La Meloni sarà certamente molto preoccupata per l'”infiltrazione” di giudici comunisti perfino dentro la Corte Costituzionale… La Consulta infatti, ha deciso (aspettiamo, ovviamente, di leggere tra venti giorni la sentenza, ma abbiamo letto uno stralcio emanato ufficialmente dalla stessa Corte) che, pur restando formalmente in vigore la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, sono incostituzionali sue parti essenziali senza le quali non può operare. Il costituzionalista Michele Ainis ha scritto: «la legge Calderoli è, ora, uno Zombie». Il Parlamento dovrà riconsiderare il tutto. Non sarà facile, probabilmente, ora trovare l’accordo mercantile che era stato stilato tra la Lega (a noi la secessione), Forza Italia (a noi la separazione delle carriere , colpendo l’autonomia del potere giudiziario) e, soprattutto, la Meloni (riforma costituzionale sull’elezione diretta, plebiscitaria, del presidente del Consiglio).
Senza enfasi alcuna, possiamo dire che le critiche che avevamo mosso da anni, come Left, insieme ai Comitati contro ogni autonomia differenziata, insieme alla Via Maestra, a partiti democratici, sono state ritenute giuste dalla Corte, dopo una analisi attenta e giuridicamente profonda, analizzando i ricorsi proposti dalle Regioni. Su due punti in particolare, fondamentali. L’ autonomia, ha spiegato la Corte, va, ovviamente, interpretata alla luce del complessivo impianto costituzionale, che detta principii che non possono essere violati, come l’unità della Repubblica (articolo 5 della Costituzione: Repubblica «una e indivisibile»), l’eguaglianza di tutte le cittadine e cittadini sull’intero territorio nazionale (non lo “ius domicilii”, la diseguaglianza secessionista prevista dalla legge Calderoli), lo Stato sociale (a partire da scuola laica repubblicana, dalla salute, dal lavoro).
Inoltre, aggiunge la Corte, il Parlamento non può essere scavalcato con un decreto, che è emanato da un organo che ha una legittimazione di secondo grado. Mentre la legge Calderoli permette che vengano assunte decisioni fondamentali attraverso deleghe generiche al governo o addirittura atti amministrativi emanati da fonti secondarie che svuotano completamente il ruolo primario del Parlamento. Nel rapporto tra Stato e Regioni, tra centro e periferia non sono possibili trasferimenti in blocco, sino ad arrivare alle venti tre materie fondative dello Stato di diritto, che scardinerebbero l’equilibrio solidale, ma solo trasferimenti di funzioni singole, motivate, mirate.
Lo smantellamento della filosofia (per così dire ) della legge Calderoli è netta; non comprendo come il presidente leghista del Veneto, Zaia, faccia finta che nulla sia avvenuto. Trascrivo, per chiarezza: «La Corte… ha ravvisato incostituzionale.. la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione trasferisca materie o ambiti di materie, laddove invece la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà». Il che significa che va dimostrato, funzione per funzione, che solo a livello locale può essere svolta meglio una funzione (sempre singola, mai presa in blocco).
Calderoli, quindi, deve interrompere tutte le preintese con le Regioni che, clandestinamente, stava portando avanti. E, comunque, non potrà più attuare la secessione su materie decisive come la sanità, la scuola, l’ambiente, le infrastrutture, la protezione civile, il lavoro, i rapporti con l’estero, ecc. Ho segnalato solo alcuni temi. La Corte va oltre nel dichiarare l’incostituzionalità di intere travi della fantasiosa architettura della legge Calderoli, specificando che la distinzione tra materie lep e materie non lep non può pregiudicare la garanzia dei diritti civili e sociali, che la clausola di invarianza deve collocarsi un un quadro di valutazione complessiva della finanza pubblica, e dunque vanno definiti i fabbisogni per i livelli essenziali di prestazioni e su questa base decidere le poste finanziarie.
In definitiva, una sentenza importante che richiama il governo al rispetto della Costituzione. Spetterà ora al Parlamento il compito, irrinunciabile, di intervenire per colmare i vuoti che si sono creati con la dichiarazione di incostituzionalità di parti decisive della Calderoli. I Comitati No Ad, attivi in tutte le Regioni, partendo con passione e convinzione ancora maggiore, perché vedono riconosciute le ragioni della proprie critiche alla legge, rilanciano il referendum di abrogazione totale. Siamo convinti che la legge Calderoli viola gli articoli 2, 3, 5 della Costituzione perché frantuma l’unità e indivisibilità della Repubblica, lede il principio di solidarietà e eguaglianza dei cittadini. Per questo i Comitati, come hanno già scritto, «son certi che, anche qualora il Parlamento intervenisse per sanare le illegittimità costituzionali come richiede la Consulta, il referendum di abrogazione totale sarà ammesso e la legge Calderoli, attraverso il voto referendario, sarà cancellata».
L’autore: Giovanni Russo Spena è giurista, politico e costituzionalista