In questi giorni una nuova forza politica ha fatto la sua comparsa. Si chiama Liberi e uguali, parole che fanno un chiaro riferimento alle parole della rivoluzione francese.
Il nostro giornale ha fatto, nel lontano 2006, di quelle parole il suo nome, aggiungendo a quelle della rivoluzione francese una T che significa trasformazione.
Poi, gli inventori dell’acronimo e di questo nome, Left, andarono a chiedere a Massimo Fagioli di dare un senso nuovo alla T per non confonderla con la trasformazione marxista, che si riferisce solo alla realtà materiale.
Quel senso nuovo è il senso della trasformazione degli esseri umani, la loro possibilità che hanno di cambiare e trasformarsi nel rapporto con gli altri.
Una possibilità che Massimo Fagioli ha scoperto e teorizzato come possibilità che ha l’essere umano e che ha il suo fondamento nella dinamica della nascita.
Gli esseri umani nascono uguali. Perché tutti nascono e tutti, allo stesso modo, realizzano un primo pensiero che prima della nascita non c’era: la fantasia di sparizione.
Fagioli ha scoperto che il pensiero umano non è inscritto nel Dna.
Il Dna umano determina la formazione di una biologia che ha una reazione del tutto particolare alla nascita. Una reazione che determina la creazione di un pensiero che prima non c’era.
È una creazione della biologia. Non c’è nessun intervento esterno. Quello che crea il pensiero non è lo stimolo luminoso ma è la reazione allo stimolo luminoso. È un qualcosa che da dentro il corpo va verso l’esterno. È un pensiero sul mondo. È un’opposizione al tempo che scorre facendo un pensiero che dice “il mondo non esiste”. È una reazione psichica non potendo il neonato opporsi fisicamente in alcun modo.
Fagioli lo disse 1000 e 1000 volte. L’uomo nasce inetto e in questo sta la sua forza. Se così non fosse non farebbe quella reazione solo psichica di non rapporto con l’ambiente. Gli animali hanno immediatamente rapporto con l’ambiente. È necessario per la sopravvivenza. Il piccolo puledro che nasce deve mettersi in piedi subito, e in pochi minuti deve essere in grado di correre. Perché altrimenti sarebbe spacciato, perché immediatamente ucciso e mangiato dal predatore.
L’essere umano no. Alla nascita reagisce al rapporto con il mondo annullandolo. Non è un non rapporto come potrebbe essere quello di una cosa inanimata. È un non rapporto che è una reazione. Quindi un non rapporto che ha in sé un pensiero. Un pensiero di esistenza di un altro essere umano simile a se stessi.
Paolo Liguori è stato così gentile da invitarmi a parlare di “Left 2014”. Il volume uscito per L’Asino d’oro edizioni che raccoglie gli articoli scritti da Fagioli per questo giornale nel corso del 2014.
Liguori ha detto durante la trasmissione che nel 2014 gli fecero storie per aver parlato con l’eretico Fagioli e delle sue strane “lezioni”.
Che poi in realtà non erano lezioni ma erano sedute di psicoterapia di gruppo. Si chiamavano Seminari di Analisi Collettiva. Ce ne erano 4, dal lunedì al giovedì. Accoglievano centinaia di persone ogni giorno.
Si iniziava puntuali, sempre. Ed era un immergersi in un mondo misterioso fatto di sensibilità e parole che riuscivano a spiegare ciò che apparentemente non lo era.
Ciò che risultava incomprensibile lo diventava.
Fagioli ha sempre detto che la mente e il corpo non sono separate. Perché alla nascita è tutto il corpo che reagisce all’aggressione della situazione nuova. Il pensiero e la sensibilità è di tutto il corpo. L’intelligenza è di tutto il corpo.
Se la mente comprende e accetta di essere nata accetterà anche che avrà una fine. Accetterà l’esistenza del corpo, la sua intelligenza e sensibilità.
Fagioli era certo che la maggioranza delle persone avessero la nascita intatta, intesa come pensiero inconscio sano.
Se la sinistra acquisisse queste idee avrebbe un’enorme possibilità di sviluppare politiche nuove, che vadano veramente nella direzione di un maggiore e migliore sviluppo della società.
Il sogno di Left è questo, mettere insieme la libertà e l’uguaglianza con la trasformazione. Solo con la ragione ci hanno provato in tanti e sono sempre falliti. È invece più che possibile con la teoria della nascita.
Noi di Left continueremo il nostro percorso di ricerca di una sinistra che abbia queste idee come fondamento.
E intanto facciamo i nostri migliori auguri di buon lavoro a Liberi e uguali.










“Visto che avevo lavorato per molti anni con l’Ufficio Federale Immigrazione – ricorda Lisa – parlai con la guardia di confine per capire cosa stesse succedendo, ma le risposte non furono convincenti. A quel punto, di fronte all’emergenza e al fatto che la situazione non si riusciva a sbloccare è scattata la molla della disobbedienza civile. Sentivo che non potevo lasciare quelle persone, con le quali si era creato anche un legame, in quella situazione. Capii che non avrei trovato un modo legale per aiutarle a proseguire il loro viaggio, e decisi di farlo diversamente. Se le leggi non tutelano le persone credo che siamo obbligati ad agire in altro modo. Ripeto, non sono una che ha l’abitudine di infrangere la legge, ma non c’era una maniera legale di aiutare quelle persone”. La legalità si è tradotta invece nella condanna per Lisa Mirra, dove non è stata riconosciuta alcuna attenuante umanitaria. Condanna (ad una pena pecuniaria) sospesa poi con la condizionale per due anni. Una legalità che non ha tenuto conto nemmeno di alcuni casi di migranti che morirono folgorati nel tentativo di attraversare quella parte di frontiera arrampicandosi sopra i treni. Che non ha considerato neanche la presenza di molti minori non accompagnati tra i respinti.
Una vicenda dura dal punto di vista umano per Lisa Mirra, che si riserva comunque di fare appello alla condanna non appena arriveranno le motivazioni della corte. Una vicenda che ha ispirato però un movimento di denuncia: la
Oltre alla denuncia, l’altro obiettivo della marcia era quello di mettere in rete tutte le associazioni, anche piccole, che si occupano di accoglienza e condividono le idee del manifesto. A pochi giorni dalla conclusione del cammino, è inevitabile chiedere alla deputata svizzera un bilancio su questo aspetto. “Siamo un paese complesso – racconta Lisa – che sembra stia diventando sempre più rigido e xenofobo. Una come me è ostracizzata in Canton Ticino. Allo stesso modo però le differenze non mancano. A Ginevra c’è un sindaco di un movimento che mette al cento delle proprie politiche l’aiuto ai richiedenti asilo, dal quale siamo stati ricevuti nel corso della marcia. Da lui come dal sindaco di Neuchâtel. In generale posso dire che quest’altra Svizzera, quella dell’accoglienza, è grande. Tappa dopo tappa sono rimasta sempre più colpita dal numero e dalla qualità dei progetti messi in campo, che si scontrano con la rigidità di un sistema burocratico che limita le possibilità di intervento della società civile. Ho incontrato tantissime persone che ci hanno accolto, hanno camminato con noi. Addirittura deputati che hanno fornito i loro indirizzi come residenza dei migranti, per evitare loro il rinvio secondo gli accordi di Dublino. Quest’altra svizzera è meravigliosa. Sicuramente però è poco ascoltata dalle istituzioni”. Fondamentale ora sarà non fermarsi qui, dare un seguito a questo grande movimento, provando magari a fare rete anche con altri movimenti analoghi in Europa. L’ideatrice di tutto questo lo sa bene, come sa anche che “dopo un esperienza di questo tipo – conclude Lisa – c’è bisogno di tempo per far decantare il tutto. Per capire punti di forza e di debolezza. Dopo aver incontrato tanti movimenti e collettivi le idee ci sono. In particolare ne avrei una… ma ancora è presto”. Giusto. Le idee migliori, quelle che sono in grado di cambiare le cose in meglio, hanno bisogno del loro tempo per maturare. Per cui aspettiamo.
