il leader mondiale con le idee più chiare che ci sono sulla faccia della terra e Le Pen può giocarsi la presidenza della Repubblica francese, che non penso sia composta da matti.
In effetti anche Berlusconi era molto amico del presidente russo e riusciva a ottenere il consenso degli strani liberali italiani. Ma sulla scarsa democraticità di Putin, per usare un eufemismo, credo ci sia poco da discutere…
Come quella di Obama e della Ue. Il giudizio è soggettivo. Penso che sia molto meno democratica l’istituzione europea rispetto alla Federazione russa.



Pubblicato dall’etichetta Platinum, questo nuovo disco arriva dopo quarant’anni di carriera, rompendo un silenzio creativo durato anni. Per l’occasione l’avvocato e “chansonnier” si regala una tournée internazionale, appena partita da Monaco di Baviera e che, dopo una tappa a Barcellona, il 20 novembre approderà al Teatro Regio di Parma, il 27 e 28 novembre a Milano e dal 4 al 6 dicembre a Roma.
Bisogna ammettere che non solo i grandi film permettono di riflettere sul cinema e sul suo linguaggio. Vi riescono bene anche i film inconsistenti come questo.Ragionando in negativo possiamo meglio spiegare questa affermazione. E’ assente dal film la patologia della ragazza (o il dilemma sanità-malattia che investì l’aula oltre all’opinione pubblica); è assente o del tutto anacronistica la dinamica madre-figlia. È assente la rappresentazione della freddezza detta clinicamente «anaffettività»; è assente l’alienazione religiosa che fa da sfondo alla drammatica vicenda; è assente la sessualità fredda e meccanica che diventa violenza patologica. È assente la fatuità di quel nucleo familiare, è assente la provincia del nord normale e benestante, vero e proprio medioevo moderno (l’ambientazione pugliese stride oltre misura); è assente l’adolescenza nelle sue infinite sfumature anche laddove sono ridotte a una sola tonalità di grigio.


Fa bene Giuseppe Antonelli in Comunque anche Leopardi diceva le parolacce (Mondadori) a combattere il perbenismo lessicale (con ampio prelievo di citazioni letterarie) e a liberarci da alcuni luoghi comuni: non è vero che il congiuntivo sia in estinzione (è usatissimo in Tv e nei fumetti), né che gli anglicismi minaccino davvero la nostra lingua (dall’1 per cento sono arrivati solo al 2 ). Il punto e virgola arretra, però è in espansione la punteggiatura espressiva.
Rivoluzione? No. Solo compassione
Indimenticabile quel giorno in cui, presentando un libro, ho avuto uno scontro educato ma sentito con uno specialista che sosteneva di provare “compassione” per quegli uomini che un tempo, al freddo di una vita, si infilavano nel letto delle loro figlie.
Quando è arrivato il mio turno, sono intervenuta dicendo che non provavo nessuna compassione per quegli uomini, anche se fuori era freddo e le mogli erano stanche. La risposta fu che, evidentemente, non conoscevo il significato latino della parola “compassione”. Che, mi spiegò, non voleva dire comprendere o giustificare ma “patire con”, patire insieme. Non sapeva che qualunque medievista, anche mediocre, mastica latino già a colazione. Il significato lo conoscevo fin troppo bene, e il punto era proprio lì: io non pativo affatto con/insieme a quegli uomini che si infilavano nel letto delle loro figlie. E non so perché oggi, non mi stupisce che il papa torni a usare questo termine, “compassione” (cum patior) per parlare ai medici.
È “compassione vera” solo se il medico patisce insieme, patisce con, proprio come mi disse quello specialista. Questo fa il Buon samaritano: si “prende cura”, assiste. Scelte controcorrente, fino all’obiezione di coscienza, chiede Francesco, perché i medici sono chiamati a «salvaguardare la vita che è sacra». E perché in un mondo dove è «più facile guarire» diventa «più difficile prendersi cura dei più fragili». Anziani, malati, disabili, bambini. «State attenti, ha avvertito, sperimentare con la vita, è un peccato contro Dio creatore». Ma soprattutto è “falsa compassione” perché cura, persino guarisce. Addirittura solleva da una “non vita” un essere umano che sceglie di farlo. E’ “falsa compassione” fecondare artificialmente una donna, perché un figlio è un dono e non un diritto. Come è un dono e non un diritto la sua infertilità biologica. Un dono di Dio, anche quello.
Ma sia chiaro, il papa fa il papa. Il problema non è lui, semmai sono le lenzuolate sulla “rivoluzione di Francesco” che da più di un anno riempiono tutti i santi quotidiani del Paese. Prime pagine, lettere, colloqui, interviste, incoronazioni a sinistra e a destra. Chiunque, anche quelli con cui condividi grandi cose, di fronte a Francesco, perdono la testa. Bene, ecco qua: «Il pensiero dominante propone una falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio, usare vite umane come cavie di laboratorio per salvaguardarne presumibilmente altre», questa è la “rivoluzione” di Francesco. Chiaro?