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Vecchi comici stantii

«Chi siamo? Siamo pieni di malattie nevrotiche, siamo pieni di autistici, l’autismo è la malattia del secolo. L’autismo non lo riconosci, per esempio è la sindrome di Aspengher (sic) c’è pieno di questi filosofi in televisione che hanno la sindrome di Asperger. Che è quella sindrome di quelli che parlano in quel modo e non capiscono che l’altro non sta capendo. E vanno avanti e fanno magari esempi che non c’entrano un cazzo con quello che sta dicendo, (risate) hanno quel tono sempre uguale. C’è pieno di psicopatici…».

Parole, opere e omissioni di Beppe Grillo che sul palco della festa del Movimento 5 stelle al Circo Massimo ha deciso di fare satira nel modo più banale, un po’ come Salvini è abituato a fare politica: facendo il bullo usando le fragilità come vergogna da deridere.

«Silvio! More o bionde?» «Entrambe, basta che la diano».

Parole, opere e omissioni di Silvio Berlusconi, sorretto dalle sue guardie del corpo che ormai sono badanti travestiti da Men in black mentre sfoggia un sorriso bianchissimo che gli sbriciola il cerone seccato sugli spigoli della bocca.

Sono gli stessi comici da vent’anni, sempre loro, che non fanno più ridere nessuno e ancora credono di essere esilaranti come quegli anziani zii che ci tocca sorbire alle cene di Natale, quando tutti ridono perché ormai è così e non lo cambia più nessuno. Sul primo (Grillo) almeno ci pensano Conte e Di Maio a smentirlo subito dopo il suo intervento, trattandolo come il vecchietto svoltolato che fa ridere tutti giù in osteria. Sul secondo (Berlusconi) invece addirittura resiste tutta una gerarchia di servitori: potere del soldo.

È la comicità degli incapaci, quella che non riesce a puntare al sorriso senza bisogno di calpestare qualcuno. Per loro la stoccata deve avere per forza il rumore del bastone e del cranio, più lievi non riescono. Così ogni giorno si irride qualcuno trascinando tutta una categoria (autistici, malati, donne, eccetera) sentendosi fighi perché sani, perché maschi, perché bianchi, perché forti.

Le stesse disgustose battute stantie per tutti questi anni, tanto che ti aspetteresti a questo punto vedere rispuntare persino una Cuccarini a comiziare con la leggerezza di una televendita. E la Cuccarini, infatti, due giorni fa ha dichiarato:

«Foa mi ha aperto gli occhi su quanto l’informazione sia manipolata» e poi «l’economista Bagnai ha il dono della chiarezza» e poi «Savona? Uno dei pochi di spessore internazionale».

Oddio. Ci manca solo Umberto Smaila. Eccolo:

«Noi abbiamo le Ferrari, Dolce e Gabbana, Ronaldo, il Sassicaia e Moody’s ci declassa. L’India dove milioni di individui vivono tra escrementi di vacca ai limiti della sopravvivenza ha un’economia in grande considerazione per i mercati! Continuano a prenderci per il culo».

Che sapore di nuovo, questo futuro. E poi ci stupiamo che temano i libri.

Buon martedì.

Consumo di suolo in Italia, due disegni di legge sono l’ultima spiaggia contro lo scempio

Seedling on wall background

Zolle su zolle, costa su costa. In Italia si divora il territorio con abusi e cemento. Un’emergenza. Da alcuni giorni è finalmente iniziato l’iter della legge per contrastare il consumo del suolo che viaggia con un ritmo di 3 mq al secondo.
Una legge che intende partire dal lavoro fatto in precedenza. Nella scorsa legislatura, infatti, dopo un lungo lavoro di ascolto, il Parlamento era quasi riuscito ad approvare un testo. Oggi si riprende quella norma, ma, a detta del ministro all’Ambiente Sergio Costa, c’è in aggiunta il bilancio ecologico. Un indicatore per misurare il nostro consumo di risorse, in relazione all’ambiente in cui viviamo. In modo da fare una valutazione di quanto suolo si spreca. «L’ho già detto alle Camere: la legge sul consumo di suolo ha la priorità», ha affermato il ministro. Così oggi nei due rami del Parlamento sembra siano stati presentati 12 progetti di legge. Le commissioni Agricoltura e Ambiente del Senato hanno intanto iniziato l’esame congiunto di due disegni di legge sul tema, ma si dovrà arrivare a un testo unificato.
Si tratta del ddl 86 “Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo nonché delega al Governo in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate”, presentato dalla senatrice Loredana De Petris (Gruppo Misto). Il ddl 86 definisce il suolo “bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici. Anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico, delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, della riduzione dei fenomeni che causano erosione, perdita di materia organica e di biodiversità”.
Poi c’è il ddl 164 “Disposizioni per l’arresto del consumo di suolo, di riuso del suolo edificato e per la tutela del paesaggio” presentato dalla senatrice Paola Nugnes (M5S). Quest’ultimo riprende i contenuti del testo elaborato dal Forum “Salviamo il Paesaggio” e messo a disposizione delle forze politiche. Secondo il ddl 164, il suolo riveste un “ruolo fondamentale per la sopravvivenza degli esseri viventi”. Per questo è evidenziata l’indifferibilità delle azioni volte a preservarlo da ulteriori possibili trasformazioni, dai fenomeni di erosione e dalle cementificazioni.
I due disegni di legge sono stati presentati a marzo e ora iniziano l’iter per l’approvazione. In apertura dei lavori, il senatore Gianpaolo Vallardi, presidente della commissione Agricoltura, ha avvertito che sono in itinere altri disegni di legge sul consumo di suolo che potrebbero essere in seguito abbinati per giungere ad un unico testo di legge.
Entrambi i ddl vedono nel riuso e nella rigenerazione urbana, nonché nella limitazione del consumo di suolo, princìpi fondamentali in materia di governo del territorio. I testi impongono l’adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica. Prevedono che le politiche di sviluppo territoriale nazionali e regionali favoriscano la destinazione agricola del suolo e affidano il monitoraggio sul consumo di suolo all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e alle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle regioni e delle province autonome.
Anche se entrambi i disegni di legge perseguono l’obiettivo di arresto del consumo di suolo, il ddl 86 prevede step graduali, mentre il ddl 164 prevede misure immediate. Sarà inevitabile trovare una sintesi tra i diversi approcci presenti nei diversi disegni di legge. «Dobbiamo arrivare ad avere finalmente una legislazione efficace su un tema così importante. Dopo la delusione della scorsa legislatura i gruppi parlamentari hanno la responsabilità di trovare un accordo e noi, insieme alle altre associazioni ambientaliste con cui stiamo lavorando assieme, daremo il nostro contributo», racconta Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente.
Il ddl 86 prevede un consumo di suolo pari a zero entro il 2050, in coerenza con l’obiettivo fissato dall’Unione Europea. Demandando alle regioni di definire la riduzione progressiva del consumo di suolo, che dovrà essere pari ad almeno il 20% ogni tre anni rispetto al consumo di suolo rilevato nei tre anni precedenti, sia per il consumo permanente, sia per quello reversibile. La bozza prevede inoltre la costituzione della cintura verde intorno ai centri abitati. Ma non solo. Anche l’obbligo per i Comuni di censire gli edifici e le aree dismessi, non utilizzati o abbandonati per verificare se possono essere oggetto di un programma di rigenerazione in grado di evitare il consumo di nuovo suolo.
Il ddl 164 sancisce invece l’immediato arresto del consumo di suolo e la modifica degli strumenti di pianificazione urbanistica nei Comuni volte ad eliminare le previsioni di edificazione comportanti consumo di suolo in aree agricole, naturali e semi naturali. Per raggiungere questi obiettivi, il ddl introduce una serie di adempimenti a carico dei Comuni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della norma. Gli adempimenti consistono nell’individuazione delle aree o degli immobili da sottoporre prioritariamente a interventi di riuso e di rigenerazione urbana. Nella redazione di una planimetria che individui e delimiti l’area urbanizzata esistente, nella esecuzione di un censimento edilizio comunale che consenta la costituzione di una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato da recuperare. Un data base aggiornato sullo stato del consumo di suolo, nella segnalazione annuale alle Regioni degli immobili che versano in uno stato di degrado tale da arrecare danno al paesaggio.
Bisogna ora capire come i due testi verranno amalgamati, insieme con gli altri depositati in queste settimane, operando una scelta sugli obiettivi da perseguire e sulle tempistiche.

«I processi di urbanizzazione, le trasformazioni di aree agricole e naturalistiche ad urbanizzate, continuano inesorabilmente in particolare nelle aree di maggior pregio» continua Zanchini. «Serve una legge quadro sul consumo di suolo e sulla rigenerazione anche per dare una coerente cornice normativa alle Regioni, che in diverse hanno già approvato leggi ma molto diverse tra di loro negli obiettivi e negli strumenti. Insomma abbiamo anche la necessità di mettere in coerenza le leggi regionali».
Ma dobbiamo dircelo, non siamo all’anno zero. Il percorso legislativo è iniziato nel 2012. Erano i tempi di Mario Monti e il ddl era poi rimasto per anni a bagnomaria in Parlamento, per essere approvato alla Camera solo a maggio 2016. Testo rimasto bloccato oltre 500 giorni a Palazzo Madama.
Poi si mise mano anche in Senato. «Il nuovo – spiega Edoardo Zanchini – si presentava migliorato e semplificato la relatrice della nuova versione era la senatrice del Pd Laura Puppato. La Puppato aveva lavorato a un testo su cui si era aperto un ampio confronto, grazie anche a un attento lavoro di audizioni e di collaborazione con Regioni, Comuni, Ispra e associazioni». C’erano stati giudizi positivi anche dalle opposizioni. Poi lo stop. Inesorabile, causa fine legislatura.
Per questo oggi portare a casa la legge sarebbe dunque un traguardo importante. Se il nostro Paese appare più fragile di altri agli eventi catastrofici, le colpe non sono solo del cambiamento climatico, ma di come abbiamo trattato il territorio negli ultimi decenni. L’Italia dei terremoti e delle alluvioni non ha alcun bisogno di altre proroghe e lungaggini. La legge è una necessità. È quanto emerge dal Rapporto sullo sviluppo sostenibile presentato il 4 ottobre dall’Asvis secondo il quale “nonostante il miglioramento che si osserva in tanti indicatori globali non si è ancora determinata quella discontinuità culturale e di scelte strategiche necessaria per raggiungere, entro il 2030, i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile”.
Ce lo racconta, anche, con dovizia di particolari il rapporto annuale dell’Ispra, presentato il 17 giugno scorso a Roma. Rapporto che spiega come il suolo si consuma coperto di cemento. E le coste? L’80% sono schiacciate dalle costruzioni. Ormai quasi l’8% del territorio nazionale è cementificato. Il 2050 è un appuntamento importante, questa è l’unica strada per arrivarci.

La cattiveria dei malvagi e il silenzio dei giusti

Jerry ha 29 anni, è ghanese e stava rientrando in autobus a Castel Volturno. Era un saldatore, Jerry. Ora non più, non riesce più a saldare e nemmeno a fare molto altro: ha gambe e braccia paralizzate. Su quell’autobus stava bene, era ancora tutto intero e si muoveva tutto: “Ho chiesto all’autista del pullman di poter scendere e mi sono alzato dal mio posto per far accomodare una signora. C’era una persona avanti a me a cui ho chiesto cortesemente di farmi passare per scendere. Lui mi ha mandato a quel paese con epiteti a sfondo razziale. Io gli ripetevo ‘Scusa mi fai scendere?’. L’ho ripetuto tre volte senza avere risposta. Quando gli sono passato accanto lui mi ha sferrato un colpo alle spalle e sono caduto fuori dal pullman”, racconta Jerry in un’intervista a Fanpage. Una volta caduto per terra il pestaggio è continuato. Paraplegia degli arti inferiori e la diparesi degli arti superiori dice la diagnosi. Definitiva.

A Brindisi, siamo nella serata del 19 ottobre, Elija, segretario della comunità cittadina del Ghana, che vive e lavora a Brindisi da diversi anni, stava tornando a casa. «Ehi, fermo: ti dobbiamo ammazzare» gli hanno urlato quelli delle ronde razziste che stanno tornando di gran moda. In ospedale ha incontrato un altro ragazzo, questa volta del Senegal, a cui è andata molto peggio: in cinque (perché sono vigliacchi oltre che razzisti) lo hanno colpito con mazze da baseball, i medici dicono che la sua situazione è molto grave. Nello stesso giorno, sempre a Brindisi, un terzo migrante è stato salvato dalle urla di un passante che minacciava di chiamare la polizia.

Poi c’è l’episodio di Sassari: un ventiduenne proveniente dalla Guinea è stato colpito a un semaforo. Gli hanno sferrato una gomitata, dicendogli «a casa mia faccio quello che voglio, se non ti sta bene tornatene a casa tua» e poi in tre l’hanno massacrato di botte.

E poi i sei minori non accompagnato pestati a Trappeto, in Sicilia, e poi Bagheria, Partinico e così via.

Non se ne parla più moltissimo ma oltre alla mensa di Lodi e a quelli che continuano serenamente a morire in mare gli stranieri vittime di razzismo in Italia continuano. Fatti certificati, molti con indagini già avviate.

L’opposizione al razzismo però non è un punto elettorale che ci possiamo permettere di aspettare solo dall’opposizione (che poi, sì, ciao) ma è un veleno che ha bisogno di trovare diga nelle persone. Tutte. E forse sarebbe ora di ritenere complici anche i minimizzatori, gli increduli e i disattenti. È una moria non solo di negri ma anche di bianchi marciti sotto il peso della propaganda. La cattiveria dei malvagi e il silenzio dei giusti sono i compagni di merenda che non possiamo permetterci di sopportare. Trovate che sia tutto molto noioso? Beh, a me terrorizza.

Buon lunedì.

Contro gli abusi in divisa, un vademecum legale per conoscere i propri diritti

Quando il terremoto ha devastato il Centro Italia nel 2016, come avvocati e giuristi di Alterego-Fabbrica dei diritti ci rendemmo conto immediatamente di un fatto: la conoscenza del diritto era carente. I cittadini terremotati vedevano cambiare le regole della loro vita senza comprenderne le norme o i processi. E la mancanza di conoscenza li rendeva inconsapevoli. Attivammo così il primo intervento di Avvocati d’emergenza.

Oggi se tale mancanza proviamo ad assumerla nei casi di abusi di polizia, ci rendiamo conto che il “potere della divisa” genera nel cittadino un senso di subordinazione tale da rendere impossibile qualsiasi rimostranza. Nella considerazione che il ruolo dell’avvocato debba sempre più assurgere a “ruolo sociale”, non solo di difensore della parte in un processo, ma di detentore della conoscenza giuridica che deve tornare in strada, è fondamentale pensare a una vera e propria redistribuzione della conoscenza e del sapere. Vlad (Vademecum legale contro gli abusi in divisa) nasce dal lavoro di Alterego – Fabbrica dei diritti e Acad (Associazione contro gli abusi in divisa), con l’intento di informare e formare ogni persona, sui propri diritti quando entra in contatto con la forza pubblica e sui doveri di quest’ultima nei confronti di ogni persona.

Oltre a quelle regole di buon senso che è bene sempre ricordare (in caso di fermo avvertire sempre amici o familiari, leggere sempre i verbali che ci vengono presentati e non firmarli se non corrispondono alla verità, conoscere il proprio avvocato in quanto unico soggetto in grado di presentare tutte le richieste quando si entra nel circuito giudiziario, ecc.) l’opera si sofferma sulle categorie sociali che, dati alla mano, sono più soggette agli abusi: utilizzatori di sostanze stupefacenti, soggetti con problemi psichiatrici, homeless, extracomunitari, attivisti e militanti politici.

Conoscere il quantitativo di sostanze stupefacenti che differenzi l’uso personale dallo spaccio, come funziona il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio), sapere che non si può essere espulsi dal territorio se è in essere un ricorso alla commissione migranti o che una manifestazione non deve essere autorizzata bensì semplicemente comunicata, sono solo alcune delle conoscenze che dovrebbero essere parte del patrimonio di ogni persona. Vlad vedrà la luce il 15 novembre, e sarà presentato a Roma con un primo grande evento al cinema Palazzo di San Lorenzo. In seguito, sono tante le richieste di presentazione che ci arrivano da tutta Italia, una risposta questa che corrisponde al diffuso bisogno di conoscenza che esiste in gran parte della società e ai tempi che stiamo vivendo. Perché è ormai chiaro che quando si parla di abusi, si parla di repressione.

Dopo l’ultimo decreto sicurezza, tale repressione ha subito una ulteriore fase di “normativizzazione”, contro terroristi, black-block e antagonisti. Nomi insomma, che fanno oramai parte di un immaginario pubblico, ma che non raccontano nulla, se non definire quel “folk devil” di cui un governo repressivo e reazionario ha sempre bisogno. Nomi che, spesso, includono le tante e i tanti che impegnano la loro vita nella lotta per una società più giusta e inclusiva. Ma dall’altra parte esiste una Costituzione, dei principi fondamentali del diritto che parlano di libertà personale, di libertà di manifestare, di proporzione tra offesa e pena, di giusto processo e di giudice terzo. Principi e valori che definiscono la nostra società, il nostro stare insieme e che assoggettano chi ci governa.

La conoscenza del diritto dovrebbe essere la base per vivere in una società, così come dovrebbe essere la base di ogni lotta. E l’avvocato, in quanto detentore di questa conoscenza, dovrebbe avere il diritto e il dovere di fare la sua parte.

 

L’articolo di Riccardo Bucci è tratto da Left n. 42 in edicola dal 19 ottobre 2018


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Dal 25 ottobre, a Lecce Conversazioni sul futuro, attualità e diritti umani

Dal 25 al 28 ottobre torna Conversazioni sul futuro, organizzato dall’associazione Diffondiamo Idee di Valore – con il coordinamento artistico di Gabriella Morelli, Laura Casciotti e Pierpaolo Lala, con la partecipazione speciale di Amnesty International Italia, Emergency e Medici Senza Frontiere, e in partnership con molte realtà editoriali, a cominciare da Left.

Il regista PIF e il direttore dell’Espresso Marco Damilano, il fotografo Ferdinando Scianna, il giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti (voce di Radio24), Giorgio Lauro (conduttore e autore di Un giorno da Pecora – Rai Radio 1), il condirettore dell’Agi Marco Pratellesi, il presidente Onorario dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Carlo Smuraglia, la direttrice di Left Simona Maggiorelli, Ilaria Cucchi e l’avvocato Fabio Anselmo (con la proiezione del film Sulla mia pelle), il professore Philip McCann (docente di Economia urbana e regionale alla University of Sheffield Management School), il vicedirettore dell’OCSE Joaquim Oliveira Martins, DonPasta, Raquel Ortega Argiles (docente di Sviluppo Economico Regionale all’Università di Birmingham), gli scrittori, giornalisti e blogger Roberto Cotroneo, Tiziano Scarpa, Christian Raimo, Paolo Berizzi, Federica Angeli, Maria Cuffaro, Romina Remigio, Takoua Ben Mohammed, le autrici del concorso Lingua Madre curato da Daniela Finocchi, Marco Cattaneo, Gisella Modica, Marilù Mastrogiovanni, Floriana Bulfon, Claudio Scamardella, Federico Badaloni, Bruno Mastroianni, Amalia De Simone, Massimo Mantellini, Ana Cristina Vargas, Maurizio Mura, Rossano Astremo, Ivan Grozny Compasso, Emanuele Giordana, Marina Lalovic, Antonio Iovane, Giuseppe Festa, Marianna Aprile, Giovanni Ziccardi, Antonio Sofi, Dino Amenduni, gli economisti Andrea Boitani, Claudio De Vincenti, Andrea Conte, gli scienziati Roberto Orosei ed Elena Pettinelli (tra i ricercatori che hanno scoperto l’acqua su Marte), l’astrofisica Sandra Savaglio, la virologa Ilaria Capua (in collegamento), gli artisti ivan e Frode, i docenti Stefano Cristante, Daniela Fargione, Piero Dominici, Guglielmo Forges Davanzati, Francesco Campobello, Luca Bandirali e Carolina De Luca, Beppino Englaro, Marco Cappato e Tiziana Siciliano per un incontro sul testamento biologico e il fine vita, Leonardo Ferrante, Alberto Vannucci e Nicoletta Parisi sull’Anticorruzione.

Si rinnova la collaborazione tra il festival e Amnesty International Italia con un focus sulla Libertà d’espressione in Turchia, coordinato dall’inviata di SkyTg24 Tiziana Prezzo, con i giornalisti Murat Cinar, Ramize Erer, Fazila Mat e (in collegamento) Can Dundar e la proiezione del film “Last man in Aleppo” diretto da Feras Fayyad (giovedì 25 dalle 19 al Cinelab), un approfondimento sulla morte di Giulio Regeni con la presentazione e proiezione del documentario “Il nostro uomo al Cairo” di Bence Matè (sabato 26 alle 20:30). A Lecce anche la presidente di Emergency, Rossella Miccio, per un incontro con Samia Walid (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) e Carla Dazzi (presidente Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane che curerà anche una mostra fotografica) moderato dall’inviata del Corriere della sera Marta Serafini (venerdì 26 alle 18 al Paisiello) che curerà anche l’importante occasione di discussione su “Ong e soccorsi in mare: le acque agitate del Mediterraneo” con la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli, il ricercatore dell’Ispi Stefano Torelli, e i soccorritori della Nave Aquarius (Sos Mediterranee) e Proactiva Open Arms (sabato 27 alle 17.30 al Paisiello). Preziosa l’articolata collaborazione con Medici senza Frontiere con la presenza di Matteo Civardi e del direttore della comunicazione François Dumont che, oltre a un incontro sabato 27 ottobre (dalle 16 alle 17.30 al Teatro Paisiello), terrà anche un workshop per le scuole. Nei giorni del festival l’ex Convento dei Teatini ospiterà la mostra “L’ospedale di tutte le guerre” a cura di Alessio Mamo (fotografo, vincitore del 2° premio World Press Photo 2018 – categoria People), Marta Bellingreri (giornalista) e MSF mentre in piazza Sant’Oronzo sarà allestito il Circuito delle emozioni.

Conversazioni sul futuro è organizzato dall’Associazione Diffondiamo Idee di Valore – con il coordinamento artistico di Gabriella Morelli, Laura Casciotti e Pierpaolo Lala e organizzativo di Annalisa Gaudino e Valentina Attanasio – in collaborazione con Boboto, Coolclub, Officine Cantelmo, Meltin’Pot, Pazlab, Sellalab, Zemove con il patrocinio di Comune di Lecce, Università del Salento, Ordine dei giornalisti della Puglia, Ordine degli Architetti, P.P.e C, Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei notai e degli avvocati di Lecce, Architecta – Società Italiana di Architettura dell’Informazione. Con la partecipazione speciale di Amnesty International Italia, Emergency e Medici Senza Frontiere. Partner Apulia Film Commission, All’Ombra del Barocco, Libreria Liberrima, MoreView, Palazzo Rollo, Spinelli Caffè, Registro .it, Vestas Hotels & Resorts. Un ringraziamento a Astràgali Teatro, Cantieri Teatrali Koreja, Città del Gusto, Crocevia, Db D’Essai, Fondo Verri, Libreria Palmieri, Manifatture Knos, Cineclub Universitario, Cmcc, Officine Culturali Ergot, Dajs, Città del Gusto, BTM Puglia, Acqua Orsini, Slow Food Lecce, Campagna Amica e Coldiretti Lecce, Passalorto, ShotAlive e FotoScuola Lecce, Elsa Lecce e ai produttori, ai ristoranti e alle strutture ricettive. Media Partner Agi – Agenzia Italia, Left, Rai Radio3, RadioWau.
Qui il programma completo: www.conversazionisulfuturo.it

Per i democratici è l’ora di osare. Molto di più

MEMPHIS, TN - APRIL 04: Sen. Bernie Sanders (I-VT) joins with others during an event to mark the 50th anniversary of Dr. Martin Luther King Jr.'s assassination April 4, 2018 in Memphis, Tennessee. The city is commemorating King on the anniversary of his assassination that took place on April 4, 1968 at the Lorraine Motel. (Photo by Joe Raedle/Getty Images)

In queste settimane concitate che hanno visto la discussa e discutibile nomina di Brett Kavanaugh a giudice alla Corte Suprema, che di fatto ha aperto la campagna per le prossime elezioni di medio termine (che si terranno il 6 novembre prossimo), ho avuto modo di discutere con vari colleghi del mio dipartimento, alla Columbia University. La situazione, nonostante le mobilitazioni permanenti di molti cittadini, non sembra compromessa per Trump. Non solo perché l’economia macina bene e la disoccupazione diminuisce ma anche perché le continue rivelazioni su documenti comprovanti la sua evasione fiscale e le relazioni a dir poco ambigue con le forze straniere (la Russia) che si sono mobilitate per condizionare le elezioni del 2016, non solo non sembrano aver indebolito il presidente, ma addirittura sembrano averlo favorito nell’opinione pubblica. La sua popolarità è sorprendentemente buona, migliore senza dubbio di quella di altri presidenti, come Macron per esempio.

Molto si parla della virata a sinistra nell’area politica che afferisce al Partito democratico, soprattutto dopo le primarie infiammate e infiammanti a New York che hanno promosso la giovanissima e radicale Alexandria Ocasio-Cortez. Si ha l’impressione, da fuori, che la radicalizzazione imposta da Trump abbia agevolato le parti più socialiste o radicali. Questa è l’opinione che trapela da molti nostri giornali. Ma è questa una percezione veritiera? Ne ho parlato con il collega Jeffrey Lax, esperto di Politica americana nel mio dipartimento.

Ho raccolto l’esito della nostra conversazione in tre domande centrate sulla sinistra e la prospettiva dei democratici alle prossime elezioni, molto importanti per…

L’articolo di Nadia Urbinati prosegue su Left in edicola dal 19 ottobre 2018


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Uno sguardo europeo, appunti per la sinistra

Leader of the Spanish Socialist Party (PSOE) Pedro Sanchez (L) chats with leader of the left wing party Podemos, Pablo Iglesias as they arrive at Las Cortes (Spanish parliament) for their meeting in Madrid on March 30, 2016. / AFP / PIERRE-PHILIPPE MARCOU (Photo credit should read PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)

La sinistra italiana è malata nei comportamenti da provincialismo, ma sempre pronta a innamorarsi di modelli esteri vincenti, anche se sviluppati in contesti irriproducibili in Italia. Può cosi spaziare indifferentemente dagli zapatisti del sub-comandante Marcos a Podemos di Iglesias, da Syriza di Tsipras a En marche di Macron, da France Insoumise di Mélenchon ai Verdi bavaresi di Katharina Schulze gli ultimi arrivati nell’empireo accanto al mito Corbyn. Per gli Usa bisognerà aspettare il risultato delle elezioni di Midterm per sapere se Sanders avrà come erede Elizabeth Warren o Alexandria Ocasio-Cortez.

Due eventi dovrebbero attirare l’attenzione e le riflessioni del popolo della sinistra, se non si è appassionati dalle candidature al congresso del Pd o da quel che succederà di LeU o da quel che è successo a PaP: l’accordo per un governo tra Psoe e Podemos alle prossime elezioni spagnole e i risultati delle elezioni regionali bavaresi.
La sinistra deve seguire la strada del superamento delle sue divisioni come ieri in Portogallo e domani in Spagna o trovare una nuova formazione, che rompa con le antiche divisioni e punti sulla dimensione ambientale e dei diritti umani come in Baviera?

Una prima notazione preliminare: in Italia…

L’articolo di Felice Besostri prosegue su Left in edicola dal 19 ottobre 2019


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Per non dimenticare gli affetti

Le notizie politiche sono sempre più assurde. I governanti Lega-M5s non sembrano ancora essersi resi conto che sono alla guida di un Paese con 60 milioni di abitanti. Ogni affermazione del governo ha una ripercussione. La manovra economica del governo non è ancora chiara. Di certo si sa soltanto che i soldi per mettere in atto il programma elettorale non ci sono. Ed ecco quindi che si deve ricorrere al debito. Il problema non sono di per sé i soldi in prestito. Il problema è la credibilità di un governo che attacca tutto e tutti preventivamente senza valutarne gli effetti e le conseguenze. Il gridare al complotto speculativo non fa altro che alimentare la speculazione. Perché c’è chi in questi giorni sta scommettendo al ribasso del debito italiano e al suo downgrade, ossia all’abbassamento del rating, proprio per le affermazioni del governo. Di fatto questo abbassamento è già stato scontato dal mercato. L’innalzamento dello spread di 150 punti base sta già costando allo Stato per lo meno 1 punto percentuale in più all’anno nei rendimenti dei nuovi titoli in emissione, ossia maggiori spese per interessi.

Di fatto la politica che a parole si voleva espansiva sta determinando che nel futuro dovremo pagare maggiori interessi riducendo in concreto la quantità di danaro disponibile per la spesa dello Stato. Ma l’aspetto economico è probabilmente il meno grave. Fa parte di una strategia politica ben precisa. Perché un peggioramento del costo del debito italiano significa meno risorse da spendere e necessariamente un peggioramento delle condizioni per l’accesso al credito dell’economia italiana. La strategia politica è quella di tenere il Paese bloccato a pensare che ci sia un complotto internazionale che vuole strozzare l’Italia facendo in modo che la politica economica determini un peggioramento finanziario di cui si possa accusare qualche potere estero che gestisce il complotto (Soros, Bce, Troika, Commissione europea, ecc.) Nel frattempo si fa in modo di indirizzare le difficoltà in cui si trova e si troverà sempre di più la popolazione a cause che non hanno nulla a che fare con quel problema. Prima fra tutte l’immigrazione.

Si vuole fare in modo che le persone pensino che è il diverso, lo straniero che ci fa vivere male. Si vuole che le persone attribuiscano tutti i loro problemi di qualunque natura, la colpa di tutto ciò che non va a qualcun altro. Salvini dice di lavorare per gli italiani da buon padre di famiglia che protegge la casa e i figli. Che chiude la porta di casa per proteggerli. Salvini legittima un pensiero fascista e razzista. Perché viene costruita una realtà che non esiste e affermata con slogan che non hanno senso. Dire “aiutiamoli a casa loro” significa implicitamente dire che il Paese Italia è “casa nostra”. Come dire che è una proprietà privata. È un assurdo assoluto. Viene proposto di eliminare completamente il concetto di Stato e di istituzioni che non sono la proprietà di nessuno. La Costituzione italiana stabilisce e garantisce diritti e doveri dei cittadini. Ma il termine “cittadino” si deve estendere a chiunque si trovi sul territorio dello Stato. È la Corte costituzionale che lo ha stabilito. Per lo Stato italiano vengono sempre prima le persone e non esiste un concetto di proprietà dello Stato da parte di qualcuno.

Per quanto Salvini e Di Maio abbiano ampiamente vinto le elezioni questo non significa che siano diventati i “proprietari del Paese”. Fateci caso. La loro proposta politica quotidiana è proprio questa: “Ora che siamo noi quelli che decidono, ora che siamo i proprietari, tutti dovranno fare quello che diciamo noi, per il bene di tutti”. E forse è proprio per questo che il clima è così pesante. Anche perché certe notizie sembrano confermare questa idea. Dalla circolare del ministero dell’Interno che stabilisce lo spostamento coatto dei migranti di Riace (poi rettificato perché illegale) alla sindaca leghista di Lodi che esclude dei bambini dalla mensa scolastica perché “non italiani”. Oppure quando Salvini parla di 60 milioni di italiani che sarebbero con lui. Quando sono a malapena 16 milioni quelli che hanno votato per lui e Di Maio. Esiste ancora la Costituzione, esiste una magistratura indipendente, dovrebbe esistere anche un’opposizione parlamentare anche se sembra scomparsa. Esistono soprattutto le persone, italiani o non italiani non ha alcuna importanza, che si oppongono a questa narrazione manipolatoria. Una opposizione spontanea che si ribella a questa violenza come necessità personale di affermazione di una identità di essere esseri umani.

Qualche giorno fa ho visto su Rai1 il bellissimo e drammatico documentario di Alberto Angela sul campo di concentramento nazista di Auschwitz. Non ricordo bene quando ma ad un certo momento viene proposta l’idea che il grande pericolo, quello cui dobbiamo stare attenti per evitare il ripetersi di simili catastrofi sia l’odio. L’odio per l’altro, il diverso, lo straniero, ecc. In realtà non è così. L’odio può determinare la violenza, questo sì. Ma il vero pericolo per la democrazia è quando l’azione di aggressione all’altro si realizza senza affetti. È quello che ha “realizzato” il nazismo. Salvini che manda i suoi tweet in cui fa affermazioni violentissime e finisce la frase con “un bacione”: quella mancanza di empatia, di sentire la realtà umana dell’altro, non è odio. È una politica priva di affetti. Salvini, come lui stesso dice, non odia nessuno. Fa il suo lavoro meticolosamente. È quando la realtà umana diversa da se stessi non esiste più, quando viene annullata, fatta scomparire che si perdono gli affetti. Chi ha la pelle scura, lo straniero, la donna, il diverso perdono la qualità di essere esseri umani. È pensiero freddo e razionale. Pensiero lucido che deve gestire un “problema”. L’odio non c’è affatto. Il grande pericolo è questo. La disumanità c’è quando si sono persi tutti gli affetti. Anche l’odio. Restare umani significa ribellarsi all’anaffettività.

L’editoriale di Matteo Fago è tratto da Left in edicola dal 19 ottobre 2018


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La “cella zero” delle carceri disumane

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«Solo una lampada accesa. Tutt’intorno il nulla, solo quattro mura sporche di sangue e muffa. All’inizio c’era un cappio appeso. Era l’illuminazione del terrore. Centinaia e centinaia di detenuti ci sono passati». Pietro Ioia è stato il primo che ha denunciato le torture e le violenze che avvenivano nella cosiddetta “cella zero” del carcere di Poggioreale a Napoli. Bastava un pretesto, una scusa qualsiasi e il detenuto veniva portato nella stanza al piano terra. Senza telecamere, senza finestre.

«Era il 1982 la prima volta che sono stato portato lì e picchiato», racconta Pietro. Erano, quelli, i tempi della guerra tra la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia, una guerra i cui effetti si ripercuotevano anche sui penitenziari napoletani. «Noi ragazzini venivamo obbligati dai boss a custodire le armi in carcere. Ci fu un’irruzione dei Nocs. Furono loro che crearono una stanza del terrore per ottenere confessioni». Così nasce la “cella zero”. Che per oltre 30 anni è sopravvissuta nel silenzio totale. Ed è contando su tale silenzio che, secondo le testimonianze, la “squadra della Uno bianca” prelevava detenuti per riempirli di botte, calci, schiaffi.

C’era Ciondolino, così chiamato dai detenuti per il rumore del suo voluminoso mazzo di chiavi; Melella, dal nome delle guance rosse che gli si facevano quando beveva; e poi Piccolo boss, ’O sfregiat, Zorro, Bei capelli. «Il mio compagno di cella era un lavorante addetto alla pulizia» racconta ancora Pietro che, uscito da Poggioreale, ha aperto un’associazione che raccoglie ex detenuti a Napoli. «Quando un agente  gli diceva “comincia dalla zero” capiva che la sera c’era passato qualcuno. E si metteva i guanti perché…

L’inchiesta di Carmine Gazzanni prosegue su Left in edicola dal 19 ottobre 2018


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Edna O’Brien, l’impetuoso scrivere

A young woman is admiring the sunset over a river in the city on a cold autumn day

Una vecchia struggente ballata irlandese di Christy Moore recita così: «Tutti sapevano, nessuno ha parlato… / Aveva solo quindici anni … / Se ne andò a partorire / In una grotta…». Era il 31 gennaio del 1984 in una cittadina sperduta nella contea di Longford. Una ragazzina, Anne Lovett, veniva trovata da alcuni coetanei, distesa e in preda a una grave emorragia, in una grotta dedicata alla Madonna. Accanto a lei un feto senza vita. Venne chiamato un prete, e, soltanto in seguito, un dottore. Anne morì prima che potesse arrivare l’ambulanza.
I giornali nazionali non se ne occuparono, a eccezione di qualche trafiletto su quelli locali.

Ma poi la notizia trapelò durante un noto talk show serale nonostante le resistenze di autori e presentatori, e subito la redazione venne subissata di telefonate indignate. La coscienza del Paese provava a scuotersi, e lo faceva a quattro mesi esatti dalla bocciatura di un referendum sull’aborto in cui gli irlandesi avevano votato difendendo le posizioni “a favore della vita” caldeggiate della Chiesa cattolica. Ma forti furono i tentativi di insabbiare la storia e di far passare tutto sotto silenzio. Nemmeno i media dovevano osare alzare la testa, in un Paese ancora sotto il giogo ecclesiastico.

Passarono dieci anni e nel Cregg Wood, presso il paesino di Whitegate, uno squilibrato di nome Brendan O’Donnell uccise brutalmente una donna, l’artista Imelda Riney, e il suo bambino Liam, oltre ad un parroco del luogo. Una volta in manette Brendan affermò di esser stato guidato dal demonio mentre commetteva i suoi omicidi, dimostrando una condizione mentale altamente disturbata ma anche un animo ossessionato da fantasmi legati a una religiosità deviante. Anche stavolta la notizia riuscì a circolare ma senza fare troppo clamore, finché non fu un’artista a tentare di risvegliare le coscienze del popolo irlandese. Fu infatti la scrittrice Edna O’Brien nel 2002 a rivangare quel crimine orrendo, modificando ovviamente i nomi dei protagonisti, nel suo scioccante In the forest, mettendo così alla berlina ancora una volta la reazione di uno Stato abituato a non voler mai collegare inusitate eruzioni di violenza a una atavica…

L’articolo di Fabio Pedone ed Enrico Terrinoni prosegue su Left in edicola dal 19 ottobre 2018


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