Attentato di Berlino. Cosa è successo

Ultimatum della Scozia al Regno Unito: o si resta nel Mercato unico o referendum sull’indipendenza

In un comunicato rilasciato questa notte, il Primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, ha affermato che un mancato accesso al Mercato unico europeo avrebbe «effetti devastanti sull’economia del Paese».
Nel comunicato, il leader del Partito della nazione scozzese (Snp), ha anche rivelato i risultati di alcune analisi condotte dal proprio governo: «Il costo di una fuoriuscita dal Mercato unico potrebbe toccare 11 miliardi di sterline l’anno da qui al 2030. Inoltre sono a rischio 80mila posti lavoro». A questi effetti vanno aggiunte poi gli investimenti che non avranno luogo per colpa della Brexit.
Oggi pomeriggio Sturgeon dovrebbe rivelare i piani della Scozia per rimanere nel Mercato unico e, più in generale, la posizione del governo rispetto alle negoziazioni sulla Brexit condotte da Theresa May.
Intanto il Snp ha fatto intendere che, se Westminster non dovesse tener conto delle richieste di Edimburgo, potrebbe riattivarsi la macchina per un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese. Lo ha suggerito il The Independent in un articolo pubblicato ieri. Anche per fare chiarezza su questo punto, la presentazione del piano per la Brexit da parte di Sturgeon è attesa con ansia dalla classe politica britannica.
Il partito laburista, nel frattempo, ha espresso una posizione chiara riguardo a un eventuale secondo referendum di indipendenza scozzese: «Il piano del Snp dovrebbe ribadire che la permanenza della Scozia nel Regno Unito viene prima dell’accesso al Mercato unico, ha affermato Lewis Macdonald, portavoce del Labour scozzese per gli Affari europei.
La Scozia si rivela così l’ennesima spina nel fianco per Theresa May. Nel frattempo, il Primo ministro britannico deve infatti affrontare anche una crisi del servizio sanitario nazionale (Nhs) e una potenziale ondata di scioperi nel settore dei trasporti ferroviari.
Secondo un sondaggio di questo fine settimana il partito di Jeremy Corbyn, starebbe recuperando lo svantaggio accumulato rispetto al partito conservatore nelle preferenze dell’elettorato britannico.
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Polonia – The Guardian – Il Presidente polacco, Adrzej Duda, ha comunicato che il governo lascerà cadere il provvedimento con cui voleva limitare la libertà dei media di accedere alle istituzioni legislative del Paese
Europa – Handelsblatt – Germania e Francia provano a trovare una linea comune per la gestione della crisi migratoria. A Berlino si sono incontrati i Ministri dell’Interno dei due Paesi dell’Unione europea
“Matera 15/19”. Video-diario di viaggio di una città Capitale Europea della Cultura
È iniziata dal basso, dalle persone, dai cittadini e dalla quotidianità più semplice, la storia di “Matera 15/19”, documentario in quattro puntate per raccontare come Matera e la Basilicata si stiano preparando ad essere Capitale Europea della Cultura nel 2019. Il primo episodio verrà diffuso a gennaio 2017 e la realizzazione è stata resa possibile grazie a un crowfunding su eppela.com: le donazioni sono state talmente tante che oltre alla cifra per realizzare il film, sono stati raccolti anche 1500 euro da donare in favore delle popolazioni terremotate del centro Italia.
“Matera 15/19” si presenta dunque come un diario di bordo, un modo per raccontare e lasciare traccia degli sforzi e delle storie collettive e personali che a partire dal 2015 hanno animato e fino al 2019 animeranno la città e la Regione.

Un diario di bordo, un modo per raccontare e lasciare traccia degli sforzi e delle storie collettive e personali che a partire dal 2015 hanno animato e fino al 2019 animeranno la città e la Regione.

Un documentario che è anche un viaggio all’interno del quale i quattro episodi risultano indipendenti e allo stesso tempo interconnessi fra loro, pronti a confluire in un racconto omogeneo con l’ultima puntata.
Autori del primo episodio sono Fabrizio Nucci e Nicola Rovito affiancati per l’occasione dal co-autore e co-regista Alesandro Nucci vincitore nel 2008 del premio Ilaria Alpi. Qui in esclusiva per Left un estratto della prima puntata che potrete vedere a gennaio.


Foto © Pierpaolo Perri
Attentato a Berlino. Cosa sappiamo della strage al mercatino di Natale

Berlino, come Nizza, come Parigi, Madrid, Londra. Fino a ieri sera la Germania era stata risparmiata dall’ondata di attacchi terroristici che hanno colpito molte delle capitali europee dopo il 2001. E anche se il governo tedesco invita correttamente alla prudenza – il ministro degli Esteri De Mezieres ha detto: le parole che usiamo hanno un effetto psicologico, usiamole con cautela – le notizie che abbiamo indicano che di attentato terroristico si tratta.
Berlino è la città più multietnica e diversa di Germania, attaccare qui significa proprio fare un regalo alla destra xenofoba e colpire un simbolo di apertura e tolleranza. Attaccare un mercatino di Natale significa seminare il panico: in Germania sono 2500 in questi giorni e, come ha detto il capo del sindacato di polizia, pensare di proteggerli tutti è impossibile.

Cosa sappiamo
- Dodici persone sono morte e 48 sono ricoverate in ospedale, alcune gravi, dopo che un camion si è lanciato contro la gente che affollava il tradizionale mercatino natalizio di Breitscheidplatz a Berlino.
- Sul camion c’erano due persone, una è morta, l’altra è stata arrestata e viene interrogata. Le prime notizie dicono che si tratterebbe di un cittadino di origine (o di nazionalità) pakistana. Il morto, invece è un cittadino polacco e non era alla guida del camion.
- La società polacca proprietaria del camion ha detto che il camion era in viaggio dall’Italia alla Polonia, che doveva scaricare qualcosa a Berlino e che il conducente, uno solo, non avrebbe mai fatto una cosa del genere (è il cugino del proprietario e lavorava per la ditta da 15 anni). È probabile che si tratti della persona morta.
- Un sito polacco riferisce che la società ha raccontato come dalle 4 di ieri pomeriggio il camion non rispondesse più e che il sistema satellitare abbia segnalato che il camion fosse stato acceso e spento almeno tre volte senza muoversi. La deduzione è che qualcuno stesse cercando di capire come guidarlo.
- Stamane all’alba la polizia ha compiuto un raid nell’areoporto dismesso di Templehof, che in questo periodo viene usato come asilo per rifugiati.
- Il Dipartimento di Stato aveva da mesi lanciato un allerta terrorismo ai cittadini Usa, dicendo che c’erano notizie di un possibile attacco in Germania.
Welby, 10 anni dopo. Una lotta che porta nuove libertà
In Italia non solo l’eutanasia clandestina è pratica, purtroppo, assai diffusa e l’ipotesi di una legalizzazione appare assai lontana, ma manaca anche una legge sul testamento biologico. Affossa la famigerata proposta di legge Calabrò, il 7 dicembre scorso la Commissione affari sociali ha approvato un testo ed è almeno un primo passo. «La proposta di legge – spiega Marco Cappato – prevede che «ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di una propria futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento “DAT”, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte terapeutiche e a singoli trattamenti» e indicare un fiduciario che lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Al contrario del ddl Calabrò,che era una proposta di legge “contro” il testamento biologico – dice il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni – il nuovo testo include nutrizione e idratazione artificiali tra le terapie rinunciabili, e prevede che il medico sia tenuto al pieno rispetto delle DAT».
A dieci anni dalla morte di Piergiorgio Welby che ebbe il coraggio di trasformare la propria malattia in uno strumento per la conquista dei diritti di tutti l’Italia compie un piccolo passo avanti. Ma nel frattempo c’è stato anche un altro fatto importante.: la sentenza del tribunale di Cagliari che ha riconosciuto a Walter Piludu, scomparso il 3 novembre, il diritto che fu negato a Welby e a Nuvoli. Nel giorno in cui alla Camera dalle 14,30, viene ricordata la lotta politica di Welby, con un film e un convegno «Welby, 10 anni dopo. Una lotta che porta nuove libertà cui partecipa la presidente Laura Boldrini abbiamo chiesto a Cappato di raccontarci la storia di Piludu e la sua lotta sulla strada aperta da Piergiorgio.
«Walter Piludu è stato militante e dirigente comunista per tutta la vita, ex-Presidente della Provincia di Cagliari. Mi aveva invitato a casa sua due anni fa, quando fece un appello e si iscrisse all’associazione Luca Coscioni proseguendo con ostinazione a battersi per i diritti di tutti. Alla fine – ricorda il dirigente radicale – ha trovato ascolto dalla magistratura. Piludu aveva dovuto comunicare alla Asl le proprie volontà con il solo movimento degli occhi e utilizzando la posta certificata, perché non era riuscito a trovare nemmeno un notaio disponibile ad autenticare la propria richiesta. Finalmente, la svolta storica: il distacco dal respiratore è avvenuto “con modalità tali da garantire un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona”, come ordinato dal giudice, cioè sotto adeguata sedazione. Proprio quello che era stato negato a Welby e a Giovanni Nuvoli. Walter Piludu aggiunge alla storia dei Luca, Piergiorgio, Beppino, Gilberto, Piera, Dominique, Max, Luigi e di tutti coloro che hanno lottato per la libertà di scegliere come terminare la propria vita. Si ricordano qui solo i nomi di coloro che ‘grazie’ alla sofferenza sono passati alle cronache nazionali e internazionali, perché sarebbe impossibile farli tutti i nomi di coloro per i quali la quotidianità è una prigione, un campo di battaglia – più ancora che contro la malattia, contro la burocrazia.
Dieci anni fa se ne andava Piergiorgio Welby, il film di Livia Giunti e Francesco Andreotti che viene proiettato oggi alla Camera come racconta la sua poliedrica personalità di artista e il suo impegno politico?
Chi ha stampata nella memoria quell’immagine fissa di Piergiorgio, che si rivolge al presidente della Repubblica dal proprio letto per chiedere l’eutanasia, potrebbe essere rimasto soltanto con l’idea di un malato terminale che vuole morire. Il film ci restituisce l’identità di una persona con una storia straordinaria, che negli anni ha potenziato la sensibilità, anche artistica, e l’insofferenza a qualsiasi forma di pietismo. Non è facile raccontare nei film l’arte pittorica, la fotografia, la poesia…Giunti e Andreotti ci sono riusciti senza retorica, con l’umiltà di un occhio attento e rispettoso, senza voler “creare” un personaggio a tutti i costi, ci fanno scoprire una personalità con la quale entrare in un’intimità che avvolge tutti i sensi. La politica del radicale Welby, del co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, ne esce come la logica conseguenza di un’urgenza personale di una libertà molto concreta, senza alcunché di ideologico.
Il presidente della Camera, Laura Boldrini, sarà presente all’iniziativa organizzata dall’Associazione Luca Coscioni per il 20 dicembre. Questo suo impegno non nasce oggi.
È nelle mani della presidente della Camera che consegnammo le 67.000 firme sulla nostra proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, nel settembre 2013. Da allora, Boldrini non ha mai mancato di corrispondere ai nostri messaggi. Rivolgendosi al nostro congresso dell’Associazione Luca Coscioni, ci scrisse «la nostra attenzione è doverosa: per rispetto del dettato costituzionale e delle decine di migliaia di cittadini che, firmando, hanno espresso attiva partecipazione alla vita democratica». Oltre alla questione di metodo, si è comunque espressa sull’importanza del tema, pur non prendendo posizione direttamente. Va bene così, perché il vero ostacolo che abbiamo davanti è l’indifferenza del ceto politico, dunque il fatto stesso di attirare attenzione sul tema è un aiuto oggettivo a fare dei passi avanti.
Dopo aver aiutato Domique Velati, malata terminale di cancro, ad andare in Svizzera, quali ripercussioni ci sono state in termini di legge? Qual è il quadro dell’eutanasia clandestina in Italia?
Mi ero autodenunciato dai Carabinieri a Roma, ma non è stato aperto alcun procedimento. Con Mina Welby e Gustavo Fraticelli stiamo andando avanti ad aiutare altre persone, attraverso il sito www.soseutanasia.it. Finché l’Istat teneva questa statistica, si registravano un migliaio di suicidi di malati terminali l’anno. Ma un dato preciso sulla realtà dell’eutanasia clandestina non esiste. È un fenomeno largamente sconosciuto e quindi non governato, come sempre accade con i proibizionismo.
Sciacalli da tastiera: così la destra xenofoba reagisce all’attentato di Berlino

Sono tutti leoni da tastiera, un po’ come i troll che capita di vedere su Facebook. E appena hanno qualcosa su cui gettarsi, ci si gettano. Mentre il governo tedesco invita alla cautela e per ore non ha neppure parlato di attentato terroristico, i vari leader dei partiti xenofobi parlavano. Sapevano già chi era stato e meditavano reazioni muscolari. Primo tra tutti Matteo Salvini, che reagiva all’attentato contro l’ambasciatore di Mosca ad Ankara e alla strage di Berlino con due tweet.
Un maledetto terrorista islamico ha ucciso l’ambasciatore russo in Turchia per “vendicare i morti in Siria”. pic.twitter.com/T7djREfOkm
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 19 dicembre 2016
#Terrore a #Berlino, 9 morti e 50 feriti ai mercatini di #Natale.
Chi sarà stato?
Preghiere non bastano più, occorre reagire con la forza.— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 19 dicembre 2016
Non sappiamo se chi ha ucciso fosse un terrorista islamico, o meglio sappiamo che fosse musulmano, ma vista la tensione con la Russia e il nazionalismo turco, molto forte nelle gerarchie della sicurezza, non potevamo, ieri, dire che si trattasse di attentatore salafita o estremista islamico. La cosa, naturalmente, per Salvini non conta. Quanto alla reazione, Salvini ci spieghi qual è. Se vuole organizzare dei raid, lo dica in maniera esplicita. Così è troppo facile: soffiare sul fuoco e poi, quando succederà qualcosa, dire, “io non ho incitato all’odio”.
Stesso tono per Giorgia Meloni, che però almeno ha un che di spiritoso. Detesta così tanto la sinistra che deve per forza prendersela con i pacifisti. Sono quasi peggio dei terroristi.
Ancora sangue innocente su strade d'Europa. Il #terrorismoislamico odia la ns libertà. Siamo in guerra: chi lo nega è complice #Berlino ST pic.twitter.com/VcdobN0RFE
— Giorgia Meloni ن (@GiorgiaMeloni) 19 dicembre 2016
L’AfD, il partito xenofobo tedesco si è affrettato a dire, prima che ci fosse la certezza che la strage al mercato di Natale berlinese fosse un attentato, che la colpa di tutto questo sono le politiche di apertura di Angela Merkel. «Questi sono morti di Merkel» è un tweet di Markus Pretzell. Bassa cucina elettorale. Buona notizia: la frase è stata rilanciata 1000 volte ma ha ottenuto 1800 risposte, moltissime che insultano Pretzell. Ovvero c’è più gente sui social disgustata dalla reazione che non fan.
Wann schlägt der deutsche Rechtsstaat zurück? Wann hört diese verfluchte Heuchelei endlich auf? Es sind Merkels Tote!#Nizza#Berlin
— Marcus Pretzell (@MarcusPretzell) 19 dicembre 2016
Lo stesso argomento anti politica dell’accoglienza lo usa il leader dell’Ukip britannico, Nigel Farage, con il tweet qui sotto: «Terribile notizia, ma nessuna sorpresa. Questa è l’eredità che lascia Merkel».
Terrible news from Berlin but no surprise. Events like these will be the Merkel legacy.
— Nigel Farage (@Nigel_Farage) 20 dicembre 2016
Diversa la reazione del Front national francese. Che siccome prova davvero a eleggere marine Le Pen presidente mantiene un profilo più serio. Marine, poi, è in vacanza elettorale nella Guyana francese, difficile avere il polso della situazione. Per ora segnaliamo due tweet di cordoglio, uno di Marine e uno di Marion (con versione anche in tedesco) e quello più politico dello stratega Florian Philippot: «Fino a quando rifiuteremo le frontiere nazionali? E fino a quando questa accoglienza irresponsabile agli immigrati?».
Jusqu’à quand refusera-t-on d’avoir des frontières nationales et jusqu’à quand cet accueil irresponsable de migrants ? https://t.co/YdCabuUirE
— Florian Philippot (@f_philippot) 20 dicembre 2016
Il tema è per tutti lo stesso. E a nessuno viene in mente che commandos terroristici possono passare le frontiere in mille modi, che quelli dell’11 settembre non erano immigrati e che gli attentati, ad esmepio di Parigi, sono stati commessi da persone nate in Europa che nessuna legge può spedire in Paesi dove non sono nati e non hanno vissuto. La verità è che queste cose, i leader della destra xenofoba le sanno benissimo. Ma non è con la razionalità che si nutrono le paure della gente, le stesse paure che generano consensi per i loro partiti.
E a volte ci perdiamo ad occuparci di loro, piuttosto che della storia
Ieri sera ho pensato che per il mio buongiorno avrei voluto scrivere di come mi sono sentito confortato leggendo molti esponenti anche del PD chiedere le dimissioni di Poletti. Un ministro che ha devastato il mondo del lavoro, che ha massimizzato la precarizzazione, che finge di credere a dati sulle sue riforme che vengono puntualmente smentiti e in più che si vanta di disinteressarsi della sfiducia e disperazione dei giovani del suo Paese mi sembra davvero troppo, mi son detto. Roba da inchiodargli Giachetti sullo zerbino di casa a imprecare giorno e notte, almeno.
Poi mi sono detto che forse era il caso di avvisare che Salvini ha iniziato la sua annuale crociata in difesa dei presepi prendendosela con una dirigente scolastica di una scuola in provincia di Brescia e pubblicando il suo numero di telefono per sfamare la bava dei suoi seguaci. Avevo già pronto il finale: ognuno s’imbarca nelle battaglie che gli spettano: Salvini nei presepi, appunto.
Oppure Di Maio e Marra. E Roma. E tutto il resto.
Oppure Sala, l’auto sospeso per finta.
Poi mi è capitato di vedere altre immagini di Aleppo. E Aleppo e la Siria mi pietrificano.
Poi ci sono stati gli spari a Andrey Karlov, l’ambasciatore russo ucciso ad Ankara mentre l’assassino urlava che quell’omicidio fosse parte del “conto per la Siria”.
Poi c’è stato il camion sulla folla a Berlino. Ancora una volta un camion che falcia persone, questa volte intente a passeggiare nel mezzo di un mercatino natalizio.
E mi sono detto che a volte il mondo è tutto così veloce e così tragico che mi viene il dubbio, non so se viene anche a voi, di vivere un tempo che si fa fatica a stargli dietro. E mi chiedo: ma chissà che anch’io poi mi stia perdendo nelle cose meno importanti. Chissà se alla fine anche noi siamo incapaci di vedere il senso generale di una realtà che ci arriva tutta schegge e indignazione, tutta slogan e dosi d’orrore. E mi è venuta una sensazione, come una specie di nausea: attraversiamo dolorose svolte epocali con una classe dirigente provinciale e gretta. E a volte ci perdiamo ad occuparci di loro, piuttosto che della storia.
Buon martedì.
Cosa sappiamo dell’uccisione dell’ambasciatore russo ad Ankara

Un poliziotto turco in servizio ha ucciso questa sera ad Ankara l’ambasciatore russo Andrey Gennadyevich Karlov. Il diplomatico partecipava all’inaugurazione di una mostra sponsorizzata dall’ambasciata e stava parlando quando l’uomo si è avvicinato e ha sparato gridando «Ricordate della Siria, ricordatevi di Aleppo. Se moriamo noi, morite anche voi». L’uomo è stato identificato: si tratta si Mert Altintas, membro delle forze speciali della polizia di Ankara.
#Turkey media have ID’d the assassin as a serving police officer – Mert Altintas. Now a member of #Ankara Police’s special operations unit. pic.twitter.com/4pzBTgr0vw
— Charles Lister (@Charles_Lister) 19 dicembre 2016
La morte dell’ambasciatore, definita un atto terroristico da Mosca rischia di far saltare il riavvicinamento tra Ankara e Mosca sulla Siria – e non solo. Le due potenze hanno mediato tra le parti la resa di Aleppo e nelle ultime settimane avevano ricominciato a parlare dopo che diversi episodi avevano reso le relazioni difficilissime – la Turchia è schierata con i ribelli siriani e ne ha fatti passare a migliaia dalla sua frontiera. La miccia per il precipitare delle relazioni è stato l’abbattimento di un jet dell’aviazione russa da parte di un caccia turco sui cieli della Siria. Un accordo di riconciliazione è stato firmato all’inizio del 2016, Erdogan ha posto le sue scuse ai familiari e le cose stavano lentamente migliorando.

I ministri degli esteri della Russia, la Turchia e Iran hanno in programma di incontrarsi domani per discutere di Siria. La speranza è che lo facciano comunque.Gli Stati Uniti si sono affrettati a fare le condoglianze per la morte di Karlov: «Condanniamo questo atto di violenza, qualunque sia la sua fonte» ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato John Kirby in un comunicato.
Aggiornamento 20 dicembre 2016
Il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan si sono sentiti al telefono a seguito dell’attentato concordando nel definire l’attentato: «un atto provocatorio». Il concetto è stato ribadito ulteriormente in un video messaggio di Erdogan dove ha aggiunto che chi vuole minare i rapporti fra Russia e Turchia «non ci riuscirà».
Anche Vladimir Putin in un messaggio televisivo ha dichiarato che: «Indubbiamente si tratta di una provocazione che mira a disturbare e scardinare il processo di normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi e di pace in Siria».
Un gruppo di investigatori russi arriverà a breve in Turchia per indagare sull’assassinio di Dmitry Peskov.
Il collegio elettorale vota Trump, cinque cose da sapere sul perché sarà una presidenza imbarazzante
Oggi Donald Trump diventa ufficialmente presidente. I 538 eletti nell’electoral college che stanno votando per il nuovo presidente. Nelle ultime settimane si è molto parlato di come i grandi elettori potrebbero evitare di scegliere TheDonald e votare un altro candidato. Tre gli argomenti a favore di questa ipotesi: nel conto dei voti assoluti Hillary Clinton ha preso 2 milioni e 800mila preferenze in più del vincitore – Gore ne prese 500mila più di Bush; le notizie di un intervento russo nel tentativo di influenzare il voto degli americani sono entrate nel dibattito politico come argomento presidenziale e bipartisan – ne ha parlato Obama, ne parlano i senatori moderati repubblicani; in queste settimane Trump ha mostrato enormi limiti di preparazione e mille conflitti di interesse sono venuti a galla.
Per questo campagna hanno raccolto decine di migliaia di firme, i singoli grandi elettori sono stati contattati e alcuni hanno persino lanciato campagne per fare in modo che l’elezione ufficiale di Trump non avvenga. Ebbene? Ebbene niente. Come è abbastanza ovvio, e anche a causa di leggi di alcuni Stati che impediscono al grande elettore di non seguire il vincolo di mandato, quelli che cambieranno voto si conteranno sulle dita di una mano. O forse due. È comunque una pessima partenza per la presidenza Trump. Non è l’unica. Ecco alcune cose da sapere e ricordare ora che Trump diventa presidente. Tutte cose capitate dopo la sue elezione.
Il gradimento del presidente eletto
Dopo il voto, normalmente, il presidente eletto fa un salto in avanti nei sondaggi relativi al gradimento. Così è capitato anche a Trump. Qui sotto il grafico Gallup che segnala due cose: un piccolo salto c’è stato, questo si è bloccato. Pessimo segnale per due ragioni: normalmente nella fase in cui il presidente eletto costruisce il proprio staff il gradimento continua a crescere, per poi prendere a calare quando il presidente subentra alla Casa Bianca e comincia a lavorare; il 42% è molto, ma molto basso per qualcuno che ha appena vinto le elezioni.
Gli ultimi tre presidenti erano molto più in alto: nel 2008, Obama, a metà dicembre aveva il 75% di gradimento, nel 1992 Clinton aveva il 67% e nel 2000, Bush, che pure era stato eletto tra le polemiche, aveva il 65%. Trump entra alla Casa Bianca son il 58% di pareri negativi.
I conflitti di interesse
Per mesi il presidente eletto ha annunciato che avrebbe risolto i potenziali conflitti di interesse tra la sua attività di businessman e la presidenza passando la gestione dei suoi business ai figli. Non a un blind trust e neppure vendendo le sue società. Problema: i figli e il genero sono ampiamente coinvolti nelle sue attività politiche. Sia Ivanka che suo marito Jared Kushner stanno prendendo parte alla selezione degli uomini e delle donne dell’amministrazione e sembrano voler occupare un ruolo ufficiale nei prossimi quattro anni. Sarà per questo che la prevista e annunciata conferenza stampa sulla gestione del conflitto di interessi è stata rimandata a data da destinarsi. Ma quali sono i conflitti di interesse? Cominciamo con le cose piccole. In queste settimane Trump ha tenuto incontri in diversi luoghi di sua proprietà, ovunque campeggia la scritta TRUMP e gli alberghi e i resort hanno ottenuto enorme pubblicità gratuita. Il suo hotel appena aperto a Washington ha offerto prezzi speciali alle delegazioni straniere.
Basterebbe così. Già, ma la Deutsche Bank o gli affari nelle Filippine sono più controversi. E sono solo due esempi. Trump ha un debito di 364 milioni con la banca, che a sua volta è indagata per il ruolo nella crisi finanziaria del 2008 e rischia di venire sottoposta a una multa da 14 miliardi di dollari. Ora, il presidente miliardario potrebbe decidere di scambiare una cosa per l’altra. O qualcosa di simile. Quanto alla Trump Tower di Century City, appena inaugurata nelle Filippine, il partner d’affari legale del presidente è stato nominato inviato speciale del governo di Manila negli Stati Uniti. Ci sarà un legame tra le due cose?
La cyber guerra e i rapporti con la Russia
Il conflitto di interessi più clamoroso, di questi tempi, è quello che coinvolge Rex Tillerson, ex amministratore delegato di ExxonMobil. Il prossimo Segretario di Stato vanta un lungo rapporto con Vladimir Putin, è fondatore di una compagnia petrolifera russo-americana con sede alla Bahamas e nel 2013 è stato insignito dell’Ordine di amicizia della Russia e si è opposto alle sanzioni – che danneggiano pesantemente la ExxonMobil. In questo contesto, le notizie confermate da Cia ed Fbi sul tentativo di Mosca di condizionare il voto americano, sono un problema. Quando i risultati dell’inchiesta del Senato e di quella della Casa Bianca di Obama verranno diffusi Trump, che in campagna elettorale ha elogiato Putin e promesso di rasserenare il clima con la Russia, che ha scelto diversi amici di Mosca nella sua amministrazione, si troverà in grande imbarazzo. La relazione con Putin è già stata oggetto dell’ultima comparsata di Alec Baldwin/Trump al Saturday Night Life (qui sotto)
L’account Twitter e la guerra con i media
Nei giorni scorsi Vanity Fair ha giudicato il Trump Grill, il bar ristorante alla Trump Tower come il peggior ristorante d’America. La risposta? Affidata a twitter: Visti i pessimi numeri di Vanity Fair, crollano…hanno grandi problemi, il direttore Graydon Carter non ha talento”. Poco presidenziale, sebbene siano i modi che hanno pagato.
Has anyone looked at the really poor numbers of @VanityFair Magazine. Way down, big trouble, dead! Graydon Carter, no talent, will be out!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 15 dicembre 2016
Gli stessi usati per parlare di MSNBC, CNN e dell’imitazione a se stesso. I due tweet qui sotto parlano di quanto sia pessima la sua imitazione fatta da Baldwin (un trionfo di critica) e di come la copertura del suo lavoro da parte dei due canali all news sia “di parte, pessima” e così via.Il problema di questi toni? Che hanno funzionato ottimamente in campagna elettorale ma che sono imbarazzanti per un presidente. Ma il punto potrebbe non essere quello, chi se ne frega del politically correct e delle istituzioni, si potrbbe pensare. Il problema è che, come dicevamo all’inizio, Trump è gradito da una minoranza ristretta degli americani. Partire picchiando duro chiunque non sia d’accordo con te (o attaccare un piccolo sindacalista metalmeccanico, o la Boeing che costruisce l’Air Force One) è una pessima idea per guadagnare consensi. Altro aspetto è l’assenza di interazione: solo interviste uno a uno, niente conferenze stampa. Mai. In confronto Hillary Clinton era trasparente.
Just watched @NBCNightlyNews – So biased, inaccurate and bad, point after point. Just can’t get much worse, although @CNN is right up there!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 12 dicembre 2016
Just tried watching Saturday Night Live – unwatchable! Totally biased, not funny and the Baldwin impersonation just can’t get any worse. Sad
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 4 dicembre 2016
Le nomine improbabili
I nomi improbabili sono tanti, ne abbiamo già parlato. Vale solo la pena di segnalare, per ricordare come e quanto la futura amministrazione sarà figlia dell’ala più destra e conservatrice del partito repubblicano, due aspetti minori.Il capo dell’Agenzia di protezione dell’ambiente Scott Pruitt, è stato procuratore dell’Oklahoma e come tale ha fatto causa al governo federale che cerca di imporre limiti alle emissioni. L’altro è Rick Perry, futuro Segretario dell’Energia, che nel 2012, quando correva per le primarie repubblicane, una gaffe che gli costò la carriera politica: durante un dibattito promise di abolire tre agenzie federali, ma una non se la ricordava. Tra queste c’era però quella che oggi viene chiamato a guidare. Imbarazzante. Nel complesso, i rappresentanti di Big Oil, ovvero i giganti petroliferi che in teoria sono in ritirata e sono l’economia di ieri e non quella di domani, sono rappresentati come non mai in questa amministrazione. Dal Segretario di Stato in giù.




