Home Blog Pagina 1031

La Siria muore

ALEPPO, SYRIA - SEPTEMBER 05: Civil defense members and citizens carry out search and rescue operation over the wreckage of collapsed buildings after Syrian army war planes staged air strikes with vacuum bombs in opposition controlled Suqari neighborhood of Aleppo, Syria on September 05, 2016. Several casualties reported after the attack. Ibrahim Ebu Leys / Anadolu Agency

Ahmed, come stai? Ogni volta che glielo chiedo, lo chiedo alla Siria.
È stata la mia prima faccia di guerra arrivata dal mare. Partito da Latakia due anni prima, ti raccontava l’inferno della fuga durato 24 mesi con un broncio fiero, una rocciosa dignità di siriano palestinese. A Lampedusa era sbarcato con uno smartphone, una busta di plastica, un cappellino e un paio di centinaia di dollari in tasca, ma non potevi offrirgli nemmeno una coca cola se non ne accettavi prima tre da lui. Arabian way. Anche i suoi nonni, palestinesi, molti anni prima, erano scappati da una guerra e si erano rifugiati nel Paese di Assad. «Andrò in Norvegia, diventerò un europeo. Con quel passaporto potrò andare ad Haifa, la città dei miei avi, potrò visitare la Palestina. Adesso è territorio di Israele e non mi fanno entrare». Dei tanti siriani che hanno intrecciato i loro giorni a quelli di chi li incontrava mentre sbarcavano, marciavano, sognavano una meta finale mentre la meta si spostava a orizzonti sdoppiati da muri e cavalli di Frisia, Ahmed più che legare un filo, ha fatto un nodo. Un groviglio che nessuno di noi due prova a sciogliere più. Da quel 2013 di naufragi, quando arrivò appena dopo i morti del 3 ottobre, non ha mai smesso di inviare link, ultime notizie, parole che arrivavano da social, forum, chat per parlarti day by day della Siria. Immagini di chi era rimasto a combattere per un’idea di libertà, una parola leggera come le palline da ping pong che usava, una parola che lui sentiva di aver abbandonato scappando.
Siria come stai? «Sono stanco». Immagino la sua espressione durante le lezioni di norvegese. Poi immagino quella che gli appare sulla faccia quando parla della sua famiglia sparsa tra il Medio Oriente, l’Europa e la soglia della morte, quando ogni giorno deve chiamare qualcuno, per capire se è vivo, se è morto, se è tutt’e due. Immagino perché se è difficile capire che vuol dire perdere una patria, figurarsi perderne due, come è successo a lui. Rimpiangeva di non aver visto ancora la sua prima, la Palestina, ora teme di non vedere mai più nemmeno la seconda.
Siria, come stai? Immagino quante volte ci pensa nel ristorante scandinavo dove gli permettono di lavorare solo un giorno a settimana.
Siria. Aleppo: chi vince la città, vince la guerra?

Continua suLeft in edicola dall’ 8 ottobre

 

SOMMARIO ACQUISTA

La Colombia alla prova della pace interrotta

Cartagena, Colombia, manifestazione per il Si al processo di pace
People hold up letters that form the word "Peace" in Spanish during a gathering at Bolivar square in Bogota, Colombia, Monday, Sept. 26, 2016. Colombia's government and the Revolutionary Armed Forces of Colombia signed a peace agreement to end over 50 years of conflict, in Cartagena. (AP Photo/ Jennifer Alarcon)

Bogotà – «L’accordo di pace è un miracolo se pensiamo ai tanti sfollati, feriti, sequestrati, desaparecidos, perché mette un punto a una guerra di 52 anni, ossia la più vecchia del mondo», dice piena di gioia Margarita Martinez prima di recarsi alla decima conferenza nazionale delle Farc. La regista colombiana sta realizzando un documentario sul processo di pace dell’Avana, con all’attivo almeno trecento ore di girato. Prima di arrivare a quello che dovrebbe essere l’ultimo incontro delle Farc, aveva aggiunto: «Gli ultimi sondaggi ci dicono che il Sì vincerà con il 25% di voti in più del No. Per adesso. Perché in politica tutto può succedere». E infatti è andato diversamente il voto del plebiscito del 2 ottobre voluto dal presidente colombiano Santos per dare legittimità popolare alla firma dell’accordo di pace avvenuta a Cartagena il 26 settembre davanti a 2.500 invitati internazionali.

A pochi giorni dal plebiscito il dramma di un Paese in guerra perpetua riemerge in tutta la sua complessa realtà, come si percepisce chiaramente anche nella capitale colombiana. Appiccicati alle finestre di alcune case di Bogotà, i simboli del Sì cercano di convincere una città caotica e indifferente dell’importanza del voto. Nessuno può ignorare la scarsa mobilitazione popolare degli attivisti per la pace e la quasi assenza di supporter del No. O l’apatia della quasi totalità dei partiti dell’arco parlamentare, ufficialmente sostenitori del Sì. Girando per la capitale viene da chiedersi se veramente siamo in presenza di un voto storico oppure se è tutto frutto di una trovata mediatica. Alla radio, in televisione e su internet le campagne del No e del Sì si battono a colpi di banali spot demagogici, ma per le piazze e per le strade tutto scorre come sempre. Forse perché la data del voto è stata decisa con un solo mese di anticipo, forse perché si riteneva che il risultato fosse scontato, come annunciavano tutti i sondaggi. Fatto sta che a Bogotà si sono contate pochissime iniziative e manifestazioni per il referendum di ratifica popolare degli accordi di pace.

Il reportage dalla Colombia continua su Left in edicola dall’ 8 ottobre

 

SOMMARIO ACQUISTA

Mosul, Aleppo, Santiago de Cuba e Hanoi: le foto della settimana

( Ansa Epa / SIRIA PROTEZIONE CIVILE)

1 Ottobre, 2016. Gli abitanti del Kashmir musulmano gridano slogan a sostegno del Pakistan durante il corteo funebre di Muzaffar Ahmed Pandit nel villaggio di check-e-Kawoosa, a circa 20 chilometri a ovest di Srinagar, nel Kashmir indiano. (AP Photo / Dar Yasin)
1 Ottobre, 2016. Kashmiri gridano slogan a sostegno del Pakistan durante il corteo funebre di Muzaffar Ahmed Pandit nel villaggio di check-e-Kawoosa. (AP Photo / Dar Yasin)

2 Ottobre, 2016. Un operaio smantella un semaforo prima dell'arrivo dell'uragano Mathew a Santiago. (AP Photo / Ramon Espinosa)
2 Ottobre, 2016. Un operaio smantella un semaforo prima dell’arrivo dell’uragano Matthew a Santiago de Cuba. (AP Photo / Ramon Espinosa)

2 ottobre, 2016. Tarragona, Spagna. I membri del "Castellers de Villafranca" cercano di completare la loro torre umana durante il 26 ° “Concorso di torre umana”. La tradizione di costruzione di torri umane, o Castells, risale al 18 ° secolo e si svolge durante il festival in Catalogna, dove Colles (squadre) competono per costruire le torri più alte e più complicate. La struttura dei castells varia a seconda della loro complessità. Un Castell è considerato completamente riuscito quando viene caricato e scaricato senza cadere a pezzi. Il Castell più alto nella storia era una struttura di 10 piani con 3 persone in ogni piano. Nel 2010 i Castells sono stati dichiarati dall'UNESCO uno dei patrimoni orali e immateriali dell'umanità. (AP Press/ Emilio Morenatti)
Tarragona, Spagna. I membri del “Castellers de Villafranca” cercano di completare la loro torre umana durante il 26 ° “Concorso di torre umana”. LNel 2010 i Castells sono stati dichiarati dall’UNESCO uno dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità. (AP Press/ Emilio Morenatti)

2 Ottobre, 2016. Bambine cercano materiale riutilizzabile nella discarica alla periferia di Gauhati, India. (AP Press / Anupam Nath)
Bambine cercano materiale riutilizzabile nella discarica alla periferia di Gauhati, India. (AP Press / Anupam Nath)

3 Ottobre 2016. Hanoi, Vietnam. Centinaia di chili di pesci morti sono stati trovati lungo la riva del lago occidentale nel corso degli ultimi giorni. Pescatori e ambientalisti avevano recentemente protestato e fatto causa contro le fabbriche sospettate di scaricare sostanze inquinanti nelle acque. (Epa Ansa / LUONG THAI LINH)
3 Ottobre 2016. Hanoi, Vietnam. Centinaia di chili di pesci morti sono stati trovati lungo la riva del lago occidentale. Pescatori e ambientalisti avevano recentemente protestato e fatto causa contro le fabbriche sospettate di scaricare sostanze inquinanti nelle acque. (Epa Ansa / LUONG THAI LINH)

3 ottobre, 2016. Pallanwal, circa 65 chilometri da Jammu, India. Donne del villaggio indiano vicino la linea di controllo che divide il Kashmir tra India e Pakistan, raccolgono foraggio per il bestiame. (AP Photo / Channi Anand)
Pallanwal, circa 65 chilometri da Jammu, India. Donne del villaggio indiano vicino la linea di controllo che divide il Kashmir tra India e Pakistan, raccolgono foraggio per il bestiame. (AP Photo / Channi Anand)

30 settembre 2016. La facciata di vetro della sede della Deutsche Bank a Francoforte, Germania, le cui azioni sono crollate all’apertura del mercato azionario di oltre il sei per cento. (Ansa Epa / ARNE DEDERT)
La facciata di vetro della sede della Deutsche Bank a Francoforte, Germania, le cui azioni sono crollate all’apertura del mercato azionario di oltre il sei per cento. (Ansa Epa / ARNE DEDERT)

3 Ottobre 2016. Londra, Gran Bretagna. Un momento della processione dei giudici al palazzo del Parlamento durante l’inizio dell’anno legale inglese. (Ansa Epa / ANDY RAIN)
3 Ottobre 2016. Londra, Gran Bretagna. Un momento della processione dei giudici al palazzo del Parlamento durante l’inizio dell’anno legale. (Ansa Epa / ANDY RAIN)

3 Ottobre 2016. Un momento delle operazioni di soccorso a 720 migranti al largo della Libia, a Nord Ovest di Tripoli, dalla Aquarius, nave di Sos Mediterranee che opera in partenariato con Msf. (Ufficio Stampa)
Un momento delle operazioni di soccorso a 720 migranti al largo della Libia, a Nord Ovest di Tripoli, dalla Aquarius, nave di Sos Mediterranee che opera in partenariato con Msf. (Ufficio Stampa)

4 Ottobre, 2016. Parigi, Francia. Guardie repubblicane francesi durante l’incontro tra il presidente delle Comore Azali Assoumani e il presidente francese Francois Hollande al Palazzo dell'Eliseo. (AP Photo / Christophe Ena)
Parigi, Francia. Guardie repubblicane francesi durante l’incontro tra il presidente delle Comore Azali Assoumani e Francois Hollande. (AP Photo / Christophe Ena)

4 Ottobre, 2016. Militanti dall'esercito iracheno hanno respinto un attacco dai militanti dello Stato islamico, fuori dalla città di Qayyarah, diventata un importante banco di prova per gli sforzi militari e umanitari prima dell'operazione di Mosul. (AP Press/ Bram Janssen)
4 Ottobre, 2016. L’esercito iracheno hanno respinto un attacco dai militanti dello Stato islamico, fuori dalla città di Qayyarah, diventata un importante banco di prova per gli sforzi militari e umanitari prima dell’operazione di Mosul. (AP Press/ Bram Janssen)

5 Ottobre, 2016. Un uomo d'affari attraversa una strada nel quartiere finanziario di Francoforte, Germania. (AP Photo / Michael Probst)
Un uomo d’affari attraversa una strada nel quartiere finanziario di Francoforte, Germania. (AP Photo / Michael Probst)

7 Ottobre 2016. Putrajaya, Malesia. La guardia d'onore malese durante la cerimonia di benvenuto al presidente iraniano Hassan Rouhani in visita ufficiale. ( Ansa Epa / FAZRY ISMAIL)
7 Ottobre 2016. Putrajaya, Malesia. La guardia d’onore malese durante la cerimonia di benvenuto al presidente iraniano Hassan Rouhani in visita ufficiale. ( Ansa Epa / FAZRY ISMAIL)

Un immagine non datata messa a disposizione dall'organizzazione di volontariato Syria Civil Defence il 7 ottobre, 2016 mostra i volontari che trasportano una donna. Syria Civil Defence è un gruppo di volontari, noto anche come Caschi Bianchi, che si compone di oltre tremila volontari locali sparsi in aree di conflitto Siriane. Negli ultimi tre anni, hanno salvato oltre 62.000 siriani, 145 volontari sono morti durante attacchi aerei e altri 430 sono rimasti feriti. EPA / SIRIA PROTEZIONE CIVILE
Aleppo, un’immagine non datata messa a disposizione dall’organizzazione di volontariato Syria Civil Defence il 7 ottobre, 2016 mostra i volontari che trasportano una donna. (Ansa Epa / SIRIA PROTEZIONE CIVILE)

Gallery a cura di Monica Di Brigida

Perché chiamiamo olocausto quello che accade in Siria

Sofia aveva tre mesi quando mia madre è andata contro l’unico albero dell’unico rettilineo di tutta la Valdorcia. Quando mi hanno fatto entrare in rianimazione per la prima volta ho tirato dritto fino al suo letto, quasi avessi dei paraocchi. Non volevo vedere la morte. I letti erano vicini. Uno dopo l’altro, delle tende a dividerli. Aperte. Il letto a fianco mi era sembrato vuoto. Potevo guardare. Nessun piede ad avvertirmi dello spazio occupato dalla quasi morte.

Invece era occupato. Solo che era piccolo e la porzione di spazio occupato era infinitamente piccola. Non aveva due anni. Le dimensioni di un cuscino. Si chiamava Giovanni. Mia madre si chiama Giovanna. Ho pensato rapidamente, dopo aver perso il respiro e il latte, se ci fosse un conto possibile, una bilancia dove mettere dei pesi e dei medici che avessero il potere di pareggiare quei pesi, lasciate pure andare mia madre, tenete Giovanni vi prego. Tenetelo qui. Tenetelo a vivere la sua vita. Vi prego ancora.

Martedì mentre sceglievamo le immagini per illustrare questa storia di copertina dedicata alla Siria, dopo averne discusso a lungo in redazione, c’erano centinaia di Giovanni e io ho pensato a Giovanni. E a quel conto che non è mai tornato. Giovanni è morto in quei giorni. Nelle foto c’erano sguardi e sangue. C’erano morti. C’erano ospedali. C’erano corpi afflosciati, bianchi. Senza neanche più  sangue. Non vi dico nulla di nuovo. Nulla che non abbiamo visto centinaia e migliaia di volte.

Perché allora occuparci di Siria questa settimana? Perché titolare Olocausto Siria? E perché, per la prima volta nella storia di questo Left, mettere una bambina con la testa fasciata e il corpo coperto di sangue a ricordarci il conflitto?

Perché la Siria non c’è più. C’è un popolo che muore, in 470mila fino ad oggi, e che fugge, sono 4.800.000 i rifugiati e 6.600.000 gli sfollati. Che muore e che fugge da più di cinque anni. Mentre l’Europa guarda e si preoccupa di chi fugge e non di chi muore, l’America si preoccupa della Russia e la Russia si preoccupa dell’America. L’avete letto tante volte? Non so. È importante ogni volta.

“Ciao Siria come stai?” si chiede Misha Iaccarino. Esiste un appello di pace credibile? C’è un Europa all’altezza? O forse è tempo di gonfiare il petto contro Putin? scrive Martino Mazzonis. Mentre non esiste più uno Stato e Aleppo viene fatta prigioniera, ci raccontano Umberto De Giovannangeli e Marco di Branco.

La parola “Olocausto” viene dal greco holòkaustos, “bruciato interamente”), un popolo bruciato interamente. Questo ci hanno detto le foto che guardavamo. Una violenza e una distruzione che parla di altre distruzioni. Si era detto “mai più”, come scrive Iaccarino, e invece siamo qui. Da cinque anni. «Ogni volta che si ignora una sofferenza si commette una violenza», dice Gino Strada. In questo caso non si ignora, si commette violenza ogni giorno da cinque anni. Olocausto. Dunque. Olocausto Siria. Perché la Siria è “bruciata interamente”. Una bambina insanguinata a guardarci, perché quel conto continua a non tornare. E a non tornare.

Continua suLeft in edicola dall’ 8 ottobre

 

SOMMARIO ACQUISTA

La lingua viva dell’arte. Nel racconto di Flavio Caroli

«Quando ho cominciato la mia vita di critico quarant’ anni fa al Corsera, facevo la pagina dell’arte, di critica e discussione, allora era importantissima. Poi sono andato al Sole 24 Ore che mi consentiva di fare articoli più lunghi, di raccontare la storia dell’arte.  Da lì è nata l’ispirazione del mio primo libro. Ma oggi vedo che le cose sono cambiate, i giornali hanno ridotto lo spazio per la critica e la storia dell’arte», racconta Flavio Caroli che l’8 ottobre presenta Con gli occhi dei maestri (Mondadori) alle Conversazioni in San Francesco, a Lucca, mentre il 25 ottobre esce per Electa il suo Museo dei Capricci, che raccoglie in un museo immaginario di 200 capolavori. Nei maggiori quotidiani italiani la Terza Pagina, in effetti, è sempre più ridotta, mentre gli inserti dedicati alle grandi mostre sono perlopiù prodotti parapubblicitari pagati dagli organizzatori e scritti dagli stessi curatori. Ma la storia dell’arte è sempre meno presente anche nella scuola, dopo la Riforma Gelmini, purtroppo, più della metà degli studenti italiani non fa più lezione di storia dell’arte.

Eppure professor Caroli l’interesse ci sarebbe. Anche a livello diffuso. I suoi interventi  in tv nel programma di Fabio Fazio fanno tre milioni di spettatori.

Addirittura in quei dieci  minuti Che tempo che fa registra un milione di spettatori in più. Il che è abbastanza incredibile. L’interesse senza dubbio c’è. Perché la stampa cartacea non lo registra? Temo siano presi dal panico, della perdita dei lettori, e tendano ad andare verso logiche di consumo, poche notizie sulle mostre, poche idee.

È un paradosso che il Belpaese abbia cancellato l’insegnamento della storia dell’arte in molte scuole?

Eccome, se lo è ! Penso derivi da una sottovalutazione dell’arte, dalla paura di ciò che non si conosce bene. Un ministro diceva “con la cultura non si mangia”, tradotto diventa “con l’arte non si mangia”. Invece poi con l’arte ci si abbuffa, perché l’arte convoglia grossi affari e turismo. Dietro questa chiusura credo ci sia un po’ di spavento  ma anche una certa ottusità.

Nel libro Con gli occhi dei maestri lei invita a rileggere Longhi, Argan, Arcangeli e altri  grandi storici dell’arte del secolo scorso. Hanno ancora molto da insegnarci?

Moltissimo. Tutti mi sconsigliavano, che fai? Scrivi un meta libro? Ma era giusto raccontare chi ci ha trasmesso l’arte come la conosciamo. I quindicimila interventi in media che questo libro registra ogni giorno in rete, sembrano darmi ragione.

Roberto Longhi diceva che la storia dell’arte è una lingua viva…

L’arte è vita, basta raccontare la vita, la vita raccontata dall’arte e si è al cuore della questione, si arriva alla gente. Nel modo più semplice possibile. Chi complica, chi teorizza fa diventare l’arte lingua morta. Anche se lo fa in modo inconsapevole.

Senza Longhi forse non ci sarebbe Caravaggio oggi?

Può anche togliere il forse. Nella presentazione in forma di spettacolo del libro Con gli occhi dei maestri esordisco proprio parlando di Longhi che nel 1912 appena ventiduenne scrive due capolavori, il primo è Caravaggio. Ha fatto sì che i suoi quadri fossero tirati fuori dalle cantine; ha creato il mito per eccellenza dei nostri tempi. In quegli stessi mesi ha scritto un saggio bellissimo su Boccioni. Il futurismo era appena cominciato. Boccioni dice che nel futurismo ci hanno capito poco tutti, meno uno. Poi sarebbero venuti saggi come L’officina ferrarese, I fatti di Masolino e di Masaccio…

Arcangeli le insegnò l’importanza del nesso stretto fra arte e vita?

Lui è stato proprio il mio maestro, sono andato all’università per fare storia dell’arte a Bologna. Presi una tesi sulle lettere di Van Gogh. Ma io volevo parlare di dipinti, di immagini. E poi arrivò Arcangeli, persone così sono miniere di umanità e di sapere e io a quel punto capii come l’immagine e la vita degli artisti era come la vita di un amico. Cose che si capiscono in modo indiretto, da aggettivi, buttati lì per caso.

Ognuno di loro ci ha aperto una strada di ricerca. Briganti era un grande seduttore, lei scrive. Ci ha fatto amare anche il manierismo?

E soprattutto il Barocco. L’ultimo incontro che ho avuto con lui è stato a Kassel: si interessava di arte contemporanea. Erano studiosi che sapevano collegare, con aperture mentali straordinarie.

Lei è stato molto vicino anche a Gombrich?

Siamo diventati amici a Londra, era il 25 luglio del 1975. Il mondo anglo mitteleuropeo viveva al Warburg Institute; lì trovai un altro modo di affrontare le cose che mi affascinava molto, come organizzazione di pensiero, come capacità dell’arte non dico di trovare, ma di cercare un senso alle storie degli uomini. Mi sento più vicino a lui che ai cascami della scuola italiana.

Le immagini contengono un pensiero ma i filosofi lo hanno a lungo negato?

Le immagini sono pensiero. La prima volta che parlai con Longhi mi disse: ragiona sempre in termini di pensiero in figura, mi si aprì il mondo. Dietro ogni figura c’è un pensiero. Fosse anche una linea o un taglio su una tela. Longhi lo pensava ma poi il suo insegnamento è stato tradotto in un grottesco gioco di attribuzioni, che diventa sterile se dietro non c’è un pensiero.

Continua suLeft in edicola dall’ 8 ottobre

 

SOMMARIO ACQUISTA

L’e-book gratuito che sfata le false credenze sulla pillola

«Ho preso la pillola con la Coca Cola, ci sono controindicazioni?». «Ho masticato la pillola, si è sciolta in bocca, funziona lo stesso?». Fra le domande che giovani e giovanissimi hanno rivolto ai ginecologi e raccolte dall’Associazione nazionale medici della contraccezione in un e-book ci sono molte domande di questo tipo, insieme a tante altre che non ti aspetteresti da minorenni e non, scafatissimi e tecnologici. Del tipo: «Ho fatto petting spinto con il mio ragazzo, senza penetrazione, rischio di rimanere incinta?». Ma anche: «Il mio ragazzo ha infilato le dita, ho perso la verginità?». E ancora: «Ho iniziato a prendere la pillola sabato scorso, primo giorno del ciclo, e ho avuto il primo rapporto ieri (venerdì), la ginecologa mi disse di stare tranquilla che sarei stata coperta da subito. E anche a Natale ho assunto regolarmente la pillola, ma oggi ho avuto qualche perdita, mi devo preoccupare?». Risposta del medico: «Se ha assunto sempre regolarmente la pillola, non vi è ragione di avere delle preoccupazioni, nemmeno il giorno di Natale»… Oppure: «Dopo un tentato rapporto non riuscito c’è stata una piccola perdita di sangue. In seguito ad una visita mi è stato detto che si era lacerato in parte l’imene, ma mi è stata fatta una visita da vergine. Significa che lo sono ancora?».

Questi sono solo alcuni esempi delle molte domande e risposte contenute nell’indagine presentata dal professor Emilio Arisi, presidente della Società medica italiana per la contraccezione (SMIC), che ha preso in esame ducento mail inviate al sito sito mettiche.it coordinato da Maria Luisa Barbarulo, la quale ha preso parte all’esame del campione. Il monitoraggio è cominciato dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale l’8 maggio 2015 della delibera dell’Aifa che permette di acquistare EllaOne, la cosiddetta pillola del giorno dopo, senza ricetta, almeno per le maggiorenni. «Una rivoluzione copernicana che dà alle donne la piena possibilità di scegliere, responsabilizzandole di fronte alla contraccezione d’emergenza», sottolinea il professor Arisi . E che, al tempo stesso, costringe quei farmacisti che in passato avevano fatto resistenza, a cambiare atteggiamento.

Ma a giudicare dal tenore delle domande rivolte ai ginecologi della Società di contraccezione c’è ancora molto da fare per diffondere una corretta informazione su come evitare una gravidanza indesiderata, come evitare malattie a trasmissione sessuale e sulla varietà di possibilità che oggi offre la contraccezione ormonale. In Italia oggi poco più del 16 per cento delle donne in età fertile sceglie la pillola, mentre quasi il 25 per cento utilizza sistemi poco sicuri per evitare una gravidanza indesiderata. Secondo una ricerca svolta dalla Società italiana di ostetricia e ginecologia (SIGO) il 17,5 per cento ricorre al coito interrotto, il 4,2 per cento si affida ai fallibilissimi metodi naturali. Soprattutto nel Sud Italia, dove la diffusione della pillola è particolarmente bassa e da dove proviene – secondo dati Istat – il maggior numero di ragazze under 19 anni che hanno partorito nel 2014.

Ora certamente non aiuta la scelta italiana di declassare le nuove pillole anticoncezionali che si trovavano in fascia A – e quindi a carico del Servizio Sanitario nazionale – alla fascia C e quindi a carico del cittadino. Un provvedimento giù in vigore dal 27 luglio quando è apparso sulla Gazzetta Ufficiale. La notizia è rimbalzata in rete, raccogliendo molti commenti indignati, quando il ministero della Salute ha lanciato il fertility day, con campagne pubblicitarie decisamente offensive per le donne.

E se il ministero della Salute non svolge nessun compito di informazione, ma anzi lancia campegne degne di uno Stato etico, tanto più importante è dunque il lavoro di informazione che fanno i medici specializzati, anche attraverso la pubblicazione di questa utilissimo E-book informativo (scaricabile gratis su Left)   oppure da qui direttamente dal sito di Mettiche  In modo chiaro e semplice spiega come funziona la contraccezione, permettendo a ciascuna di scegliere quella più adatta alla propria situazione – fra pillola contraccettiva, anello, cerotto, impianto sottocutaneo ecc-, e sgombrando il campo da leggende metropolitane e false credenze. Per esempio? Che la pillola generi stanchezza, che contenga glutine e per questo crei problemi a chi soffre di celiachia ecc. Compresa l’idea che chi assume la pillola debba interromperla almeno per un mese all’anno.

Marino, assolto. Orfini no

Marino assolto esce dal tribunale
Lex sindaco di Roma Ignazio Marino esce dal tribunale penale di Roma, 7 ottobre 2016. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Niente cene scroccate e – soprattutto – niente truffa ai danni dell’Inps nella gestione della sua Onlus, Imagine, fondata nel 2005 per portare aiuti sanitari in Honduras e in Congo. Ignazio Marino è stato assolto dalle due accuse che, a questo punto, nello scontro con il suo stesso partito, rimangono solo il pretesto per la sua cacciata dal Campidoglio.

«Ringrazio i miei avvocati», dice Ignazio Marino, sorridente, che poi però comincia subito a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Siamo a un anno di distanza dal momento in cui mi dimisi sotto le pressioni di una certa politica e sotto pressioni mediatiche», dice rivolto ai giornalisti presenti, «scusatemi ma francamente gravissime, infanganti, offensive». «Un anno fa», continua Marino, «in questa città, che non è una città qualunque, la democrazia è stata lesa, la verità negata e centinaia di migliaia di romani sono stati violentati nella loro scelta democratica». Da chi? Questa volta stabilire la responsabilità è facile: «Sono stati violentati da un piccolo gruppo di classe dirigente che si è rifugiata nello studio di un notaio invece che presentarsi in aula e spiegare perché aveva o non aveva più fiducia nel sindaco».

Dito puntato verso Matteo Orfini, dunque. E Marino per accusarlo usa parole altrui, premettendo pudicamente di non condividerle: «Qualcuno», ha detto ancora, «ha voluto utilizzare parole molto forti in cui non mi ritrovo, qualcuno ha parlato di golpe e ha detto che alla fine del golpe ci si è ritrovati così». Ci si è ritrovati con il commissariamento e poi con Virginia Raggi, «con la città che vive una difficoltà perché per un anno ha perso una guida amministrativa che avrebbero dovuto poter valutare solo i romani».

Ne ha per i giornali, per le televisioni (in particolare per il Tg1), Marino, che incassata l’assoluzione lascia agli elettori più che una domanda, una risposta. Gli scontrini e le accuse sulla Onlus erano solo un pretesto per cacciarlo? Sì, lo sono stati. Per molti poteri disturbati dalla sua giunta, dice il sindaco, che ricorda la discarica chiusa, le fermate della metro aperte, le bancarelle tolte dai Fori. E però lo sono stati soprattutto per la politica. Per il Pd di Matteo Orfini e Matteo Renzi che infatti devono oggi spiegare che il problema non erano né la Panda né gli scontrini, ma che Marino non stesse governando bene. Che anche loro fossero al governo, nella maggioranza e in giunta, non conta.

Pink Floyd, reunion “militante” per Gaza Freedom Flottilla

«Pink Floyd reunites to stand with the Women of the Gaza Freedom Flotilla». Alle 10,15 di ieri – 6 ottobre – dalla pagina facebook (con 29 milioni e mezzo di fan) dei Pink Floyd appare questo annuncio: «David Gilmour, Nick Mason and Roger Waters stand united in support of the Women of the Gaza Freedom Flotilla, and deplore their illegal arrest and detention in international waters by the Israeli Defense Force».

Una reunion, quindi, per sostenere la causa delle donne della Gaza Freedom Flotilla e denunciare «il loro arresto e la loro detenzione illegale avvenuta in acque internazionali da parte delle forze di difesa israeliane». Le Donne della Boat to Gaza arrivano da ogni parte del mondo: un gruppo di loro, il mese scorso, si è imbarcato a Barcellona in direzione Gaza per denunciare le conseguenze drammatiche del blocco navale israeliano della Striscia di Gaza, in vigore dal 2007. Pochi giorni fa, l’imbarcazione delle attiviste – tra le quali è presente il premio Nobel per la Pace Mairead Maguire – è stata intercettata dall’esercito israeliano e presa in custodia. La campagna Women’s Boat to Gaza è promossa dalla Freedom Flotilla Coalition, l’organizzazione filo-palestinese che da anni si batte per porre fine all’assedio di Gaza.

Se la reunion avverrà anche sulle tavole di un palcoscenico, oltre che su facebook, non è dato saperlo. L’ultima volta che i tre sono stati su un palco era il 2 luglio del 2005, in occasione del Live 8 all’Hyde Park di Londra, quando Roger Waters, Davis Gilmour, Nick Mason e – allora Richard Wright – suonarono per 200mila persone. Nel frattempo, la reunion politica ha fatto sold out.

Ma quale spettro gender a scuola? C’è l’educazione sentimentale

I piedi di due fidanzati nel parco di Hannover, 23 maggio 2012. ANSA/JULIAN STRATENSCHULTE

“Io ho parlato di quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria gender”, così ha detto papa Bergoglio a un giornalista di Repubblica qualche giorno fa. Il papa si riferiva allo “spettro” che minaccerebbe, secondo i cattolici più integralisti, le scuole italiane: la famigerata teoria gender. Verrebbe introdotta a scuola “per cambiare la mentalità”, dice il papa, “una colonizzazione ideologica”, conclude, riferendosi a un racconto fattogli dal padre francese di un bambino di dieci anni.

Questa frase ha fatto sollevare la ministra dell’istruzione francese Najag Vallaud-Belkacem, che si è detta «addolorata» per le parole «superficiali e infondate» di papa Francesco sulla teoria dei gender. Anche Bergoglio, afferma la ministra, è stato vittima della disinformazione portata avanti da questi integralisti.
E l’Italia? La ministra Giannini un anno fa proprio rispondendo alle critiche del fronte cattolico integralista aveva escluso che nella scuola italiana fosse previsto con la legge 107 l’insegnamento della teoria gender. Anzi, aveva parlato di “truffa culturale” a proposito delle montature operate dal fronte anti-gender. Il 2015, ricordiamo, era stato segnato dalla decisione del sindaco di centrodestra di Venezia Luigi Brugnaro di togliere dalle scuole dell’infanzia 49 libri che secondo lui sarebbero stati nocivi ai bambini, perché affrontavano temi da “affrontare in famiglia”; tra questi anche capolavori come Il piccolo blu e il piccolo giallo del grande artista Leo Lionni.

In questo scenario, tra le frasi del papa e il fronte integralista cattolico che soffia contro l’educazione sessuale o di genere a scuola, salta agli occhi che è proprio questa, l’educazione sessuale, che manca. La ministra Giannini il 9 settembre in occasione di un incontro pubblico a Milano ha annunciato che a metà ottobre sarebbero arrivate le linee guida che concretizzano il punto della 107 che non va giù ai cattolici integralisti: il comma 16 dell’art.1. Queste poche righe prevedono: “l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”. Inoltre già la legge 119 del 2013 contro le violenza di genere prevedeva per il personale docente “l’aumento delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto della diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere”.

L’Italia è l’unico paese (oltre la Polonia e la Bulgaria) a non aver introdotto l’insegnamento dell’educazione sessuale o affettiva nelle scuole. Ci sono Paesi del Nord Europa che l’hanno fatto già negli anni 60. Eppure una proposta di legge c’è, e sta facendo passi avanti. Ma la ministra Giannini pare che non se ne sia accorta. “Vedremo come saranno le linee guida quando saranno presentate, ma dall’annuncio che ha fatto la ministra mi dispiace che lei abbia specificato che non sarà ‘un’ora di…’”, dice Celeste Costantino, deputata di Sinistra italiana e prima firmataria di una proposta di legge che prevede in tutte le scuole del primo e secondo ciclo un’ora dedicata all’educazione sentimentale. Giannini, in realtà ha detto, come riporta il Corriere della Sera: «Non sarà un insieme di regole e prescrizioni ma un’onesta e utile rassegna di come questi temi debbano entrare nelle classi». Non «un’ora di…».

“Il riferimento alla mia legge è chiara, anche perché è l’unica proposta in campo”, commenta la deputata. Intanto, l’iter è partito, in estate il testo è stato incardinato in commissione Istruzione e Cultura, ci sono state le audizioni che i partiti avevano richiesto: dalle associazioni che già hanno promosso questa attività ai dirigenti scolastici, dalle associazioni Pro life ai sindacati e psicologi. “Abbiamo ascoltato tutti. Adesso si costituirà un comitato ristretto dei rappresentanti delle forze politiche per velocizzare l’iter e per arrivare a un testo base con tutte le proposte che saranno presentate e poi inizierà la presentazione degli emendamenti, il voto e poi l’arrivo in aule”.

Celeste Costantino si dice ottimista, anche “perché si è aperta in commissione una discussione di carattere culturale, il confronto che speravo avvenisse”.
La ministra Giannini in realtà il testo della proposta di legge lo conosce. Perché quando dopo la nomina si è presentata in Commissione Istruzione e cultura, la deputata di Sinistra italiana le aveva chiesto se fosse disposta a introdurre l’educazione sentimentale nelle scuole e la ministra “mi disse di essere assolutamente favorevole, che bisognava fare in modo che diventasse un insegnamento organico strutturale nella scuola e poi assicurò che c’erano i finanziamenti perché fosse estesa a tutti gli istituti senza creare distinzioni di serie A e B, andando al di là dell’autonomia scolastica”, ricorda Costantino. Poi cosa è avvenuto? “Si è impantanato tutto quando nella discussione per le unioni civili è tornato a bomba questo tema del gender, allora lì si è creato un corto circuito”, continua la deputata. Ora però l’iter è ripreso e ci sono buone speranze.

La ministra Giannini nel suo annuncio sulle linee guida per l’educazione sessuale ha anche detto che si rispetterà l’autonomia scolastica, senza imporre nulla. “Ma così è come ritornare al punto di partenza, se non si prevede un piano strutturale. Cosa a cui io credo molto. Per questo motivo sono stata criticata anche da ambienti femministi sulla scelta appunto di aver individuato l’ora”. La proposta di legge considera anche la formazione dei docenti, perché “la scuola deve farsene veramente carico, non può essere una promozione generica dell’educazione sessuale o sentimentale come io preferisco chiamarla”.

E la dichiarazione del papa sulla teoria gender? “Mi ha fatto impressione l’uso della parola cattiveria. Il Papa ha anche il compito di tenere unita una comunità, che è variegata, ci sono anche i cattolici progressisti. Questa parola cattiveria non rientra nel linguaggio che aveva adottato finora per modernizzare il suo mondo, lla Chiesa”.

OneDay, a Roma la mostra sull’Europa che dimentica i migranti

© ALESSANDRO PENSO

Con una serie di eventi e mostre in calendario nei prossimi mesi, Officine Fotografiche Roma celebra i suoi primi quindici anni di attività che ricorrono in ottobre. La stagione autunnale apre quindi con il progetto OneDay di Alessandro Penso, fotografo impegnato da anni sul tema dei migranti in Europa. La mostra, curata da Annalisa D’Angelo è patrocinata da Medici Senza Frontiere.

Alessandro Penso ha documentato, per più di sei anni, le condizioni dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti, rivolgendo un’attenzione particolare ai Paesi di confine dell’Unione Europea. Un percorso lungo di ricerca che ha toccato tematiche e Paesi diversi come Malta, Italia, Grecia, Spagna, Bulgaria e Francia; con lo scopo di mostrare come atteggiamenti di chiusura e di xenofobia vengano coperti e giustificati dalle politiche europee.

Così il fotografo racconta a Left il suo approccio: «Ho provato a scavare dentro al nostro territorio per vedere come queste persone vivevano e il modo in cui i loro “diritti” venivano rispettati in Europa. Ho visto Paesi come la Grecia rifiutare le richieste di asilo fino al 99,5% dei casi, supportando ideologie razziali, poi sfociate in attacchi violenti contro i migranti, come ad esempio la storia di Mohamed, investito di proposito. Ho visto centinaia di minori non accompagnati rischiare la vita per spostarsi da un Paese europeo all’altro; costruire muri e ghetti in Bulgaria con i soldi donati dalla Comunità europea, cancellando così parole come integrazione e solidarietà. Ho visto Paesi come Malta e Spagna lottare con i denti per uscire dalle tratte di chi cerca protezione in Europa. Il fallimento delle politiche europee è risultato evidente nel 2015, quando l’Europa non è riuscita a far fronte al milione di persone che hanno marciato alla volta di Berlino chiedendo che i diritti della Convenzione di Ginevra fossero rispettati».

La mostra OneDay, racchiusa in 63 fotografie, sarà visitabile fino al 27 ottobre 2016.

© ALESSANDRO PENSO
© ALESSANDRO PENSO

© ALESSANDRO PENSO - Ayoub, 18 anni, dall'Afghanistan ad Idomeni, Grecia. La famiglia di Ayoub è stata uccisa quando era molto giovane. Fuggì in Iran e ha affermato di aver camminato in Europa per migliaia di chilometri con solo un sacco a pelo e un poche cose. - “Tutta la mia famiglia è stato uccisa quando ero molto giovane, ed io sono cresciuto con mio zio. Quando avevo undici anni, dopo che è stato ucciso anche lui sono fuggito in Iran, dove sapevo di alcuni amici. Ho camminato migliaia di chilometri per arrivare qui e ho usato tre paia di scarpe. Ho portato solo un sacco a pelo, poche piccole cose e qualcosa da bere e da mangiare. Devo andare in Europa, che ci devono aiutare. In Afghanistan non c'è sicurezza. Ogni giorno lì la gente muore.
© ALESSANDRO PENSO – Ayoub, 18 anni, dall’Afghanistan ad Idomeni, Grecia. La famiglia di Ayoub è stata uccisa quando era molto giovane. Fuggì in Iran e ha affermato di aver camminato in Europa per migliaia di chilometri con solo un sacco a pelo e un poche cose. – «Tutta la mia famiglia è stato uccisa quando ero molto giovane, ed io sono cresciuto con mio zio. Quando avevo undici anni, dopo che è stato ucciso anche lui sono fuggito in Iran, dove sapevo di alcuni amici. Ho camminato migliaia di chilometri per arrivare qui e ho usato tre paia di scarpe. Ho portato solo un sacco a pelo, poche piccole cose e qualcosa da bere e da mangiare. Devo andare in Europa, che ci devono aiutare. In Afghanistan non c’è sicurezza. Ogni giorno lì la gente muore.»

© ALESSANDRO PENSO
© ALESSANDRO PENSO

© ALESSANDRO PENSO - 2012. Corinto. Grecia. Mohamed, 17 anni, viene dal Marocco. Assieme ai suoi amici si nasconde dietro le rocce del porto durante la notte, in attesa del momento giusto per salire illegalmente a bordo di una nave per l'Italia.
© ALESSANDRO PENSO – 2012. Corinto. Grecia. Mohamed, 17 anni, viene dal Marocco. Assieme ai suoi amici si nasconde dietro le rocce del porto durante la notte, in attesa del momento giusto per salire illegalmente a bordo di una nave per l’Italia.

© ALESSANDRO PENSO -
© ALESSANDRO PENSO

© ALESSANDRO PENSO - 2013. Harmanli. Bulgaria. Una giovane ragazza siriana cucina all'interno del campo Harmanli, il più grande dei "centri di emergenza" della Bulgaria per i profughi che si trova nella città di Harmanli, a circa 30 chilometri dal confine con la Turchia, dove circa 1.000 richiedenti asilo sono detenuti in una ex base militare, alloggiate in un edificio fatiscente, in tende, o conteiner.
© ALESSANDRO PENSO – 2013. Harmanli. Bulgaria. Una giovane ragazza siriana cucina all’interno del campo Harmanli, il più grande dei “centri di emergenza” della Bulgaria per i profughi che si trova nella città di Harmanli, a circa 30 chilometri dal confine con la Turchia, dove circa 1.000 richiedenti asilo sono detenuti in una ex base militare, alloggiate in un edificio fatiscente, in tende, o conteiner.

© ALESSANDRO PENSO
© ALESSANDRO PENSO

© ALESSANDRO PENSO - 2015. Lesvos. Grecia. Un gruppo di siriani aiuta un ragazzo che è stato colto da malore dopo aver nuotato per raggiungere la riva dell'isola greca di Lesbo.
© ALESSANDRO PENSO – 2015. Lesvos. Grecia. Un gruppo di siriani aiuta un ragazzo che è stato colto da malore dopo aver nuotato per raggiungere la riva dell’isola greca di Lesbo.

© ALESSANDRO PENSO
© ALESSANDRO PENSO

© ALESSANDRO PENSO
© ALESSANDRO PENSO