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Buon compleanno Joan Baez, doppio album e tour in Italia

Joan Baez 75th Birthday Celebration The Beacon Theater, 2124 Broadway, New York, NY January 27, 2016

È festa grande per i cinquant’anni in musica di Joan Baez, che lo scorso gennaio ha festeggiato 75 anni con un grande spettacolo al Beacon Theater di New York, con il meglio della scena rock folk americana: da Jackson Browne a Emmylou Harris fino a Judy Collins, Mary Chapin Carpenter, Damien Rice, Nano Stern, David Bromberg e molti altri. Non una carrellata di star scelte dalla  casa discografica (come di solito accade negli ” album tributo”)  ma artisti con i quali Joan Baez ha lavorato nel corso degli anni e ha stretto rapporto anche fuori dal palco.

Da quando era ragazzina alla fine degli anni Cinquanta, Joan Baez non ha mai smesso di cantare, raccontando il mondo con una voce straordinaria e una semplice chitarra; sempre in prima linea per far circolare valori collettivi, in contro tendenza con il sogno a stelle e strisce che insegue il successo personale e il consumismo. Anche per questo è diventata un punto di rifermo culturale e un personaggio simbolo della musica a livello internazionale.

La sua musica è ancora oggi percorsa da quel vitale e gentile “We shall overcome” che lei anni fa seppe trasformare in un hit, in un successo contagioso: un inno che incoraggiava ad alzarsi in piedi e a lottare per una società più giusta. Un incitamento alla partecipazione che oggi prosegue cercando di sensibilizzare gli americani ad andare a votare alle elezioni presidenziali. E continua nell’impegno con Amnesty International, di cui  nel 2015 è stata nominata ambasciatrice.

Per metà messicana e per metà scozzese, la sua carriera, “figlia” delle canzoni di protesta di Pete Seeger, Joan Baez è stata anche al fianco di Bob Dylan, traendone ispirazione in modo femminile, tracciando un percorso parallelo, ma in modo del tutto originale . Come ci ricorda ora l’importante’album doppio Joan Baez 75th Birthday Celebration che esce il 10 giugno, pubblicato da Razor&Tie (in cd, dvd e digital download) e distribuito in Italia da Egea. In attesa di ascoltarla dal vivo in Italia, il 13 e il 14 luglio al Ravenna Festival (Pala De Andre), il 14 luglio al Vittoriale festival per concludere poi a Roma il 18 luglio nella Cavea dell’Auditorium a Roma e il 19 luglio a Villa Arconati, Stra, avendo toccato nel frattempo anche altre date ( qui il calendario completo del tour)

Carlo Conti direttore artistico di Radio Rai. Interverrà sui palinsesti?

«La televisione è come una moglie ma la radio è la fidanzatina». Si è presentato così, oggi alla conferenza stampa a Viale Mazzini, Carlo Conti, appena nominato direttore artistico di Radio Rai. Un ruolo che non è solo “onorifico” ma che presuppone, alla luce della nuova riforma Rai, un’assunzione di maggiore responsabilità, anche in merito alle linee editoriali delle varie testate. Con a fianco il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto, Conti non è entrato nel merito di quello che andrà a fare a Radio Rai, ma ha annunciato che in televisione si occuperà solo degli eventi, come il Festival di Sanremo o Miss Italia, i programmi popolari che lo vedono sempre sul palco come presentatore.

È probabile invece una riduzione della sua presenza nelle trasmissioni quotidiane – tra questi Tale e quale show su Rai 1.  Ancora non è chiaro chi lo affiancherà nella nuova conduzione di Radio Rai, così come non si sa se verranno confermati o meno i direttori delle tre testate. Marino Sinibaldi, direttore di Radio Tre, è “in corsa” per diventare assessore alla Cultura a Roma con Roberto Giachetti, ma è tutto rimandato al ballottaggio del 19 giugno.

Il perenne abbronzato conduttore televisivo toscano, nato a Firenze nel 1961, comincia la sua carriera alla fine degli anni 70. È il periodo d’oro delle emittenti private, le radio soprattutto. E Conti infatti lavora a Lady Radio, poi Radio Firenze Nova, e Radio Diffusione Firenze. Tra i suoi collaboratori incontriamo personaggi che in seguito sono diventati molto noti sia nella radio (Marco Baldini, il partner di Fiorello) che a teatro e in televisione come Giorgio Panariello. Con quest’ultimo, suo compagno di scuola, negli anni 80 lavorerà spesso (anche con Leonardo Pieraccioni), non solo in televisioni private che a quei tempi erano molto in auge (come Teleregione Toscana) ma in seguito anche alla televisione con Su le mani e Aria Fresca.

Carlo Conti negli anni è diventato molto popolare anche grazie alla trasmissione di fine pomeriggio L’Eredità, con audience molto alti. Ora il nuovo direttore artistico forse dovrà dire la sua sui palinsensti e questo un po’ preoccupa chi lavora a Radio Rai. Soprattutto c’è chi storce il naso temendo ripercussioni rispetto alla vocazione culturale, per esempio, di una testata come Radio Tre. Vedremo se saranno timori giustificati o una percezione sbagliata del “nuovo che avanza”. Certo è che Carlo Conti, se si guard al suo curriculum, non si può proprio definire “nuovo”.

I volti degli atleti rifugiati che gareggeranno alle olimpiadi di Rio 2016

La nuotatrice siriana Yusra Mardini ©Ansa

Il Comitato olimpico internazionale ha annunciato ufficialmente che alle Olimpiadi di Rio 2016 gareggerà, per la prima volta nella storia, anche una squadra composta da 10 rifugiati tra i quali uomini e donne di nazionalità siriana, sudanese, etiope e keniota.

Brazil Olympic Refugees Photo Gallery

In this May 28, 2016 photo, the judo gi of Yolande Mabika, a refugee from the Democratic Republic of Congo, sits on her bed after she cleaned it at her newly rented apartment in Rio de Janeiro, Brazil. Mabika is hopeful that she will be part of the first ever team competing in the Olympic Games under the Olympic flag, instead of any one country. This week, the two hopefuls will find out whether they made the cut. (AP Photo/Felipe Dana)

Un primo annuncio in merito era stato fatto già a marzo da Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico (Cio): «Vogliamo dare un messaggio di speranza – aveva detto Bach– per tutti i rifugiati del mondo. Questi rifugiati non hanno una nazionale con la quale gareggiare, non hanno una bandiera né un inno nazionale con i quali sfilare all’apertura dei giochi. È per questo che abbiamo deciso di dare il benvenuto a questi atleti rifugiati per farli partecipare alle Olimpiadi con la bandiera delle Olimpiadi e accompagnati dall’inno ufficiale dei Giochi Olimpici»».

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La nuotatrice siriana Yusra Mardini
La nuotatrice siriana Yusra Mardini

A portare la bandiera sarà la giovane Yusra Mardini, nuotatrice siriana di appena 18 anni, che, dopo essere fuggita dalle bombe che stavano distruggendo Damasco ha portato in salvo il barcone con il quale tentava, assieme a altre 20 persone, di arrivare in Europa. L’imbarcazione infatti era troppo carica per galleggiare e così Yusra si è tuffata in mare insieme alla sorella con la quale ha nuotato per oltre tre ore spingendo il gommone fino sulle coste dell’isola di Lesbo.

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In queste foto il suo volto e quello degli altri compagni che la seguiranno in questa impresa a Rio 2016, tra di loro ci saranno anche Popole Misenga e Yolande Mabika, due judoka di 24 e 28 anni provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo (Rdc) che hanno trovato asilo in Brasile già da diversi anni.

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Spagna, Unidos Podemos supera i socialisti. E il programma di Iglesias è un catalogo Ikea

I popolari di Mariano Rajoy sarebbero il primo partito ma Unidos Podemos conquisterebbe più voti e seggi del Psoe di Pedro Sánchez: tra gli 88 e i 92 contro i 78-80 dei socialisti, che diventerebbero così la terza forza di Spagna. Alla vigilia dell’apertura ufficiale della campagna elettorale, i sondaggi danno ragione alle previsioni di Pablo Iglesias e premiano la sua alleanza con Izquierda Unida di Alberto Garzón. Il sondaggio del Centro per la ricerca sociologica pubblicato oggi dal Paìs è stato condotto tra il 4 e il 22 maggio.

Ciudadanos, in lieve incremento di consensi, è attestato sui 38-39 seggi in Parlamento (ne perderebbe uno o due rispetto alle scorse elezioni), che sommati ai 118-121 del Pp arriverebbero nella migliore delle ipotesi a 160, mentre l’eventuale alleanza “a sinistra” oscilla tra i 165 e i 172 seggi. La legge stabilisce che il candidato premier proposto dal re sarà nominato se otterrà la maggioranza assoluta dei deputati alla prima votazione, ossia 176 su 350, o la maggioranza semplice in seconda convocazione, 48 ore dopo la prima.

 

 

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Ora gli ultimi 15 giorni di campagna – si vota il 26 giugno – potrebbero cambiare ulteriormente le carte in tavola ma intanto le forze politiche scaldano i motori per il rush finale. Podemos affida ad esempio la presentazione dei suoi candidati e del suo programma a un finto catalogo Ikea: stessa grafica e stesse dimensioni ma volti e progetti al posto di prezzi e descrizioni dei mobili.

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La versione cartacea del programma, presentata ieri a Madrid, costa 1,80 euro. Pagina dopo pagina, diversi attivisti del movimento politico spagnolo in diverse parti della casa presentano le loro proposte, a cominciare dall’aumento delle tasse per i super ricchi. “Abandono de la politica di devaluaciòn salarial” si legge ad esempio accanto a una foto di Pablo Iglesias che innaffia una pianta, e accanto l’impegno a trattare assieme a Grecia e Italia la cessazione delle misure di austerity imposte dall’Europa.

SCARICA IL PROGRAMMA DI PODEMOS IN PDF
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Boschi va di fantasia: “Le riforme valgono 10 miliardi”

Non è una sparata. È la solita stima dell’Ocse: «Il punto vero», ha detto Boschi in aula, «è quanto crescerà in più il Pil del paese grazie alla stabilità e ai tempi certi di approvazione delle leggi e alla chiarezza su cosa fa lo Stato e cosa fanno le Regioni, limitando il contenzioso davanti alla Corte costituzionale e dando certezze alle imprese. Fmi, Ocse e Ue hanno sottolineato questi dati, l’Ocse ha detto che nei prossimi 10 anni avremo una crescita in più del Pil del 6 per cento grazie alle riforme politiche e istituzionali e alla stabilità». Il 6 per cento del Pil in dieci anni, lo 0,6 per cento ogni anno, dunque circa 10 miliardi di euro.

Non è una sparata, badate, ma una proiezione ottimistica. Cosa che capita spesso con le stime di Ocse e Fondo Monetario, che negli ultimi anni hanno stimato lasciando molto spazio alla creatività le varie riforme gradite dai mercati: non solo quelle istituzionali ma soprattutto quelle del lavoro, con più flessibilità, e le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Previsioni ottimistiche anche perché nel caso delle riforme istituzionali non è affatto detto che il processo legislativo con la riforma Boschi si snellisca: chi legge Left sa bene che Monti ci mise 16 giorni per approvare la riforma Fornero, Berlusconi in 20 giorni fece il Lodo Alfano e Renzi a colpi di fiducia ha riformato il mercato del lavoro (e fatto le unioni civili, bontà sua).

Ma l’ottimismo di Boschi non è finito qui. Intervenendo alla Camera ha anche gonfiato un po’ i risparmi diretti della riforma. Incurante del fatto che (come invece gli ricordava l’interrogazione di Sinistra Italiana a cui ha risposto) proprio il suo ministero aveva girato alla commissione Affari costituzionali della Camera, il 19 novembre 2014, una stima più prudente. Il Ragioniere Generale dello Stato si era sentito in grado di certificare solo i i risparmi derivati dal taglio delle poltrone: 49 milioni valeva la riduzione del numero di Senatori (esclusi quelli di nomina quirinalizia) da 315 a 95: 40 di questi vengono dal taglio delle indennità, e 9 da altri risparmi legati alla riduzione, come le diarie.

Boschi però si è spinta più avanti e mentre il ministero dell’Economia diceva che era impossibile stimare il risparmio ottenuto dalla riogranizzazione delle province (ancora da fare) lei conta 320 milioni. Anche sul risparmio del Cnel aggiunge un milione, che aiuta a fare cifra tonda. Lei dice «20 milioni», la ragioneria diceva l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro «produrrebbe risparmi ulteriori pari a 8,7 milioni di euro, rispetto a quelli già previsti ed indicati nella relazione tecnica del disegno di legge di stabilità del 2015 pari a euro 10.019.227 annui».

Anche per il senatore forzista Lucio Malan le cifre non tornano rispetto a quello che lo stesso governo aveva certificato. E resta così valida la domanda degli ex dem D’Attorre e Galli e di Scotto, di Sinistra Italiana: come si arriva al miliardo di euro di cui parla Renzi, e come si arriva dai 60 milioni del ministero ai quasi 500 di Boschi? Sarà merito dell’avvicinarsi del referendum.

Attentato a Tel Aviv. Sospesi permessi di ingresso a 83mila palestinesi

Il governo israeliano ha sospeso i permessi d’ingresso a 83mila palestinesi per il Ramadan, dopo l’attentato che ha colpito ieri sera Tel Aviv, nel quale sono morte quattro persone, compreso uno degli attentatori. «Tutti i permessi per il Ramadan, specialmente quelli per le visite di famiglia dalla Giudea e Samaria in Israele, sono congelati», annuncia il Cogat, l’unità che gestisce gli affari civili nella Cisgiordania occupata. Il provvedimento colpisce 83mila palestinesi e 200 residenti di Gaza che avrebbero in questo modo visitare i parenti in occasione del Ramadan. Il Goverrno ha anche annunciato che Tel Aviv dispiegherà altri due battaglioni in Cisgiordania.

All’attentato, avvenuto nel mercato di Sarona, e compiuto da due palestinesi ventenni (secondo la polizia, originari di Atta, un villaggio nei pressi di Hebron, in Cisgiordania) diventa così occasione per il governo di Netanyahu per una risposta che colpisce indistamente i civili plaestinesi.
Intanto i feriti salgono a nove e la polizia presidia in forza tutta la zona, molto frequentata, del mercato che si trova melle vicinanze del ministero della difesa e molte strade sono state chiuse.

Di questo clima di coprifuoco e di permanente allerta che vivono gli abitanti di Tel Aviv ha parlato lo scrittore Egdar Keret a Firenze ospite del festival degli scrittori Premio von Rezzori, esprimendo preoccupazione, ma anche un netto rifiuto delle risposte di governo che criminalizzano l’intero popolo palestinese.

Dopo l’attentato a Tel Aviv nel gennaio scorso, ricorda lo scrittore «c’è stata una polemica feroce. In tv, in uno dei talk show più seguiti, qualcuno disse che se l’attacco si fosse svolto a Gerusalemme i cittadini avrebbero fermato il killer. Secondo i conservatori gli abitanti di Tel Aviv sarebbero molli, perché di sinistra e pacifisti».

Sulla vita quotidiana a Tel Aviv con un figlio piccolo, Keret ha scritto la raccolta di racconti Sette anni di felicità (Feltrinelli). «Se un razzo ci può cascare in testa in qualsiasi momento che senso ha mettersi a lavare i piatti?» è la domanda, dolorosa e feroce, che si fa il narratore nel libro, che non accetta di rispondere alla violenza con la violenza. «Sono cresciuto in una società più solidale di quella in cui sta crescendo mio figlio. C’era già l’ombra del terrorismo, ma anche un desiderio condiviso di democrazia e diritti. Oggi manca quel senso di fratellanza», ha detto lo scrittore che nella sua lectio magistralis a Firenze ha rievocato le storie che gli raccontavano i suoi genitori, scampati l’Olocausto, parlando poi dell’importanza che la narrazione ha avuto nella sua vita. «La passione per le storie e la narrazione mi ha anche salvato dal servizio obbligatorio militare», ammette l’autore de La notte in cui morirono gli autobus e di Pizzeria Kamikaze, entrambi pubblicati  dalle Edizioni e/o.  Oggi, dice Keret, «mi colpiscono certe parole del governo nei confronti degli arabi-israeliani. Non ricordo simile durezza sugli ebrei ultra-ortodossi dopo il rogo della casa dei palestinesi. Addirittura c’è chi è arrivato a sostenere che un ebreo non può mai essere definito terrorista, a differenza degli arabi. In Israele ormai c’è una spaccatura profonda tra chi sostiene che la pace possa arrivare dalla soluzione dei due Stati e chi si oppone esasperando il fondamentalismo religioso anche a dispetto della democrazia». E l’attentato dell’8 giugno non fa che rendere ancora più esplosiva questa situazione.

Toscana. No al crocifisso nell’aula del Consiglio regionale

Il presidente del consiglio regionale della Toscana, Giani

Il Consiglio regionale della Toscana dice no al crocifisso in Aula. La Lega Nord aveva fatto una mozione per apporre il crocifisso nell’aula del Consiglio Regionale, perché secondo i leghisti un uomo ucciso così barbaramente sarebbe un “simbolo universale dei valori di libertà, uguaglianza e tolleranza”. La proposta è stata respinta da parte di una maggioranza di centro sinistra. Anche se la decisione arriva dopo molte concessioni insolite per la tradizione laica del governo regionale toscano. A cominciare dall concessione di un contributo di 200mila euro per la visita del Pontefice a Firenze. Ma c’è stata anche la mozione a sostegno del ruolo sociale e educativo che avrebbero gli oratori e la concessione dei tirocini scolastici, progetti di alternanza scuola/lavoro, nelle parrocchie e nei campeggi estivi religiosi.
Quanto all’attualità la mozione avanzata da Casucci della Lega Nord ha ricevuto il voto contrario di Sì Toscana a Sinistra, con questa motivazione: “solo la laicità delle istituzioni garantisce la tutela e il rispetto delle varie religioni”. E il no della maggioranza PD. “Sorprendente” l’intervento del presidente della giunta Eugenio Giani che si è detto a favore “con il cuore”, anche considerando che personalmente ha provveduto a mettere un crocifisso nei suoi uffici, optando poi l’astensione “per rispetto della presa di posizione del gruppo”. Il risultato fineale? Solo 24 consiglieri su 33 hanno votato. 9 si sono astenuti e 7 hanno votato a favore. Da registrare anche l’astensione dei Cinque Stelle.

Corruzione elettorale e lanciafiamme: il partito secondo Renzi

Che giornata. Di quelle da leccarsi i baffi: tutta senso della misura e bullismo lessicale. Politica? Niente. Al massimo qualche sede aperta per un controllo delle forze dell’ordine, come succede a Napoli dove, leggendo le accuse, sembra che il PD riesca a perdere nonostante gli illeciti.

Matteo Renzi chiude il mercoledì 8 giugno 2016 con un frase sfortunata (una cazzata, si direbbe in termini tecnici) e un’inchiesta su Napoli che riporta agli anni ’80, ai Lauro che regalavano la scarpa destra solo dopo il voto. E in tutto questo Renzi in differita con Lilli Gruber a “Otto e mezzo” riesce in una sola intervista a negare l’alleanza con Verdini, a simulare ancora che questo voto delle amministrative non sia un anche un giudizio sul governo per poi finire promettendo di entrare “con il lanciafiamme” nel partito dopo i ballottaggi.

Il paninaro precipita e intanto chiede che l’orchestrina continui a suonare, inconsapevole di una reazione alla sconfitta che rischia di essere il viatico peggiore per i ballottaggi. Non sa, Renzi, che la superbia è un vizio perdonabile ad un eroe letterario o cinematografico ma risulta indigesta a chi decide i prelievi e la drammaturgia del nostro quotidiano. E non sa, Renzi, o finge di non capirlo, che nel momento in cui ti accorgi di non avere classe dirigente per quell’antico vezzo di circondarti di nani, timoroso dell’ombra, ormai stai camminando sulle macerie; ogni sforzo è solo l’accanimento terapeutico di un’agonia consapevole di non avere cura.

Per questo ormai si è fuori tempo massimo anche solo per le scuse: Renzi che dice di “avere sbagliato” è lo stesso inoculatore della velocità a tutti i costi e quindi risulta essere il peggior gufo di se stesso. Non basta nemmeno indicare i fallimenti degli altri (a proposito: grazie alla sinistra che riesce a svilirsi anche ad urne chiuse con questa goffa soddisfazione simulata) poiché Milano ci insegna chiaramente come il necrofilo Salvini risulta simpatico al massimo per un aperitivo con il sorriso ma mai per la gestione di qualcosa di complicato dal condominio in su.

Il “metodo Renzi” (l’onanista che ha fatto del suo partito il personale sex toy) va bene quando va funziona ma va sfacelamente male quando le cose si mettono male e adesso siamo nella fase sfacelo. Esagerato in tutto. E chissà come reagisce il vincitore per vocazione di fronte all’inciampo più lungo su cui sia mai incespicato. Intanto, sotto, a guardare, c’è un Paese. Intanto.

Buon giovedì.

Soundreef contro Siae, sul diritto d’autore si scalda il dibattito

Come (e quando) verrà recepita in Italia la Direttiva europea in materia di gestione collettiva dei diritti d’autore? A questa e altre domande in tema di proprietà intellettuale hanno cercato di rispondere durante la conferenza organizzata oggi alla Luiss “Guido Carli” dall’avvocato Maria Francesca Quattrone dello Studio Legale Dike.

Libertà, trasparenza e tecnologia: queste le parole chiave per il futuro di una materia controversa come questa, soprattutto nel nostro Paese dove il monopolio del copyright è ancora gestito dalla Siae. Ma adesso sul mercato italiano si è affacciata la collective Soundreef, alla quale hanno già aderito artisti come Fedez, Gigi D’Alessio e Kento. «Esistono le condizioni per liberalizzare il mercato anche da noi», ha dichiarato Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Antitrust: «La legge delega che dovrebbe recepire la direttiva è in Parlamento, speriamo che i lavori procedano velocemente perché l’apertura rende il mercato trasparente e crea pressione competitiva».
Il dibattito, in Italia, è aperto e si concentra in particolare sul ruolo della Siae e sulla sua reale capacità di affrontare le nuove sfide di efficienza e trasparenza richieste dal mercato. Secondo Davide D’atri, ad di Soundreef, i tempi sono maturi e ci troviamo di fronte a un «processo di liberalizzazione inarrestabile, che necessita di regole comuni».

 

Davide D’Atri di Soundreef spiega cosa dice la Direttiva Barnier sul diritto d’autore

 

La sfida è aperta, e chiama in causa anche il ministro Dario Franceschini che ancora latita nel chiarire la sua posizione. «La posizione del ministro – ha detto D’Atri ad Ansa – è sbagliata dal punto di vista legale perché non si può impedire a un soggetto straniero di operare in Italia, la direttiva europea è chiarissima. Soundreef ha ottenuto un consenso trasversale da tutti i partiti incluso il Pd, ma Franceschini è in silenzio da settimane. Tutte le posizioni sono accettabili ma in un Paese moderno e civile il confronto è necessario. Servono regole comuni per autori, editori e utilizzatori, la liberalizzazione non va lasciata al caso o all’aula di un tribunale».