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Le cinque delle 20.00

Maggioranza assoluta a Cameron. Il partito conservatore di David Cameron ha ottenuto, alla fine dello spoglio, 331 seggi alla Camera dei Comuni, cioè la maggioranza assoluta dell’assemblea.

Ed Miliband si dimette da leader del Labour. Il candidato della sinistra ha annunciato le sue dimissioni in conferenza stampa dopo la sconfitta del suo partito nelle elezioni politiche britanniche. ‘«La Gran Bretagna ha bisogno di un partito laburista forte ed è tempo che qualcun altro assuma la sua leadership».

Il reddito minimo è una misura che deve essere discussa perché è uno strumento di contrasto alla povertà. Lo ha detto il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, intervenendo via skipe alla manifestazione nazionale sul reddito minimo organizzata a Cosenza dal Pd.

Sulla #buonascuola Renzi apre al dialogo, a modo suo: certo si può ascoltare e migliorare ma noi andiamo avanti per restituire alla scuola la funzione fondamentale di guida della comunità altrimenti non usciremo dalla crisi ha detto in un comizio ad Aosta.

Elly Schlein lascia il Partito Democratico: me ne vado anche io, insieme a Giuseppe Civati. Il suo post di saluto su Left.

L’attimo fuggente di Medardo Rosso in mostra nella Galleria d’Arte Moderna di Milano

Non ci sono statue. «Niente è statua. Noi siamo degli scherzi di luce. Tutto ha la propria luce». In poche infuocate battute Medardo Rosso (1858-1928) nel suo studio parigino raccontava così la propria ricerca a un giornalista.

Era il 1917 e ancora andava di moda il possente ed eroico romanticismo alla Rodin. I due si erano incontrati la prima volta 1893 e non si erano piaciuti, nonostante il comune rifiuto della tradizione accademica. Scultore ribelle e anti retorico, Rosso lavorava sulla dissoluzione dei contorni, cercando con superfici scabre, solo in alcuni punti levigate, un effetto analogo allo sfumato leonardiano. E a chi gli riproponeva la statuaria antica come insuperato modello di perfezione non esitava a rispondere: «I Greci? Passacarte dell’età antica. Non li abbiamo serviti abbastanza?».

Allontanandosi sempre più dalla scultura intesa come riproduzione della realtà oggettiva, annotava nei suoi taccuini: «Lo scultore deve soprattutto far dimenticare la materia». Tutta l’opera di Rosso nasce nel tentativo di cogliere l’attimo, il sorriso di un bambino, l’espressione fugace di una donna, uno stato d’animo intravisto in persone sconosciute. Cercando di fondere fisico e psichico nella rappresentazione di un volto.

Come ricostruisce la mostra Medardo Rosso luce e materia curata da Paola Zatti e aperta fino al 31 maggio nella Galleria d’Arte Moderna di Milano. Ben presto si lascia alle spalle prove dal sapore aneddotico come il Birichino (1882), come la Portinaia o il goliardico ritratto di un avvinazzato Sagrestano (1883) che incontriamo nelle prime sale insieme alla vecchia Ruffiana; opere in cui si può leggere una eco della pittura scapigliata di tema sociale. Che svanisce con il trasferimento a Parigi nel 1889. È l’inizio di una fase post impressionista con una modellazione fluida improntata ad un forte pittoricismo. Fino ad arrivare a sculture innovative come Enfant malade e L’enfant juif, in gesso e bronzo. E alla misteriosa Madame X (1896), dove ogni intento ritrattistico è del tutto superato.

Il naso lungo e le orbite appena affiorano alla superficie. Il volto è suggerito da un ovale perfetto che evoca i reperti cicladici e al tempo stesso sembra anticipare Modigliani e Brancusi, come suggerisce Omar Cucciniello nel catalogo edito da 24 Ore Cultura. La forma ridotta all’essenziale e l’effetto di non finito toccano lo zenit in Ecce puer (1906), il capolavoro di Rosso con cui si chiude la mostra. E che negli anni successivi lo scultore torinese cercò incessantemente di ricreare anche attraverso un uso innovativo e artistico della fotografia.

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Mannarino: volevo curare una ferita ancora aperta

Prodigioso cantavite, premiato da Amnesty International Italia per “Scendi giù”: miglior brano sui diritti umani del 2014. Le parole di Alessandro Mannarino sono una nuova canzone.

Quanto sei felice per questo premio?

Molto. E anche se ho reso i fatti come sogno, il brano è ugualmente duro: parla di un detenuto che viene ucciso in galera dai secondini e lui si vendica con la fantasia. Il premio è stato un segnale forte.

Quando hai scritto “Scendi giù”, qual era il tuo intento?

Volevo curare una ferita ancora aperta, come lo sono i fatti di Genova, la morte di Aldrovandi, di Cucchi, di tanti Stefano Cucchi.

A chi dedichi il premio?

A tutti quelli che hanno subito la violenza, ma anche ai violenti, a quelli che fanno torture o blitz, perché sono vittime di un’altra violenza, quella del pensiero.

A quando il tour?

Suonerò da luglio a settembre. Ripartirò dall’album Al monte per riprendere il concetto di Corde, lo spettacolo che ho fatto un paio di estati fa con le chitarre, cui ho aggiunto il contrabbasso, le percussioni, una cantante violinista e un violoncellista. Un’esperienza, rivisitata e ampliata, che mi ha insegnato molto per la costruzione di arrangiamenti, le dinamiche dei volumi e delle intensità.

Soddisfatto per la partecipare al concerto del primo maggio di Taranto?

Si, perché è il più vero, nasce dal basso, in una città devastata. Poi è nuovo rispetto ad altre manifestazioni standardizzate e istituzionali, è libero, non ha sponsor né commerciali né politici.

Se dico: Liberté?

Penso a quella dalla cultura dominante.

Égalité?

Il pensiero che nasciamo tutti uguali.

Fraternité?

Mi fa pensare all’umanità, nel senso di riconoscere qualsiasi essere umano, anche di un’altra cultura, come fratello.

Trasformazione?

La parola più bella, la cerco da tempo. Parte da una messa in discussione di te, ma ci vuole anche qualcuno che ti metta in discussione e che ti induca alla trasformazione. La più bella è quella che uno fa quando si innamora.

Elly Schlein lascia il Partito Democratico: me ne vado anche io, insieme a Pippo Civati

Queste sono forse le righe più difficili che abbia mai scritto. Le scrivo dopo due lunghi giorni di silenzio, ma riflessioni che durano da settimane, o forse mesi. E che mi portano ad una scelta soffertissima.

L’altro giorno è uscito il nuovo album dei Mumford&Sons. E in molti, me compresa, sono rimasti un po’ delusi, perché è senz’altro un buon disco, ma non è il loro sound. Non si riconoscono quasi. E, interrogandomi sui motivi per cui avessero scelto di fare una cosa così diversa da loro, per la prima volta mi sono sentita calcolata. Ho pensato che probabilmente secondo le leggi del marketing questo sound è in grado di rivolgersi a un pubblico molto più ampio, e che quindi avranno tenuto in conto che una parte dei più affezionati si sarebbe sentita tradita e disorientata, ma che ciononostante avrebbero venduto di più. E quando ti senti calcolato, per istinto umano diventi imprevedibile, alla Jim Carrey in The Truman Show, e ti spingi fino al limite per trovare la porta che ti rimette in libertà.

Forse anche noi, siamo stati calcolati. E le forzature costanti dell’ultimo anno, le continue violenze verbali, l’indifferenza e l’irrisione verso ciascuna delle tante proposte, e le umiliazioni verso le minoranze sono state fatte per rivolgersi a un pubblico più vasto, quello del centro che abbiamo risucchiato e fagocitato, e della destra che stiamo imbarcando su tanti territori, con una disinvoltura inquietante e una voracità da indigestione. E magari si calcolava pure che dopo tanto chiasso saremmo comunque rimasti dentro, a coprire a sinistra, convinti come al solito che, anche quando non si è d’accordo, la battaglia si faccia da dentro. Beh, amici e compagni, questa convinzione mi ha guidato sin qui con l’ostinazione e la passione che sapete.

Ma oggi, come Pippo, non ci credo più. E per carattere non riesco proprio a fare cose in cui non credo. Non ci credo perché per fare le battaglie da dentro bisogna almeno giocare su un campo comune, e invece qui ci hanno portato via la scacchiera e ci siam trovati a sorpresa col doppio dei pezzi neri.

In quest’anno abbiamo visto stracciare diritti dei lavoratori nel nome della libertà di licenziare e nell’illusione, culturalmente così distante dalla nostra storia, che questo aiuti a creare maggiore e migliore occupazione. Abbiamo visto scegliere con forza un modello energetico che non ha nulla di nuovo, è vecchio e superato dai tempi, frutto di un’incapacità di visione e lungimiranza su che tipo di suolo, di ambiente vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi. Abbiamo assistito a forzature costituzionali insopportabili, in continuità col pericoloso esautoramento del Parlamento in atto da anni (ma che prima contestavamo), e che ha avuto il suo grave culmine con la fiducia su una materia di squisita competenza parlamentare. E più giro i territori più assisto a scissioni silenziose e sofferte di tanti militanti ed elettori davanti all’ingresso nel partito di figure che abbiamo sempre combattuto, ex fascisti, ex berlusconiani, affaristi e a sentir Saviano pure di peggio.

La verità è che vale la pena di lottare dentro al Partito finché c’è il partito, ma io temo che questo partito non esista già più, e si sia trasformato in un’altra cosa, molto diversa da quella cui avevamo entusiasticamente aderito e da ciò che era nato per essere, perno della sinistra moderna e di governo che vogliamo.

Me ne vado anche io, insieme a Pippo Civati. Nel suo volto di ieri sera dalla Gruber ho rivisto dopo mesi difficilissimi quell’amico e maestro che ha avuto lo straordinario merito di riavvicinare alla politica tantissimi ragazzi come me, che eran rimasti delusi e si erano allontanati. Molti dei quali, lungo quest’anno di riforme calate dall’alto e fuori da ogni programma, se ne sono andati di nuovo. Chiedevamo “un partito all’altezza della sua base”, che desse ascolto a militanti ed elettori e li coinvolgesse nelle scelte più importanti, ma in questo l’era Renzi non ha portato nulla di nuovo. Me ne vado con il dolore infinito di lasciare tanti amici e compagni di intense battaglie, ma con la speranza che un giorno ci ritroveremo. Con il tormento interiore di sapere che deluderò alcuni di coloro che mi avevano sostenuto, e che ci credono ancora. Li rispetto, abbiamo nutrito di tutte le nostre energie questa convinzione che ha alimentato l’entusiasmo e la grinta con cui abbiamo portato giorno dopo giorno il nostro contributo al PD, ed è un travaglio anche personale quello che porta all’amara convinzione che la mutazione genetica del partito sia ormai irreversibile. Ma se la raggiungi, questa consapevolezza, per onestà intellettuale e per coerenza devi chiederti se quel che fai è abbastanza, per il Paese. O se è quanto basta per salvare la tua coscienza. Devi chiederti, cioè, se dopo un anno di trasformazioni profonde, di calci in faccia e di riforme che non condividi vuoi offrire al Paese solo il tuo dissenso, perennemente irriso e calpestato, oppure una prospettiva. Ed io scelgo la seconda.

Esco anche io dal Partito Democratico, e continuerò con coerenza e con la stessa passione a fare le battaglie di sempre, su cui mi sono impegnata anzitutto con chi ha scritto il mio nome sulla scheda. Lo faccio con un fortissimo groppo in gola pensando ai compagni che oggi fanno una scelta diversa, e ai tanti amici e colleghi che stimo, che in ottima fede si impegnano ogni giorno a tutti i livelli per dare un senso a quest’appartenenza. Lo faccio guardando in faccia la paura che fa una scelta così, sapendo che è un all-in, e che potrebbe essere la fine o un nuovo inizio. Ma lo faccio perché a volte devi fare ciò che ritieni giusto, e trovare il coraggio nelle tue convinzioni. Perché c’è un limite umano alle forzature che si possono sopportare, e il mio l’abbiamo già superato da un po’. È troppo tempo che non mi riconosco più in nulla di quello che sta facendo il governo, che vivo male la contraddizione sempre più insanabile tra il mio impegno quotidiano e quel che facciamo a livello nazionale, e che faccio fatica a rispondere ai tanti che mi chiedono cosa facciamo qui dentro.

Tanti di noi si sono messi in gioco nel momento in cui non si sentivano più rappresentati, convinti che se non ci mettiamo in prima persona a cambiare le cose, nessuno lo farà per noi. Ricordo bene quando occupammo le sedi del partito contro le larghe intese, convinti che la strada giusta fosse cambiare il PD per cambiare il Paese. Il problema è che il PD oggi è radicalmente cambiato, ma sono le larghe intese che stanno occupando noi. Che dettano le scelte di governo, che dettano le più impensabili delle alleanze sui territori, e portano a trasformismi di ogni tipo. Il problema non è essere una minoranza, lo eravamo anche prima. Il problema è come fare a portare avanti con coerenza le proprie battaglie sull’immigrazione, con un governo che non chiede di estendere il mandato di Triton, come fare a portare avanti le battaglie sulla legalità, con un governo che diluisce ogni norma anticorruzione, come fare a portare avanti le proprie battaglie sui diritti civili, con un ministro che chiede di cancellarli dai registri, e come fare a portare avanti le proprie battaglie per un futuro sostenibile, con chi sceglie di nuovo cemento e trivelle?

È proprio per uscire da questa dolorosa contraddizione che, dopo tanti mesi a tentare di segnalare un disagio profondo, che non è soltanto mio o di Pippo ma di moltissimi elettori che abbiamo perso per strada e ritroviamo nelle piazze, che sento di non poter più tenere questa tessera in tasca. Col dolore di chi in essa e nei suoi colori aveva trovato un’appartenenza a lungo cercata, ma ora tradita dalla foga iconoclasta con cui si passa sopra alcuni di quelli che erano i nostri principi fondanti, e dalla prepotenza di chi non tollera una voce diversa.

A chi deluderò dico che mi dispiace davvero. A chi ci guida dico che se si cerca un nemico al giorno, si allontanano anche gli amici, quelli che sfuggono alla rigida dicotomia “o vuoi innovare come diciamo noi o sei un conservatore”. Perché le cose possono cambiare in meglio o in peggio, e io vorrei le cambiassimo in meglio. A chi dei nostri sostenitori da tempo ci aspettava fuori dico che mi abbracci forte, perché è un giorno difficile. E a me stessa, per una volta, dedico quella citazione di Terzani che mi sta tanto a cuore: “Quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c’è più speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all’erta.”

Vi abbraccio tutti, col cuore in mano.

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Michela Marzano lasci il Pd, non la politica, abbiamo bisogno delle sue idee

Avevo cominciato con un tweet, ma non basta, Michela Marzano. Leggo con dispiacere le sue parole nell’intervista di Vittorio Zincone su Sette, in cui dice di voler abbandonare la politica. Le chiedo di restare (non nel Pd, s’intende, ma in politica) per due motivi: uno personale e uno politico.

Il motivo personale si chiama passione per la filosofia. Maneggio ultimamente la frase di Ermanno Bencivenga “la filosofia non è qualcosa che si dice, ma qualcosa che si fa” e quando lei nel 2013 decise di candidarsi pensai che era esattamente questo: dimostrare che “vivere significa essere nell’azione”. Avrebbe messo al servizio di questo scapestrato Paese le sue idee, i suoi contenuti (che personalmente stimo moltissimo) per provare a cambiarlo. Partendo dai diritti civili, che più le (ci) stanno a cuore, nella profonda convinzione che l’io non esista senza il tu e che “la vera uguaglianza è quella che riconosce e valorizza le differenze individuali, senza negare a nessuno un accesso paritario ai diritti”. Partendo da questi, per allargarsi a un’azione politica convinta, partecipata e appassionata (e mi permetta di dirle, in quanto laureata in filosofia, che so di cosa parlo quando dico “passione” e quando la riconosco in persone come lei). E proprio per questo, proprio per il senso di missione filosofica che l’avrà spinta a tornare in Italia e ad aprirsi alla politica rispetto al mondo accademico, credo sia un vero peccato che lei abbandoni.

Il secondo motivo è prettamente politico: nell’intervista lei parla di un’alternativa di sinistra chiedendosi “Ma ora dove guardo?”. Io avrei un suggerimento: l’alternativa che Civati vuole costruire. E mi arrogo il diritto di dire che le parole di Durkheim – che lei ricorda nel suo Il diritto di essere io – sono proprio le parole sottese all’idea che Civati vuole mettere in atto: “nella società contemporanea si può parlare di solidarietà organica, cioè come lei spiega – ognuno può finalmente esistere indipendentemente dagli altri, anche se è con gli altri che deve collaborare perché la società possa sussistere”. E lei aggiunge, “in teoria”. Ecco. Civati vuole trasformare questa teoria in pratica. Deluso, come lei, da questo Partito Democratico che di democratico non ha più niente, scende dal carro dei vincitori e assieme a un gruppo nutrito di persone vuole ricostruire ciò che costantemente si cerca di demolire.

A titolo di nulla, in qualità di semplice laureata in filosofia, quasi consulente filosofica, le chiedo di ripensarci.

Abbiamo bisogno della sua testa. 

E se davvero “la vita non ha un significato univoco e ha il senso che ciascuno di noi è capace di darle”, spero che lei voglia ancora combattere con noi per provare a trovarne anche uno unitario, condiviso. E politico. Per restituire dignità a questa parola.

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Le cinque delle 13.00

Bambino sub-sahariano cerca di immigrare in Spagna nascosto in valigia. Rannicchiato in posizione fetale, raggomitolato tra i vestiti, rinchiuso dentro una valigia per oltrepassare la dogana di Ceuta e raggiungere la mamma in Spagna. Smascherato dai controlli effettuati con i raggi x.

Camerona ha ricevuto l’incarico dalla Regina. «La vittoria più dolce» ha dichiarato il premier, che è a Buckingham Palace per la formalizzazione del secondo mandato, e promette un futuro migliore per tutti. Dimissioni a catena per gli avversari: escono di scena i leader labour Miliband, libdem Clegg e anti-Ue Farage.

L’Eurogruppo di lunedì non sarà decisivo per la Grecia. Lo conferma da Roma Jeroen Dijsselbloem che nei giorni scorsi ha aperto alla possibilità di una ristrutturazione del debito a patto di un’intesa sull’attuale completamento del programma.

Si schianta elicottero dell’esercito pachistano, morti gli ambasciatori di Filippine e Norvegia nello schianto nella zona di Gilgit-Baltistan. Lo riferisce DawnNews Tv.

Riprende lentamente l’operatività dell’aeroporto di Fiumicino dopo l’incendio che ieri ha paralizzato lo scalo romano. Ancora disagi per i passeggeri. L’Enac ieri ha fatto sapere che i voli per tutta la giornata saranno operativi al 50%.

A quando l’alternativa?

Jobs act, Italicum e anche Buona scuola. La politica di Matteo Renzi crea sconquassi e mal di pancia dentro il Pd. Ma è possibile che si crei un’alternativa?

Dopo lo strappo di Pippo Civati, Left con Luca Sappino indaga in quest’area mai stata così in movimento come adesso, che va dalla minoranza dem, Sel, i grillini di sinistra alla coalizione sociale di Landini. «Voglio tornare a fare politica dal basso», afferma poi Giuliano Pisapia, sindaco arancione trionfante nel 2011. Ecco cosa dice Pisapia a Giulio Cavalli: «Credo che serva un nuovo soggetto di sinistra che riesca a governare con il Pd. È necessario sia al Pd quanto alla sinistra». E per intrecciare un nuovo dialogo tra il Pd e il “nuovo soggetto” Pisapia si offre nel «ruolo di pontiere».

Frattura all’interno del popolo Pd l’ha creata anche il ddl della Buona scuola. La manifestazione del 5 maggio, con oltre 500mila insegnanti, studenti e genitori in piazza, ha reso evidente lo scollamento esistente tra il governo e chi vuole difendere la scuola pubblica da tentazioni privatistiche o aziendalistiche. Left con Donatella Coccoli analizza l’ultimo “de profundis” alla scuola che arriva proprio da un manager, Roger Abravanel, il “profeta” della meritocrazia che sostiene: «Gli studenti sono i clienti della scuola». Si dà la colpa all’istruzione della mancanza di lavoro tra i giovani, senza affrontare il nodo della mancata innovazione delle aziende italiane e dell’assenza totale di politiche industriali.

Altro tema “divisivo” all’interno della sinistra è quello dei migranti. Il governo Renzi si mostra sempre più incapace di far fronte alla tragedia continua che avviene nel mar Mediterraneo. Lo speciale di Left, con servizi di Tiziana Barillà, Umberto De Giovannangeli e Ilaria Giupponi, fa il punto sull’odissea di quanti attendono in Italia lo status di rifugiato politico, sull’assenza di una politica migratoria in Europa e sulle novità dell’Europarlamento. Da segnalare ancora la novità dei circoli di lettura con Filippo La Porta, un’intervista di Simona Maggiorelli ad Alfonso Berardinelli che smaschera l’idolatria per Heidegger da parte di alcuni intellettuali italiani e il punto, per la scienza, di Pietro Greco sul rapporto tra vaccini e autismo. Buona lettura!

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Ddl Buona scuola, sindacati incalzano: «Vogliamo incontrare il governo»

«Così il ddl Buona scuola è inaccettabile. Va bene la disponibilità del Pd a sentirci, ma noi vogliamo parlare con il governo e vogliamo parlare di merito, perché per ora i nodi cruciali rimangono irrisolti», afferma Mimmo Pantaleo, segretario nazionale Cgil scuola, appena uscito oggi pomeriggio dall’incontro al Nazareno.

Era insieme ai segretari Susanna Camusso, Anna Maria Furlan (Cils) e Carmelo Barbagallo (Uil) e ai rappresentanti dello Snals e di Gilda. Ad attendere i rappresentanti sindacali c’erano il presidente del Pd Matteo Orfini, il vice segretario Lorenzo Guerini e la responsabile nazionale scuola Francesca Puglisi. «Apprezziamo gli sforzi di una parte del Pd che è favorevole a cambiare il ddl, ma a noi non ci basta, vogliamo essere ricevuti dal governo», continua Pantaleo.

Dopo la grande manifestazione del 5 maggio, la prima unitaria dopo sette anni, con 500mila manifestanti sparsi in tutta Italia, i sindacati hanno chiesto un incontro al governo, ma per ora nulla di fatto. Quali sono gli obiettivi della mobilitazione? Semplice: «un decreto per la stabilizzazione dei precari, e tempi più distesi per discutere dei nodi cruciali, tra cui i poteri “speciali” del dirigente scolastico, compresa la chiamata diretta». Intanto la mobilitazione continua con assemblee nelle scuole. E il blocco degli scrutini? «Non lo escludo, se non ci daranno risposte», conclude Pantaleo.

Nelle stesse ore in cui il Pd incontrava i sindacati, in rete si è accesa ancor di più la campagna di boicottaggio del partito democratico alle prossime elezioni regionali. E stavolta il voto dei prof è un non-voto.

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Le cinque delle 20.00

Stop ai #vitalizi per i condannati. Ok dell’Ufficio di presidenza della Camera alla delibera che blocca la corresponsione dei vitalizi agli ex deputati condannati per reati considerati gravi. Fi e M5s abbandonano la seduta, e i rappresentanti di Ap non hanno partecipato al voto. Nessun voto contrario, a favore hanno votato Pd, Sel, Sc, Fdi e Lega.

Corpi trovati all’interno del barcone affondato lo scorso 18 aprile al largo della Libia, provocando la morte di circa 750 migranti, sono stati rinvenuti numerosi corpi.   Lo si apprende dalla procura di Catania che conduce le indagini sul naufragio del 18 aprile.

Rogo a Fiumicino, ripartono i voli. Graduale ripresa delle attività dopo l’incendio divampato nella notte. Inagibile il Terminal 3 dove le fiamme hanno interessato l’area commerciale nella zona transiti. Cancellazioni e ritardi. Indaga la Procura di Civitavecchia

Gb al voto. Previsto un testa a testa Cameron-Miliband. Seggi aperti in Gran Bretagna per il rinnovo della Camera dei Comuni. La maggioranza assoluta è di 326 seggi ma per i sondaggi nessun partito la raggiungerà. Rischio ingovernabilità e rebus alleanze. Potrebbero essere decisivi gli scozzesi di Snp

#gattinisusalvini la fan page facebook di Salvini inondata dai gattini. Flashmob virtuale sulla bacheca del leader dela Lega. I commenti dei suoi post invasi da immagini di felini.