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La grande ipocrisia dell’affido rinforzato

chiara saraceno affido rinforzato

Affido “rinforzato”, questo sconosciuto istituto giuridico è la nuova parola d’ordine per salvaguardare non già i diritti dei bambini, ma la sensibilità e l’ipocrisia dei parlamentari contrari alle coppie dello stesso sesso e soprattutto al loro desiderio di essere genitori. Quindi, come un tempo per i bambini nati fuori dal matrimonio, che non potevano essere riconosciuti da un genitore se questi era sposato con un’altra persona e che, anche quando riconosciuti, avevano meno diritti dei figli legittimi, neghiamo ai figli delle coppie dello stesso sesso il diritto ad avere due genitori legalmente riconosciuti, anche se questi ci sono e sono disponibili.

In nome del principio che un bambino deve sempre avere un padre e una madre, e del timore del ricorso alla gestazione per altri, se nella legge sulle unioni civili non verrà inclusa la possibilità di adottare il figlio della/del proprio partner (come è possibile per le coppie di sesso diverso), un bambino figlio di un/una omosessuale dovrà per legge rimanere con un solo genitore legale, mentre il suo altro genitore effettivo sarà solo un “affidatario rinforzato” (come un aperitivo), qualsiasi cosa possa voler dire. Dovrà rimanere legalmente orfano di un genitore, con buona pace della retorica sui diritti dei bambini e sulla priorità del benessere dei bambini.

Osservo che i genitori affidatari “non rinforzati” hanno già tutti i doveri quotidiani nei confronti dei minori, appunto, loro affidati, compreso quello, non indifferente, di mantenere aperta, anche nella consapevolezza del bambino, la possibilità, l’auspicabilità, di un ritorno dai genitori “veri”. Una possibilità che, ovviamente, non esiste per i figli delle coppie dello stesso sesso, perché queste sono i genitori “veri”, quelli che li hanno voluti e li allevano. Piuttosto, in mancanza di un riconoscimento della co-genitorialità, il bambino e il genitore non legale, anche se “affidatario rinforzato”, rischiano di perdere il proprio reciproco rapporto se qualche cosa succede alla relazione di coppia o se il genitore legale muore, o diventa gravemente disabile. Per quanto “rinforzato”, l’affidamento non crea nessun legame giuridico duraturo.

Questo nuovo escamotage pensato da chi si oppone all’adozione del figlio del/della partner, per altro, arriva già vecchio rispetto sia alla giurisprudenza, che ha ormai riconosciuto questa  possibilità in diversi casi anche in Italia, sia alla modifica delle norme su adozione e affidamento. Mentre fino a qualche mese fa, in nome della differenza tra adozione e affidamento, i genitori affidatari non potevano adottare il minore loro affidato (anche per periodi lunghi) una volta verificata l’impossibilità di un ritorno dai genitori naturali e legali, con la legge 173/2015 approvata ad ottobre, se lo desiderano possono farlo, sempre che il tribunale verifichi che l’affidamento abbia dato origine a un rapporto stabile e duraturo con il minore e tra questo e i genitori affidatari si siano venuti a creare «affetti significativi». L’obiettivo primario delle nuove disposizioni è la tutela del bambino. La relazione instaurata nella quotidianità e il diritto del minore a non vedersi lacerati gli affetti è diventato prioritario. E non bisogna aspettare che il minore compia i diciotto anni perché l’adozione avvenga. Perché questo principio non deve valere anche per i minori nati da una persona omosessuale? A meno che non si vogliano punire i bambini per punire i loro genitori. Basta dirlo, senza ipocrisie e senza far finta invece di difendere i loro diritti.

cover left n.2 | 9 gennaio 2015

Questo è l’editoriale pubblicato sul n. 2 di Left in edicola dal 9 gennaio 2016

 

SOMMARIO ACQUISTA

 

Cos’è la sinistra? Aiutateci a capirlo

Cos’è la sinistra, perché le sue ragioni sembrano essersi nascoste come il sole durante un’eclissi, e questa crisi che viviamo, economica, politica, culturale, prepara una società nuova e migliore o al contrario è un segno di regresso, un tuffo reazionario all’indietro, alla disperata ricerca di certezze consolanti ma non più evidenti?

Sono alcune delle cose che vorrei capire, sono le domande alle quali mi piacerebbe sentire una risposta, anche una mezza risposta. Eccomi con voi, sicuro della mia ignoranza, degli errori commessi, delle troppe cose non capite, ma deciso a mettercela tutta, con Ilaria Bonaccorsi e con la redazione, per costruire un rapporto franco e diretto con ragazze e ragazzi, nonni e nonne, con tutti coloro per i quali Left non è una parolaccia.

A tutti voi che leggete chiediamo aiuto, franchezza e un po’ d’impegno.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/CorradinoMineo” target=”on” ][/social_link] @CorradinoMineo

Le case colorate di Al Shataa, un campo profughi a Gaza

In this Tuesday, Dec. 15, 2015 photo, a Palestinian boy sits atop a wall with an elephant painting in the Shati refugee camp in Gaza City. A group of two dozen artists has painted the walls, doorsteps and facades of all the houses along a one-mile-long (1.5 kilometer-long) edge of the camp, including in the area where Hamas chief Ismail Haniya lives. Arabic at left reads: "Osama Sabeeta."(AP Photo/Hatem Moussa)

Case dipinte da artisti palestinesi nelle strade del campo profughi di Al Shataa nella zona occidentale della città di Gaza. L’iniziativa, ispirata da progetti simili realizzati in Messico e Venezuela, è l’ultima e la più grande dei quattro progetti per colorare i quartieri di Gaza devastata dalla guerra.

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Salvagente falsi venduti ai rifugiati siriani in Turchia

Allo sciacallaggio non c’è fine. La polizia turca ha scoperto un laboratorio di Izmir, il porto da cui parte la maggior parte dei siriani, che produceva falsi giubbotti salvagente, sequestrandone quasi 1300. Arancioni, come quelli che vediamo addosso a tutti i rifugiati che sbarcano a Lesbos o in Sicilia, con il difetto che non ti fanno rimanere a galla.


Le giacche sono la merce più venduta in alcuni negozi della città, ha spiegato un commerciante al Guardian. E in effetti i media turchi spiegano che c’è stato un boom nella produzione di questi giubbotti e che in alcuni negozi questi vengono venduti a prezzi troppo bassi. Molti portano marchi di origine e marca contraffatti: circa 10 dollari contro i 30 di un giubbotto vero. Un altro commerciante, che vende giubbotti veri, ha dichiarato a una Tv locale: «Quelli sono giubbotti che uccidono, altro che salvataggio. Così è un massacro».

Questa settimana 36 persone sono morte cercando di raggiungere le coste greche e, dall’inizio dell’anno sono già 800. I flussi sono diminuiti ma la fuga dalla guerra continua e dalle coste turche continuano a partire a migliaia nonostante il discutibile patto multimilardario tra Ankara e L’Unione europea volto a rendere le autorità turche più attive sul fronte della repressione del traffico di essere umani e dell’accoglienza ai siriani.

Quanto agli accordi europei secondo i quali i Paesi avrebbero accolto un numero crescente di rifugiati sulla base di quote stabilite, i risultati sono risibili: 272 ridislocati da novembre a oggi: lo 0,17% dei 160mila annunciati e lo 0,03% del totale delle persone entrate in Europa.

L’archivio della biblioteca di New York va online e si trasforma in una camera delle meraviglie 2.0

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È una camera delle meraviglie, una wunderkammer 2.0, il nuovo archivio digitale della New York Public Library. In Italia ancora pochissimi documenti sono stati digitalizzati e per consultare i materiali d’archivio di biblioteche e musei – e magari fare una foto con il proprio smartphone per ragioni di studio o semplice curiosità, oltre alla burocrazia necessaria per accedere al servizio, viene fatta pagare una tariffa. La biblioteca di New York ha scelto invece tutta un’altra politica e ha digitalizzato la maggior parte dei materiali d’archivio in suo possesso mettendo a disposizione di chi, sparso in qualsiasi punto del globo, possiede una semplice connessione internet ben 187.000 documenti fra stampe antiche, mappe, atlanti, cartoline, fotografie, libri, lettere, foto segnaletiche e addirittura spartiti musicali. Il risultato è impressionante e ricorda le camere dei collezionisti rinascimentali.

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Un dipinto di Jan van Eyck che mostra una delle antiche wunderkammer, camere delle meraviglie

Le epoche che possono essere consultate sono altrettanto disparate si va dal 11esimo secolo al 1900. Esplorando il sito potrete trovare addirittura le confezioni dei vecchi pacchetti di sigarette o i menù d’epoca di ristoranti, hotel e navi da crociera, documenti che raccontano quindi non solo la storia dei  Benjamin Franklin o dei George Washington, ma anche la quotidianità delle persone comuni e come si sono evoluti nel tempo la società e i costumi.
La quantità di materiale a disposizione è enorme e ci si può orientare navigando per generi come per epoche o addirittura per colore.

(continua a leggere dopo la gallery)

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L’archivio delle immagini stereoscopiche, oltre 42.000

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L’archivio dei menù d’epoca

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L’archivio delle mappe

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Una mappa di Brooklyn

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Le stampe

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Il menù delle fotografie

Una foto segnaletica del 1908 / New Orleans Police Department. Bertha Farnsworth. Alias: Bertha Rawlings. Occupation: Wash Woman. Criminal Occupation: Susp. Person. Nativity: Miss.

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Il menù delle cartoline

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Il menù organizzato per colori

«Vediamo la digitalizzazione come un punto di partenza non come un punto di arrivo» ha spiegato Ben Vershbow direttore della New York Public Library «non vogliamo solo mettere del materiale online e dire alle persone: “Ecco qua”, vogliamo mettere in moto un sistema e incoraggiare il riutilizzo e la diffusione dei documenti». Quindi cosa state aspettando? Accendete i motori e iniziate la vostra esplorazione.

Spencer Collection, The New York Public Library. "Ise monogatari = The Tales of Ise." The New York Public Library Digital Collections. 1608
Spencer Collection, The New York Public Library. “Ise monogatari = The Tales of Ise.” The New York Public Library Digital Collections. 1608

The Miriam and Ira D. Wallach Division of Art, Prints and Photographs: Photography Collection, The New York Public Library. "Children. Manchester, New Hampshire." The New York Public Library Digital Collections. 1936 Oct..
The Miriam and Ira D. Wallach Division of Art, Prints and Photographs: Photography Collection, The New York Public Library. “Children. Manchester, New Hampshire.” The New York Public Library Digital Collections. 1936 Oct.

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La Turchia rappresentata in un atlante del 1400

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uno dei ritratti della sezione stampe

Per chi di voi si vuole cimentare in prove di abilità dal gusto retrò la biblioteca pubblica di NYC ha ben pensato di festeggiare la digitalizzazione facendo un ulteriore regalo agli utenti con il videogioco Mansion Maniac, nel quale con l’aiuto di una icona in stile Pac-Man, gli utenti possono esplorare le planimetrie, sempre presenti nell’archivio, di alcune delle più stravaganti residenze di inizio del 20 ° secolo della Grande Mela.

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La statua d’oro di Mao? Già demolita

In this Monday, Jan. 4, 2016 photo, a construction crane rises next to a 36.6-meter (120-foot) tall gold-colored statue of former Chinese leader Mao Zedong in Tongxu County in central China's Henan province. According to Chinese state media, businessmen and local villagers contributed nearly 3 million yuan ($457,000) to build the cement statue. (Chinatopix via AP) CHINA OUT

Ricordate le foto della gigantesca statua dorata di Mao (37 metri) che nei giorni scorsi occupava la rete? Erano le ultime scattate: la statua, riporta France Press, è stata demolita perché mancava delle autorizzazioni necessarie. La demolizione è forse la risposta alla viralità con la quale le foto del colosso sono state accolte sui social network.

La struttura da tre milioni di yuan (460mila dollari) è stato distrutta, ha scritto un sito collegato al Quotidiano del Popolo, il giornale ufficiale del Partito comunista. Le sembianze dell’uomo che ha governato la Cina per quasi tre decenni non rispondevano all’iconografia ufficiale.

Immagini che circolano on-line – che  France Press non ha potuto verificare – mostrano un buco nella parte posteriore nel busto d’oro di Mao e la testa della statua avvolta di nero.

In this Monday, Jan. 4, 2016 photo, a construction crane rises next to a 36.6-meter (120-foot) tall gold-colored statue of former Chinese leader Mao Zedong in Tongxu County in central China's Henan province. According to Chinese state media, businessmen and local villagers contributed nearly 3 million yuan ($457,000) to build the cement statue. (Chinatopix via AP) CHINA OUT

In this Monday, Jan. 4, 2016 photo, a Chinese flag flies next to a 36.6-meter (120-foot) tall gold-colored statue of former Chinese leader Mao Zedong in Tongxu County in central China's Henan province. According to Chinese state media, businessmen and local villagers contributed nearly 3 million yuan ($457,000) to build the cement statue. (Chinatopix via AP) CHINA OUT

Medici Senza Frontiere: rifugiati senza riparo dal freddo in Serbia

Migrants walk from the Macedonian border into Serbia, near the village of Miratovac, Serbia, Wednesday, Jan. 6, 2016. Hundreds of migrants continue to arrive daily into Serbia in order to register and continue their journey further north towards Western Europe. (AP Photo/Visar Kryeziu)

I medici che lavorano nei campi di rifugiati sulla rotta balcanica segnalano un boom di persone malate a causa del freddo estremo. Le temperature nella regione sono scese abbondantemente sotto lo zero e hanno toccato minimi di -11 gradi centigradi. Ai migranti viene offerta assistenza medica, vestiti caldi e cibo presso i principali punti di rifugiati al confine serbo con la Macedonia, a sud, e la Croazia a nord. Ad ammalarsi con più frequenza vecchi e bambini. Le famiglie tendono a non volersi fermare per le cure per paura della chiusura dei confini.

Migrants try to keep dry as they walk from the Macedonian border into Serbia, near the village of Miratovac, Serbia, Wednesday, Jan. 6, 2016. Hundreds of migrants continue to arrive daily into Serbia in order to register and continue their journey further north towards Western Europe. (AP Photo/Visar Kryeziu)

A migrant mother carries her baby covered with a plastic sheet as they walk from the Macedonian border into Serbia, near the village of Miratovac, Serbia, Wednesday, Jan. 6, 2016. Hundreds of migrants continue to arrive daily into Serbia in order to register and continue their journey further north towards Western Europe. (AP Photo/Visar Kryeziu)

 

A migrant mother carries her baby covered with a plastic sheet as they walk from the Macedonian border into Serbia, near the village of Miratovac, Serbia, Wednesday, Jan. 6, 2016. Hundreds of migrants continue to arrive daily into Serbia in order to register and continue their journey further north towards Western Europe. (AP Photo/Visar Kryeziu)

A migrant carries his child as they walk from the Macedonian border into Serbia, near the village of Miratovac, Serbia, Wednesday, Jan. 6, 2016. Hundreds of migrants continue to arrive daily into Serbia in order to register and continue their journey further north towards Western Europe. (AP Photo/Visar Kryeziu)
(AP Photo/Visar Kryeziu)

Reato di clandestinità, è scontro nel governo delle (troppo) larghe intese

Il reato di clandestinità non è ancora stato cancellato. Nonostante siano molti i titoli di giornali a optare per questa affermazione. È più corretto invece affermare che all’interno del governo Renzi c’è uno scontro sulla depenalizzazione del reato di clandestinità. Con Alfano ed Ncd che promettono battaglia e il ministro della Giustizia Andrea Orlando che è il primo sostenitore di questa legge. Insomma, il decreto è già pronto ma il via libera slitta alla prossima settimana, al 15 gennaio. Si tratta di cancellare il reato di clandestinità, fermo restando il provvedimento di espulsione del prefetto e quindi l’allontanamento dal Paese. E senza che venga aggiunta una sanzione pecuniaria. Significa questo, concretamente, depenalizzare. E la depenalizzazione è in agenda per il Consiglio dei ministri della prossima settimana. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando rompe gli indugi che avevano fatto stralciare la misura dalla versione del decreto legislativo approvata prima di Natale in via preliminare dal Consiglio dei ministri. Determinante in questo senso la richiesta avanzata, a titolo di condizione, dalla commissione Giustizia della Camera, mentre il Senato sul punto non si è espresso.

Punisce uno status e non un comportamento
Introdotto in Italia nel luglio del 2009, il reato di clandestinità punisce chi entra nel nostro Paese in modo illegale: con un’ammenda da 5mila a 10mila euro o, in alternativa, da uno a cinque anni di reclusione. Tecnicamente, con il decreto che attende il vaglio, si tratta della soppressione del reato previsto dall’articolo 10 bis del Testo unico sull’immigrazione, inserito nel 2009 per volere dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni. A nemmeno due anni dalla sua approvazione, nel 2011, è arrivata la bocciatura dell’Europa: per la Corte europea di Giustizia il provvedimento rischia di ledere il rispetto dei diritti fondamentali.

Per i giudici di Lussemburgo: «La direttiva sul rimpatrio dei migranti irregolari osta a una normativa nazionale che punisce con la reclusione il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato a un ordine di lasciare il territorio nazionale. Una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali». Una sentenza, quella della Corte, che era arrivata a seguito del caso del «cittadino di un Paese terzo entrato illegalmente in Italia», ovvero El Dridi. Il primo caso in cui veniva punito non un comportamento ma uno status, quello di clandestino appunto. Nei suoi confronti, nel 2004, era stato emanato un decreto di espulsione, poi, nel 2010, gli è stato ordinato di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni per via della mancanza di documenti di identificazione e dell’impossibilità – per mancanza di posti – di ospitarlo in un centro di permanenza temporanea (oggi lo avrebbe atteso un Cie). Non avendo obbedito a tale ordine, El Dridi è stato condannato dal Tribunale di Trento ad un anno di reclusione.

Lo scontro nel governo delle – troppo – larghe intese
Non è solo la bacchettata europea a spingere il ministro Orlando ad accelerare (se così si può dire, dato il ritardo) sul decreto depenalizzante. Per il ministro, infatti, «l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, al di là della valutazione nel merito di tale scelta, non ha avuto alcuna funzione deterrente, com’era in verità facilmente prevedibile, se si considera che i migranti non leggono quotidianamente la Gazzetta Ufficiale. Con questo non voglio dire che l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ha portato a un aumento dei flussi, ma di sicuro, da quando il reato è stato introdotto, non si è avvertito alcun effetto deterrente», ha detto Orlando la scorsa estate durante l’audizione parlamentare. Ma quella bestia strana a due teste, chiamata governo delle larghe intese (la ricordate ancora questa espressione?) torna a scalpitare. Al suo interno infatti spicca la posizione di Angelino Alfano, oggi a capo del Viminale e all’epoca dell’introduzione del reato di clandestinità a capo del ministero della Giustizia del governo Berlusconi. Lo stesso governo che ha voluto e introdotto la norma che oggi si vuole cancellare. Dichiarazioni di Alfano, al momento non ce ne sono. Il quotidiano Repubblica riporta dell’intenzione degli alfaniani di dare battaglia per ostacolare la cancellazione del reato di clandestinità. Soprattutto oggi, dicono, all’indomani dei fatti di Colonia.

[social_link type=”twitter” url=”itter.com/TizianaBarilla” target=”on” ][/social_link] @TizianaBarilla

Obama in Tv e sul New York Times contro la lobby delle armi: agitano teorie del complotto

Un editoriale sul New York Times e una serata Tv con Anderson Cooper, una delle facce televisive più note d’America. E anche un confronto in diretta con cittadini che difendono il loro diritto costituzionale di avere un fucile – una follia, ma costituzionale. Obama è in piena campagna per difendere i suoi ordini esecutivi che aumentano leggermente la difficoltà di procurarsi un fucile – controlli, database, assunzione di personale.

L’attacco in televisione è duro contro la Nra, La National Rifle Association, potente lobby delle armi, che un tempo era favorevole ai controlli e oggi è divantata un braccio armato dei repubblicani, che lo sono, aa loro volta dell’associazione dalla quale prendono milioni in contributi elettorali.

«Le mie proposte non sono radicali, ma l’atmosfera che si è creata è alle per cui se io avanzo una proposta modesta e du buon senso sulle armi viene descritta come un complotto della mia amministrazione volto a togliere le armi agli americani…c’è un motivo per cui la NRA, la lobby delle armi, non è qui, è perché sono in strada a fare la loro campagna, sono pronto a incontrarli ma la discussione non può essere basata su fantasie e teorie del complotto…Non c’è nessuna merce che compriamo che non cerchiamo di rendere più sicura: auto, giocattoli per bambini, bottiglie di medicine. Perché non applichiamo questo senso comune anche alla “merce pistole”?»

Sul New York Times c’è anche un messaggio per i candidati democratici, Clinton e Sanders, che sono probabilmente già d’accordo con lui:

Continuo a fare scelte da presidente, ne farò come cittadino: non farò campagna elettorale, né sosterrò nessun candidato anche delle fila del mio partito che non sostiene riforme di buon senso sulle armi. E se il 90 per cento degli americani che sostengono queste riforme, eleggeremo il leader che meritiamo.
Tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere anche i possessori di armi. Abbiamo bisogno della stragrande maggioranza dei possessori di armi che piangono con noi dopo ogni strage e non sono adeguatamente rappresentati. Anche l‘industria delle armi dovrà fare la sua parte.

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Caro Orfini ripeti insieme a noi: «il PD c’entra con Mafia Capitale»

(Pre scriptum: sì, lo so, c’è la camorra e il Movimento 5 Stelle a Quarto e annuso bene quest’aria che vede tanti piccoli democratici sull’attenti con l’ordine di convincerci che un’indagine in corso sia peggio di condanne effettive e, sinceramente, non mi sento moltissimo in colpa nel dare la priorità alla condanna di un ex assessore, un presidente di municipio e diversi collaboratori della capitale d’Italia in piena sbornia di giubileo rispetto ad un paese di 40.000 abitanti, che sono meno dei contanti che aveva Odevaine nel cassetto. Comunque, prometto, scriverò anche di Quarto. Ora torniamo a noi.)

Caro Matteo Orfini,

scrivo a lei in qualità di Presidente del Partito Democratico, consapevole quanto sia duro essere presidente di un partito che è ogni giorno di più il detergente intimo del premier Matteo Renzi e scrivo a lei perché ha accettato (in uno sforzo che mi auguro le sia stato riconosciuto) il faticoso ruolo del “mentitore” televisivo sui fatti di Mafia Capitale. Si ricorda, caro Orfini, quando in occasione di alcune trasmissioni tv, in quei salotti di talk show politico dove si moltiplicano i figuranti belanti a ripetizione secondo le direttive di partito, lei disse «il PD non c’entra nulla con Mafia Capitale»? Ricordo chiaramente, tanto per citare un’occasione, quando lo ribadì con inconsistente convinzione di fronte a Luigi Di Maio. «Il PD non c’entra nulla con mafia capitale» era diventato il mantra per i carillon giornalistici di massa, il Nam myoho renge kyo di tutte quelle settimane passate ad inventarsi barzellette su Ignazio Marino perché non si parlasse di mafia e corruzione. Bei tempi, quelli, come quando lei e il Presidente del Consiglio avete voluto suggellare la vostra ritrovata convergenza politica con una bella foto da reality show tutti intenti a giocare alla Playstation. Che anno, quel 2015.

Ebbene, caro Orfini, basta sfogliare la rassegna stampa di oggi per accorgersi che l’ex Assessore alla Casa del comune di Roma Daniele Ozzimo (magicamente definito con un blando “in quota PD” per i soliti equilibrismi d’autore del giornalismo prono) nonostante una condanna (in primo grado, ovvio, perché si è garantisti, tranne che per gli indagati degli altri) a due anni e due mesi sia sia relegato allo spazio delle “notizie di passaggio” che sono solitamente, nei periodi infelici per vivacità di informazione curiosa, gli spazi riservati alle notizie che “non si possono non dare”. Non le sarà sfuggito probabilmente nemmeno il fatto che sia stato condannato anche il collaboratore di Andrea Tadssone ex presidente del municipio X di Ostia, in “quota PD” (come s’usa scrivere oggi).

Vede Orfini, a volte il nascondimento di una notizia che viene scritta sempre a volume basso risulta ancora più mendace di una bugia bella quadrata e fiera: sente anche lei come siano diversi i toni da quel suo urlare in prima serata con la faccia paonazza dell’eccesso di difesa? Non le pare che, in tempo di un Giubileo che vorreste usare come medievale indulgenza per autoassolvervi, forse sarebbe il caso di discuterne di ciò che emerge durante il processo? Perché vede, caro Orfini: in una città che voi non avete voluto sciogliere per mafia i primi esiti processuali dicono che il ‘sistema’ fosse tutto tranne che legato all’ex sindaco Marino e, respiri profondo e provi a ripeterlo insieme a noi, dice in modo evidente che un pezzo di Partito Democratico fosse perfettamente inserito e convergente nel meccanismo criminale.

Caro Orfini, perché cadere nell’antico vizio dello schivare un punto politico affidandosi alla speranza di avere un tonfo più forte da qualche altra parte, di qualcun altro, che sollevi maggior tanfo? Perché cadere nella molesta (e, questa sì, antipolitica) mani di buttare la palla in tribuna per buttarla in caciara? La sua dichiarazione sull’estraneità del PD in Mafia Capitale è falsa: è evidente mica dalle condanne ma dagli elementi che spuntano in quel processo che state facendo di tutto per sotterrare. Truccare le carte è bassa propaganda e lei, lo sa bene, è il presidente del partito più importante d’Italia, come ci ripetete spesso voi. Niente oscenità, per favore: ci dica come pensa di reagire il PD che lei rappresenta. O si faccia inviare un sms da Renzi. O chieda una slide chiarificatrice al marketing di partito. Ma faccia qualcosa.

Ah, a proposito: vi abbiamo scoperto da un pezzo che giocate a nascondino con la Boschi. Solo per dirvelo, eh. Tana! come si dice da queste parti.