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La battaglia di Falluja e gli sbarchi in Libia: le foto della settimana

(Foto AP / Rafiq Maqbool)

29 Maggio 2016. Falluja, in Iraq. Le forze di sicurezza irachene, con il sostegno delle forze alleate americane, sono entrate nella città roccaforte dello Stato islamico. (Foto AP / Anmar Khalil)
29 Maggio 2016. Falluja. Le forze di sicurezza irachene, con il sostegno americano, sono entrate nella città roccaforte dello Stato islamico. (Foto AP / Anmar Khalil)

30 maggio 2016. Schoenefeld, Germania. Un padiglione di vetro al ILA Berlin Air Show, il tema di quest'anno è sulla sostenibilità dell’innovazione e della tecnologia. EPA / WOLFGANG KUMM
30 maggio 2016. Schoenefeld, Germania. Un padiglione di vetro al ILA Berlin Air Show, il tema di quest’anno è la sostenibilità EPA / WOLFGANG KUMM

31 maggio 2016. Minsk, Bielorussia. Prove per la parata militare del Giorno dell'Indipendenza (AP Photo / Sergei Grits)
31 maggio 2016. Minsk, Bielorussia. Prove per la parata militare (AP Photo / Sergei Grits)

1 giugno 2016. Uhuru Park, Nairobi, Kenya. Un sostenitore dell'opposizione indossa una maschera bianca duranta una manifestazione in favore del leader dell'opposizione Raila Odinga per commemorare il giorno di Madaraka, quando il Kenya, nel 1963, ottenne l’autogoverno interno. (Foto AP / Ben Curtis)
1 giugno 2016. Nairobi, Kenya. Manifestazione in favore del leader dell’opposizione Raila Odinga (Foto AP / Ben Curtis)

2 giugno 2016. Rio de Janeiro, Brasile. Un attivista per i diritti umani pone delle luci che rappresentano le migliaia di persone uccise dalla polizia da quando Rio ha vinto la gara per ospitare i Giochi Olimpici. Gli attivisti per i diritti umani di Amnesty International hanno esortato il governo a prendere misure urgenti per porre fine a quello che definisce un uso sistematico della forza eccessiva nelle baraccopoli e nelle aree periferiche in vista dei Giochi Olimpici. (Foto AP / Felipe Dana)
2 giugno 2016. Rio de Janeiro, Brasile. Un attivista per i diritti umani pone delle luci che rappresentano le migliaia di persone uccise dalla polizia da quando Rio ha vinto la gara per ospitare i Giochi Olimpici. (Foto AP / Felipe Dana)

2 giugno 2016. Mumbai, India. Un denso fumo esce da un edificio in fiamme. Non sono note le cause dell’incendio. (Foto AP / Rafiq Maqbool)
Mumbai, India. Un denso fumo esce da un edificio in fiamme. (Foto AP / Rafiq Maqbool)

2 giugno 2016. Tokyo, in Giappone. Una donna cammina davanti a un muro di elefoni cellulari esposti all'esterno di un negozio di elettronica nel centro di Tokyo. (Foto AP / Shuji Kajiyama)
Tokyo, in Giappone. Una donna cammina davanti a un muro di telefoni cellulari esposti all’esterno di un negozio di elettronica nel centro di Tokyo. (Foto AP / Shuji Kajiyama)

2 giugno 2016. Parigi. Una donna in una strada allagata del centro Longjumeau, a sud di Parigi. In questi giorni sia parte della francia che della Germania sono teatro di preoccupanti inondazioni. (Foto AP / Francois Mori)
Parigi. Una donna in una strada allagata del centro Longjumeau, a sud di Parigi. In questi giorni sia parte della Francia che della Germania sono teatro di inondazioni. (Foto AP / Francois Mori)

2 giugno 2016. Caracas, Venezuela. Un ufficiale della polizia Nazionale Bolivariana salva un uomo che era stato attaccato dai manifestanti nel corso di una protesta per la mancanza di cibo a pochi isolati dal palazzo presidenziale di Miraflores. (Foto AP / Ariana Cubillos)
Caracas, Venezuela. Un ufficiale di polizia soccorre un uomo che era stato attaccato dai manifestanti nel corso di una protesta per la mancanza di cibo (Foto AP / Ariana Cubillos)

2 giugno 2016. Bogotà, Colombia. Un agente di polizia porta un cane che è stato salvato da El Bronx, un quartiere di tossicodipendenti e prostituzione, nel centro della città. Giorni prima la polizia aveva fatto irruzione per le strade del quartire conosciuto come il grande mercato della droga a cielo aperto della Colombia. (Foto AP / Fernando Vergara)
Bogotà, Colombia. Un agente porta un cane che è stato salvato da El Bronx, un quartiere di tossicodipendenti e prostituzione, nel centro della città. (Foto AP / Fernando Vergara)

02 giugno 2016. Priferia di Mafraq, Giordania. Due bambini siriani giocano tra le tende di un campo profughi vicino al confine siriano (AP Photo / Muhammed Muheisen)
Periferia di Mafraq, Giordania. Due bambini siriani giocano tra le tende di un campo profughi vicino al confine (AP Photo / Muhammed Muheisen)

02 giugno 2016. Zuwarah, Tripoli, Libia. Resti di salvagente su una spiaggia ad ovest di Tripoli. la spiaggia si è ricoperta di corpi di migranti lungo ben 25 chilometri. Secondo la Mezzaluna Rossa locale e l'ong Migrant Report sono almeno 117 i corpi ritrovati. ANSA / mohame Ben Khalifa
2 giugno 2016. Zuwarah, Tripoli, Libia. Resti di salvagente su una spiaggia ad ovest di Tripoli. la spiaggia si è ricoperta di corpi di migranti lungo ben 25 chilometri. Almeno 117 i corpi ritrovati. ANSA / mohame Ben Khalifa

(gallery a cura di Monica Di Brigida)

A Ostia il lungomare nasconde il mare

A Ostia il mare c’è ma non si vede. Dal porto turistico fino a Capocotta, i diciotto chilometri lungo i quali si sviluppa il litorale contano ben 71 tra stabilimenti e spiagge libere o attrezzate. Il problema però nasce nel cuore di Ostia, tra il pontile e piazzale Cristoforo Colombo: quattro chilometri disseminati di abusi edilizi e spiagge a pagamento su otto totali di per sé problematici. Lo chiamano il Lungomuro: un mare di cemento e artefatti di varia natura che delimita i feudi del “potere balneare” costruito a suon di cabine innalzate, mura di cinta e, se va bene. cespugli e alberi che impediscono di vedere la spiaggia.

Nel X municipio di Roma, quello commissariato per la pervasività del crimine organizzato, chi combatte per la legalità è ripagato con minacce di morte: cuore e fegato di animale sull’uscio di casa. È successo all’esponente dei Verdi Angelo Bonelli: «Sabato 28 maggio alle 3,20 di notte suona il citofono di casa: “Ammerda c’è un pacco pe’ tè”. Affacciandomi ho visto uno scooter andare via. Davanti alla porta di casa, al quarto piano, ho trovato un pacco e un biglietto: “Perché il prossimo sarà il tuo?”», ci racconta Bonelli, che nelle scorse settimane ha presentato un esposto alla Procura di Roma e ha scritto al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti per chiedere il loro intervento contro la costruzione in corso d’opera del resort Capitol, in piena area protetta a Castel Fusano. E soprattutto ha fatto molte denunce contro la “spiaggiopoli” di Ostia.

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Per troppi anni nessuno è stato capace di fermare gli abusi edilizi commessi da alcuni beneficiari delle concessioni demaniali. Lo scorso anno l’amministrazione capitolina di Ignazio Marino, provò a intervenire calando l’asso: Alfonso Sabella. Il magistrato, dopo aver cercato un accordo con i gestori degli stabilimenti, era pronto ad azionare le ruspe non solo a Castelporziano, dove è intervenuto per sanare gli abusi, ma anche nel cuore di Ostia. Oggi, decaduta la giunta Marino, la patata bollente è passata in mano a un altro pezzo delle istituzioni, il prefetto Domenico Vulpiani che da mesi cerca una sintesi pacifica con i gestori degli stabilimenti. Metodi diversi ma un obiettivo comune. Ad oggi però, dei dodici varchi di pubblico accesso alla battigia voluti dalla giunta Marino, soltanto due sono stati aperti: in uno il cartello di segnalazione è privo del logo comunale e la passerella di accesso è rotta, l’altro è senza insegna, stretto, raffazzonato e la sera simile ad un orinatoio.

«Ci sono volute tre ordinanze del Consiglio di Stato per stabilire l’accesso libero e gratuito al mare anche per i cittadini romani, la legittimità dei varchi e l’obbligo dei gestori degli stabilimenti di far passare chiunque a qualunque ora», racconta Sabella a Left. A Ostia Lido, ovvero tra il pontile e via Cristoforo Colombo, «la presenza del Lungomuro impedisce ai cittadini di accedere al mare senza dover pagare: possono farlo quasi esclusivamente attraverso gli stabilimenti e quasi per gentile concessione. Di conseguenza i varchi a mare servono a ben poco, perché i padroni degli stabilimenti sono attentissimi a far rispettare una sola norma di legge: quella che prescrive che la fascia di cinque metri della battigia deve essere lasciata libera da persone e cose per consentire l’accesso dei mezzi di salvataggio. Per cui, anche riuscendo ad accedere alla spiaggia, le persone possono solo fare il bagno e andar via, senza poter sostare o appoggiare un asciugamano». Sabella aveva avviato una trattativa con i gestori degli stabilimenti per arrivare ad un abbattimento condiviso del Lungomuro, ma «l’accordo è stato violato da parte loro un quarto d’ora dopo con il sostegno dalla stampa locale e di due soggetti politici presenti sul territorio, Casapound e il Movimento cinque stelle». Per non compromettere la stagione balneare Sabella decise quindi di far passare l’estate: «A ottobre ero pronto a intervenire con la forza e fare la guerra perché decadessero le concessioni di chi aveva violato la legge. Avevo promesso ai romani che nel 2016 non avrebbero avuto il Lungomuro, ma non sono stato in grado di farlo perché, decaduta la giunta, si è conclusa anche la mia esperienza. Il resto è spiegato nel libro Capitale infetta».

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Con l’estate alle porte i cittadini sono esausti. «Da anni siamo in una situazione di illegalità a cielo aperto. Vogliamo una soluzione», dice il vicepresidente dell’Unione dei comitati di Ostia, Ciro Orsi. Oggi con la nuova amministrazione guidata dal prefetto Vulpiani il problema è monitorato e sono stati fatti dei sequestri in alcuni stabilimenti non a norma, ma la strada è ancora impervia. «A Castelporziano e Capocotta c’erano alcuni abusi che si stanno mettendo a posto e laddove le concessioni degli stabilimenti sono scadute, il nuovo bando per l’assegnazione delle spiagge verrà fatto quando saranno risanati gli illeciti», spiega a Left Vulpiani. Per quanto riguarda il Lungomuro «abbiamo cercato un punto di incontro con i balneari, che invece hanno allungato i tempi per arrivare all’apertura della stagione estiva. Di mezzo ci sono molti contenziosi aperti dai gestori degli stabilimenti, legittimi, ma finalizzati a prender tempo e a far valere i propri interessi. Con l’estate alle porte, chi non si adegua a mettersi in regola sarà soggetto a controlli ed eventualmente a sanzioni amministrative. Agiremo sempre cercando di dare meno disagi possibile agli utenti, ma facendo rispettare le regole ed eliminando gli abusi». Se non dovesse bastare, conclude il prefetto commissario, «come estrema ratio l’esercito è pronto ad intervenire e demolire laddove è necessario. Certo, questo comporterebbe disagi e grosse spese per i contribuenti». Ma il lungomare “privato” rappresenta un disagio e un costo altrettanto grande per la collettività.

Se la fotografia si sveste delle sue regole

© David Alan Harvey, Tell It Like It Is

«C’è voglia di contaminazione», dice nell’intervista sul prossimo numero di Left Emilio D’Itri, direttore artistico per l’edizione 2016 di Fotoleggendo e presidente di Officine Fotografiche, che da sempre organizza la kermesse a Roma. La 13esima edizione del Festival di Fotografia, dal 10 giugno sarà itinerante, aperta ad altre forme d’arte e in connessione con la street art capitolina e non solo. Nei tre giorni di inaugurazione, oltre all’apertura delle mostre, si terranno incontri, presentazioni di libri, proiezioni, premiazioni ed eventi speciali. Gli spazi che accoglieranno le mostre fotografiche e le opere di street art sono Officine Fotografiche, Circolo degli Illuminati, Loft, Rashomon Club.

© Andrea Campesi, Rome a Room
© Andrea Campesi, Rome a Room

#1415 Iran
#1415 Iran

© Miki Nitadori, Odyssey
© Miki Nitadori, Odyssey

© Andrea Roversi, Dauðalogn
© Andrea Roversi, Dauðalogn

© David Alan Harvey, Tell It Like It Is
© David Alan Harvey,
Tell It Like It Is

Dal 13 giugno (e fino al 2 luglio) il festival si allargherà al resto della città: la stazione ferroviaria di Porta San Paolo, l’adiacente Polo Museale Atac e la rete di gallerie che comprende Isfc, Interzone Galleria, 001, Wsp Photography, Microprisma, Officinenove. In tutta la manifestazione saranno esposti più di 30 lavori fotografici. Altri punti di riferimento per mostre e iniziative saranno l’Istituto di istruzione Superiore Statale Cine tv Roberto Rossellini, il Dams Roma Tre.

«Per questa edizione sono partito da un concetto:» – Spiega a Left Emilio D’Itri – “Dall’immagine su negativo all’immagine su file di oggi cosa è cambiato? E quale pubblico oggi viene a visitare le mostre fotografiche?». Da qui ha preso il via un percorso insieme alla commissione (Annalisa D’Angelo, Tiziana Faraoni, Lina Pallotta e Marco Pinna, ndr): abbiamo esaminato quello che a nostro parere c’era di nuovo nelle immagini e nel linguaggio, senza tralasciare la storia di FotoLeggendo legata ai grandi racconti. Infine, la connessione con gli artisti di street art: a loro abbiamo chiesto di confrontarsi con un Festival di fotografia».

Monica Di Brigida

 

Questo articolo continua sul numero 23 di Left in edicola dal 4 giugno

 

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Il comunista che siede alla sinistra di Podemos

Quattro mesi fa, Izquierda unida ha ottenuto quasi un milione di voti, ma solo due seggi. Un brutto colpo per gli eredi del partito comunista spagnolo e di altre forze , arrivato tra l’altro mentre l’organizzazione doveva fare i conti con i suoi bilanci in rosso. E allo stesso tempo una nuova forza politica straripava nel Paese, Podemos. Sembrava finita per i comunisti di Spagna. Ma adesso, la nuova alleanza con il partito di Pablo Iglesias già vola in alto nei sondaggi con il 23,2%, 3 punti sopra il Psoe, fermo al 20,2%. Al grande appuntamento del 26 giugno, quando la Spagna tornerà al voto, le due forze politiche si presenteranno strette in un’alleanza, su cui fino a poco tempo fa nessuno avrebbe scommesso. Unidos Podemos, uniti possiamo.

E, a scanso di equivoci, per sugellare l’accordo, i due leader si sono stretti in un abbraccio a Puerta del Sol, la piazza di Madrid che fu scenario della nascita del movimento degli “indignados” nel 2011. Alberto Garzón di anni ne ha trenta, e di dubbi nessuno: «Non è il sorpasso sui socialisti l’obiettivo, ma vincere le elezioni». Dice così a Left il leader di Izquierda unida, mentre si concede per un’intervista fatta a colpi di messaggi vocali tra una riunione e un comizio di piazza.

Alberto Garzon, Unidos Podemos è un’alleanza elettorale, con le idee chiare: vincere per governare. Conosciamo ormai le parole d’ordine di Podemos: la contrapposizione tra alto e basso, ha preso il posto di sinistra-destra. Al leader della “Sinistra unita” è d’obbligo chiedere: con questa coalizione anche voi ve la lasciate alle spalle?
Qui non si tratta di sostenere un dibattito scolastico, ma sui contenuti politici. In qualunque modo ognuno scelga di definirsi, qualunque nome dia alla sua identità, l’importante è che ci si confronti sul terreno della politica concreta. In questa alleanza noi di Izquierda unida siamo senz’altro la sinistra della coalizione, poi c’è gente che si definisce in altro modo: come il “basso” o come “il 99%”, ma cosa importa? Non sono queste etichette che ci interessano, ma, ribadisco, è il contenuto politico che importa.

Questo articolo continua sul numero 23 di Left in edicola dal 4 giugno

 

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Chi entra in carcere e non ne uscirà più, anche se non è quello che dice la Costituzione

Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità dell’ergastolo ostativo (Editoriale Scientifica, 2015), Carmelo Musumeci e Andrea Pugiotto riportano un dato impressionante di fonte istituzionale: 1.174 dei 1.619 ergastolani in carcere al 12 ottobre scorso sono stati condannati per reati che impediscono il loro accesso alle alternative al carcere e, tra esse, alla liberazione condizionale, l’unico istituto che consente a chi abbia già scontato almeno 26 anni di pena detentiva di non morire in carcere. Sono, insomma “ergastolani ostativi”.
Secondo un noto sofisma, tra i più raffinati della giurisprudenza costituzionale, la pena dell’ergastolo è costituzionalmente legittima nella misura in cui non sia effettivamente scontata. È costituzionale, insomma, a patto che non sia effettivamente tale. Come dire: un nazista è persona di buon cuore nella misura in cui non sia nazista.
Ma se A per essere B non può essere A, tanto vale dire che A non può essere B, e cioè che l’ergastolo non può essere costituzionalmente legittimo. Ma questo la Corte costituzionale quarant’anni fa non ebbe il coraggio di dirlo, nonostante fossero molti i buoni argomenti. Per incominciare, la finalità rieducativa della pena. Se per “rieducazione” intendiamo (come la Corte costituzionale ha sempre affermato) un concreto processo di reinserimento sociale cui deve tendere la pena – e non una semplice emenda morale che il reo raggiunge chiuso nella sua cella al termine dei suoi giorni – è del tutto evidente che una pena senza fine (“MAI” era scritto nel fascicolo degli ergastolani alla voce “fine pena”, prima che l’automazione informatica imponesse un codice numerico: 99/99/9999) non è costituzionalmente ammissibile.

Inoltre, un’adeguata valutazione dell’altro principio costituzionale per il quale le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, sarebbe anch’esso sufficiente a motivare l’incostituzionalità di una misura che non offre alcun fine alla vita umana se non quella di soffrire e morire per essere d’esempio negativo ad altri.
Tutti questi argomenti erano già tragicamente in campo quando il legislatore in “stato di eccezione” decise che bisognasse impedire legalmente ai condannati per delitti gravi o legati alla criminalità organizzata di accedere alle misure alternative.
Ma allora valeva il vecchio sofisma della Corte costituzionale e molti credevano veramente che, siccome la legge dava in astratto questa possibilità, in Italia l’ergastolo mai si scontasse per intero. Oggi no: quella pia illusione non può più essere coltivata. Con la preclusione all’accesso alle alternative, la gran parte degli ergastolani sconta la propria pena per intero, fino al 99/99/9999.
Ma, si dirà, a queste condizioni il sofisma della Corte costituzionale non regge più, e dunque l’alto consesso avrà almeno dichiarato illegittima quella preclusione. E invece no: a sofisma 1, segue sofisma 2. La preclusione alle alternative stabilita dalla legge non è assoluta, ma può essere aggirata collaborando con la giustizia, o dimostrando di non poterlo fare, di non aver nulla da dire. E dunque, secondo la Corte costituzionale, l’ergastolano che non accede alle alternative è causa del suo stesso male.

Evidentemente ai giudici della Corte non è venuto in mente che quel modo di sfuggire alla morte civile ha qualcosa di terribilmente inquisitorio: un pubblico ministero sente che io potrei sapere qualcosa su un fatto di reato; sente, ma non sa (altrimenti non me lo chiederebbe e procederebbe altrimenti); se io gli confermo le sue sensazioni, in cambio potrò avere una prospettiva di liberazione condizionale, e magari prima qualche permesso-premio; se non gli confermo quelle sensazioni (perché non so o perché “non voglio mettere un altro al posto mio”, come dice Carmelo Musumeci) marcirò in galera per il resto della mia vita. Non chiamiamola tortura, per carità, ma libera scelta proprio no.
È così che siamo arrivati a più di 1.600 ergastolani (erano 408 quando nasceva l’ergastolo ostativo): in carcere c’è chi entra senza poterne uscire più, in barba alla Costituzione più bella del mondo.

Questo articolo è tratto dal numero 23 di Left in edicola dal 4 giugno

 

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L’amorino dormiente di Caravaggio a Lampedusa. L’isola accoglie l’arte

Dall’Eros dormiente di Caravaggio ai disegni di Sharazade, una bambina del campo di Idomeni. L’arte al posto degli sbarchi di migranti disperati o, peggio, delle vittime delle stragi in mare scandite da quello che è diventato ormai un vero bollettino di guerra. Di fronte al quale spesso, troppo spesso, gli Stati europei rimangono inerti, se non complici nelle loro assenze. Non è certo rimasta inerte in tutti questi anni Lampedusa, l’isola dell’accoglienza, dell’ospitaltà, la prima terra che i barconi incontrano sulla loro rotta dall’Africa. La porta d’Europa. Ecco, oggi, per una volta Lampedusa è al centro dell’attenzione grazie a una “buona” notizia. Nell’isola fino al 3 ottobre è allestita la mostra “Verso il Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo” promossa dal Comune di Lampedusa e Linosa, dal Comitato 3 Ottobre, dall’Associazione First Social Life e dalla Rai.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella a Lampedusa per inaugurare il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo, 3 giugno 2016. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE/ FRANCESCO AMMENDOLA +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella a Lampedusa per inaugurare il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo. /Francesco Ammendola – Ansa

Nella luce abbagliante dell’isola, dentro l’edificio dalle bandiere rosso sgargiante sul tetto, al centro del paese che si affaccia sul porto testimone costante degli sbarchi, oggi si è tenuta l’inaugurazione alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale è stato accolto da un personaggio diventato famoso: il piccolo Samuele, protagonista insieme al generoso medico dell’isola Pietro Bartolo, di Fuocammare, film di Gianfranco Rosi Orso d’oro a Berlino (qui).
L’arte e il dramma delle migrazioni, questo il filo della mostra. Ogni opera ha un suo contenuto, un senso profondo che testimonia il legame con l’oggi. Un Caravaggio, ma anche tre opere provenienti del Museo del Bardo di Tunisi, oggetto di un terribile attentato jihadista nel 2015.

«La cultura è un’arma per combattere l’estremismo, il fanatismo», ha detto Moncef Ben Boussa, direttore del museo di Tunisi, a Lampedusa per partecipare all’inaugurazione. Una di queste opere, ha aggiunto, «ha viaggiato molto e non si sa se questo è un punto di partenza o di arrivo». Dopo un viaggio, perché trafugata negli Stati Uniti, è anche la testa di Ade. E protagonista di un viaggio è anche l’opera di Caravaggio, l’Eros dormiente, l’amorino, il bambino dal corpo rilassato e dal volto dolce e sognante. C’è chi l’ha collegato all’immagine di Aylan, il piccolo siriano di 3 anni morto sulle coste turche a settembre 2015. Un’immagine, quella, che ha avuto una eco mondiale, che ha scardinato, per un po’ di tempo – troppo breve – pregiudizi e ignoranza.

È il direttore degli Uffizi Eike Schmidt a spiegare la presenza dell’opera di Caravaggio, conservata nella Galleria Palatina e dipinta tra il 1608 e il 1609 nella vicina isola di Malta dove Caravaggio era arrivato, per così dire, come un rifugiato. «Rappresenta un messaggio positivo di speranza, di solidarietà. Raffigura il piccolo Eros, il piccolo amore addormentato che bisogna svegliare in tutti noi per dare una mano a chi ha bisogno, a chi ha bisogno vitale per sopravvivere, e che dobbiamo aiutare tutti insieme», ha detto il direttore. Figurano poi altre opere dai Musei Correr di Venezia e dal Mucem di Marsiglia: mappe, libri antichi, reperti dal Mediterraneo. Ma c’è anche il Mediterraneo di oggi, e le sue coste martoriate tra migranti e popoli in cerca di libertà. Nella mostra figura infatti anche l’ultimo libro letto da Giulio Regeni, il Siddartha di Herman Hesse e un origami a forma di cuore con la scritta in arabo di “Verità per Giulio”: lo ha inviato dal carcere Ahmed Abdallah, l’attivista egiziano consulente della famiglia del giovane ricercatore italiano morto mentre era nelle mani delle forze dell’ordine egiziane e sulla cui sorte permane ancora un enorme cono d’ombra.

sharazade-1E poi ci sono i disegni di Sharazade, la bambina che viveva nel campo di Idomeni, raccolti e fatti mostrati da Gazebo, la trasmissione di Diego Bianchi su Rai Tre. Ci sono anche le storie dei rifugiati come Adal, che ha disegnato per la Rai le torture inflitte a migliaia di ragazzi come lui dal regime eritreo e diventate prova nella relazione di condanna delle Nazioni Unite. E poi le testimonianze dirette da Lampedusa: gli oggetti personali di 52 persone morte soffocate nella stiva di un barcone. Uno dei tanti, come quelli che si possono vedere a poche centinaia di metri dal Museo, là sotto, vicino al campo di calcio. Infine, il docufilm di Gianfranco Rosi Fuocoammare: verrà proiettato a Lampedusa nell’ambito del Prix Italia, manifestazione che la Rai ha spostato qui dal 29 settembre al 2 ottobre.

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Ancora una volta, la porta d’Europa, come spesso ha detto il sindaco Giusi Nicolini, non ci sta a diventare un cimitero, ma lancia un messaggio a tutto il continente, che non deve rimanere passivo e sordo. Del resto, sulla scogliera vicino al porto, c’è un’opera di Mimmo Paladino (qui sopra) che parla da sola. Un’enorme porta. Aperta.

Procedura d’infrazione Ue contro la Polonia. «Stato di diritto a rischio»

Knotted EU and Polish flags at a protest against the government in Poland, by supporters of the Polish citizens' movement Committee for the Defence of Democracy (KOD Polonia) outside the Polish Institute in Berlin, Germany, 23 Janaury 2106. PHOTO: GREGOR FISCHER/DPA

La Polonia celebra il 225 anniversario della sua prima costituzione. Approvata dalla Dieta il 3 maggio del 1791, la cosiddetta “costituzione di maggio” fu la prima Carta fondamentale in Europa e la seconda al mondo, dopo quella statunitense, a introdurre il principio moderno di monarchia costituzionale fondata sulla separazione dei poteri. I polacchi continuano a celebrare l’anniversario ma intanto la costituzione è cambiata più volte. E oggi più che mai il principio di separazione dei poteri è sotto attacco.

 

La premier polacca Beata Szydlo
La premier polacca Beata Szydlo

A Varsavia dunque c’è poco da festeggiare. Soprattutto con lo scontro frontale in atto tra la Commissione europea e il governo nazionalista di Beata Szydlo (del partito di destra Diritto e giustizia, Pis), che governa dallo scorso 25 ottobre grazie alla maggioranza assoluta ottenuta alle elezioni. In particolare, Bruxelles ha emesso un «monito formale» alla Polonia per la controversa riforma della Corte costituzionale, promossa dall’esecutivo e fortemente voluta dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, anch’egli membro del Pis, ma soprattutto dal leader storico e carismatico del partito, Jaroslaw Kaczinsky. Secondo il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, la riforma della Corte costituzionale rappresenta un «rischio sistemico» per lo Stato di diritto del Paese, in quanto limita il controllo di alcune leggi e impedisce alla Corte di operare efficacemente.

Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue
Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue

Il 1 giugno la Commissione europea ha compiuto un passo ulteriore, inviando a Varsavia un «parere sullo Stato di diritto», avviando per la prima volta in assoluto tale procedura verso uno Stato membro. È la prima volta che l’Unione Europea accusa uno dei Paesi membri di minare le fondamenta della democrazia e non rispettare lo Stato di diritto. La Polonia avrà due settimane per presentare le proprie osservazioni all’esecutivo europeo; se non venisse trovata una soluzione nel breve termine, il contenzioso potrebbe aggravarsi con l’approvazione di alcune sanzioni nei confronti di Varsavia, tra le quali la sospensione del diritto di voto all’interno del Consiglio Europeo. Il braccio di ferro tra la Commissione europea e l’esecutivo polacco dura da oramai da 5 mesi, e la possibilità di trovare un accordo è sempre più lontana.

Timmermans ha dichiarato che il dialogo continua e si è detto soddisfatto che la premier polacca, Beata Szydlo, sia «incline al confronto». Ma ha anche sottolineato di essere «freddo e lucido nel suo lavoro», e che «garantire il funzionamento dello Stato di diritto all’interno dell’Unione sia compito delle istituzioni europee e dei Paesi membri». Anche a Varsavia non si smorzano le critiche: Kaczinsky ha recentemente sostenuto che le indagini e le procedure aperte nei confronti della Polonia «violano il principio di autodeterminazione», e che sia impossibile per Varsavia «impugnarle di fronte alla Corte di giustizia Europea».

Jaroslaw Kaczinsky, ex Primo Ministro polacco
Jaroslaw Kaczinsky, ex primo ministro polacco

 

La riforma. Subito dopo le elezioni dello scorso autunno il Parlamento approvò una legge che permette al governo, tra le altre cose, di cancellare le nomine dei giudici della Corte costituzionale fatte dal governo precedente («la Corte costituzionale è il bastione delle cose che non funzionano» ha detto Kaczinsky commentando la riforma). L’esecutivo licenziò i 5 giudici eletti dal precedente governo di Piattaforma civica – di cui 2 vacanti per presunta incostituzionalità – per eleggerne altrettanti vicini al partito di governo. Il presidente della Corte Costituzionale, Andrezej Rzeplinsky, si rifiutò, in contrasto con il Capo dello Stato, di approvare tre nomine su cinque, concedendo loro di occupare solo i seggi rimasti in precedenza vacanti. Inoltre, la Corte costituzionale ha emanato un verdetto in base al quale la riforma sarebbe anti-costituzionale, verdetto che il Governo si rifiuta di pubblicare in Gazzetta ufficiale. Cosa che ha provocato una grave paralisi istituzionale.

Il Pis sta assumendo posizioni estreme su molti altri fronti. In primis c’è la volontà di rendere completamente illegale l’aborto, già fortemente regolamentato. In secondo luogo, in vista del vertice Nato di luglio, che si terrà a Varsavia, il governo chiede un aumento delle truppe dell’Alleanza Atlantica al confine orientale a causa delle tensioni con Mosca. In terzo luogo, è oramai un dato di fatto l’asse Varsavia-Budapest contro il piano Ue di ripartizione delle quote di migranti. Asse già manifestatosi in occasione del braccio del ferro con Bruxelles (Budapest ha dichiarato che porrà il veto se Varsavia venisse sanzionata dalla Commissione) e che potrebbe essere destinato a rafforzarsi nei prossimi anni, visto l’exploit dei partiti della ultra-destra negli altri Paesi dell’Unione, pronti a imitare il modello polacco.

Migranti, naufragio a Creta: 340 recuperati, forse 400 i dispersi

Ci risiamo. Dopo i cento morti di ieri in Libia, affogati dopo che la loro barca si è ribaltata non lontano dalle coste nei pressi di Zuwara, oggi è la volta delle isole greche. Una vasta operazione di soccorso ha raccolto circa 340 persone in mare e quattro cadaveri, ma l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ha diffuso un comunicato nel quale si legge che i migranti a bordo della nave naufragata erano 700. Se la notizia verrà confermata e non si troveranno altri superstiti, i morti sarebbero quindi centinaia.
La guardia costiera ha raccontato che la barca di 25 metri era per metà sommersa dalle acque e che non è chiaro da dove venisse o dove fosse diretta. Alcune fonti dicono fosse partita dall’Egitto – la barca è naufragata in acque territoriali egiziane, ma più vicino all’isola greca –  e fosse diretta in Italia. Qualunque sia il numero dei morti, queste sono le prime persone a morire in acque greche dopo la firma dell’accordo tra Unione europea e Turchia.

l fatto che la barca sia stata individuata nei pressi di Creta, molto più a Sud rispetto alle isole dove normalmente avvenivano gli sbarchi dalla Turchia, segnala due possibilità: la barca è effettivamente partita dall’Egitto perché le rotte stanno cambiando in funzione dell’accordo; oppure gli scafisti turchi stanno cercando nuove strade e dalle coste della Turchia affrontano un viaggio molto più lungo verso l’Italia. In ogni caso più rischi per i migranti e rifugiati, che devono in entrambe le opzioni, affrontare più miglia di mare. Il portavoce dell’Oim, Joel Millman ha detto che negli ultimi giorni gli sbarchi segnalano che Creta è una nuova destinazione e che molti tra coloro approdati sull’isola dicono di essere partiti dalla Turchia. Un segnale in più.

La mappa degli sbarchi aggiornata dall’Oim con, in rosso, il numero dei morti

A proposito di Turchia, Amnesty International ha diffuso un documento nel quale si chiede all’Europa di denunciare l’accordo con le autorità di Ankara perché non garantisce il rispetto delle convenzioni internazionali in quanto alle persone non viene accordato lo status di rifugiato e non vengono garantiti in nessun modo aiuti materiali. E sempre parlando di Turchia, Medici Senza Frontiere lancia un appello per le persone intrappolate ad Azaz, tra il Califfato e il confine turco, mentre la guerra contro l’Isis si avvicina. Sono in 100mila e non hanno vie di fuga se Ankara non aprirà le frontiere.

 

Petrolio nel Golfo del Messico, Bp risarcisce gli investitori. Le immagini del disastro

Un'immagine della piattaforma petrolifera della BP "Deepwater Horizon" in fiamme nel Golfo del Messico, il 22 maggio 2010. Una piattaforma petrolifera al largo della costa della Louisiana si e' incendiata e successivamente è esplosa oggi nel Golfo del Messico. I tredici lavoratori della piattaforma si sono rifugiati in acqua. Elicotteri e navi della guardia costiera si stanno recando sul luogo dell'incidente. La piattaforma, proprieta' della Mariner Energy, e' ancora in fiamme. DANIEL BELTRA / GREENPEACE HANDOUT NO SALES / EDITORIAL USE ONLY

Il più grave disastro ambientale della storia americana: 106 giorni di sversamento di petrolio al largo del Golfo del Messico. Dal 20 aprile al 4 agosto 2010, il greggio in uscita dal pozzo Macondo della piattaforma Deepwater Horizon, a 1.500 metri di profondità, ha causato la morte di 11 persone e danni difficili da dimensionare.

Oggi la britannica Bp, la compagnia responsabile dell’impianto, ha chiuso un accordo per risarcire gli investitori che avevano acquistato le azioni dopo l’incidente ma prima che ne fossero note le effettive dimensioni: tra 2016 e 2017 risarcirà 175 milioni di dollari per scongiurare l’apertura di un nuovo processo, il cui inizio era già fissato per il mese prossimo.

La richiesta degli investitori si basava sul fatto che Bp aveva pubblicamente ridimensionato la quantità di greggio fuoriuscita. A quanto pare le cifre reali erano circa dieci volte maggiori rispetto a quanto dichiarato dalla compagnia all’epoca, quando si parlava di un quantitativo tra i 1.000 e i 5.000 barili. Il greggio furiuscito, hanno poi rivelato le stime, si aggira infatti attorno ai 4,9 milioni di barili.

Finora, i vari risarcimenti, le multe e la bonifica sono costati a Bp 56,4 miliardi di dollari: 18,7 miliardi sono andati al governo Usa e ai cinque Stati colpiti dall’inquinamento, 12,9 per risarcire imprese e individui danneggiati, e 4 miliardi a seguito delle condanne. Ma lo strascico processuale del disastro non è ancora terminato.

All’incidente e le sue conseguenze è dedicato un film in uscuta nelle sale statunitensi il 30 settembre. Il titolo è Deepwater Horizon ed è diretto da Peter Berg (Lone Survivor), con Dylan O’Brein, Mark Wahlberg, Kurt Russell, John Malkovich e Kate Hudson.

Un'immagine della piattaforma petrolifera della BP "Deepwater Horizon" in fiamme nel Golfo del Messico, il 22 maggio 2010. ANSA / DANIEL BELTRA / GREENPEACE HANDOUT NO SALES / EDITORIAL USE ONLY
La piattaforma in fiamme il 22 maggio 2010. Ansa/Daniel Beltra/Greenpeace

epa02402643 Greenpeace activists splatter luxury cars and a mock pelican with oil six months after the Deepwater Horizon oil rig explosion, mocking industry car shows, in front of the office of European carmaker association ACEA in Brussels , Belgium, 20 October 2010. Greenpeace said "The transport sector is not pulling its weight in the climate effort.'' The vehicle lobby argues that such targets are hard to reach, but recent technological advances have shown that fuel consumption in vans can easily be reduced. Some top-selling models have achieved over 10 per cent cuts in emissions since 2007. Proposals tabled by the Commission would require carmakers to cut emissions by 14 per cent between 2007 and 2016. EPA/OLIVIER HOSLET
Proteste degli attivisti di Greenpeace. Epa/Olivier Hoslet

epa02250539 A worker with Patriot, a company contracted with BP, cleans oil sludge after decontaminating used boom from the Deepwater Horizon Oil Spill response at a facility in Theodore, Alabama, USA on 16 July 2010. According to officials, the facility has repaired and redeployed over 25 miles of boom since the response began. The BP Deepwater Horizon oil spill, which began almost 3 months ago, is the largest in US history and continues to threaten wildlife, the ecosystem and the economy of the Gulf Coast as BP and government officials attempt to stop the flow and remove what has already been released. EPA/DAN ANDERSON
La decontaminazione di un mezzo intervenuto per la bonifica. Epa/Dan Anderson

epa02144840 Handout photograph from NASA made available on 05 May 2010 from the Aqua satellite as it flew over the oil spill from the Transocean Deepwater Horizon drill rig disaster located in the Gulf of Mexico off Louisiana, USA, on 04 May 4 at 2:50 p.m. EDT. ANSA/ NASA/Goddard/MODIS Rapid Response Team / HO EDITORIAL USE ONLY / NO SALES
Le immagini della macchia di greggio riprese il 4 maggio 2010 dal satellite Aqua della Nasa.
Ansa/ Nasa/Goddard/MODIS Rapid Response Team

Un'immagine della piattaforma petrolifera della BP "Deepwater Horizon" in fiamme nel Golfo del Messico, il 22 maggio 2010. Una piattaforma petrolifera al largo della costa della Louisiana si e' incendiata e successivamente è esplosa oggi nel Golfo del Messico. I tredici lavoratori della piattaforma si sono rifugiati in acqua. Elicotteri e navi della guardia costiera si stanno recando sul luogo dell'incidente. La piattaforma, proprieta' della Mariner Energy, e' ancora in fiamme. DANIEL BELTRA / GREENPEACE HANDOUT NO SALES / EDITORIAL USE ONLY
La Deepwater Horizon in fiamme nel Golfo del Messico, il 22 maggio 2010. Daniel Beltra/Greenpeace

Esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon gestita dalla britannica BP nel 2012. ANSA / PETTY OFFICER SCOTT LLOYD/ HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES
Esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon.
Ansa / Petty Officer Scott Lloyd

July 30, 2010 - Grand Isle, LA, United States of America - Aerial view of sandbag barriers to prevent crude oil leaking from the blowout of the BP Oil Deepwater Horizon from entering the marsh estuary July 30, 2010 in Grand Isle, Louisiana. (Credit Image: © Louisiana Governors Office/Planet Pix via ZUMA Wire)
30 luglio 2010 – Barriere di sacchi di sabbia a Grand Isle, Louisiana. © Louisiana Governors Office/Planet Pix via ZUMA Wire

 

epa02251746 People walk their dog on a virtually empty beach near oil caught in the ripples of the sand in Bay St. Louis, Mississippi, USA 17 July 2010. While BP is evaluating a new containment cap that they hope will allow them to eventually shut down the blown well, oil from the Deepwater Horizon leak in the Gulf of Mexico continues to reach shore, affecting beaches, marshes and wildlife along the coasts of Louisiana, Mississippi, Alabama and Florida. EPA/ANN HEISENFELT
Baia di St. Louis, Mississippi, 17 July 2010. Epa/Ann Heisenfelt

epa02250571 A still life of a dead crab and jelly fish found in the surf today in Longbeach, Mississippi. Hopes run high that BP"s capping of the oil leaking from the Deepwater Horizon in the Gulf of Mexico, will be successful and will prevent more oil from polluting the Gulf and the shorelines. US states that have been impacted so far stretch from Texas to Louisiana, Mississippi, Alabama and Florida. Longbeach, Mississippi, USA, 16, July, 2010. EPA/BEVIL KNAPP
Longbeach, Mississippi, 16 luglio 2010. Epa/Bevil Knapp

epa02243206 A heavily oiled 'Oyster Catcher' bird found on the beach today as workers clean the beaches along the Gulf of Mexico while the oil continues to leak from the Deepwater Horizon explosion in the Gulf of Mexico, causing the worst environmental disaster in the history of the United States. This disaster continues to spread impacting fishermen and tourist revenues along the entire Gulf Coast. Waveland, Mississippi,USA, 09, July, 2010 EPA/BEVIL KNAPP
Waveland, Mississippi, 9 luglio 2010. Epa/Bevil Knapp

June 26, 2010 - Gulf Of Mexico, LA, United States of America - The drill ship Discoverer Enterprise and Q4000 burn off gas from the uncapped Deepwater Horizon wellhead as clean up continues in the largest oil disaster in history June 26, 2010 in the Gulf of Mexico. (Credit Image: © Sgt. Casey Ware/Planet Pix via ZUMA Wire)
26 giugno 2010. © Sgt. Casey Ware/Planet Pix via ZUMA Wire

epa02218961 A live video feed from a remotely operated vehicle (ROV) shows crude oil as it escapes from the Deepwater Horizon BP oil well in the Gulf of Mexico 23 June 2010. A containment cap over the wellhead had to be removed after one of the ROVs struck it damaging a vent allowing the well to flow freely into the Gulf of Mexico. Hundreds of thousands of gallons of oil continue to escape as company and federal officials try to stop the flow and continue to battle to save wildlife and the shorelines. EPA/BP HANDOUT EDITORIAL USE ONLY / NO SALES
23 giugno 2010. La fuoriuscita del greggio ripresa da un veicolo telecomandato. Epa/Bp

epa02213525 Airboat operator Michael Fabian's glove is dripping with thick crude oil from the BP Deepwater Horizon oil spill in the Bay Jimmy marsh section of Barataria Bay near Port Sulpher, Louisiana, USA, 20 June 2010. Plaquemines Parish officials are using portable vacuums to slowly collect the oil at their own expense. The BP oil spill is the largest in US history and continues to threaten wildlife, the ecosystem and the economy of the Gulf Coast as BP and government officials attempt to stop the flow and remove what has already been released. EPA/ERIK S. LESSER
Port Sulpher, Louisiana, 20 giugno 2010. Epa/Erok S. Lesser

epa03471929 (FILE) A file photo dated 19 June 2010 showing oil from the BP Deepwater Horizon oil spill being corralled and burned on the surface of the Gulf of Mexico 50 miles off the coast of Louisiana, USA. British oil giant British Petroleum BP could face a fine of between three to five billion US Dollar in a settlement of criminal claims relating to the 2010 Deepwater Horizon oil spill in the Gulf of Mexico, media reports state on 15 November 2012. The fine could be the 'largest criminal penalty in US history', the reports add. The April 2010 Deepwater Horizon oil spill in the Gulf of Mexico had caused a severe environmental disaster in the region. EPA/BEVIL KNAPP
19 giugno 2010. Gli interventi di bonifica attorno alla piattaforma Epa/Bevil Knapp

epa02214843 A Greenpeace handout photo shows a group of baby brown pelicans, completely covered in oil, wait in a holding pen to be treated as part of the cleaning process at the Fort Jackson International Bird Rescue Research Center in Buras, Louisiana, USA, 21 June 2010. Members of the Tri-State Bird Rescue and Research team work to clean birds covered in oil from the Deepwater Horizon wellhead. The BP leased Deepwater Horizon oil platform exploded on April 20 and sank after burning. EPA/DANIEL BELTRA / GREENPEACE HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES
Una foto di Grennpeace motra un gruppo di piccoli pellicani coperti dal greggio in attesa dell’intervento di pulizia Epa/Daniel Beltra / Greenpeace

June 18, 2010 - Gulf Of Mexico, LA, USA - View of a controlled surface burn of oil collected from the Deepwater Horizon spill as part of the clean up and containment operation June 18, 2012 in the Gulf of Mexico. (Credit Image: © Nsf/Planet Pix via ZUMA Wire)
18 giugno 2010, Golfo del Messico. Incendi controllati per la puliaiza e il contenimento della fuoriuscita di greggio. © Nsf/Planet Pix via ZUMA Wire

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Un pellicano pochi giorni dopo l’incidente

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Il presidente Obama in sopralluogo sulle coste delle Louisiana

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I tecnici intervenuti dopo l’incidente sistemano le bande di contenimento del greggio