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Come e perché il Portogallo si è tinto di rosso

A man wearing a face mask holds a Portuguese Socialist Party flag and a red rose during an election campaign event in the outskirts of Lisbon, Thursday, Jan. 27, 2022. Portugal holds a general election on Jan. 30. (AP Photo/Armando Franca)

Il Portogallo è socialista a «maggioranza assoluta». Questo il risultato delle elezioni politiche che si sono tenute domenica 30 gennaio, di cui il protagonista indiscusso – senza dubbio – si conferma il leader del Partito socialista (Ps) António Costa. La sinistra radicale perde consensi in modo significativo, la destra populista Chega (“Basta”) di André Ventura sale al 7,2 percento, i socialdemocratici del Psd (centrodestra in Portogallo) si fermano al 27, mentre lo storico partito di centro Cds – Partido Popular (nato contro la dittatura di Salazar) per la prima volta è fuori dal Parlamento. Ma prima di avventurarci in improbabili e fantasiosi parallelismi con lo scenario politico del nostro Paese – lo so, la tentazione è grande – facciamo un passo indietro.

Quando scrissi per la prima volta del leader socialista António Costa era il 2013: sul blog Sosteniamo Pereira cercavo di raccontare, appena sbarcato a Lisbona, la vittoria del Partito socialista alle elezioni comunali della Capitale. Il Portogallo era ancora in pieno commissariamento europeo e le elezioni amministrative di allora sancirono inequivocabilmente una bocciatura delle politiche di austerity, che l’ala conservatrice del Parlamento lusitano – i socialdemocratici portoghesi – recepirono senza batter ciglio per tutto il corso del loro mandato elettorale. Le manifestazioni di piazza, all’epoca, scandivano il ritmo quasi quotidiano della vita delle cittadine e dei cittadini, almeno di coloro che abitavano la Capitale: ebbene, Costa fu riconfermato sindaco di Lisbona per la seconda volta di seguito in un contesto in cui, a livello nazionale, il Ps si attestava al 36,4 per cento. Oggi, agli inizi del 2022, il leader socialista ritorna sempre per la seconda volta, dopo la vittoria del 2015, alla guida dell’intero Paese ottenendo il 41 percento dei consensi e dunque la maggioranza assoluta in Parlamento con 117 seggi (ne bastano 116 per ottenerla nell’Assemblea della Repubblica portoghese) a cui si potrebbero aggiungere altri 2 seggi dai collegi esteri.

«Una maggioranza assoluta non equivale al potere assoluto» ha commentato a caldo Costa subito dopo gli esiti del voto, arrivati nella notte del 30 gennaio scorso. Sì, perché a questo giro, al contrario del 2015, il leader del partito nato nel 1973 in funzione rivoluzionaria contro il regime salazarista (e il cui simbolo raffigura ancora un pugno chiuso su sfondo rosso) potrà governare da solo senza prevedibili difficoltà, senza dover ricorrere al sostegno della sinistra radicale. Non a caso Costa, circa sei anni fa, per riuscire a reggere un governo di maggioranza relativa dovette dar vita all’esperimento della cosiddetta geringonça – un “trabiccolo”, un “aggeggio” – che vedeva i socialisti accordati con il Bloco de esquerda (blocco di una sinistra, potremmo dire, “eterodossa”) e con la Coligação democrática unitária (Cdu), la storica coalizione tra il Partito comunista portoghese e i Verdi. Si formava così un governo di minoranza monocolore socialista (in Portogallo si può fare) e sostenuto dall’esterno di volta in volta dai gruppi della sinistra radicale. Un’esperienza che è proseguita nel 2019 e che si è conclusa anticipatamente lo scorso ottobre, quando proprio il Bloco e la Coligação hanno deciso di non sostenere la legge di bilancio, dal momento che una parte delle loro richieste (soprattutto in merito a scelte economiche redistributive) sono state escluse dalla manovra. Uno scenario, questo sì, che potrebbe ricordare vicende tutte italiane.

Questa volta in Portogallo è diverso, si diceva. Ogni pronostico che fino a domenica dava Costa per perdente è stato ribaltato: sarà stata la paura di lasciare in mano il Paese ai conservatori che si sarebbero potuti alleare con i neofascisti di Chega o il timore di perdere il treno delle risorse europee, circa 30 miliardi per le infrastrutture e circa 15 per aumentare la competitività delle imprese private. Fatto sta che un leader, oggi, i socialisti lo hanno. La sinistra radicale precipita (la Cdu e il Bloco si fermano entrambi a solo il 4,4 per cento, laddove nell’ultimo decennio erano riusciti a raggiungere, rispettivamente, picchi dell’11 e del 7 circa), la destra estrema avanza. In tal senso, paragonare il partito socialista portoghese al Partito democratico italiano sarebbe del tutto improprio. Basti pensare alle politiche sociali e del lavoro messe in atto nel post commissariamento, così come all’alleanza con i comunisti. Basti pensare che Costa ha detto esplicitamente che con partiti neofascisti come Chega non potrà mai esserci alcun dialogo. E poi, basti ragionare sul fatto che, in Portogallo, anche la sinistra radicale ha delle sue precise peculiarità: non dimenticherò mai quando, durante un manifestazione nel 2013 indetta dal principale sindacato del Paese – la Cgtp – contro le politiche di austerità, vidi sventolare insieme alle bandiere rosse quelle con il simbolo del Portogallo, a ricordarci, per esempio, che “patriottismo” (di certo più similmente a una tradizione di esquerda latinoamericana) non fa rima necessariamente con “sovranismo”. Per inciso: per un Paese europeo che – per evidenti ragioni storiche – ha sempre rivolto lo sguardo più oltre oceano, verso il Brasile, che non alla grigia Bruxelles, la notizia di qualche giorno fa della definitiva liberazione di Lula dalle accuse di corruzione che gli erano state mosse da Sergio Moro, ex giudice, ex ministro della giustizia brasiliano e grande amico di Bolsonaro, non deve essere affatto sottovalutata.

Non sono certo che gli stessi portoghesi (e ancor di più noi) sappiano spiegarsi in modo chiaro e lineare il perché di una simile vittoria così schiacciante. Tuttavia: cosa accadrà senza una corposa rappresentanza della sinistra radicale in Parlamento di fronte all’arrembaggio neoliberista di ogni ambito del lavoro e della vita in tempi di pandemia? Come si trasformerà il Portogallo delle sole imprese private? Come verrà gestito il fenomeno devastante della gentrificazione totale che sta ormai inglobando, a ritmi serrati, soprattutto la buona vecchia Lisboa? Sarà che quella portoghese è una democrazia ancora “giovane”, ma da qualche anno, ormai, ho l’impressione che le sue istituzioni democratiche sappiano ancora produrre anticorpi attivi ed efficaci. A fronte delle tendenze sociopolitiche attuali, certo, la famiglia socialista europea può tornare a esultare per qualche ora. D’altro canto, alla sinistra dei socialisti portoghesi incombe ormai l’ombra della perpetua irrilevanza politica, mentre l’estrema destra continua a guadagnare centimetri. Ecco, sono queste le uniche, possibili analogie con il contesto politico italiano che, per l’Europa e per il Portogallo, è bene che restino mere fantasticherie.

Se ne può parlare di Israele?

Palestinians flee their homes after overnight Israeli heavy missile strikes on their neighborhoods in the outskirts of Gaza City, Friday, May 14, 2021. (AP Photo/Khalil Hamra)

Le autorità israeliane devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi. È quanto ha dichiarato ieri Amnesty International in un rapporto di 278 pagine nel quale descrive dettagliatamente il sistema di oppressione e dominazione di Israele nei confronti della popolazione palestinese, ovunque eserciti controllo sui loro diritti: i palestinesi residenti in Israele, quelli dei Territori palestinesi occupati e i rifugiati che vivono in altri Stati.

Nel rapporto si legge che le massicce requisizioni di terre e proprietà, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le drastiche limitazioni al movimento e il diniego di nazionalità e cittadinanza ai danni dei palestinesi fanno parte di un sistema che, secondo il diritto internazionale, costituisce apartheid. Questo sistema si basa su violazioni dei diritti umani che, secondo Amnesty International, qualificano l’apartheid come crimine contro l’umanità così come definito dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e dalla Convenzione sull’apartheid.

Amnesty International chiede al Tribunale penale internazionale di includere il crimine di apartheid nella sua indagine riguardante i Territori palestinesi occupati e a tutti gli Stati di esercitare la giurisdizione universale per portare di fronte alla giustizia i responsabili del crimine di apartheid.

«Il nostro rapporto rivela la reale dimensione del regime di apartheid di Israele. Che vivano a Gaza, a Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti. Abbiamo riscontrato che le crudeli politiche delle autorità israeliane di segregazione, spossessamento ed esclusione in tutti i territori sotto il loro controllo costituiscono chiaramente apartheid. La comunità internazionale ha l’obbligo di agire», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Secondo Amnesty «dall’annessione di Gerusalemme est nel 1967, i governi israeliani hanno fissato obiettivi per il rapporto demografico tra ebrei e palestinesi a Gerusalemme nel suo insieme e hanno chiarito attraverso dichiarazioni pubbliche che la negazione dei diritti economici e sociali ai palestinesi a Gerusalemme est è un atto politico intenzionale per costringerli a lasciare la città. Il ritiro da parte di Israele dei suoi coloni da Gaza, pur mantenendo il controllo sulla popolazione nel territorio in altri modi, era espressamente legato anche a questioni demografiche e alla consapevolezza che lì non si poteva raggiungere una maggioranza ebraica. Infine, i materiali pubblici pubblicati dal governo israeliano rendono ovvio che la politica di lunga data di Israele di privare milioni di rifugiati palestinesi del diritto di tornare alle loro case è guidata anche da considerazioni demografiche».

Il rapporto di Amnesty International contiene numerose raccomandazioni specifiche affinché Israele possa smantellare il sistema di apartheid e la discriminazione, la segregazione e l’oppressione che lo sostengono. L’organizzazione per i diritti umani chiede in primo luogo la fine delle pratiche brutali delle demolizioni delle abitazioni e degli sgombri forzati. «Inoltre, Israele – scrive Amnesty – deve riconoscere uguali diritti a tutti i palestinesi in Israele e nei Territori palestinesi occupati, come prevedono i principi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; deve riconoscere il diritto dei rifugiati e dei loro discendenti al ritorno nelle abitazioni dove loro o i loro familiari vivevano; deve fornire piena riparazione alle vittime delle violazioni dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità».

Non siamo di fronte alle dichiarazioni di presunti terroristi, qui si parla di un documento di una delle più importanti organizzazioni mondiali in tema di diritti, quella stessa organizzazione che spesso viene citata quando tocca Paesi e interessi lontani e non disturbanti per noi. La questione palestinese sembra essere completamente scomparsa dal dibattito politico. Se ne può parlare, di Israele?

Buon mercoledì.

I furbetti, quelli veri

Mentre tutti i liberisti da strapazzo di questo nostro straziato Paese starnazzavano contro i poveracci che incassano 500 euro di reddito di cittadinanza (misura che ha evidentemente delle storture e che andrebbe migliorata) su queste pagine ci permettevamo di dire che anche nello sdegno le proporzioni sono importanti e che forse sarebbe stato utile guardare i lauti sussidi che rischiavano di andare sprecati, quelli che fanno meno notizia ma che costano sul serio.

Ieri la Guardia di Finanza di Rimini ha ipotizzato il reato di frode per 440 milioni di euro per fondi illecitamente percepiti attraverso la creazione e la commercializzazione di falsi crediti d’imposta. Sono oltre 100 le società coinvolte, create ad hoc per ottenere bonus locazioni, bonus per ristrutturazioni con miglioramenti sismici ed energetici e i cosiddetti bonus facciate che nell’ultimo anno hanno portato all’apertura di una moltitudine di cantieri edili in tutta Italia. In un’intercettazione uno degli indagati al telefono con il commercialista dice: «Cioè, lo Stato italiano è pazzesco, è una cosa… vogliono essere inc**lati praticamente…». «Vedi che io ero abituato – si legge nell’intercettazione – a queste cifre prima del carcere … cioè non mi fanno impressione. A me mi fanno impressione quelli che andiamo a fare adesso … quelli sì mi fanno un po’ impressione da gestire … da gestire … da gestire gli incassi, da gestire il bonus … trenta miliun … sarebbe da pazzi. Sarebbe come dire all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza ‘veniteli a prendere’. Dovremmo avere una Spa…»

Per il gip: «Inutile dire che le condotte degli indiziati, anche nell’ottica della missione della Repubblica di rimuovere gli ostacoli all’affermazione dell’eguaglianza sostanziale fra i cittadini, qui specificamente traguardata mediante il riconoscimento di una serie di provvidenze ai settori dell’economia reale ritenuti maggiormente bisognosi, si rivelano di una inaudita rimproverabilità e meritevolezza di pena… Non solo, ma l’autentica dedizione alla criminalità di profitto di molti degli indagati, già veri e propri habitué della frode … lascia presagire, in modo ragionevolmente certo, che gli stessi, in preda ad una sorta di ludopatia da reato, eluderebbero con disinvoltura, pur di continuare a delinquere o comunque pur di mettere al sicuro i profitti di reati già commessi».

La cifra contestata, tanto per avere un’idea, è il 50% di quanto lo Stato ha messo nella scuola nell’ultima Legge di Bilancio. Ora vi propongo un gioco: andate a vedere se tutti gli indignati contro i poveri che vengono aiutati con qualche spiccio parlano di questa inchiesta e raccontano di uno Stato di Sussidistan per gli imprenditori che si intascavano soldi senza averne diritto. A proposito: ieri la Guardia di finanza di Treviso ha denunciato 51 imprenditori per aver ricevuto – senza averne diritto – o utilizzato – per finalità non consentite – oltre 1,5 milioni di euro di aiuti statali, sotto forma di prestiti garantiti o contributi a fondo perduto per fronteggiare l’emergenza Covid. Altri 15 imprenditori, responsabili di irregolarità di minore gravità o che hanno ricevuto somme inferiori ai 4mila euro, sono stati segnalati per l’irrogazione di una sanzione amministrativa.

Non ci vuole molto per capire le parti in gioco.

Buon martedì.

Parole, parole, soltanto parole

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 29 Gennaio 2022 Roma (Italia) Politica : Elezioni del Presidente della Repubblica sesto giorno di votazioni Nella Foto : Matteo Salvini Photo Cecilia Fabiano/ LaPresse January , 28 2022 Rome (Italy) News : Election of the presidente of the republic sixth day of votes In The Pic : Matteo Salvini

Alto profilo

“Sinonimi: [di alto livello] ≈ eccellente, eccezionale, ottimo.
il profilo resta ovviamente un’immagine molto radicata nella nostra percezione e nel nostro modo di pensare; dopotutto conosciamo il mondo per profili, e solo con uno sforzo possiamo prendere cognizione del volume e dell’essenza delle cose. L’espressione ‘d’alto profilo’, nata in ambito giornalistico e particolarmente elegante, racconta il valore di qualcosa proprio in quell’istintiva traccia.” fonte Treccani

Super partes

“Super partes locuzione latina (propr. «sopra le parti»), espressione usata, in contesti di tono aulico, per indicare la posizione indipendente e spassionata di chi deve giudicare, o di chi ricopre comunque una carica o adempie una funzione che esigono da parte sua assoluta imparzialità fra partiti opposti, fra parti in contesa, e simili: il Presidente della Repubblica deve essere, in ogni occasione, super partes”. fonte Treccani

Presidente Repubblica italiana

Art. 84 Costituzione: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici. L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.”

Elezione

Art. 83 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica Italiana è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze.”
Art. 84 “Il mandato dura sette anni a partire dalla data del giuramento.”
“La previsione di un settennato impedisce che un presidente possa essere rieletto dalle stesse Camere, che hanno mandato quinquennale, e contribuisce a svincolarlo da eccessivi legami politici con l’organo che lo vota.
La Costituzione Italiana non prevede un limite al numero di mandati per quanto concerne la carica di presidente della Repubblica.” fonte Wikipedia

Candidati

“Candidato s. m. (f. -a) [dal latino candidatus «vestito di bianco», secondo l’uso di Roma antica per coloro che aspiravano a una magistratura]. – Chi aspira o è proposto per una carica pubblica o un grado accademico; chi si presenta a un esame o a un concorso: c. alla Camera, al Senato; la designazione dei c. (alle elezioni politiche, amministrative, regionali), fatta dai diversi partiti attraverso la presentazione di liste di candidati.” fonte Treccani

Donna

“Dònna s. f. [lat. dŏmĭna «signora, padrona», lat. volg. dŏmna]. –una giovane d., una d. anziana; non è ancora una d. (non ha ancora raggiunto la pubertà); è già una d.; si dà arie da d. o da d. fatta; frequente in frasi di apprezzamento: una bella d., una d. affascinante, piacente, elegante, di classe, di spirito, una vera donna. Si contrappone a uomo in espressioni come: voce di donna; scarpe, abiti, borse, orologi da donna (nelle quali si alterna, spesso con da signora o con l’agg. femminile); il carattere, la sensibilità, l’intuito della d., ecc., dove il sing. donna ha in genere valore collettivo, ch’è ancora più marcato quando donna viene assunto a rappresentare l’intera componente femminile della società.” fonte Treccani

“Nella specie umana, individuo di sesso femminile, che ha raggiunto la maturità sessuale e quindi l’età adulta. Come in altre specie animali, anche in quella umana esiste una distinzione tra i due sessi basata sulle differenze biologiche tra l’organismo maschile e quello femminile. Ma da questa diversità biologica è derivata una serie di differenziazioni di modelli di comportamento che sono un prodotto culturale: per es., se è la natura ad assegnare alla d. il ruolo materno, sono però la società e la cultura ad attribuirle esclusivamente il compito di allevare e curare la prole.” fonte Treccani

Donna oggetto

“L’espressione “oggettivazione sessuale” è stata utilizzata per la prima volta nel 1785 dal filosofo Immanuel Kant il quale affermò che quando una persona viene considerata solo come mezzo di soddisfacimento del piacere sessuale di un altro soggetto, allora si può parlare di oggettificazione.
Nel 1977 Fredrikson e Roberts introdussero la “Teoria dell’oggettivazione sessuale” nell’ambito della psicologia per esaminare le cause e le conseguenze che ne possono derivare. Vennero mostrati i processi cognitivi e motivazionali delle persone che considerano altri soggetti come dei meri oggetti sessuali e, al tempo stesso, le conseguenze psicologiche sulle vittime che vengono oggettificate. Analizzando i processi cognitivi, gli studi hanno dimostrato che quando una persona viene oggettificata, il soggetto che compie l’azione commette un errore percettivo perché arriva a catalogare un essere umano nella categoria degli oggetti, a cui appunto esso non appartiene. L’oggettificazione sessuale viene pertanto considerata una valutazione sbagliata di una persona, dovuta ad un processo cognitivo grossolano….
L’oggettificazione sessuale delle donne è stata oggetto di molti dibattiti sull’etica sessuale e la filosofia della sessualità. I circoli di pensiero femministi e le correnti psichiatriche da essi derivati considerano l’oggettivazione sessuale una delle cause della disparità di genere.” fonte Wikipedia

Candidati ignari

“Ignaro agg. [dal latino ignarus, comp. di in- e gnarus «esperto, pratico»]. – Che non sa, che non ha conoscenza (o esperienza) di determinate cose.” fonte Treccani

Candidati allo sbaraglio

“Sbaraglio s. m. [der. di sbaragliare]. – [lo sbaragliare o l’essere sbaragliati in un’azione militare e sim.] annientamento, débâcle, disfatta, distruzione, rotta, (non com.) sbaragliamento. sconfitta. trionfo. successo, vittoria. mandare (o buttare) allo sbaraglio buttarsi (o gettarsi) allo sbaraglio [affrontare rischi e seri pericoli senza le opportune precauzioni] arrischiarsi, avventurarsi, azzardare, esporsi, rischiare. mandare (o buttare) allo sbaraglio [esporre qualcuno a una grave sconfitta, a una rovina quasi certa: mandare allo s. i propri uomini] esporre, mettere a repentaglio, rischiare.” fonte Treccani 

Incapacità

“Insipiènza s. f. [dal lat. insipientia; v. insipiente]. – Ignoranza, stoltezza intellettuale o morale, ottusità di spirito: l’i. si accompagna spesso all’arroganza; per la loro i., non si accorgono di vivere nell’errore.” fonte Treccani

Indignazione

“Indignazióne s. f. [dal latino indignatio-onis, der. di indignari «sdegnarsi»]. deplorazione, esecrazione. disapprovazione, riprovazione. Stato dell’animo indignato, risentimento vivo soprattutto per cosa che offende il senso di umanità, di giustizia e la coscienza morale: fatti che suscitano i.; muovere, provocare, suscitare la pubblica i.; manifestare la propria i.; diedi sfogo alla mia i.; atti d’indegnazione e di disprezzo con cui ciascuno guarda il carnefice (Beccaria); [il padre Cristoforo] sentiva un’indegnazione santa, per la turpe persecuzione della quale [Lucia] era divenuta l’oggetto (Manzoni).” fonte Treccani

Amen

Tutte le frasi e le parole sono citazioni citando la fonte.

Lo spillover delle disuguaglianze

Maurizio Perrone, center, stands in the line for food at the 'Pane Quotidiano'(Daily Bread) Onlus, in Milan, northern Italy, Thursday, Dec. 17, 2020. Nowhere in Italy is poverty more evident than in Lombardy, the northern region that has been the pandemic epicenter in both surges. The Coldiretti agriculture lobby estimates that the virus has created 300,000 so-called "new poor,'' based on surveys of the dozens of charity associations operating in the region. (AP Photo/Luca Bruno)

Siamo stati colpiti dalla pandemia come da una calamità, ma non tutti allo stesso modo. è stato come se, di fronte ad una tempesta, in pochi si trovassero su uno yacht, gli altri su una zattera». Elisa Bacciotti, responsabile per le campagne di Oxfam Italia, sintetizza così i risultati del rapporto 2022 realizzato dalla rete di Ong che opera in 90 Paesi del mondo a fianco delle comunità per garantire risorse, diritti e regole più eque. Molti, finora, hanno focalizzato l’attenzione sulle ricchezze accumulate da poche persone. I volti e i nomi dei super ricchi, nel mondo e in Italia, rendono solo in parte la gravità della situazione fotografata dal rapporto che ha preso in considerazione il periodo che va da marzo 2020 a novembre 2021. «Se ci si ferma alla superficie non si capiscono le reali diseguaglianze e le misure strutturali che vanno prese per la salvezza di tutti, anche della stessa economia di mercato – prosegue Bacciotti -. Abbiamo realizzato il rapporto sull’Italia seguendo la stessa metodologia utilizzata per quello mondiale. Il risultato è sconfortante: il “top one” – l’1% più ricco della popolazione italiana – a fine 2020 è arrivato a detenere un patrimonio che vale oltre 51 volte la ricchezza nelle mani del 20% più povero. E la ricchezza del 5% più ricco degli italiani (titolare del 40,4% della ricchezza nazionale netta) è stata superiore allo stock di ricchezza detenuta dall’80% più povero (32,4%). La povertà oggi è pervasiva. Il nostro non è un rapporto contro i ricchi, ma contro un sistema che fa affluire le ricchezze verso poche mani». Utilizzando anche i dati della Banca mondiale e di altri istituti internazionali, nel testo si fa una accurata disamina del sistema Italia e di cosa è accaduto con la pandemia. I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli…


L’articolo prosegue su Left del 28 gennaio 2022 

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SOMMARIO

Mattarellati

Italian President Sergio Mattarella, today 29 January 2022 The Italian President Sergio Mattarella is elected for a new term as President of the Republic Photo by: Stefano Spaziani/picture-alliance/dpa/AP Images

Può un evento essere una buona soluzione per il Paese e contemporaneamente una cattiva sconfitta della politica? Sì, certo, e qui sta tutto lo scollamento tra il Parlamento che esulta per l’elezione di Mattarella e la realtà.

Innanzitutto crea un certo disagio vedere questi capi partito che sono nati rottamatori, scardinatori di scatolette di tonno, rifondatori della nuova destra, spazzatori della vecchia politica e rivoluzionari che si compiacciono per avere lasciato le cose come stanno. Sia chiaro, ben venga Mattarella rispetto alla risibile risma che è stata proposta dal centrodestra, ma che alcuni partiti abbiano incamerato voti per sovvertire il presente e ora scodinzolino per essere stato bravi a mantenere intatto il passato è qualcosa che in termini di consenso gli costerà parecchio.

In una settimana, tra l’altro, il Parlamento è riuscito a utilizzare per una lotta tutta politicista la seconda carica dello Stato (con Casellati che ha utilizzato il proprio ruolo di Presidente del Sentato come trampolino), una responsabile dei Servizi, l’attuale presidente del Consiglio Draghi e il leader storico del centrodestra italiano. Non è una mera questione di avere bruciato nomi, qui si tratta di avere sporcato importanti cariche istituzionali che ora inevitabilmente subiranno il logorio delle sgraziate fanfaronate che si sono consumate. La settimana di locura ha contribuito allo spasmo generale dei media ma ha usurato la credibilità di molti.

Che i partiti abbiano dovuto implorare un ex Presidente che ha ripetuto più volte di non avere intenzione di continuare nel suo ruolo è un fatto che non ha bisogno di troppe interpretazioni. Che i tiepidi e gli inconsistenti rivendano il risultato come un trionfo della diplomazia è il solito trucco dei vaghi che farciscono il niente con la diplomazia.

Quando Napolitano venne rieletto per mediocrità del Parlamento nel suo discorso disse: «Quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità». Siamo ancora a quel punto.

Questa elezione dimostra anche che le coalizioni che si rivendono come salde all’opinione pubblica allo stato attuale non esistono nemmeno: il centrodestra si è spaccato ancora una volta poiché ormai è il cortile dove Salvini e Meloni si contendono la leadership, concentrati in un gioco endemico che non ha nulla da dire di concreto al Paese. Anche il fronte progressista tra Pd e M5s non sembra godere di ottima salute. Volendo andare più a fondo persino i partiti si sono mostrati disuniti. La sensazione è che Draghi vinca (e Mattarella perduri) per inconsistenza generale. E questa non è una buona notizia, per niente.

Fare campagna elettorale anche sull’elezione del presidente della Repubblica rende perfettamente la cifra politica e lo spessore morale di molti attori in campo. Il tema non sono i nomi che sono stati di bassa levatura: è un Parlamento di bassa levatura.

Ma il punto sostanziale è un altro: questa elezione per il Quirinale certifica che questa maggioranza non riesce a trovare una sintesi nemmeno per il presidente della Repubblica. E quindi la domanda vera è: perché stanno insieme? Cosa li tiene insieme?

Buon lunedì.

Il senso dell’Irlanda per la poesia

Undated handout photo issued by the Mid Ulster District Council of the entrance to the Seamus Heaney centre in Co Londonderry, which has won an award for excellence. PRESS ASSOCIATION Photo. Issue date: Friday October 6, 2017. Seamus Heaney HomePlace in Bellaghy was named best visitor centre by the Association for Heritage Interpretation (AHI). See PA story ULSTER Heaney. Photo credit should read: Mid Ulster District Council/PA Wire NOTE TO EDITORS: This handout photo may only be used in for editorial reporting purposes for the contemporaneous illustration of events, things or the people in the image or facts mentioned in the caption. Reuse of the picture may require further permission from the copyright holder.

Sostiene Seamus Heaney, tra i più grandi poeti dell’Irlanda moderna e della contemporaneità: «Non mi viene in mente nessun caso in cui la poesia abbia cambiato il mondo»; e poi aggiunge: «Però, può cambiare il modo di capire quel che accade, nel mondo». Cambiare il mondo è un’ambizione di molti, e non sempre sono poeti. Ma di poeti che ambivano a tanto ce ne sono da sempre, e lo dimostra il caso irlandese. Patrick Pearse, ad esempio, il leader della Rivoluzione di Pasqua del 1916 sedata nel sangue dagli inglesi, consegnò il suo messaggio di rivoluzione non soltanto a comizi e proclami, ma anche ai versi: «Mia madre mi ha partorito in catene, in catene mia madre venne al mondo». Come lui tanti altri, tra cui nell’Ottocento quel James Clarence Mangan che fu tra i poeti preferiti di Joyce: «Diffonditi, canto mio, come il fiume impetuoso / che scorre fino al mare potente». La sua politica era insita nella forza della parola. E questo Joyce lo coglierà appieno. Anche Heaney, il bardo di Derry, fu un poeta politico, ma in senso sottilissimo. Era noto in Irlanda mediante il faceto epiteto famous Seamus dettato non dalla tipica indole burlesca degli irlandesi. Era davvero famoso. Un fenomeno cult, quasi. I suoi libri divenivano spesso dei best-seller subito dopo l’uscita. È un dato di fatto che le librerie irlandesi siano piene zeppe di raccolte di poesia, e la rilevanza del genere nella società è assodata. Questo sin dai tempi dei filidh, ovvero i poeti tradizionali ereditari che nell’ordine sociale erano secondi soltanto ai re e collocati un gradino sopra i sacerdoti. Ai percorsi della poesia irlandese, a partire dai suoi albori per arrivare proprio ai tempi di Heaney, è dedicato un gran libro di Piero Boitani, Vedere le cose. Il grande racconto della poesia d’Irlanda, uscito da poche settimane per Mondadori. Trae il titolo da una nota raccolta quasi profetica di Heaney, Seeing Things, pubblicata nel 1991, quattro anni prima del Nobel, ed ha il grande pregio di proporre vedute che sono al contempo “dall’alto” e “al microscopio”. Indaga, ovvero, le radici storiche di un sentire quasi innato in una cultura legata, molto più di altre, ai sentieri dell’oralità. Una cultura, quella d’Irlanda, continuamente sull’orlo del baratro, minacciata dalle politiche dell’isola vicina, spesso infida sorella maggiore, che vedeva proprio nella creatività degli irlandesi l’afflato libertario di un popolo renitente a ogni idea di subalternità e soggiogamento. Subalternità e soggiogamento linguistici prima di tutto, ma poi anche sociali, religiosi, politici. Una condizione, quindi, pervasiva e oggi imprescindibile per chi voglia avvicinare la poesia antica e moderna dell’isola di smeraldo. Le sue radici, infatti, affondano nell’universo sfaccettato della lirica gaelica…


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SOMMARIO

Disturbi alimentari e infodemia

Intervista a Maria Gabriella Gatti. Già neonatologa dell’Azienda ospedaliera universitaria di Siena, Gatti è pediatra e psicoterapeuta docente della Scuola di psicoterapia dinamica Bios Psychè

Professoressa Gatti, sulla base del suo lavoro di pediatra e psicoterapeuta ci può dire che effetto hanno realmente i contenuti ossessivi sulla magrezza e sulla forma del corpo sui social network? Possono causare il sopraggiungere di un disturbo alimentare o amplificarlo se già esistente?
I contenuti ossessivi dei social network sul controllo del peso e nel proporre una immagine di magrezza possono colludere, ma non fare insorgere una malattia come l’anoressia. Il problema è sicuramente più complesso. Il comportamento alimentare patologico si manifesta in maniera evidente durante l’adolescenza, ma le sue origini devono essere ricercate nella realtà non cosciente che si forma nel rapporto con chi si prende cura del bambino nel primo anno di vita. La realtà psichica del neonato è fusa con il corpo che reagisce con una notevole sensibilità agli affetti percepiti. Il rapporto deludente con l’adulto lo porterà a realizzare la pulsione di annullamento contro la realtà umana diventando in tal modo anaffettivo e realizzando una scissione mente corpo con gravi carenze del sapere di se stesso e degli altri. L’immagine corporea è fusione tra l’immagine non cosciente del proprio corpo e l’immagine cosciente che si origina con la maturazione della vista e permette di riconoscersi allo specchio.
Cosa caratterizza le patologie del comportamento alimentare?
Le patologie del comportamento alimentare sono accomunate da un’alterata immagine corporea e per la violenta aggressione al corpo e per la difficoltà di fare pensieri o esprimere con un linguaggio gli affetti: questi sono relegati nella realtà fisica del corpo e fatti sparire con esso. Tutto ciò che proviene dal corpo e quindi il sentire, non è elaborato, ma eliminato e quando non è possibile controllato. La realtà non cosciente separata dal corpo che è la fonte del sentire ne risulta alterata mentre il pensiero cosciente funziona correttamente. Ma può accadere che la dissociazione sia così grave da coinvolgere tutto il pensiero che diventa incoerente, con perdita anche di nessi logici. La mente cosciente pensa di poter controllare il corpo e la realtà non cosciente. Quando alla pubertà tale controllo viene minacciato dai primi segnali fisici, questi devono sparire, perché il corpo propone la sessualità che si costruisce sul non cosciente. Il corpo con la magrezza viene riportato allo stadio prepubere.
Cosa può dirci dei disturbi alimentari “altri” e meno conosciuti diversi dall’anoressia e dalla bulimia?
L’immagine corporea è una rappresentazione inconscia che in condizioni di “normalità” è silente, ma in caso di alterazione affiora alla coscienza con sintomi caratteristici che riguardano la preoccupazione per il proprio aspetto fino a rasentare la dismorfofobia. Quest’ultima è una percezione alterata della propria figura-immagine allo specchio che non corrisponde a nessun dato di realtà: a volte sono coinvolti gli arti o altre parti del corpo che appaiono troppo grasse, altre volte alcuni parti del volto vengono viste in modo alterato. Diventa un pensiero dominante che limita la vita sociale, fino al completo evitamento.
Qual è la deriva a cui può portare confondere il disturbo, la vera e propria malattia con lo “stile di vita”, come sta accadendo sul web?
Il cosiddetto “stile di vita” costringe a un’alimentazione con un controllo ossessivo delle calorie sia attraverso gli alimenti scelti che con una calcolata attività di palestra. Per gli uomini la dieta è soprattutto iperproteica, con aggiunta di integratori non sempre salutari, al fine di potenziare la muscolatura. La cultura dominante propone all’adolescente, come obiettivo, canoni estetici astratti completamente scissi dall’immagine corporea interna non cosciente e quindi dagli affetti. Come accennavo prima la cultura dominante collude ma non è, da sola, causa di malattia. La malattia è…


L’intervista prosegue su Left del 28 gennaio 2022 

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SOMMARIO

Contro il qualunquismo dall’alto che da trent’anni sposta a destra l’Italia

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 28 Gennaio 2022 Roma (Italia) Politica : Elezioni del Presidente della Repubblica quinto giorno di votazioni Nella Foto : Giorgia Meloni Photo Cecilia Fabiano/ LaPresse January , 28 2022 Rome (Italy) News : Election of the presidente of the republic fifth day of votes In The Pic : Giorgia Meloni

Da settimane è in atto un ansiogeno e ossessivo racconto mediatico intorno all’elezione del presidente della Repubblica che tende a delegittimare il parlamento e i partiti che ci metterebbero chissà quanto tempo a scegliere il nuovo presidente.
Questa tiritera ha addirittura anticipato la prima votazione. “Ma come? Non ci potevano pensare prima?”.

Noi che siamo all’opposizione di questi partiti non dobbiamo cadere nella tentazione di assecondare questa narrazione. Siamo di fronte all’ennesima puntata della lunga campagna di qualunquismo dall’alto che ha delegittimato la democrazia costituzionale in questo paese. A fomentare questo sentimento popolare contro il parlamento sono commentatori mediatici in un coro pari a quello che ha trasformato Draghi in superMario e dieci anni fa Mario Monti in Mosè che scendeva dal Monte Sinai dopo aver parlato col Signore (le tavole sotto formula di letterina le avevano già mandate Trichet e Draghi). Lo fa per abitudine, per audience, ma una parte consistente di questo coro spazientito è imbevuta di un’ideologia e di un immaginario antiparlamentarista. Avrebbe applaudito a scena aperta se il parlamento avesse eletto Draghi alla prima votazione.

Molti di quelli che sparano contro questa lungaggine ne approfittano per rilanciare la proposta di introdurre il presidenzialismo e far eleggere direttamente dal popolo il presidente (ci metteremmo meno tempo a fare le elezioni?). Si tratta della proposta che negli anni ’70 sosteneva soltanto Giorgio Almirante e che rimane un cavallo di battaglia di Giorgia Meloni e della destra. L’hanno rilanciata in questi giorni Paolo Mieli, Matteo Renzi e tanti altri.

Nell’era di Trump e Bolsonaro, Paolo Mieli ha l’ardire di dichiarare che la preoccupazione che avevano i costituenti non sarebbe fondata e che potremmo andare tranquillamente verso il presidenzialismo. Segnalo che è stata proprio la Costituzione a impedire a Berlusconi negli anni ’90, nel 2001, nel 2008 di diventare un monarca ma troppi sembrano dimenticarlo.

La ricetta rappresenta un ulteriore passo nell’americanizzazione della politica, un altro passo verso il suo restringimento oligarchico.
Cominciò con il martellamento contro la legge proporzionale che fu abolita a furor di popolo. Eppure si trattava di una legge che consentiva di eleggere un parlamento che era “specchio del Paese” senza distorsioni della rappresentanza, e che spesso legiferava su temi fondamentali mettendo in minoranza il principale partito di governo.
In quel parlamento si fecero le nazionalizzazioni, si istituì il servizio sanitario nazionale, si approvò lo Statuto dei Lavoratori, si aprirono le scuole e le università alle classi popolari, si fecero riforme avanzatissime. Non ce lo dicono ma nella maggior parte dei Paesi europei le leggi elettorali sono rimaste proporzionali, mentre è l’America Latina ad avere sistemi presidenzialistici a imitazione dello zio Sam.

Con il maggioritario e il bipolarismo il parlamento è stato sottomesso all’esecutivo. E sono state create le condizioni politiche per le privatizzazioni e le tante controriforme sollecitate sempre da quelli che alimentano il “qualunquismo dall’alto”.
Da tempo siamo dentro un circolo vizioso con la perdita di credibilità del ceto politico selezionato in questi decenni di neoliberismo bipartisan che ha prodotto crescente malcontento e insoddisfazione. Se la politica conta sempre meno si seleziona il personale adatto.

Non ho nessuna simpatia verso i partiti presenti in parlamento che ai miei occhi fanno parte tutti di un arco anticostituzionale. I nomi che propongono per la presidenza della Repubblica suscitano perplessità e preoccupazione. A volte orrore o ilarità disperata.
Detto questo però difendo il fatto che i partiti discutano e il parlamento voti finché non si riesce a eleggere un presidente. E che questo non sia tempo perso.
Viviamo in una postdemocrazia. Lottiamo per eliminare il post non quel che resta della democrazia.