Il progetto della Fondazione Massimo Fagioli rilancia la prevenzione primaria come accompagnamento consapevole alla nascita e alla crescita, oltre i luoghi comuni su allattamento e svezzamento. In quest'ottica organizza incontri informativi e gratuiti. Ecco come partecipare

La prevenzione primaria in pediatria si occupa di promuovere l’insieme di interventi atti a favorire il benessere psico-fisico dei bambini e degli adolescenti, agendo su fattori di rischio e promuovendo comportamenti “sani”.

Nel contesto storico attuale potrebbe sembrare fuori luogo evidenziare come fattori di rischio, un allattamento o uno svezzamento mal riuscito o una relazione genitore-bambino disfunzionale. Dai dati di Save the children sappiamo che a Gaza più di 20mila bambini sono stati uccisi e almeno 1000 di questi erano sotto l’anno di vita. Decine di migliaia, sono stati feriti e mutilati. Quelli rimasti sono malnutriti e privati della propria casa, delle scuole, degli ospedali. Altri 132.000, sotto i 5 anni, sono a rischio di morte per la carestia. Amnesty International, nell’ultimo Rapporto documenta gravi violazioni dei diritti umani in 154 Paesi su 195. Sono numeri che parlano di orrore, di perdita dell’umanità e allora diventa urgente, cominciare a parlare di un fattore di rischio primario, che è la perdita dell’affettività da parte di chi ha provocato tale sterminio o da parte di chi non si indigna abbastanza, di fronte a tanta disumanità.

C’è chi vuole sapere la” definizione di bambino”; per stabilire se è giustificabile la sua uccisione? A questo orrore rispondiamo, occupandoci anche delle esigenze dei bambini, perché si arriva ad eliminare il cibo, l’acqua, i bisogni materiali, quando già è stata completamente eliminata la realtà non materiale del bambino, e quindi il gioco, la fantasia, il desiderio di conoscenza.

È necessario fare prevenzione e raccontare i fondamenti della Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli che nella ricerca di un’Identità umana nuova, diceva: «La libertà è l’obbligo di essere, esseri umani». Culturalmente, donna e bambino, sono sempre stati “ignorati” perché non rientrano nei canoni della razionalità. Invece noi, non vogliamo perdere il mondo degli affetti e della realtà non cosciente che è il sale della vita personale e collettiva. Le basi teoriche di una nuova umanità ci permetteranno di proporre una nuova immagine di donna e bambino e anche una futura immagine di uomo.

Non sembra più fuori luogo occuparci di accompagnare giovani coppie in un percorso vissuto a volte con entusiasmo ma, a volte con difficoltà manifeste o latenti. Coppie preoccupate dei cambiamenti che necessariamente bisognerà affrontare, quando viene al mondo un bambino di cui si ha la responsabilità della crescita. I genitori non hanno colpe, hanno responsabilità e gli operatori sanitari hanno il dovere di accompagnarli in questo affascinante e difficile percorso. Spesso i genitori hanno la consapevolezza di non essere sufficientemente pronti per affrontare un essere umano che si esprime con un linguaggio non verbale di difficile interpretazione.

Ci sono anche genitori che sono ignari della realtà non cosciente dei neonati, pensano che i bambini abbiano necessità di essere accuditi solo nei bisogni materiali. Il laboratorio di psichiatria e psicoterapia della Fondazione Massimo Fagioli propone come Prevenzione Primaria, incontri informativi per genitori. Gli incontri sono tutti gratuiti e sono suddivisi in due moduli. Il primo modulo è dedicato a coppie di genitori in gravidanza e il secondo modulo per genitori di bambini nel primo anno di vita fino a 3 anni. Il corso arrivato alla seconda annualità, è tenuto da un’equipe multidisciplinare di professioniste: ostetrica, pediatre, psicologhe cliniche, psichiatra, neuropsichiatra infantile, pedagogista familiare e giuridica-coordinatrice genitoriale. Si comincia proponendo i tre trimestri della gravidanza nel loro aspetto biologico-ostetrico- psicologico. La suddivisione nei tre trimestri permette di analizzare le diverse fasi della gravidanza e di discutere con i partecipanti, rispondendo alle loro specifiche domande.

Spesso il primo trimestre, è caratterizzato da ansia, irritabilità, insonnia, nausea, paure per un possibile aborto, ma si inizia anche a realizzare l’idea mentale del futuro bambino, pur se il corpo della donna non è ancora, manifestamente cambiato. C’è qualcosa di nuovo e si diventa sempre più consapevoli che la propria vita cambierà e che è necessario maturare competenze genitoriali. Dal punto di vista biologico con la formazione dello zigote, mediante successive divisioni cellulari si formano i tre foglietti embrionali, da cui derivano i vari organi e apparati. Nel primo trimestre si ha la formazione del tubo cardiaco e a 4-5 settimane di gravidanza inizia il battito cardiaco spontaneamente, senza alcun stimolo esterno.È una pulsazione ritmica, che ha forza in se stessa, è un movimento che non si sposta nello spazio, è forza del cuore e sarà capacità di reagire del feto. Mi chiedo: normalmente e giustamente, non ci si meraviglia dell’origine spontanea dell’attività cardiaca fetale, stessa cosa non succede, quando alla nascita c’è l’emergenza della realtà non materiale dal corpo del neonato. Il battito cardiaco non si può negare, lo si può ascoltare con appropriate strumentazioni, la realtà non materiale non è registrabile, la possiamo solo dedurre.

Dobbiamo constatare che ancora non si comprende la differenza fra feto e neonato, fra chi è solo realtà biologica e chi come il neonato fonde biologia e realtà non materiale. Nel secondo trimestre c’è più tranquillità nella coppia, la comparsa dei movimenti fetali e l’immagine della pancia che sta crescendo favoriscono sempre più l’accettazione della futura nascita. Raccontiamo il fenomeno dell’omeostasi fetale, ovvero quello stato che permette di conservare le proprie caratteristiche, grazie a meccanismi di autoregolazione. Infatti il feto non reagisce agli stimoli esterni al sacco amniotico, il feto deve essere protetto per tutta la gravidanza, non deve subire danni, la biologia fetale deve essere salvaguardata. Ne consegue che è necessario sfatare tutta una serie di credenze molto diffuse e molto seguite dai futuri genitori. La più diffusa riguarda il fenomeno per il quale il feto sarebbe in grado di ascoltare la voce dei papà e sentire la realtà interna della madre. Non è raro imbattersi in corsi istituzionali, in cui le gestanti leggono libri di favole ai loro feti. E non è raro trovare donne estremamente preoccupate con vissuti di sensi di colpa, per avere avuto pensieri di non accettazione della gravidanza o perché affette da depressione, o donne che hanno un vissuto di “assassine” per essersi sottoposte ad un aborto. Altra condanna culturale che nasce dalla mancata distinzione fra feto e neonato e che andrebbe superata in una società laica. In questi casi è necessario tranquillizzare, anche consigliando dei percorsi di psicoterapia, necessari per ritrovare il proprio benessere e la serenità per relazionarsi con il nascituro.

La credenza di un legame feto-donna è molto radicata nella nostra cultura cattolica, è sostenuta anche dagli addetti ai lavori, ostetriche, ginecologi, pediatri, riviste scientifiche, social. Ne consegue che noi operatori cerchiamo di argomentare scientificamente le informazioni sulla realtà biologica del feto che non avendo realtà psichica non può avere vissuti emotivi, infatti la vita umana non è ancora iniziata, c’è solo realtà biologica. Per chi volesse approfondire, consigliamo i numerosi articoli della professoressa Maria Gabriella Gatti pubblicati sulla rivista Il Sogno della Farfalla, edito dall’Asino d’oro e su Left.

Cominciamo differenziando il feto dal neonato. Il cervello fetale non è attivo a differenza di quello del neonato. La prima domanda che ne consegue: come può il feto muoversi se non ha un’attività cerebrale? Analizziamo i movimenti embrionali e fetali e diciamo che essi hanno un’attività elettrica spontanea, autogenerata, prodotta da “simil pace-makers” del midollo spinale e del tronco encefalico. Ne consegue che i movimenti fetali non dipendono dalla corteccia cerebrale. Il liquido amniotico, grazie ai movimenti fetali, stimola la cute, dove sono presenti i recettori sensoriali tattili, che a loro volta, si esprimono con una attività elettrica autogenerata, grazie all’effetto eccitatorio di un neurotrasmettitore, una sostanza chimica, il Gaba.

I recettori della cute del feto in contatto con il liquido amniotico trasmetteranno, grazie alle fibre nervose, una informazione somato-sensoriale di calore-calma che arriva al Midollo Spinale, fuori dal controllo della corteccia e che sarà la matrice della memoria dell’esperienza avuta in questo periodo. Dopo, alla nascita, sarà un “sentire” a pelle. I recettori sensoriali non sono solo sulla cute, ma anche sui muscoli, sulle articolazioni, sopra l’orecchio, sulla retina e tutti vengono stimolati, sempre grazie ai movimenti fetali. Da tutti i recettori si sviluppano fibre nervose che si allungano al midollo spinale, al tronco encefalico, fino ad arrivare alla lamina sotto corticale e tutto ciò avviene gradualmente nel corso dei nove mesi di gravidanza. A circa 23- 24 settimane, i fotorecettori retinici, arrivati alla lamina sottocorticale, sono pronti per reagire alla luce, evento necessario per la sopravvivenza fuori dall’utero. A 24 settimane è anche possibile evidenziare un tracciato Eeg che registra la sola maturazione delle terminazioni nervose, il tracciato è sempre uguale, perché la corteccia non è attiva.

Nel terzo trimestre di gravidanza potrebbero ricomparire ansie e fobie legate al parto (tocofobia), stanchezza relativa ad episodi d’insonnia, il corpo diventa ingombrante. Il bambino immaginario è sempre più concreto e si ha più consapevolezza della necessità di dover essere all’altezza di un compito molto delicato. La crescita fetale, diventa più rapida, cominciano i monitoraggi per valutare il benessere fetale. Nelle ultime settimane si consiglia di riposare, recuperare energie, prendersi cura di sé e della coppia. Durante il corso si discute di quando recarsi in ospedale, dei vari tipi di parto, di come gestire il dolore durante le contrazioni, in presenza del proprio partner o di una persona di fiducia.

Si evidenzia come non ci sia un modo giusto o sbagliato per affrontare il dolore, è necessario abbandonarsi all’evento. Si parla di parto-analgesia e spesso si apre un dibattito molto interessante sul ruolo del partner in sala parto. Gli uomini raccontano i loro vissuti emozionali, dimostrando grande partecipazione all’evento nascita, anche quando inizialmente avevano dichiarato difficoltà, senso di smarrimento. Discutendo del travaglio, si evidenzia come nel passaggio nel canale del parto, il cranio del feto non subisce lesioni. Tutto ciò è dimostrato da Eeg sperimentali, che non evidenziano nessuna modificazione del tracciato, nonostante la fortissima pressione esercitata dai muscoli addominali materni sulla testa del feto, evento plausibile perché il cervello non è attivo, il feto è solo una realtà biologica. Infatti, durante il travaglio, c’è una reazione biologica di resistenza e opposizione alla pressione esercitata sul cranio, il feto si prepara a reagire con tutto il corpo all’evento nascita. Ormai non è più possibile tornare nella situazione precedente, il feto viene espulso, grazie alla rottura irreversibile del lungo equilibrio omeostatico che ha caratterizzato tutta la gravidanza. Il feto sparisce e nasce il bambino.

La dinamica della nascita, fondamento della Teoria del professor Massimo Fagioli, è uguale per tutti gli esseri umani, senza distinzione di genere e di nazionalità. È una dinamica biologica della natura. La nascita dell’essere umano non inizia con il vagito, come comunemente si pensa, ma il bambino è già nato nei 20 sec. precedenti, quando la luce attiva la sostanza cerebrale e la reazione è la simultanea emergenza dal corpo della Pulsione e della Vitalità, realtà non materiali. Il neonato, diversamente dagli animali, capaci di allontanarsi fisicamente dall’aggressore, deve necessariamente annullare il mondo naturale, troppo violento per un neonato inetto, incapace di difendersi dai numerosi stimoli aggressivi della natura.

Nei venti secondi, prima del vagito, il bambino appare silenzioso, ipotonico, pallido, bradicardico, senza riflessi, per la pulsione di annullamento che elimina insieme al mondo esterno, anche la forza dei muscoli striati ed abbassa il ritmo cardiaco. Ma simultaneamente la vitalità si oppone alla violenza della pulsione di annullamento e compare la creazione e l’esistenza del nuovo nato, inizia il tempo della vita ed emerge la capacità d’immaginare. Il corpo prende forza, inizia il movimento, che non è più il movimento nello spazio, quello del feto, che era solo realtà biologica, ora è movimento nel tempo, perché è comparsa la realtà non materiale. Emerge il vagito dal corpo e compare la memoria di quella esperienza somato-sensoriale fetale, che è sensibilità di tutto il corpo, prima immagine mentale. C’è la certezza di un’umanità che deve corrispondere a questa sensibilità, il vero motivo per il quale il bambino cerca il seno. C’è una certezza di sapere di esistere che è fragile e andrà confermata durante tutto il primo anno di vita, la vitalità fisiologicamente carente della nascita si accrescerà nel rapporto con i genitori e con tutti gli esseri umani che si prenderanno cura del bambino, se ci sarà una corrispondenza di sensibilità, che fa il rapporto interumano. Sarà la ricerca di tutta la vita.

Ricerca di una umanità che non deve essere mai perduta per rimanere affettivi e esseri sociali anche in età adulta. Molte sono le domande sull’allattamento nei primi giorni di vita, soprattutto quando si rientra a casa e si deve gestire il bambino in autonomia, fuori dall’ambiente ospedaliero. Il neopapà ha un compito molto importante in questo periodo, deve supportare la propria compagna nell’allattamento che per alcune può risultare difficoltoso e in ogni caso stancante, soprattutto per la perdita del sonno. Le quotidianità domestiche dovrebbero essere gestite per lo più dal partner o da un aiuto familiare. Inutile dire che il latte di scelta è sicuramente il latte materno, per le sue qualità organolettiche specie-specifiche. Nei primi giorni di vita bisogna favorire l’allattamento al seno, senza però estremizzare quella che deve comunque rimanere una scelta della donna e del medico curante. Faremo dei cenni storici riguardo l’allattamento, partendo dagli anni 80, quando in epoca post-68, la maggior parte delle donne usava per lo più il latte di formula. Quando più raramente si allattava al seno, si sospendeva all’incirca verso i 3-4 mesi di vita del bambino.

Le motivazioni erano culturali, le donne si emancipavano e pur non trascurando i propri figli, sentivano la necessità di tornare più velocemente alla vita precedente il parto. Poi arriveremo agli anni 90, con l’ospedale amico del bambino che ha determinato una particolare idealizzazione dell’allattamento al seno, sconfinando in regole molto rigide fin dai primissimi giorni di vita. C’è l’errata convinzione che l’affettività passi solo attraverso questo tipo di allattamento, che deve essere esclusivo almeno fino a 6 mesi di vita e poi dovrebbe continuare alternandosi con cibi solidi anche oltre i 2-3 anni. Si attribuiscono così al seno qualità psichiche che dovrebbero essere della madre, come persona. Il bambino viene attaccato a richiesta e si finisce di rispondere sempre e soltanto con il seno, senza mai approfondire che cosa ci vuole comunicare con il suo linguaggio non verbale. Si fa passare un messaggio scorretto: ogni fastidio, tensione, difficoltà di rapporto può essere superato, consolandosi attraverso il canale alimentare.

Sappiamo invece, che il bambino mentre ciuccia fa un vissuto corporeo di percezione che non è solo gustativa, ma è anche tattile, olfattiva, uditiva e in parte anche di immagini di luce e ombre, essendo la vista nei primi mesi immatura. Tutte queste percezioni, legandosi agli affetti, di amore, calma, benessere ma anche di malessere, rabbia, angoscia, determineranno delle sensazioni. Poi, quando la poppata finisce, separandosi dal vissuto corporeo, se la poppata è stata soddisfacente, le percezioni-sensazioni spariscono, trasformandosi in memorie, ovvero pensieri per immagini, accrescendo ulteriormente la vitalità. Se ne deduce che una poppata fisiologica non si basa su un rapporto d’introiezione e proiezione che passa per il canale alimentare, ma sulla formazione di memorie-immagini che nulla hanno a che fare con la bocca. La dinamica introiettiva-proiettiva è una dinamica patologica che si verifica quando il bambino viene deluso nella relazione e la separazione determina l’annullamento del vissuto corporeo e mancata trasformazione.

Quindi proporre il seno mentre si parla con un’amica, si sta al telefono o si fa la spesa, non è relazione, non è affetto, il bambino viene deluso. Il seno non è creativo, il bambino chiede a chi allatta, di essere corrisposto nella sua sensibilità e invece troppo spesso lo si ignora e si consolida una dinamica bramosa del seno che con la proiezione, accresce solo la cultura dell’identificazione, dell’essere come l’altro. Il bambino non è libero di formare immagini che saranno preziose memorie della sua realtà non cosciente. Le immagini, poi in pubertà saranno “messe al fuori di sé”, alienate in un’altra immagine uguale e diversa per rivivere la bellezza del primo anno di vita.

Altro argomento del corso è lo svezzamento nel suo aspetto alimentare e relazionale. Per comprendere quanto sia importante non scindere il corpo dalla realtà non materiale del pensiero per immagini è necessario anche cambiare l’idea di pediatra e pretendere che questa figura professionale non sia solo il medico del corpo, altrimenti non sarà mai possibile comprendere la vera realtà del bambino. Al di là delle malattie strettamente organiche, in pediatria è necessario valutare numerose dinamiche dove il corpo e la mente sono inseparabili. Se, in parte, possiamo curare una broncopolmonite senza necessariamente prendere in considerazione l’aspetto degli affetti del bambino, stessa cosa non si può fare quando parliamo di svezzamento.

Ogni svezzamento va valutato singolarmente considerando la dinamica di rapporto madre-bambino. Non esistono regole rigide, va valutata la crescita ponderale in relazione alla dinamica di rapporto. Quel che è certo è che per lo più verso la fine del primo anno di vita, il bambino non ha più necessità di essere allattato al seno. Fisiologicamente, a questa età, la quantità di latte materno è generalmente talmente scarsa che deve essere sostituita da altri alimenti. Dal punto di vista relazionale si può e si deve concludere quel lungo e prezioso periodo in cui la certezza di sapere di esistere della nascita uguale per tutti, diventa identità unica e originale, conoscendosi allo specchio. La madre ora, deve favorire questa separazione, permettendo quell’autonomia che nel secondo anno di vita fa conoscere il mondo. Tema che affronteremo più dettagliatamente nel secondo Modulo insieme al linguaggio articolato, alla motricità, al gioco e alla cura di un ambiente in cui la crescita avvenga per continue separazioni.

Il corso gratuito Benvenuti al mondo primo modulo inizia il 18 ottobre 2025. Gli incontri si tengono in via Roma Libera, 23, a Roma

L’autrice: Silva Stella è Pediatra e Psicologa Clinica già responsabile Uos medicina preventiva età evolutiva – Consultorio familiare ASLRMH6 Velletri-Roma ed è referente Progetto Benvenuti al mondo Laboratorio Psichiatria-Psicoterapia Fondazione Massimo Fagioli

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