Tutte le vicende che stiamo per mettere in fila sono molto attuali ma affondano le proprie radici ideologiche lontano nel tempo.
Partiamo da una data e da un luogo: giovedì 12 aprile 1973, Milano. Un corteo di neofascisti, organizzato dal Movimento sociale italiano e dal Fronte della gioventù nonostante il divieto per motivi di ordine pubblico, marcia verso la Questura per protestare contro la decisione di negarlo, altri manifestanti si dirigono verso la casa dello Studente e il liceo Virgilio per protestare contro una non meglio definita «violenza rossa».
Nel 1969 c’era stata la strage di piazza Fontana, nel 1970 il fallito golpe Borghese e la strage di Gioia Tauro, nel 1972 quella di Peteano, inoltre erano già in azione da anni gruppi terroristici come Ordine nuovo e Avanguardia nazionale organici alla cosiddetta strategia della tensione in chiave anti democratica e anticomunista, ma il Movimento sociale - diretta emanazione della Repubblica sociale di Salò - e la sua componente giovanile protestavano contro «la violenza rossa». Viene in mente il principio della semplificazione e del nemico unico di goebbelsiana memoria: puntare il dito su un avversario e insistere sull’idea che sia lui la fonte di tutti i mali.
Durante gli scontri con il reparto celere della Polizia i manifestanti lanciano due bombe a mano, una di queste uccide il giovane agente Antonio Marino, 22 anni.
Cinque giorni prima, sabato 7 aprile, un ordigno era esploso per errore nel bagno del treno Torino-Genova-Roma nelle mani dell’attentatore che lo stava confezionando, ferendolo gravemente e impedendo l’attuazione del piano. Pochi minuti prima la stessa persona era stata notata da alcuni viaggiatori mentre percorreva i corridoi indossando un eskimo e facendo in modo che si notasse la copia di Lotta continua che spuntava dalla tasca. Un tentativo di depistaggio di tipica matrice neofascista: voleva far ricadere su militanti di sinistra la colpa di quello che stava per accadere. Lo stesso doveva succedere in Veneto nei giorni seguenti dove erano stati organizzati altri attentati “rossi”.
Il giovane, 22 anni come il poliziotto Antonio Marino, si chiamava Nico Azzi, aveva militato nelle Squadre d’azione Mussolini e successivamente era entrato nel gruppo neofascista La Fenice, legato a Ordine nuovo. Ferito ma non in pericolo di vita, Azzi venne arrestato. Aveva però fatto in tempo a preparare e consegnare, alcuni giorni prima, gli ordigni che sarebbero stati utilizzati a Milano. Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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