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Aemilia, ‘Ndrangheta alla sbarra. Oggi si apre il maxi-processo

Oggi, alle 8.30, è iniziato il maxi processo che scuoterà ulteriormente la coscienza dell’Emilia rossa e per bene. Che dovrà ammettere non solo che la ’ndrangheta è cosa nostra, ma soprattutto che è ormai parte della forma mentis e delle dinamiche economiche emiliane tanto quanto di quelle calabresi criminali importate. A Bologna, in un’area bunker d’eccezione appositamente adibita in un padiglione fieristico (il 19) e messa in sicurezza – blindata, per la precisione, tanto da aver generato il reclamo dell’Ordine dei giornalisti -, si aprirà con l’udienza preliminare a porte chiuse, un processo eccezionale. Così tanti gli accusati, gli avvocati e le parti civili da non entrare in nessuna aula del Tribunale.

Sono 219 gli imputati, fra i quali spicca il nome di Nicolino Grande Aracri, boss delle cosche cutresi con una serie di condanne alle spalle e agli arresti – assieme ad altre 160 persone divise fra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia – dal 28 gennaio di quest’anno, quando con una maxi retata, si concluse l’operazione Aemilia, condotta dalla Dda di Bologna e in coordinamento con le procure di Catanzaro e Brescia. 117 gli arresti in Emilia-Romagna. Una seconda ondata, ne portò in carcere altri 9 e soprattutto un sequestro per 330milioni di euro.
Ma anche il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia Giuseppe Pagliani, l’ex assessore Pdl del Comune di Parma Giovanni Paolo Bernini, il costruttore di San Felice Augusto Bianchini, la consulente fiscale bolognese Roberta Tattini e il giornalista Marco Gibertini, coinvolgimenti di cui avevamo già parlato Left nello speciale dedicato, Aemilia, le vie della ’ndrangheta.
Un intreccio fra imprenditoria, politica e amministrazione, che mettono in luce una novità tanto specifica quanto assodata: che siano queste a rivolgersi alla criminalità organizzata, usufruendo delle loro facilitazioni, e non tanto o non solo viceversa.

Pesanti i reati contestati: associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Altrettanti, quasi 600 persone, i soggetti costituitisi parte civile: la Regione (che pagherà il conto dell’imponente allestimento, 800mila euro circa), l’Agenzia delle Entrate, e il ministero della Salute; Libera, i sindacati, difesi dall’avvocato Libero Mancuso e perfino la Provincia di Modena e il Comune di Finale, a seguito delle infiltrazioni massicce nella riscostruzione post terremoto del 2012.

Una sfilza di udienze ravvicinate (quasi 30 fino a dicembre), è causata dalla fretta di concludere il processo prima della scadenza dei termini delle misure di custodi cautelare, prevista per fine gennaio prossimo. Questo darà luogo a bizzarre compresenze, in Fiera, come quella con il Motor Show in calendario dal 5 al 13 dicembre. La prossima udienza sarà venerdì, poi si proseguirà a novembre, con un appuntamento il 2, uno il 4 e così via.

 [social_link type=”twitter” url=”http://twitter.com/giupsy” target=”on” ][/social_link]  @Giupsy

Pablo Iglesias si dimette dall’Europarlamento per dedicarsi alla campagna elettorale

Il leader di Podemos e candidato alla presidenza del governo spagnolo, Pablo Iglesias, ha rassegnato le dimissioni dal Parlamento europeo per dedicare tutte le sue energie alla campagna elettorale. In Spagna si vota il 20 dicembre e la formazione da lui guidata non gode di ottima salute. «I miei doveri di candidato alla presidenza del mio Paese non mi consentono di mantenere  il livello di lavoro e di coinvolgimento nelle attività del Parlamento”, scrive Iglesias nella sua lettera di dimissioni.

Il partito anti-austerità ha subito un graduale calo nei sondaggi negli ultimi mesi, ed è stato superato da Ciudadanos, la Podemos moderata, che incanala la protesta ma appare come meno di rottura che la coalizione che esprime i sindaci di Barcellona e Madrid. Da un lato c’è l’abilità di Rivera, dall’altro la percezione che in Podemos esistono due anime, una più radicata a sinistra, l’altra più post-idelogica, che non vanno d’accordo – per certi aspetti e con enormi differenze una dinamica simile si osserva nei 5 stelle italiani. Con le sue dimissioni Iglesias segnala che intende prendere meglio in mano le redini dell’organizzazione che guida. Iglesias ha tenuto oggi il suo ultimo discorso da deputato europeo nel quale ha duramente criticato popolari e socialisti, i due gruppi del Parlamento, e ha sollecitato un cambiamento delle politiche migratorie per aiutare i rifugiati e smettere di «distruggere la dignità dell’Europa».

«Gli europei non possono dimenticare cosa significa la guerra, l’orrore e la povertà e devono fuggire, e non possiamo umiliare queste persone, perché è umiliante per l’Europa», ha detto. «Io ritorno al mio paese di non seguire in Spagna con gente come voi (…) La crisi dei rifugiati non si risolve con il filo spinato o con la polizia, ma con politiche responsabili», ha aggiunto. Siamo stati la sorpresa alle elezioni europee maggio 2014, quando abbiamo ottenuto 1,2 milioni di voti appena cinque mesi dopo la nostra nascita.

La scorsa settimana lo stesso Iglesias e il leader di Ciudadanos Albert Rivera (altro astro nascente della politica spagnola) si sono incontrati/scontrati in un dibattito televisivo in diretta da un bar di Barcellona. Il dibattito ha ottenuto un record di ascolti (5 milioni e 200mila) ed è stato vinto, secondo i sondaggi, da Iglesias. Qui sotto la media degli ultimi sondaggi effettuati in Spagna. C’è ancora una percentuale tra 12 e 15% che dice di non sapere cosa voterà.

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Italicum, Felice Besostri: «Ecco perché è incostituzionale». Dalla prossima settimana i ricorsi

A guastare l’euforia renziana per le riforme arriva come una doccia fredda la notizia dei ricorsi contro l’Italicum che sarano presentati nei tribunali da un agguerrito gruppo di giuristi. È il Coordinamento per la democrazia costituzionale (qui) a guidare la battaglia. Coordinato da Domenico Gallo, ne fanno parte giuristi illustri come Luigi Ferrajoli, Gustavo Zagrebelsky, Felice Besostri, Gianni Ferrara, Massimo Villone, Pietro Adami ma anche Nadia Urbinati, Sandra Bonsanti, politici come Pancho Pardi, Cesare Salvi, Giovanni Russo Spena e parlamentari della sinistra del Pd come Walter Tocci, Corradino Mineo, Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti e dissidenti in procinto di uscire come Alfredo D’Attorre o come  Stefano Fassina già uscito. Ma ci sono anche parlamentari di Sel e di ex M5s come Francesco Campanella.  Il Movimento Cinque stelle ha dichiarato di voler sostenere l’iniziativa del Coordinamento.

Sostengono il Coordinamento anche Libera, Fiom, Usb, Cgil, Libertà e Giustizia, Comitati Dossetti, Articolo 21

Tra il 2 e il 9 novembre i ricorsi saranno presentati nei tribunali dei capoluoghi dei distretti di Corti d’Appello, Milano, Venezia, Roma, Firenze, Bologna, Napoli, Genova, Bari, Trieste, Perugia, Catania ecc. Intanto due quesiti referendari sono stati depositati in Cassazione. Giovedì alla Camera i protagonisti della battaglia contro l’Italicum spiegheranno tutti i dettagli.

Uno dei protagonisti della valanga di ricorsi è l’avvocato Felice Besostri che insieme ad Aldo Bozzi e Claudio Tani è stato colui che ha presentato il ricorso contro il Porcellum che ne ha determinato la bocciatura da parte della Corte costituzionale nel gennaio 2014 . Ma quali sono i punti critici dell’Italicum e perché va abolito? Risponde l’avvocato Felice Besostri in una intervista pubblicata sul numero 20 di Left del 30 maggio 2015.

 

«Mi faccia una cortesia, quando parlo dell’Italicum, lo scriva con la kappa. Io lo chiamo Italikum». Felice Besostri è uno dei tre avvocati (gli altri sono Aldo Bozzi e Claudio Tani) che con il loro ricorso alla Corte Costituzionale due anni fa hanno affossato il Porcellum. Adesso il legale lombardo ci riprova con la nuova legge elettorale approvata il 4 maggio con la benedizione del ministro Boschi. Besostri, giurista esperto di diritti umani, sta lavorando a una strategia comune insieme ai legali del Coordinamento per la democrazia costituzionale: ricorsi presso le 26 Corti d’appello italiane ma anche «un’arma segreta» sempre sul filo del diritto, mentre non viene scartata nemmeno l’ipotesi del referendum abrogativo, «magari accoppiando la legge elettorale a quella della Buona scuola».

Avvocato Besostri, dopo il Porcellum, l’Italicum. Quali sono i punti critici?

Innanzitutto è una legge che prevede un premio di maggioranza e una distorsione della rappresentanza per la governabilità in una sola Camera. Se la sua entrata in vigore fosse stata subordinata alla riforma costituzionale poteva avere un senso, ma così c’è solo l’indicazione dell’1 luglio 2016 e per quella data non è detto che la riforma del Senato sia stata attuata. Il secondo rilievo: un premio di maggioranza abnorme assegnato a seguito del ballottaggio senza fissare una soglia minima. Teoricamente può accadere che chi ha ottenuto il 25% dei voti arrivi al 54 grazie al premio di maggioranza. Allora il voto libero e uguale previsto dall’articolo 48 dove va a finire? E il voto che deve essere diretto, come dice l’articolo 56? Con la distribuzione di seggi mediante una formula matematica, sottolineo, vengono premiati i candidati che non sono stati votati dai sostenitori della lista.

E il listino bloccato?

L’unica lista che elegge qualcuno con i voti di preferenza è quella che si prende il 40% al primo turno. Chi prende pochi seggi elegge solo i capilista. Facendo un calcolo, si otterranno da un minimo del 55% a un massimo del 70% di nominati. Questo contrasta con l’articolo 51 della Costituzione secondo cui tutti hanno diritto di candidarsi in condizione di uguaglianza. E poi sulla scelta dei candidati c’è un ulteriore problema.

Qual è il problema?

Da noi non esiste una legge sui partiti politici, per cui la scelta del capolista è una scelta affidata arbitrariamente al capo del partito. E poi c’è un altro aspetto fondamentale. Non c’è alcun parametro che riguarda la partecipazione degli aventi diritto al voto. Pur ammettendo che la gente voglia essere governata e sapere la sera stessa delle elezioni chi la governerà, se accade quello che si è verificato in Emilia Romagna – dove ha votato meno del 50% degli aventi diritto – mi sembra chiaro che il popolo non vuole essere governato da nessuna delle liste candidate!

E le minoranze linguistiche? Ci sono disuguaglianze nell’Italicum?

Intanto un milione e 120.000 abitanti, i valdostani e i trentinaltoatesini sud tirolesi, hanno diritto a 12 parlamentari, come gli italiani all’estero che sono oltre tre milioni ma che però non partecipano al ballottaggio a differenza degli abitanti di Valle d’Aosta e Trentino. Questi ultimi, pur avendo eletto i loro candidati partecipano anche al secondo turno, incidendo sul risultato finale. È accaduto nelle elezioni del 2013, quando i voti della Südtiroler Volkspartei furono decisivi per far vincere la lista Italia bene comune. Infine nel nostro Paese abbiamo ben 12 minoranze linguistiche, riconosciute dalla legge 482 del ’99, ma non dalla legge elettorale. Faremo dei ricorsi ad hoc soprattutto nelle Corti d’appello di Trieste, Catanzaro e Cagliari.

Perché promuovete 26 ricorsi in altrettante Corti d’appello?

Contrariamente alla Germania e alla Spagna noi non abbiamo l’accesso diretto alla Corte Costituzionale. Ora, visto che siamo in quella che io chiamo “repubblica giudiziaria federale” – con disparità di trattamento da tribunale a tribunale in merito a questioni di procedura, abbiamo deciso di fare ricorso nei 26 distretti di Corte d’appello. Tra tanti giudici, ne troveremo uno più sensibile di altri ai valori costituzionali!

Il referendum abrogativo potrebbe essere una strada da intraprendere?

In questo caso, o si mettono in gioco organizzazioni di massa come i sindacati o altrimenti il nostro coordinamento non è in grado di raccogliere 500mila firme. Comunque stiamo anche studiando una iniziativa inedita: cercare di configurare il popolo italiano come un potere, visto che l’articolo 1 della Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo. Se il popolo è un potere, ci può essere un conflitto di attribuzione con gli altri? Vedremo…

Perché, a suo avviso, sulla legge elettorale ci sono state reazioni così tiepide?

Non è chiaro chi si oppone. La minoranza Pd, per esempio, non si è sempre mossa con lucidità: la storia dei capilista bloccati e delle candidature che, certo, verranno attaccate nel ricorso, non sono le cose più importanti. D’altra parte nessuno di noi tre avvocati che abbiamo vinto il ricorso sul Porcellum in due anni è mai stato invitato a un qualsiasi dibattito sulla legge elettorale. Purtroppo si è fatto credere che questa legge non era importante come il Jobs act o la Buona scuola. Ma la legge elettorale è la pietra angolare. Perché solo con un Parlamento che rispetta le opinioni degli italiani si può sperare di avere delle leggi migliori di quelle che ci stanno propinando.

Europa, una net neutrality azzoppata

Nel 1989, Sir Tim Berners-Lee inventò il World Wide Web, quel www che mettiamo davanti a ogni indirizzo internet e che ci permette di navigare online come siamo abituati a fare. E proprio oggi la creatura di Berners-Lee sembra essere in pericolo. È così che “il padre di Internet” ha pubblicato sul suo blog un appello per salvaguardare il principio di neutralità su cui si basa la rete internet, la cosiddetta “net neutrality”, dal “pacchetto telecomunicazioni” appena approvato dal Parlamento europeo. L’appello e la mobilitazione del web, che chiedevano venissero votati degli emendamenti a salvaguardia della net neutrality, sono serviti però a poco. Il Parlamento infatti ha bocciato gli emendamenti migliorativi e ha approvato un testo che, pur proponendosi come obiettivi quelli di salvaguardare la neutralità e evitare lo sviluppo di un internet “a due velocità” , lascia spazio a iniziative che potrebbero ledere un uso della rete democratico e rispettoso delle norme sulla concorrenza.

Secondo Bernes-Lee infatti i regolamenti approvati dall’Ue «sono deboli e confusi». Insufficienti a tutelare realmente l’ indipendenza della rete, e a mantenere il sistema europeo competitivo.

Ma cos’è la net neutrality e perché è importante?

A spiegare bene cos’è la net neutrality e gli effetti che può avere una sua limitazione ci pensa lo stesso “padre del web” che sul sito della sua fondazione scrive:

Quando ho progettato il World Wide Web, l’ho costruito come una piattaforma aperta per favorire la collaborazione e l’innovazione. Il Web si è evoluto in una piattaforma potente e onnipresente perché sono stato in grado di costruirlo su una rete aperta che tratta tutti i pacchetti di informazioni allo stesso modo. Da allora, Internet è diventato l’infrastruttura centrale del nostro tempo – ogni settore della nostra economia e della democrazia dipende da esso.

Ad oggi in sostanza via web possiamo raggiungere con la stessa facilità e con la stessa velocità colossi dell’informazione mainstream e piccoli blog indipendenti. Senza alcuna discriminazione. Ma dall’entrata in vigore delle nuove regole il prossimo anno potrebbe non essere più così. L’esempio possibile è quello di un’autostrada con due tariffe, in un caso non si fa la fila al casello e si viaggia sulla corsia senza traffico, nell’altro ci si mette in fila e si aspetta. Per le piccole imprese che offrono servizi e vendono contenuti in rete, la fine della net neutrality implicherebbe un accesso al mercato molto più difficile.

Il piano che i membri del parlamento europeo hanno votato infatti, pur accennando – come spiegato – all’importanza della net neutrality, stabilisce una serie di eccezioni che sembrano andare nella direzione opposta e favorire alcuni a discapito di altri.

Ecco i punti più critici:

▪ sarà possibile creare in determinati casi delle corsie preferenziali per il collegamento veloce a determinati siti. Presumibilmente in grado di pagare in cambio di questo servizio
▪ viene introdotto lo “zero rating”, cioé la possibilità di non conteggiare nella bolletta dell’utente il collegamento a determinate applicazioni. Presumibilmente, sempre quelle che possono pagare in cambio di questo servizio
▪ i provider potranno definire “classi di servizi” e decidere se rallentare – o accelerare – il loro traffico. Stabilendo così una gerarchia fra i siti che limita molto la competizione fra servizi e informazioni disponibili, favorendo chi può pagare per mostrare più velocemente il proprio sito/portale ai visitatori
▪ ai provider inoltre verrà concessa la facoltà di gestire a loro discrezione il traffico su internet e di rallentarlo per sventare una non meglio definita “minaccia di congestione”

A nulla è valso il supporto all’appello di Sir Tim Berners-Lee giunto da una trentina di grandi aziende che operano nel settore del web e della comunicazione (fra cui Netflix, Reddit e Kickstarter) e che, a loro volta avevano rilanciato il tema chiedendo l’approvazione degli emendamenti “correttivi”.

Secondo Tim Barnes il regolamento approvato a larga maggioranza dal Parlamento Europeo «minaccia l’innovazione, la libertà di parola e la privacy, e compromette la capacità dell’Europa di concorrere nell’economia digitale». Negli Stati Uniti la FCC ha scelto, dopo grandi mobilitazioni online e non solo, di mantenere assoluta la neutralità della rete.

Se sul fronte web le novità approvate con il “pacchetto telecomunicazioni” che entrerà in vigore dal giugno 2017, sono sostanzialmente negative, su quello della telefonia si registrano invece dei passi avanti. È stata approvata infatti l’abolizione delle tariffe di roaming telefonico nel territorio dell’Unione Europea: dal 2017 ovunque viaggeremo all’interno dei confini Ue pagheremo la stessa tariffa (qui un articolo di spiegazione su cosa cambia da Test magazine, mensile dei consumatori).

 

Come eravamo noi europei prima di diventare ricchi? Ritratti da Ellis Island

Sebbene sia attraversata da movimenti xenofobi (e lo sia stata molte volte in passato), l’Europa è un continente di emigranti. Germania, Olanda, Romania, Italia e molti altri: tutti i popoli in diversi momenti della storia, non così lontani, sono partiti per qualche posto lontano. Gli ultimi decenni dell’800 e i primi del 900 hanno visto milioni di persone partire per le Americhe. Stati Uniti e non solo: in Brasile e Argentina le persone con un lontano passato europeo sono davvero tante. E allora, a chi le vedeva arrivare nelle metropoli dovevano sembrare brutti, sporchi e cattivi. E soprattutto portatori di culture e abitudini incivili e non assimilabili, come le persone fotografate a Ellis Island che vedete qui sotto. Nelle Americhe non è andata così, anche se all’arrivo (e più di un terzo degli americani ha un parente passato per la piccola isola di fronte a Manhattan) erano tutti molto diversi.

Le foto sono state scattate da August Sherman, un dilettante che lavorava come impiegato al registro di Ellis Island dal 1892 al 1925. Sherman scattò le foto a chi arrivava vestito nel proprio costume nativo. Le foto erano appese nelle stanze dell’ufficio federale per l’immigrazione a Manhattan esono state pubblicate sul National Geographic nel 1907. Oggi sono alla New York Public Library e sono state ripubblicate dalla Public domain review. Qui sotto vedete foto di persone provenienti da quelle che oggi sono alcune tra le regioni più ricche d’Europa (o tra quelle che oggi adottano politiche xenofobe nei confronti dell’ondata dei profughi siriani).

 

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(donna italiana)

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(Cosacco della steppa)

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(donna rutena – tra Ucraina e Bielorussia)

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(donna slovacca con figlio)

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(uomo danese)

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(donna italiana)

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(tre donne slovacche)

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(donna norvegese)

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(uomo bavarese)

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(tre donne olandesi)

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(clandestino tedesco)

 

Destra, l’ascesa di Giorgia Meloni (e Salvini che non molla)

Sarà che Renzi ha conquistato l’elettorato moderato (e non solo l’elettorato… Cicchitto ormai è un fan), ma la partita per la leadership del centrodestra è tutta giocata a destra. Tra Giorgia Meloni, in piena ascesa, e Matteo Salvini che fino a qualche mese fa sembrava il campione unico del fronte destro dello schieramento politico. Novembre sarà un mese di grande visibilità e di conte di piazza: l’8 la Lega manifesta a Bologna e sul palco salirà anche Berlusconi, mentre il 28 sarà la volta di una manifestazione a Roma.

Meloni si aggiudica l’eredità di An
Non ci sarà un nuovo soggetto politico di destra, perché un partito di destra esiste già e si chiama Fratelli d’Italia. Saranno Giorgia Meloni e il suo partito, a raccogliere l’eredità di Alleanza nazionale. Ha così deciso l’ultima assemblea dei soci della Fondazione An, del 3 e 4 ottobre a Roma, approndo una mozione che consegna proprio a Fratelli d’Italia lo storico simbolo di An e decretando un rilancio del progetto di “allargamento” del partito della Meloni. E raccoglieranno pure il patrimonio della Fondazione: 180 milioni in immobili e 60 milioni in conti correnti. Raccoglieranno anche quelle percentuali? Lo sperano, indubbiamente. Nel 1996 il partito guidato all’epoca da Gianfranco Fini arrivò a raggiungere, nel picco più alto della sua storia, il 15%. La destra vuole «recuperare la vocazione maggioritaria», dicono. Per farlo, saranno necessario alcune grandi manovre: coniugare la destra identitaria e diffusa, con quella moderata e di governo.
Meloni 1-Alemanno 0, quindi. I “quarantenni” guidati dal genero di Pino Rauti – che volevano una Nuova Alleanza Nazionale in cui tutti avessero uguale peso – si sono dovuti arrendere davanti alla giovane guardia della Meloni e alla “centralità” del loro partito. Un congresso si terrà comunque, sarà aperto ma targato Fdi-An e si terrà entro gennaio 2016: «È evidente ormai che la mia destra non è quella di Alemanno, di Fini e di chi vuole continuare a dilaniare per avere un ruolo», ha orgogliosamente dichiarato Giorgia Meloni. «Finalmente si fa chiarezza e si capisce a chi spetta il compito di aggregare la destra moderna. A lei. A Giorgia Meloni che ha incassato pure il consenso degli attualmente forzisti Maurizio Gasparri e Altero Matteoli. Alemanno si arrenderà? Certo che no, ha già annunciato un nuovo Movimento per la destra unita.

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Meloni vs Salvini: la corsa alla leadership
In testa ai sondaggi per la guida del Comune di Roma e pronta al sorpasso su Matteo Salvini per la guida della destra del Paese, la Meloni va d’accordo con tutti e non si “immischia” con nessuno. CasaPound? Ne prende le distanze ma ne condivide la matrice culturale nazionalista e tradizionale. Matteo Salvini? «Va tutto bene ma non abbiamo mica fondato un partito insieme. Ognuno di noi due è orgoglioso delle proprie differenze. Collaboriamo condividendo alcuni temi». E Berlusconi? «Forza Italia sembra incartata in un esasperato tatticismo, adesso non sembra saper che fare». Invece lei, Giorgia Meloni, le idee le ha chiarissime: «Io voglio vincere. Voglio battere Renzi». Tirata in mezzo da tutti per una candidatura al Comune di Roma, non molla la presa sul terreno nazionale: ha già annunciato «una grande manifestazione unitaria del centrodestra per il 28 novembre a Roma», sottolineando che avverrà «nove anni dopo la storica manifestazione del 2 dicembre 2006 che liberò l’Italia dal governo Prodi». Il suo annuncio arriva proprio mentre Matteo Salvini prepara la sua “svolta moderata”, che sarà ufficializzata a Bologna l’8 novembre durante la manifestazione “Liberiamoci e ripartiamo” contro il governo Renzi. Al fianco di Salvini ci sarà anche il Cavaliere.

Chi è Giorgia Meloni?
«Romana, classe ’77, politica e giornalista professionista», si legge sul suo sito internet, nata alla Camilluccia il 15 gennaio e cresciuta nel popolare quartiere della Garbatella. Secondogenita, figlia delle due isole italiane, Giorgia Meloni è di origini sarde da parte del padre, Francesco, un commercialista che abbandonò la famiglia emigrando nelle Canarie quando la Meloni aveva dodici anni; e siciliane da parte della madre, Anna. Si è diplomata al liceo linguistico. Inizia a impegnarsi in politica a 15 anni – mentre frequenta il liceo linguistico e lavora come baby-sitter, cameriera e barman al Piper – con il coordinamento studentesco “Gli Antenati”, per contestare la riforma Iervolino sulla Pubblica istruzione. A 19 anni è la responsabile nazionale di Azione Studentesca, e due anni dopo viene eletta consigliere della Provincia di Roma per An. Nel 2006, a 29 anni, viene eletta alla Camera dei Deputati – sempre e fedelmente con An – diventando poi la più giovane vicepresidente della Camera della storia. La sua scalata prosegue fino al suo incarico più alto: ministro della Gioventù, dal 2008 al 2011. E registra il secondo record, a 31 anni è il ministro più giovane della storia. La sua lunga militanza in An prima e nel Popolo delle libertà termina alla fine del 2012, quando fonda, insieme a Guido Crosetto e Ignazio La Russa, il movimento politico “Fratelli d’Italia – Centrodestra nazionale”.

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Cosa ha detto l’Oms sulla carne (e quanto è potente la lobby dei produttori)

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato che pancetta, salsicce e carni lavorate e carni rosse possono provocare il cancro. Un gruppo di 22 esperti internazionali  ha esaminato decenni di ricerche sul legame tra carne rossa, salumi e cancro e ha riassunto i dati in un documento dello Iarc, l’International Agency for Research on Cancer, ramo dell’Oms che si occupa di cancro pubblicato da The Lancet, forse il più importante giornale medico del pianeta.
«Il consumo di carne lavorata – si legge nella relazione – è stato inserito nel gruppo 1 (lo stesso nel quale compaiono sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta come il fumo, il benzene, l’arsenico e l’alcol) in base a una evidenza sufficiente per il tumore colorettale». La carne in generale, come spiega la rivista Test dedicata ai consumatori, contiene grandi quantità di grasso e sembrerebbe fondato il  dubbio che il composto che la rende rossa possa danneggiare lo strato interno dell’intestino. A rendere ancora più dannosa per la salute umana la carne lavorata sono i trattamenti di preparazione e conservazione industriali per gli insaccati, dalla salatura all’aggiunta di conservanti chimici, potenzialmente cancerogeni. Insomma, secondo gli esperti, salumi e bacon industriali sono un pericolo.

(Il consumo di carne nel mondo: primi gli Usa, l’Australia e i paesi produttori dell’America Latina via chartsbin.com)

Attenzione però: la carne rossa non è è classificata come cancerogena (la categoria 1 usata dalla Iarc) ma come “possibilmente cancerogena”, categoria 2. Non solo, quando, come molti hanno scritto e letto, si dice che la carne lavorata è paragonabile al fumo per potenzialità cancerogena, si commette un errore. La categoria è la stessa, nel senso che, appunto, le sostanze contenute nei prodotti in questa inclusi aumentano con certezza la probabilità di prendere il cancro. Il che non vuol dire che lo fanno venire: se la percentuale potenziale di ammalarsi di una società in genere è pari al 2%, chi mangia molti insaccati in quella società ha probabilità di ammalarsi il 10% in più, ovvero il 2,2% dei casi (attenzione, i numeri sono inventati per esemplificare). La grafica qui sotto spiega bene: fumo e carne sono entrambi nella categoria 1, ma il primo è molto più pericoloso della seconda.

151026-Tobacco-vs-Meat-TWITTER(Stessa categoria, diversa pericolosità: le sigarette causano l’86% dei tumori ai polmoni, la carne lavorata il 21% di quelli al tratto colorettale dell’intestino)

Mentre la discussione imperversa sul web e sui social network – tra i “ve lo avevamo detto” dei vegetariani e lo sgomento misto a scetticismo degli altri, che già vedono banditi barbecue e grigliate – la testata americana The Atlantic pubblica un interessante articolo che mette in evidenza un altro aspetto della questione: quello della distorsione del mercato da parte della lobby della carne. Aspetto non indifferente se si pensa a quanto accadde con i colossi del fumo nel momento in cui i loro prodotti vennero dichiarati cancerogeni.
L’articolo di The Atlantic inizia in modo ironico sottolineando non solo i rischi derivanti dal consumo eccessivo di carne rossa, ma anche come si stia trascurando anche la questione ambientale correlata all’industria della carne.

 

Mentre potrebbe capitare che un medico consigliasse ai pazienti di non mangiare troppi hamburger e panini alla carne, grazie alle eccezionali capacità di lobbying dell’industria della carne americana, è improbabile che un consiglio simile lo dia il governo degli Stati Uniti.  Contraddicendo il consiglio del proprio gruppo di esperti, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) e il Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS) hanno annunciato che l’ultima edizione delle Dietary Guidelines for Americans, le linee guida fornite agli americani sulla loro dieta alimentare, non includeranno considerazioni di sostenibilità ambientale. Se le agenzie avessero deciso di fare altrimenti avrebbero suggerito alle persone di ridurre il loro consumo di carne, la cui produzione, è ampiamente riconosciuto, è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.

fonte: The Atlantic

 

Le dichiarazioni dell’Oms aggravano quindi una situazione già di per sè critica per il mercato della carne e gli introiti che da questa derivano. Le dimensioni del settore, guardando ad esempio agli Stati Uniti – dove tra hamburger, hot dog e bacon a colazione si fa uso di una dieta estremamente proteica – sono immense. Si calcola infatti che solo il mercato della carne bovina negli Usa sia un business di 95 miliardi di dollari all’ anno. E l’American Meat Institute North (NAMI) stima che, in totale, l’industria della carne contribuisca a un giro di circa 894 miliardi di dollari nell’economia statunitense. È piuttosto normale pensare quindi che introiti così ingenti si traducano in un’influenza politica, tale da mettere in discussione qualsiasi argomentazione che minacci il mercato della carne. Nel 2014, infatti,  l’industria del settore ha speso circa 10,8 milioni di dollari in contributi alle campagne politiche, e circa 6,9 milioni di dollari direttamente sul lobbying governo federale.

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Nel 2014, l’industria della carne ha speso circa 10,8 milioni di dollari in contributi a campagne politiche, e circa 6,9 milioni di dollari sul lobbying governo federale.

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Un esempio del processo di “negazione” che potrebbe verificarsi dopo le dichiarazioni dell’Oms sulla correlazione carne-tumori è riscontrabile nella politica aggressiva condotta già a partire dal 1977 dall’industria americana della carne, impegnata a contrastare – con campagne pubblicitarie, studi alternativi, diffusione di diete e regimi alimentari iperproteici ecc – il moltiplicarsi di studi che constatavano come il consumo eccessivo di bacon, uova, hamburger e salsicce non solo non giovasse alla salute dei cittadini, ma anche quali fossero i danni ambientali che la produzione di proteine animali stava procurando. Questi tentativi di condizionare e influenzare i consumi non sono passati di moda. Come nel caso della recente campagna commerciale pseudo informativa realizzata da McDonald’s e denunciata dalla food blogger Bettina Elias Siegel.

>> VIDEO | McDonald’s. 500 pasti: scelte che fanno la differenza

Il video “540 Pasti: Scelte fare la differenza” racconta la storia di John Cisna, insegnante di scienze nell’Iowa, che dichiara di aver perso circa 30 chili e migliorato pressione sanguigna e colesterolo mangiando solo McDonald per sei mesi, con l’introduzione di un regolare esercizio fisico.

Come prevedibile quindi anche in questo caso non si è fatta attendere la risposta della lobby della carne che potesse controbattere i risultati resi noti dall’Oms. Alcuni scienziati hanno infatti messo in discussione che le prove fornite siano di entità sufficiente per trarre le conclusioni pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel rapporto. «Noi semplicemente non pensiamo che le evidenze rilevate supportino alcun nesso di causalità tra tutte le carni rosse e qualsiasi tipo di cancro» ha dichiarato Shalene McNeill, direttore esecutivo della nutrizione umana presso la National Cattlemen’s Beef Association (Ncba).

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Certo è che una prova definitiva della correlazione fra il consumo di carne e l’insorgenza di cancro potrebbe rendere queste dichiarazioni scomode e soprattutto aprire una serie di questioni legali molto simili a quelle che si verificarono con le multinazionali del tabacco che per anni negarono una correlazione fra fumo e insorgenza del cancro nonostante fosse provata da innumerevoli studi. E la situazione si fa ancora più drammatica se si considera che solo nel 2012 i nuovi casi di tumore colorettale diagnosticati sono stati circa 1,4milioni. Praticamente il terzo tipo di cancro più comune al mondo.

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Più di un milione l’anno muore in incidenti d’auto

Le associazioni dei parenti di vittime della strada hanno organizzato ieri un sit-in pacifico davanti a Montecitorio nelle ore in cui il testo di legge che introduce il reato di omicidio stradale, dopo il vaglio e le modifiche apportate dalle commissioni Giustizia e Trasporti, passa all’esame della Camera. I manifestanti fanno pressione affinché i deputati, nell’esaminare la legge approvata lo scorso giugno al Senato, recepiscano le loro proposte.

 

La legge in discussione
Il provvedimento votato dai senatori prevede la reclusione fino a 12 anni per chi provoca la morte guidando sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o in stato di ebbrezza, con possibilità di arresto il flagranza e raddoppio dei termini per la prescrizione. Per chi causa un incidente mortale e fugge senza soccorrere la vittima è poi previsto un aumento di pena. Tra le sanzioni, anche il ritiro della patente fino a trent’anni. Dopo il via libera di Palazzo Madama, da più parti erano state espresse perplessità sul provvedimento. Tra gli scettici («pur comprendendo il dolore e il senso di urgenza espresso da chi perde un familiare a causa di un incidente»), il senatore Pd Luigi Manconi, secondo il quale «la giurisprudenza ha già articolato una serie di risposte sanzionatorie» tutto sommato efficaci e la legge ora al vaglio dei deputati rischia di trasformarsi in un inutile duplicato.

 

Il rapporto dell’Oms
L’esame dell’Aula di Montecitorio arriva a pochi giorni dalla diffusione di uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (World health organization) sugli incidenti stradali in 180 Paesi, il Global status report on road safety 2015 (le indagini precedenti risalgono al 2010 e al 2013).

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Secondo l’indagine, 1,25 milioni di persone muoiono in un incidente stradale ogni anno e nonostante i passi avanti siamo ancora lontani dall’obiettivo di dimezzamento delle vittime della strada fissato per il 2020.
Inutile dire che la metà delle persone che perdono la vita sono – nell’ordine – motociclisti, pedoni e ciclisti. Per i ragazzi tra i 15 e i 29 anni, gli incidenti stradali sono la principale causa di morte. I Paesi più “colpiti” dal fenomeno sono quelli a medio e basso reddito: qui circola la metà dei veicoli del Pianeta e avviene il 90% degli incidenti. In 68 Paesi, infatti, la mortalità è in aumento, mentre sono 79 quelli in cui diminuisce. Guardando al dato complessivo, nel triennio 2011-2013, al crescere del numero di veicoli circolanti e della popolazione non ha corrisposto un aumento dei “sinistri”, che rimangono stabili.


Le leggi nei diversi Paesi
105 hanno leggi efficaci sull’utilizzo delle cinture di sicurezza per tutti i passeggeri.
47 nazioni hanno leggi che regolamentano la velocità a un massimo di 50 km/h in città.
34 Paesi regolamentano la guida in stato di ebrezza, ponendo un limite di concentrazione di alcol nel sangue uguale o inferiore a 0,05 g/dl e a 0,02 per i neopatentati.
44 Stati hanno reso obbligatorio l’utilizzo di caschi sia per il guidatore sia per il passeggero.
53 Paesi in cui è obbligatorio il trasporto dei bambini con gli appositi seggiolini.


 

Com’è messa l’Italia?
La sezione del report Oms relativa al nostro Paese traccia un quadro di incidenti stradali in diminuzione, con 3.721 morti sulle strade italiane nel solo 2013. Guardando al dettaglio delle vittime della strada in Italia, si evince che il 33% degli incidenti mortali riguarda i guidatori di auto e veicoli leggeri, seguono i motociclisti con il 26% dei decessi, poi i pedoni (16%) e i ciclisti (7%).
Buono il giudizio sulla legislazione vigente, efficace nel prevenire i sinistri, ma sono ancora  troppi gli automobilisti che non rispettano le regole del Codice della strada. Un quarto degli incidenti con decessi, ad esempio, è legato all’uso di alcool. Il casco è indossato 9 volte su 10, mentre le cinture vengono utilizzate nel 64% dei casi e addirittura le allaccia soltanto il 10 per cento dei passeggeri posteriori. In Italia i finanziamenti sono ancora insufficienti e l’obiettivo di riduzione degli incidenti mortali al 2020 ancora lontano da raggiungere (siamo al 50%).

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Alla Modern Rock Gallery gli scatti mai visti del backstage di Nevermind, l’album cult dei Nirvana

Era il 1991 e i Nirvana, la band di Kurt Cobain simbolo del grunge, era sulla cresta dell’onda. Nella piscina di un hotel di Los Angeles il fotografo Kirk Weddle scatta per l’album Nevermind le foto che diventeranno un cult e verranno rivisitate in mille modi negli anni successivi da artisti e personaggi del mondo dello spettacolo. In mostra alla Modern Rock Gallery di Austin in Texas “Outtakes” dove vengono esposti per la prima volta i provini scartati da Weddle durante lo shooting fotografico dell’album.

 

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La location è una piscina di Los Angeles, il servizio viene scattato nel novembre 1991

01-094CDave Grohl attuale frontman dei Foo Fighters, in uno scatto del servizio fotografico promozionale per l’album Nevermind realizzato da Kirk Weddle.

176Krist Novoselic in uno scatto del servizio fotografico promozionale per l’album Nevermind realizzato da Kirk Weddle.

A01-158AUna nuova stampa fotografia di Kurt Cobain, scattata sott’acqua da  Kirk Weddle.

01-100CKurt Cobain si riposa a bordo piscina durante il servizio fotografico dell’album

01-113CKurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic insieme durante lo shooting del loro album Nevermind

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01-139CI Nirvana insieme durante una pausa del servizio fotografico.

 

01-173ACLa chitarra di Cobain galleggia in piscina a fine shooting.

 

Queste immagini sono incredibilmente importanti. Sono un pezzo importante della storia del rock, e hanno anche significano molto per me personalmente come musicista e come fan. Le foto mostrano una band sul punto di cambiare il volto della musica, una band in procinto di conquistare il mondo, una band in procinto di lanciare un disco che diventerà uno dei più influenti album del nostro tempo. Ma mostrano anche una band in tour, una band stanca, che probabilmente ha nostalgia di casa e che si è appena gettata in una piscina, nel suo primo giorno libero, solo perché qualcuno della casa discografica ha detto loro di farlo … Questo è il motivo per cui adoro questi scatti!

Come appassionato di musica sono felice di mostrare queste fotografie ai fan dei Nirvana, ma sono felice anche perché questi scatti mostrano molto di più di 3 tizi di una band che galleggia in una piscina. Le immagini quasi surreali di Kurt Cobain letteralmente appeso in acqua, a volte quasi sperso, a volte con uno sguardo quasi folle, sono quelle che amo di più. Nevermind è entrato nella scena musicale in modo dirompente, tutti conoscono la copertina anteriore del disco con il bambino  fluttuante, ma questi scatti di backstage sono unici e fantastici.

Steven Walker, proprietario della Modern Rocks Gallery che espone gli scatti

 

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Afghanistan e Pakistan, le immagini della regione colpita dal terremoto

epa04996927 People react following a 7.7 magnitude earthquake, in Peshawar, Pakistan, 26 October 2015. A strong earthquake with a magnitude of 7.7 hit northern Afghanistan's Hindu Kush mountain range causing damage in Pakistan and India as well. At least 69 people were killed in Pakistan, 20 in Afghanistan and hundreds wounded. Tremors were felt in northern India including the capital New Delhi, causing thousands of people to evacuate buildings. Authorities also closed the underground train system. EPA/ARSHAD ARBAB

Quella a cavallo tra le montagne di India, Pakistan e Afghanistan non è solo una delle regioni più irrequiete del mondo degli ultimi decenni ma anche un’area sismica tra le più attive del pianeta. E come se non bastasse la guerra, un altro sisma torna a colpire l’area. Il terremoto, due minuti di scossa del 7,5 della scala Richter, con epicentro nella provincia afghana di Badakhshan è stato avvertito nei tre Paesi (qui sotto una mappa interattiva) e ha lasciato vittime certe in Afghanistan e Pakistan. Almeno 180 i morti accertati, ma il computo è parziale, parliamo di aree spesso remote e difficili da raggiungere. E’ probabile che i numeri siano destinati ad aumentare. Almeno dodici studentesse sono morte mentre cercavano di lasciare l’edificio della scuola dove si trovavano durante la scossa.

Dopo la scossa iniziale ci sono state diverse scosse di assestamento e giorni passati a piovuto in maniera insistente e, avverte Medici Senza Frontiere, ora il pericolo è quello delle frane (come quella nel video qui sotto). E poi del della contamonazione dell’acqua potabile. Le agenzie e le Ong internazionali già presenti sul terreno stanno cercando di capire l’entità della crisi dopo un sisma che è il peggiore in Afghanistan da 66 anni e in Pakistan da una decina d’anni.

Qui sotto alcune immagini delle ore successive alla scossa

Afghan women walk towards a damaged house following an earthquake, in Kabul, Afghanistan, Monday, Oct. 26, 2015. In Afghanistan's Takhar province, west of Badakhshan, at least 12 students at a girls' school were killed in a stampede as they tried to get out of the shaking buildings, a local official says. Sonatullah Taimor, the spokesman for the Takhar provincial governor, says another 30 girls have been taken to the hospital in the provincial capital of Taluqan. (AP Photo/Rahmat Gul)
Dopo la scossa a Kabul,  (AP Photo/Rahmat Gul)

Kashmiri women sit on a footpath after they rushed out of buildings following tremors in Srinagar, Indian controlled Kashmir, Monday, Oct. 26, 2015. A strong earthquake in northern Afghanistan was felt across much of South Asia on Monday, shaking buildings from Kabul to Delhi and cutting power and communications in some areas. (AP Photo/Mukhtar Khan)
Donne kashmiri in strada a Srinagar, nel Kashmir indiano (AP Photo/Mukhtar Khan)

Shoes of Afghan school girls are seen on the ground after an earthquake hit in Takhar province, northeast of Kabul, Afghanistan, Monday, Oct. 26, 2015. In Afghanistan's Takhar province, west of Badakhshan, at least 12 students at a girls' school were killed in a stampede as they tried to get out of the shaking buildings, a local official says. Sonatullah Taimor, the spokesman for the Takhar provincial governor, says another 30 girls have been taken to the hospital in the provincial capital of Taluqan. (AP Photo/Naim Rahimi)
Le scarpe delle ragazze  di una scuola nei pressi di Talukan, Afghanistan, almeno 12 sono morte mentre cercavano di fuggire dall’edificio che crollava (AP Photo/Naim Rahimi)

A Pakistani carries a man who was injured from an earthquake in Peshawar, Pakistan, Monday, Oct. 26, 2015. A powerful 7.7-magnitude earthquake in northern Afghanistan rocked cities across South Asia. Strong tremors were felt in Kabul, New Delhi and Islamabad on Monday. In the Pakistani capital, walls swayed back and forth and people poured out of office buildings in a panic, reciting verses from the Quran. (AP Photo/Mohammad Sajjad)
Peshawar, un uomo trasporta un parente ferito  (AP Photo/Mohammad Sajjad)

People rush an injured woman to a local hospital in Peshawar, Pakistan, Monday, Oct. 26, 2015. A powerful 7.7-magnitude earthquake in northern Afghanistan rocked cities across South Asia. Strong tremors were felt in Kabul, New Delhi and Islamabad on Monday. In the Pakistani capital, walls swayed back and forth and people poured out of office buildings in a panic, reciting verses from the Quran. (AP Photo/Mohammad Sajjad)
Peshawar, Pakistan, una donna estratta dalle macerie della sua casa (AP Photo/Mohammad Sajjad)

An Afghan man clears rubble from a damaged house following a strong earthquake, in Kabul, Afghanistan, Monday, Oct. 26, 2015. The U.S. Geological Survey said the epicenter of the 7.5-magnitude earthquake was in the Hindu Kush mountains, in the sparsely populated province of Badakhshan, which borders Pakistan, Tajikistan and China. It said the epicenter was 213 kilometers (130 miles) deep and 73 kilometers (45 miles) south of the provincial capital, Fayzabad. (AP Photo/Rahmat Gul)
 Kabul, Afghanistan, un uomo spala tra le macerie della sua casa  (AP Photo/Rahmat Gul)

Afghan school girls are  treated at a hospital after an earthquake in Takhar province, northeast of Kabul, Afghanistan, Monday, Oct. 26, 2015. In Afghanistan's Takhar province, west of Badakhshan, at least 12 students at a girls' school were killed in a stampede as they tried to get out of the shaking buildings, a local official says. Sonatullah Taimor, the spokesman for the Takhar provincial governor, says another 30 girls have been taken to the hospital in the provincial capital of Taluqan. (AP Photo/Zalmai Ashna)
Taluqan, Afghanistan, studentesse ferite nel crollo della loro scuola vengono curate in ospedale. (AP Photo/Zalmai Ashna)

epa04997032 Pakistanis survey houses that collapsed following a 7.7 magnitude earthquake, in the Khyber Agency near the Afghan border, Pakistan, 26 October 2015. A strong earthquake with a magnitude of 7.7 hit northern Afghanistan's Hindu Kush mountain range causing damage in Pakistan and India. At least 90 people are believed to have been killed, mostly in the Peshawar region of Pakistan, 20 in Afghanistan and hundreds wounded. Tremors were felt in northern India, including the capital New Delhi, causing thousands of people to evacuate buildings. Authorities also closed the underground train system.  EPA/WALI KHAN SHINWARI
Case crollate nell’Hindu Kush, Pakistan (EPA/Wali Khan Shinwari)

epa04996923 People react following a 7.7 magnitude earthquake, in Peshawar, Pakistan, 26 October 2015.  A strong earthquake with a magnitude of 7.7 hit northern Afghanistan's Hindu Kush mountain range causing damage in Pakistan and India as well. At least 69 people were killed in Pakistan, 20 in Afghanistan and hundreds wounded.  Tremors were felt in northern India including the capital New Delhi, causing thousands of people to evacuate buildings. Authorities also closed the underground train system.  EPA/ARSHAD ARBAB
Peshawar, durante la scossa (EPA/Arshab Arbab)