Matteo Salvini ha deciso di pubblicare un libro (in realtà è un libro intervista, in sostanza una diretta Facebook con la carta al posto di Facebook ma con la stessa passione autocelebrativa) con la casa editrice Altaforte, diretta espressione di Casapound. La casa editrice, e il libro di Salvini, saranno presenti al Salone del Libro di Torino. Raimo si è dimesso. Lagioia ha provato a difendersi scaricando tutto (in modo poco elegante) sul reparto commerciale. Qualcuno dice che bisogna presidiare e quindi esserci (lo dice Michela Murgia, ma bisogna però anche valutare chi regala i presìdi, no?) e insomma sta venendo fuori un bel casino. La casa editrice di Pippo Civati, People, sarà presenta con il suo stand, vuoto. E si aspettano le contromosse delle altre case editrici. In nome della libertà bisogna apirire o chiudere le porte a chi porta avanti l'idea che la libertà vada limitata come fu nel tempo del fascismo? È una bella domanda, è una bella sfida. C'è da capire però che stiamo parlando di un Paese in cui accadono cose come la strage di Macerata, in cui si chiama Stato la Libia torturatrice e infame, in cui si lasciano bollire i migranti al sole mentre si "capiscono" coloro che ingegna al razzismo "perché poveretti sono esasperati e c'è da capirli" e poi ce li ritroviamo a fare (loro) i topi (italianissimi) d'appartamenti o gli stupratori. Non è un momento normale. Non c'è pace in questo Paese che qualcuno ha volutamente voluto dividere in due macrotifoserie. Allora mi chiedo: ma c'è un limite allo sdoganamento? Perché se i nostri padri costituzionali hanno pensato di limitare l'apologia al fascismo per legge significa che hanno inteso obbligatorio porre il limite mentre chi parla di libertà in fondo rischia di passare dalla parte del liberi tutti. Qualcuno dice: "Meglio, andiamo lì con spirito antifascista?". Ma davvero vogliamo la guerra? Ci interessa? Non è il gioco che rende satollo proprio il ministro dell'inferno Salvini che può così spalmare quella stessa acredine che gli ha portato consenso? La questione è complessa e complicata ma pone (non solo per il Salone) un tema che già più volte è venuto fuori in questi ultimi mesi: qual è il limite tra la difesa della Costituzione e la cosiddetta libertà (buona sempre in tutte le salse?). Perché io, per dire, non ci andrei a una fiera che non mi assomiglia. Anche per pochi metri quadrati. E figurati se ci andrei per ribadire il mio antifascismo lì, in pubblico, dove invece dovrei gustarmi altro. E allora il buongiorno di oggi lo giro anche a voi, che non siete scrittori, non siete editori e magari nemmeno lettori. Ditemi. Qual è il limite? Buon martedì.

Matteo Salvini ha deciso di pubblicare un libro (in realtà è un libro intervista, in sostanza una diretta Facebook con la carta al posto di Facebook ma con la stessa passione autocelebrativa) con la casa editrice Altaforte, diretta espressione di Casapound. La casa editrice, e il libro di Salvini, saranno presenti al Salone del Libro di Torino. Raimo si è dimesso. Lagioia ha provato a difendersi scaricando tutto (in modo poco elegante) sul reparto commerciale. Qualcuno dice che bisogna presidiare e quindi esserci (lo dice Michela Murgia, ma bisogna però anche valutare chi regala i presìdi, no?) e insomma sta venendo fuori un bel casino. La casa editrice di Pippo Civati, People, sarà presenta con il suo stand, vuoto. E si aspettano le contromosse delle altre case editrici.

In nome della libertà bisogna apirire o chiudere le porte a chi porta avanti l’idea che la libertà vada limitata come fu nel tempo del fascismo? È una bella domanda, è una bella sfida. C’è da capire però che stiamo parlando di un Paese in cui accadono cose come la strage di Macerata, in cui si chiama Stato la Libia torturatrice e infame, in cui si lasciano bollire i migranti al sole mentre si “capiscono” coloro che ingegna al razzismo “perché poveretti sono esasperati e c’è da capirli” e poi ce li ritroviamo a fare (loro) i topi (italianissimi) d’appartamenti o gli stupratori.

Non è un momento normale. Non c’è pace in questo Paese che qualcuno ha volutamente voluto dividere in due macrotifoserie. Allora mi chiedo: ma c’è un limite allo sdoganamento? Perché se i nostri padri costituzionali hanno pensato di limitare l’apologia al fascismo per legge significa che hanno inteso obbligatorio porre il limite mentre chi parla di libertà in fondo rischia di passare dalla parte del liberi tutti.

Qualcuno dice: “Meglio, andiamo lì con spirito antifascista?”. Ma davvero vogliamo la guerra? Ci interessa? Non è il gioco che rende satollo proprio il ministro dell’inferno Salvini che può così spalmare quella stessa acredine che gli ha portato consenso?

La questione è complessa e complicata ma pone (non solo per il Salone) un tema che già più volte è venuto fuori in questi ultimi mesi: qual è il limite tra la difesa della Costituzione e la cosiddetta libertà (buona sempre in tutte le salse?). Perché io, per dire, non ci andrei a una fiera che non mi assomiglia. Anche per pochi metri quadrati. E figurati se ci andrei per ribadire il mio antifascismo lì, in pubblico, dove invece dovrei gustarmi altro.

E allora il buongiorno di oggi lo giro anche a voi, che non siete scrittori, non siete editori e magari nemmeno lettori. Ditemi. Qual è il limite?

Buon martedì.