«Allucinante, a contatto diretto con i delinquenti dello sport e il muro di gomma delle istituzioni che di fatto li fiancheggiano. Mi chiami pure». Il messaggio di Sandro Donati prima della lunga conversazione telefonica ci catapulta nel clima in cui vive da mesi l’allenatore e volto storico della lotta al doping. Da fine aprile 2015 Donati, che a giugno ha compiuto 69 anni, è salito ogni giorno a bordo di una bici per seguire gli allenamenti di Alex Schwazer. Quella del marciatore altoatesino olimpionico nei 50 km a Pechino 2008 e squalificato per doping prima di Londra 2012, poteva rappresentare una storia di riscatto, della possibilità di tornare a vincere giocando pulito, ma poi ha preso un’altra piega. Mister Donati, che con la sua denuncia ha contribuito a svelare il doping di Schwazer, diventa il suo allenatore. L’atleta le cui lacrime hanno fatto il giro del mondo vuole ritrovare se stesso e dimostrare di saper vincere senza barare.
Terminato il periodo di squalifica, a fine aprile dello scorso anno, i due intensificano la preparazione in vista delle Olimpiadi: l’8 maggio l’atleta vince i campionati mondiali e conquista il lasciapassare per Rio. Donati non immagina che quel nuovo inizio in realtà si trasformerà presto in un angosciante flashback. Cinque giorni dopo la vittoria, un secondo controllo voluto dalla Iaaf, la Federazione internazionale di atletica leggera, riscontra la presenza di testosterone, poco oltre la soglia consentita, in un campione raccolto il primo gennaio. «Tanti mesi fa diversi amici hanno detto “Sandro, ma sei sicuro che non ti faranno quello che ti fecero nel ’97 con Annamaria di Terlizzi?” e io ho risposto “Ma no, sono passati 19 anni, queste cose non le farebbero più”. Invece è accaduta una cosa ancora più professionale, più spietata, di livello più alto. E ha causato danni irreparabili». Diciannove anni fa l’ostacolista pugliese risultò positiva per eccesso di caffeina e poi negativa alle controanalisi: colpendo lei si voleva arrivare a Donati, che tre anni prima aveva sollevato con un dossier dettagliato il tappeto sotto il quale si nascondevano i nomi di atleti, medici e vertici del Coni protagonisti dello scandalo Epo. Ora l’incubo ritorna e il preparatore conferma: «Nonostante la mia esperienza ho potuto rivedere in faccia, beh, diciamo degli ambienti delinquenziali».
Facciamo un passo indietro, a Natale 2015. Alex e Sandro si separano per pochi giorni: «Dovevo mandarlo un po’ a casa dalla famiglia, a Vipiteno» dice l’allenatore. Il marciatore continua gli allenamenti da solo nei pressi di casa, sempre lo stesso percorso, lungo l’argine del fiume Isarco. A Capodanno arriva un controllo antidoping a sorpresa. Quel giorno il campione viene prelevato solo a Schwazer, in due volte perché inizialmente l’urina era insufficiente. Le analisi saranno effettuate cinque mesi dopo, a maggio, e i risultati comunicati a giugno «rendendo di fatto impossibile ogni tentativo di difesa prima dei Giochi olimpici» spiega Donati. Il quale ricostruisce con Left tutte le possibilità di alterazione del campione raccolto dagli ispettori: o qualcuno ha messo «un po’ di testosterone nella borraccia che Alex lasciava in auto sul luogo dell’allenamento », o la provetta «con un tappo di plastica flessibile e sopra un nastro adesivo» è stata alterata mentre Alex andava in bagno accompagnato da uno dei due ispettori presenti per “completare” la raccolta, o è stata manomessa già prima di arrivare a casa dell’atleta. L’esame del Dna potrebbe dare la certezza di una manipolazione, ma chiederlo con insistenza poteva significare allungare i tempi ed escludere definitivamente la partecipazione di Schwazer alle Olimpiadi.
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LOCARNO FILM FESTIVAL Su il sipario sulla 69esima edizione del festival di Locarno in piazza grande dal 3 al 13 agosto, con una edizione che il direttore artistico Carlo Chatrian ha voluto dedicare a due grandi autori Abbas Kiarostami e Michael Cimino, entrambi «amici del Festival» e recentemente scomparsi. L’edizione 2016 della rassegna punta «a rinnovare la tradizione di una manifestazione votata alla scoperte cinematografiche». A partire dal film d’apertura, The Girl with All the Gifts del regista scozzese Colm McCarthy che ci porta in un futuro distopico che tuttavia mantiene solidi legami con temi d’attualità. Mentre il film di chiusura Mohenjo Daro di Ashutosh Gowariker promette un epico gran fonale con musiche e danze, com’è nella migliore tradizione cinematografica indiana. La storica rassegna cinematografica svizzera quest’ann festeggia Stefania Sandrelli e ai suoi 55 anni di carriera, avendo debuttato a soli 15 anni in Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi per poi intraprendere una ininterrotta carriera che l’ha portata a recitare al fianco di Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman, ma anche Robert De Niro e Gérard Depardieu e Jean-Louis Trintignant. Versatile e brillante Sandrelli riceverà il 5 agosto il Leopard Club Award 2016 in piazza Grande. «Stefania Sandrelli è una di quelle attrici che meglio hanno accompagnato la grande novità portata dal cinema a partire dagli anni Sessanta – spiega il direttore Carlo Chatrian-. Capace di giocare tra innocenza a malizia, non solo ha dato vita a personaggi indimenticabili, ma ha incarnato un modello di donna che senza rompere con il passato è perfettamente in grado di raccogliere le sfide della modernità. È tra le poche interpreti ad aver saputo cogliere nel segno sia quando andava a toccare le corde dell’immaginario popolare sia quando si è confrontata con l’universo rigoroso di autori come Bertolucci, Scola o de Oliveira».Come accennavamo, merito speciale di Locarno è l’essere sempre andato alla scoperta di cinematografie poco esplorate nei festival mainstream, avendo un occhio attento alla qualità del cinema d’autore da tutto il mondo. Ai film di cui sicuramente risentiremo parlare in futuro è dedicata la sezione Signs of Life che «presenta lo spartito del cinema che verrà. Otto prime mondiali sparpagliate e raccolte tra Siria, US, Serbia, Israele, Brasile, Paesi Bassi e Polonia, trainate dal sapere di un maestro come Júlio Bressane e dall’imprevedibilità di Fiona Tan. Tutte marchiate da una promessa: i confini della sperimentazione non finiscono mai. E poi ecco gli Open Doors Screenings 2016, piattaforma per i talenti del cinema contemporaneo del Bangladesh, Bhutan, Myanmar e Nepal. Nella sezion Open Doors anche una prima mondiale: si tratta di Hema Hema: Sing Me a Song While I Wait , quarto lungometraggio di Khyentse Norbu che sarà presentato a Locarno dal produttore britannico Jeremy Thomas (premio Oscar nel 1988 per L’ultimo imperatore) e dal giovane produttore butanese Pawo Choyning Dorji. Tra i protagonisti degli Open Doors Screenings anche Mostofa Sarwar Farooki (pluripremiato regista bengalese), Midi Z e The Maw Naing (due fra le più ispirate giovani voci del Myanmar, il nepalese Min Bahadur Bham (al suo primo lungometraggio The Black Hen), il nepalese Deepak Rauniyar e altri giovani talenti dell’Asia meridionale.
TORONTO FILM FESTIVAL Insieme a Cannes, a Locarno e Venezia, quella canadese è una delle rassegna cinematografiche più prestigiose e seguite. Ques’anno si svolgerà dall’8 al 18 settembre. Ad inaugurare la kermesse sarà il film di Antoine Fuqua I magnifici sette, remake di un western anni Sessanta con attori come Denzel Washington e Ethan Hawke fra i protagonisti, insieme Byung-hun Lee e Peter Sarsgaard. Atteso il film di Oliver Stone biopic su Edward Snowden e poi The Tennessee Kids, Jonathan Demme, Queen of Katwe della regista indiana Mira Nair, Frantz di François Ozon e da non perdere il film sul poeta Neruda di un regista originale e coraggioso come Pablo Larraín, già autore di Qui il 
