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Riace, la Cassazione dà ragione a Domenico Lucano: “I magistrati dicono quello che era sotto gli occhi di tutti”

«Ancora dovrò soffrire prima di tornare a casa ma le parole della Corte di Cassazione di oggi sono significative. I magistrati dicono quello che era sotto gli occhi di tutti. Ora ci sarà la decisione del Tribunale del Riesame (il 4 aprile, ndr) e poi dovrò chiedere che venga annullato il divieto di dimora. Ma ci spero». Mimmo Lucano, raggiunto al telefono poco dopo la lettura delle motivazioni con cui la Corte, con la sentenza del 26 febbraio, accoglieva in parte il ricorso presentato dai legali del sindaco di Riace, esprime insieme i timori e le speranze per quella che potrebbe essere una svolta della sua vicenda giudiziaria, umana e anche politica.

La Cassazione testualmente ha dichiarato che “non risultano ‘frodi’ in appalti Lucano Non favorì matrimoni di comodo (…) mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che Domenico Lucano, il sindaco sospeso di Riace, avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.

Lucano ha quindi agito in perfetta legittimità normativa. Insomma “non solo non sono provate le opacità ma è la legge che consente l’affidamento diretto degli appalti in favore delle cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate a condizione che gli importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”. Alla luce di questo il Tribunale del Riesame dovrà rivalutare il quadro per sostenere l’illiceità degli affidi.

Gli unici elementi di gravità indiziaria secondo la Corte riguardano l’operato di Mimmo Lucano per “per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem”. Ma a questo riguardo, “bisogna considerare la relazione affettiva che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora”. La stessa accusa volta al sindaco di aver favorito “matrimoni di comodo, (uno), fra tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.

Si aprono concreti spiragli quindi e Mimmo Lucano ci ha garantito che presto vorrà risentirci e raccontarci anche di questi 6 mesi. Sei mesi in cui una procura, una prefettura e il ministero dell’Interno hanno fatto di tutto per far diventare Riace un deserto da dimenticare. Hanno prodotto danni, ma chi a questo paesino della Calabria e alla sua splendida storia è stato vicino, non si è rassegnato.

Il dramma nascosto delle circoncisioni clandestine in Italia

epa05958634 A Thai Muslim boy lies down on a mattress as he waits during a group male circumcision ceremony at a Muslim fishing village of Koh Panyee, in Phang Nga province, southern Thailand, 11 May 2017 (issued 12 May 2017). About 20 Thai Muslim boys aged between 2.5 and 5 years attended the ceremony. The circumcision ceremony in an important ritual for the residents, where every boy is circumcised before turning seven. The village, with a population of more than one thousand Thai Muslims, prohibits import, sale and consumption of alcohol. EPA/NARONG SANGNAK

La morte del neonato a Scandiano è il secondo caso in quattro mesi – dopo quello di un bambino di due anni a Monterotondo – di decesso di minori perché sottoposti, clandestinamente, alla pratica della circoncisione rituale. Motivo di allarme fra il personale medico già prima di balzare agli onori della cronaca.

«Da dieci anni, denuncio, inascoltato, l’urgenza di deliberare una legge a livello nazionale, affinché si autorizzino le strutture pubbliche e private a effettuare le circoncisioni presso gli ospedali con costi accessibili, per garantire il diritto alla salute ed evitare il canale di quelle a domicilio», dichiara a Left, il fondatore dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) nonché consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, Aoad Foadi, uscendo da un incontro congiunto, tenutosi il 26 marzo al Senato, con il presidente della commissione Igiene e sanità del Senato, Pierpaolo Sileri, e il presidente dell’Omceo di Roma, Antonio Magi. I quali, insieme al presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, sostengono l’appello di Foad e la proposta di «autorizzare tutte le Regioni a dare spazio ad ambulatori per la circoncisione rituale affinché si eviti il sopraggiungere di complicanze fisiche e psicologiche nei bambini musulmani e nelle loro famiglie».

Sulla scia dell’esempio virtuoso dell’Asl Roma 4, diretta da Giuseppe Quintavalle, che ha consentito l’apertura del primo ambulatorio per circoncisioni presso l’ospedale di Civitavecchia e della lungimiranza del presidente della Toscana, Enrico Rossi, che ha permesso, dal 2002, l’inserimento degli interventi di circoncisione nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), autorizzando, così, la pratica nelle strutture ospedaliere della Regione, a fronte del pagamento di un ticket ma con scarsa incidenza sui conti della sanità, visto l’esiguo numero di casi ogni anno.

Sono undicimila le circoncisioni rituali fatte effettuare, sui loro figli, da cittadini di origine straniera e che vivono in Italia, di cui cinquemila nel Belpaese e le restanti nei Paesi di provenienza, sfruttando le occasioni per farvi ritorno. Delle cinquemila eseguite in Italia, il 35 per cento è praticato nei circuiti clandestini, in casa o in ambienti non protetti e, il più delle volte, non da medici, dietro una piccola offerta. «La criticità risiede sia nei costi proibitivi poiché, attualmente, una circoncisione nelle strutture private costa dai duemila ai quattromila euro, sia nell’impossibilità delle strutture di intervenire prima dei quattro anni – in alcune anche dopo i dodici – per questioni legate all’anestesia mentre, per motivi culturali e religiosi, il 99 per cento delle famiglie vorrebbe poter intervenire nei primi mesi di vita del bambino», spiega Aodi Foad. Che aggiunge: «Per tutte queste ragioni, noi medici chiediamo che la circoncisione venga inserita nel Lea e possa essere creato un registro degli ambulatori a cui potersi rivolgere dietro pagamento di un ticket sanitario che non superi i duecentocinquanta euro».

E, non ultimo, i medici chiedono che sia predisposto un piano di comunicazione (corretta) anche perché, dopo i drammatici casi, sono aumentate le richieste di informazioni, all’Amsi e al Co-mai (Comunità del mondo arabo in Italia), delle famiglie musulmane sulla possibilità di effettuare la circoncisione in modo regolare, sicuro e a costi sostenibili oltre che quelle di aiuto per ottenere interventi riparatori a circoncisioni fatte in casa, che hanno riportato gravi complicanze. Per evitare le quali, in questi ultimi mesi, c’è stato un contenimento delle circoncisioni illegali, con una riduzione percentuale dal 35 al 25 per cento.

Mentre quelli si trastullano a Verona qui fuori ne ammazzano altre due

Cento sagome bianche ognuna con affisso un foglio con la storia di una vittima di violenza. E' l'installazione dal titolo "Senza parole" che da oggi al 25 novembre, Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne, viene ospitata presso i Giardini di Piazza San Marco per iniziativa dell'Ugl, Roma, 23 novembre 2017. ANSA / ETTORE FERRARI

Dicono che non passerà nessun ddl Pillon. Dicono dalle parti del M5S. Siccome noi ci fidiamo quanto di un pacchista incrociato nel piazzale di un autogrill vigiliamo. Vigili. La proposta di legge Pillon, così come la ventilata abolizione della legge 194 saranno gli spauracchi che sventoleranno ogni volta che saranno in difficoltà per cercare di sviare l’attenzione pubblica. E saranno spesso in difficoltà dalle parti della Lega, ancor di più di questi tempi in cui Di Maio sembra avere alzato un po’ la testa. Non è solo questione di rispetto per le donne, no: i diritti sono di tutti anche senza esserne direttamente interessati, sarebbe una lezione da imparare in fretta. No?

Intanto, mentre lì a Verona si divertivano a regalare feti di gomma come gadget e dipingevano le donne come orche assassine qui fuori gli orchi, quelli veri, ne ammazzavano due nel giro di qualche giorno. A Sassari hanno arrestato Ettore Sini, il 49enne agente di polizia penitenziaria che ha fatto irruzione a casa della ex moglie Romina Meloni a Nuoro, uccidendola a colpi di pistola e ferendo gravemente il nuovo compagno di lei, Gabriele Fois. Scrivono i carabinieri di averlo trovato in “stato confusionale”: il raptus è già bell’e servito.

In provincia di Enna invece ieri mattina Filippo Marraro doveva incontrare la moglie per discutere della prossima separazione, Loredana Calì si è presentata all’appuntamento ma è stata ammazzata con un colpo di pistola.  Marraro si è presentato in caserma dicendo: “Ho ucciso mia moglie. Aveva altri uomini”. Sempre per quella storia della donna come proprietà privata. La coppia aveva due figli adolescenti. Si erano sposati una quindicina di anni fa, dopo un divorzio di Marraro dalla prima moglie, dalla quale ha avuto un figlio. I due erano in fase di separazione.

“La vendetta un piatto freddo, più è freddo e più si gusta”, ha scritto sul proprio profilo Facebook Filippo Marraro. Sul profilo social, nella colonna di presentazione, Marraro ha anche scritto di essere “vedovo” e “disoccupato ben organizzato”. Ben organizzato, capito?

E allora verrebbe da dire: quando ci sarà il pugno di ferro contro questa mattanza? Dove sono le promesse della ministra Bongiorno piuttosto che perdersi a parlare di castrazione chimica?

Noi aspettiamo.

Intanto qui fuori quelle muoiono.

Buon martedì.

Studiare, appunto

Italian Interior Minister Matteo Salvini and Italian premier Giuseppe Conte (R), during the press conference of presentation of the initiatives for the celebrations of the 500th anniversary of the death of Leonardo da Vinci in Roma, Italy, 13 March 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Preso dalla smania di dare addosso a qualcuno Matteo Salvini, applauditissimo al congresso sulla famiglia di Verona, non ha trovato nulla di meglio che dare addosso agli alleati di governo (nel caso particolare al sottosegretario Spadafora) tanto per farsi notare. Sia chiaro, se non ha un nemico Salvini non esiste. Ovvio che in mancanza di nemici sotto mano i suoi alleati del Movimento 5 Stelle siano le sue vittime preferite, anche per continuare a dragare voti come sta già facendo con successo.

Insomma, dice il ministro dell’Interno che Vincenzo Spadafora e il premier Giuseppe Conte dovrebbero fare di più per velocizzare le adozioni. Una boiata gigantesca a cui Conte, finalmente, risponde duramente: “La delega in materia di adozioni di minori italiani e stranieri è attualmente ed è sempre stata in capo al ministro della Lega, Lorenzo Fontana. Il presidente del Consiglio – si spiega nella nota di Palazzo Chigi – ha solo mantenuto le funzioni di presidente della Commissione per le adozioni internazionali. Spetta quindi a Fontana adoperarsi – come chiesto da Salvini – per rendere le adozioni più veloci e dare risposta alle 30.000 famiglie che aspettano”. Poi la bacchettata: “Rimane confermato che bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare nei ministeri tutti i giorni e studiare le cose prima di parlare altrimenti si fa solo confusione”.

Uno schiaffo in pieno viso. Voilà.

E ha ben ragione Conte a dire che bisognerebbe studiare bene prima di parlare altrimenti si fa solo confusione perché è proprio la confusione l’habitat naturale in cui questo governo sta rinforzando Salvini senza accorgersi di avere scambiato per leader una macchietta che spara contro tutti per il gusto di parlare, riempiendosi la bocca di falsità che vengono rivendute come certezze.

Però studiare è una cosa terribilmente seria e forse sarebbe il caso che il premier Conte si ricordasse, e ci ricordasse, che sarebbe il caso di invertire i fattori: farsi eleggere perché preparati piuttosto che prepararsi poiché eletti. Ora che abbiamo capito che il prerequisito essenziale dell’onestà non basta, occupiamoci della gente che sa, che ha studiato. Sarebbe tutta un’altra politica.

Buon lunedì.

Il sogno del guerriero per la rinascita di Riace, il nuovo murale dedicato a Mimmo Lucano

«La letteratura, la musica l’arte sono espressioni della nostra anima, la bellezza della vita…la prima cosa che mi ha colpito quando ho visto la foto di questo murale è la luce..mi sono immaginato che dalla piazza di Riace, dalla ringhiera dove tante volte mi sono appoggiato per guardare il mare, adesso gli occhi andranno ad incrociare questo spazio dove c’è l’anima di qualcuno che ha concepito questa cosa. Ho pensato a come emergesse questa figura che racconta la storia della nostra comunità, la figura della Magna Grecia, i bronzi di Riace». Così Mimmo Lucano racconta a Maura Crudeli guardando la foto del grande murale realizzato nella sua Riace dall’artista peruviano Carlos Atoche con il sostegno del Comitato Riace Premio Nobel per la Pace 2019 (di cui Left fa parte). Il murale appena “nato” si intitola “Il sogno del guerriero”, ed è stato dipinto sul muro della scuola primaria – l’‘Istituto comprensivo Riace Monasterace – di questo piccolo borgo della Locride noto per essere stato un modello esemplare di accoglienza e di integrazione per i rifugiati che scappavano dalle guerre. Il comitato Riace Premio Nobel per la Pace ha sostenuto l’operazione artistica fortemente voluta da Atoche e grazie all’accoglienza di Riace e ai piccoli contributi donati dalle persone che sulla pagina di Facebook seguono le nostre attività da mesi, siamo riusciti a portare a termine un’opera straordinaria di 60 metri quadrati, visibile anche dalla piazza centrale del borgo da dove si gode una meravigliosa vista panoramica sul mare.

Il murale raffigura un guerriero mitologico che esprime con la forza dei suoi tratti l’idea dell’accoglienza, del rispetto per lo straniero, del viandante, propria della mitologia greca, trapiantatasi nella Magna Grecia di cui la locride e Riace sono parte fondante.

Un guerriero forte che ama la sua gente ed il suo paese, che si batte per non farlo cadere nell’abbandono e morire, che accogliendo chi scappa dall’inferno e sogna una nuova vita, lo fa rinascere e rivivere. «A Riace – prosegue Mimmo Lucano – altri artisti hanno raccontato sui muri la loro idea di accoglienza e hanno ricordato figure importanti che hanno lottato per la pace, per i diritti umani come Peppino Impastato o le nonne di Plaza de Mayo. Credo che sia un’aspirazione di tutti gli esseri umani immaginare un mondo di pace, un mondo senza confini, senza barriere».

Quel guerriero,dipinto con grande forza da Carlos, con le sembianze e la possanza di uno dei bronzi, riemersi come per volere e disegno del “fato”, a distanza di secoli, dal mare di Riace, in realtà non è mai andato via. Come l’idea di accoglienza e di ospitalità che l’emersione dei bronzi ha riproposto ma che è rimasta viva attraverso i secoli nelle popolazioni dell’ex Magna Grecia e dell’intera Calabria nonostante le sue stridenti contraddizioni.

Il dipinto è un omaggio a Mimmo Lucano che, come a tutti noto, quell’idea di accoglienza e di rispetto per gli altri, di amore per più deboli, di onestà personale, unita a grandi qualità politiche ed amministrative, ha saputo in 20 anni tradurre da sogno in realtà.

Quel sogno che un pensiero politico di segno opposto,fondato sull’egoismo ,la paura,la chiusura verso gli altri,il respingimento nei gironi infernali dei lager libici dei dannati della terra,unito ad un accanimento giudiziario,ormai sospetto, senza precedenti, che sarebbe degno di miglior causa, sta tentando di soffocare, strozzando insieme le speranze di chi fugge dall’orrore e quelle di un intero paese e dei suoi giovani che insieme avevano dato vita ad un percorso di speranza e di rinascita nel nome di una nuova Umanità .

«L’attuale periodo ci mette tanta tristezza – osserva Mimmo Lucano – perché ci vogliono far passare invece come ideali esattamente le cose opposte: chiudere i porti, rafforzare i confini, mettere i fili spinati, alzare i muri…e invece io ho un’altra utopia, io vorrei che non esistessero i confini e neanche i passaporti, ma a cosa servono i passaporti?!? Ogni essere umano deve essere libero nel mondo, perché il mondo ha uno stesso cielo, uno stesso mare, una stessa terra per tutti. Ringrazio di cuore Carlos Atoche per questo murale, il suo dipinto ha donato bellezza e speranza alla nostra Riace». Infine Mimmo Lucano chiude con una chiamata alle armi: «L’arte può esser uno slancio di utopia! Tutti gli artisti che vogliono venire a Riace a lasciare ognuno un loro piccolo segno sono i benvenuti. Anche Wim Wenders mi ha promesso che tornerà e questa cosa mi riempe d’entusiasmo, sulle ali di una nuova Calabria…!».

Mimmo Lucano, senza processo, è confinato in esilio, come lo sono sempre stati nella storia i combattenti della libertà, ma le sue idee non sono andate via e l’arte di Carlos ce lo ricorda. Ma Mimmo tornerà anche materialmente alla sua Riace, diventata per suo merito ,di tutti quelli e quelle che a Riace e nel mondo hanno lavorato e continuano a lavorare con lui, un’ esemplare costruzione collettiva, simbolo degli “Abitanti della Terra” di una migliore Umanità,di una idea di sviluppo locale rispettosa di tutti gli esseri viventi e della madre Terra.

Il paese ha accolto con grande entusiasmo il nuovo murale, in molti sono venuti a complimentarsi con Carlos per il suo dipinto e hanno lasciato un messaggio di solidarietà e di vicinanza a Mimmo Lucano. Insieme a Carlos in questi giorni c’erano anche Emanuela Robustelli, curatrice d’arte che ha seguito tutta l’operazione assistendo l’artista Atoche e Maura Crudeli, presidente di Aiea Onlus, una delle associazioni promotrici del Comitato Premio Nobel per la Pace, che ha documentato la realizzazione del murale e curato la parte produttiva e logistica dell’opera.

Carlos Atoche ha incontrato Mimmo Lucano a Caulonia, e davanti si sono scambiati una serie di riflessioni e di visioni sul mondo dell’arte e sul modello di Riace. Carlos racconta così la sua breve ma intensa esperienza a Riace: «È la prima volta che visito il paese e la mia prima impressione è stata quella di un borgo molto ordinato. Nell’aria c’è la sensazione di un luogo nel quale una volta c’era tanto movimento e che ormai non c’è più: le strade e le piazze sono vuote, i negozi chiusi e avvicinando il viso alle vetrine, ho intravisto molti spazi vuoti e sale dismesse. Ma questo paese, per quelli come me, che credono nell’inclusione come risposta al fenomeno dell’immigrazione in Italia, è diventato un simbolo, una speranza. Questo murale vuole essere fuoco che tiene accesa la scintilla del cambiamento».

Rocco e i suoi fratelli nello slum di San Ferdinando

Il furgone bianco parte all’alba, mentre la luce fioca dei lampioni illumina debolmente gli isolati deserti dei quartieri, illumina le case e le campagne. Rocco Borgese, segretario generale della Flai Cgil di Gioia Tauro, baffi e pizzo curati, gli occhi svegli, guida ad andatura lenta, e mi parla appassionato di uno che aveva il suo stesso nome di battesimo, Rocco Pizzarulli, il Di Vittorio della zona, caporale del Duca Sforza che poi abbracciò la causa dei cafoni e aprì la Camera del lavoro a Polistena; dietro ci sono Dumbia Mohamed, ivoriano, e Jacob Atta Kwabena, ghanese, sindacalisti di strada, assonnati e taciturni.

Tre volte la settimana, viaggiano insieme sul territorio della Piana per parlare con i lavoratori che raccolgono arance e mandarini nelle campagne, due terzi senza regolare contratto, cinquanta centesimi a cassa le prime, un euro, i secondi, una paga da fame che può arrivare a venticinque euro il giorno, lavorando dall’alba al tramonto. Distribuiscono guanti, calze, chiedendo loro se hanno bisogno di assistenza. Gli altri giorni li passano alla Camera del lavoro, ad assistere africani come loro richiedenti asilo, disoccupati, bisognosi di aiuti economici. Quando arriva il momento del raccolto questi braccianti nomadi tornano qui.

Sono cinquemila persone venute in Italia dal Ghana, Mali, Togo, Costa d’Avorio, Burkina Faso, arrivate dalla Nigeria, dal Senegal, Niger, gli stessi che abitavano nella baraccopoli di San Ferdinando, sgomberata due…

Il reportage di Angelo Ferracuti prosegue su Left in edicola dal 29 marzo 2019


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Elezioni in Turchia, Erdogan fa il gioco delle tre carte

People walk in front of an election bilboard depicting Turkish President Recep Tayyip Erdogan (R) and Nationalist Movement Party (MHP) leader Devlet Bahceli in Istanbul, Turkey, on March 22, 2019, as people will cast their ballots for local elections on March 31, 2019. (Photo by Yasin AKGUL / AFP) (Photo credit should read YASIN AKGUL/AFP/Getty Images)

Dal palco allestito lo scorso 16 marzo nella città turca nordoccidentale di Tekirdag, il presidente turco Erdogan si è rivolto ai suoi sostenitori indicando il maxischermo posto nelle sue vicinanze: «Guardiamo il filmato – dice – È importante». Le immagini incominciano a scorrere: sono quelle del massacro terrorista compiuto dal suprematista bianco australiano 28enne Brenton Tarrant il giorno precedente nella città neozelandese di Christchurch. Il video poi prosegue riproponendo alcuni stralci attentamente selezionati di un discorso del repubblicano Kemal Kilicdaroglu. Nel filmato il leader kemalista afferma: «Certamente dobbiamo riconoscere come le persone si stiano massacrando l’un l’altro in nome dell’Islam. Il terrorismo che si origina nel mondo musulmano…». A questo punto Erdogan blocca le immagini e interviene: «Che uomo insolente!» per poi ripetere con sarcasmo: «Il terrorismo che si origina nel mondo musulmano». Il filmato continua con Kilicdaroglu che afferma che «il mondo musulmano pure dovrebbe fermarsi e riflettere». Nuova interruzione del presidente: «Signor Kemal, lei non ha né l’autorità, né la competenza per affermare che il mondo musulmano è la fonte di terrorismo. Dobbiamo capire che grave peccato sarebbe votare quest’uomo che ritiene tale la umma (la comunità islamica, ndr)».
Nella Turchia polarizzata di Erdogan, questa scena di campagna elettorale restituisce perfettamente il clima tesissimo nel quale il Paese andrà a votare il 31 marzo per le municipali. Ogni parola e accostamento di immagini sono studiati con precisione dal presidente. L’obiettivo è chiaro: dividere il Paese in una parte “buona” – quella rappresentata da lui, il paladino dell’Islam minacciato dai «crociati» occidentali -; e una “cattiva”, quella dei suoi oppositori e dissidenti, nemici tout court della nazione. Andare alle urne non è espressione di un atto democratico, ma…

L’articolo di Roberto Prinzi prosegue su Left in edicola dal 29 marzo 2019


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Non è più tempo di belle addormentate

Mentre i manuali della scuola primaria offrono un panorama desolante in merito agli stereotipi di genere, nell’editoria per bambini e ragazzi è in atto una vera e propria campagna contro gli stereotipi. Così, dopo decenni di principesse e belle addormentate, la letteratura per l’infanzia mette al centro delle proprie storie figure femminile forti, competenti e autonome.

Una ragione in più per visitare la Fiera internazionale del libro per ragazzi, a Bologna dall’1 al 4 aprile, che al tema dedica un approfondimento: Time Is on Their Side. Women in Children’s Books (martedì 2 aprile). Una conferenza per indagare quanto emerge nell’editoria dei diversi Paesi rispetto ai modelli femminili che la letteratura per l’infanzia propone.

Abbiamo ascoltato la voce di Vichi de Marchi, giornalista e scrittrice, fra le italiane al tavolo dei relatori: «È necessario superare una serie di stereotipi che sono ancora forti, introiettati, di cui non si è consapevoli. Molte ragazze pensano di vivere in un mondo di completa parità ma attuano la così detta “autosegregazione”. Lo vediamo nelle scelte di studio e di lavoro, per esempio nei percorsi scientifici». E siamo d’accordo sulla necessità di indagare anche i modelli maschili, perché i ruoli si definiscono nella relazione con l’altro.

Per capire se e come la letteratura young è davvero più avanti della società, proviamo a sfogliare le ultime novità. Scopriamo che…

L’articolo di Paola Vassalli prosegue su Left in edicola dal 29 marzo 2019


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Chiara Volpato: Alle radici della disuguaglianza

Autrice di numerosi saggi, fra i quali “Deumanizzazione: come si legittima la violenza Roma”, (Laterza, 2011) la psicologa sociale Chiara Volpato è professore ordinario presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Da poco è uscito il suo nuovo lavoro “Le radici della disuguaglianza” (Laterza), da cui prende spunto questo colloquio con la psichiatra e psicoterapeuta Annelore Homberg, presidente Netforpp Europa.

HOMBERG – In tempi in cui alcune forze politiche sostengono che il principale problema della nostra epoca siano i flussi migratori, tu sottolinei, invece, il ruolo centrale della crescente diseguaglianza socio-economica, nei singoli Paesi e globalmente.
VOLPATO – Ci sono dei dati oggettivi che dimostrano che la disuguaglianza è in grande crescita, soprattutto nei Paesi occidentali. Thomas Piketty ha mostrato come prima della Prima guerra mondiale, nei Paesi occidentali le diseguaglianze socio economiche fossero altissime. Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso invece – nei “30 anni gloriosi” – queste disuguaglianze erano molto diminuite. Erano diminuite per le guerre, ma anche per cause che ritengo positive, ad esempio le politiche di redistribuzione della ricchezza che hanno accompagnato lo sviluppo economico di quegli anni. Negli anni Ottanta si delinea un’inversione di tendenza, provocata da motivi economici ma anche da un cambiamento ideologico. C’è stata la vittoria del neoliberismo. Qui inizia il processo che ci sta progressivamente riportando alla situazione di inizio Novecento.

HOMBERG – Quali sono gli effetti della forbice tra ricchi e poveri?
VOLPATO – È ormai assodato che le disuguaglianze provocano sofferenze e infelicità. A livello individuale c’è un legame tra aumento della disuguaglianza e aumento del malessere fisico e psichico. Diminuisce per esempio l’aspettativa di vita di gran parte della popolazione. Inoltre, le persone che si impoveriscono provano ansia e vergogna, emozioni che si ripercuotono anche sulla vita familiare. A livello collettivo, l’aumento della disuguaglianza produce l’aumento dei crimini sia contro la proprietà che contro la persona. Diminuisce, invece, la fiducia sociale. E con essa diminuisce la partecipazione alla vita collettiva e alla gestione democratica del Paese. L’attuale incattivimento del clima sociale in Italia, a mio avviso, ha la sua matrice nella crescente disuguaglianza.

HOMBERG – Alcuni studi descrivono come membri della classe sociale privilegiata possano avere un’immagine di “superiorità”, alla quale paradossalmente anche gli svantaggiati reagiscono con riverenza.
VOLPATO Al sociologo francese Pierre Bourdieu dobbiamo l’idea che…

L’intervista di Annelore Homberg a Chiara Volpato prosegue su Left in edicola dal 29 marzo 2019


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Quei signori della morte, adoratori del dio embrione

NAPLES, ITALY - MARCH 08: Protesters on the street during the parade, demonstrate against the Pillon bill on family law, provided for by the government contract between the League and the 5 Star Movement on March 8, 2019 in Naples, Italy. Demonstration of the transfeminist movement, on the occasion of the International Women's Day, against violence, discrimination, abuse and the condition of women and trans women in the world of work. (Photo by Ivan Romano/Getty Images)

Ho letto che la mente umana in determinate condizioni può dare l’illusione di vedere e di descrivere la realtà per quello che è, annullando gli affetti e la sensibilità. Non riesco a pensare al Congresso mondiale delle famiglie senza che mi appaia questa immagine.

Questa gente che si riunisce a Verona è portatrice di violenza, di prevaricazione, di volontà di sopraffazione in nome di una famiglia naturale di fronte alla quale anche il gatto di casa rimarrebbe turbato. Persino in natura è presente, infatti, una variabilità.

Questa gente chiede la prigione per gli omosessuali, ma ci è facile osservando molti dei relatori, fare una fin troppo facile diagnosi sul fatto che l’omosessualità in prigione è la loro.

Vuole le donne a casa, a crescere i figli e ad accudire i mariti, non in grado di regolare in alcun modo la “riproduzione della specie che avverrà tramite loro”, lo vogliano o no, senza potersi difendere, senza poter scegliere, e senza poter nemmeno essere curate con attenzione prima alla loro salute e poi a quella dell’embrione o del feto che vengono elevati a divinità e che possono chiedere il sacrificio della donna che, simile alla vedova indiana, può morire sulla pira dell’embrione morente, non meritando di sopravvivergli.

Obbliga, tramite sapiente ritardo o omissione nelle diagnosi, negli eccellentissimi ospedali religiosi che ormai prendono tutti i finanziamenti pubblici, al…

 

L’articolo di Elisabetta Canitano prosegue su Left in edicola dal 29 marzo 2019


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