Sembra passato un secolo ma sono “solo” (si fa per dire) tre anni da quando il governo Meloni si è insediato a Palazzo Chigi e il trio Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia occupa la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Tre anni pesantissimi per la società civile laica, libera e democratica, per chi è restato umano e non resta indifferente di fronte allo sterminio di Gaza, ai naufragi nel Mediterraneo, alle manganellate della polizia contro gli studenti, gli operai, i disoccupati che manifestano in difesa dei diritti di tutti; pesantissimi per chi non resta indifferente di fronte alle violenze contro le donne, ai femminicidi e alla mentalità patriarcale e religiosa di chi è convinto che in fondo le vittime se la siano cercata, all’inaccettabile sequela di suicidi nelle carceri, alle indicazioni ministeriali che vorrebbero ridurre la scuola pubblica a una fabbrica di obbedienti balilla, a certa stampa che fa da megafono alla propaganda del Palazzo diffondendo menzogne, allo svuotamento della tv pubblica dei contenuti di qualità e giornalistici, sostituiti da maggiordomi di destra e predicatori d’odio. Sono stati tre anni pesantissimi per chi non si arrende alla criminalizzazione del dissenso messa nero su bianco dalla cosiddetta legge “sicurezza”, al perverso imbroglio della autonomia differenziata dichiarata incostituzionale in molte sue parti dalla Consulta e che attacca in primis il carattere universalistico della sanità - peraltro sempre più in mano ai privati e svuotata di risorse; per chi non si arrende alla logica “nostalgica” del Ventennio di chi vorrebbe instaurare in Italia il premierato forte. Tre anni pesantissimi per chi auspica una giustizia sempre più giusta, indipendente e non asservita all’esecutivo come la vuole invece chi è al governo separando le carriere e spacchettando il Csm; tre anni molto foschi per chi trema all’idea che il prossimo presidente della Repubblica potrebbe essere il candidato prescelto dai nipotini politici del repubblichino, antisemita, razzista e fucilatore di partigiani Almirante e dagli eredi politici di Berlusconi, il piduista che per primo li sdoganò al governo. Saremmo perfino oltre il Piano di rinascita nazionale di Licio Gelli. Un pensiero va anche a chi si indigna per il silenzio di Giorgia Meloni, del suo cerchio magico e del vice presidente del Senato sulle responsabilità neofasciste e del Movimento sociale nelle stragi, negli anni di piombo, nella strategia della tensione foraggiata dalla Cia. Per non dire poi del vergognoso silenzio Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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