Additata ufficialmente come minaccia alla democrazia, Alternative für Deutschland (AfD) affonda le radici in un disagio sociale alimentato da crisi economica, razzismo e assenza di risposte politiche. Vietarlo non basta: serve una sinistra forte, popolare e internazionale

Dopo la classificazione ufficale dell’AfD (Alternative für Deutschland) come organizzazione della estrema destra e un pericolo per la democrazia da parte dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, il dibattito sul divieto che pende sul capo di AfD e sul suo scioglimento si è intensificato. Questa domanda esiste già da molto tempo. Secondo i sondaggi circa la metà della popolazione in Germania è a favore di un tal divieto.

L’affermazione che Afd è un partito della estrema destra non è una sorpresa, ma che questa designazione si stata fatta ufficialmente da una istituzione statale rappresenta una novità. Che si trattasse di una forza politica estremista, non c’erano e non ci sono dubbi. La politica migratoria razzista propalata di questo partito ed anche la mancata presa di distanza di alcuni suoi vertici dai crimini del nazismo e dell’olocausto parlano da soli. Il punto cruciale nel rapporto dei servizi segreti interni è la dichiarazione che AfD persegue una politica etnica razzista secondo cui non tutti i cittadini tedeschi hanno gli stessi diritti e si fa una differenza tra tedeschi per nascita biologica e altri considerati come tedeschi di seconda classe. Questo non è compatibile con la democrazia. Sono ben note le numerose dichiarazioni xenofobe contro i rifugiati e i migranti. Esponenti come Höcke, il leader del partito in Turingia, possono essere definiti ufficialmente fascisti. E la federazione giovanile è già stata bandita.

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