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Distruggere la mente è il fine dei torturatori

ANTICHI STRUMENTI DI TORTURA SEDIA INQUISITORIA Data: 15-09-2004 Luogo: Credito: Carino / Imagoeconomic

Chi siamo noi psichiatri per parlare di tortura? Per denunciare cioè la pratica di colui che agisce violenza su un altro essere umano e non una violenza rapida, veloce e limitata nel tempo, nel concetto di tortura vi è insito infatti il riferimento ad una violenza esercitata in un tempo più o meno lungo. E non solo. Vi è anche qualcosa di più specifico altrimenti il torturatore sarebbe solamente una sorta di assassino o aggressore che, magari per sadismo perverso, magari per una vendetta così a lungo covata che richiede tempo per essere soddisfatta, prolungherebbe il rapporto violento con la vittima disegnata.

Non è così. Il torturatore propriamente detto sdegnerebbe di essere paragonato ad un banale assassino o avvicinato ad un volgare aggressore; il suo fine non è un omicidio o una lesione fisica al rallentatore, il suo fine è altro. Il suo fine è distruggere la salute mentale della vittima, il fine del vero torturatore, che utilizzi la ruota dell’Inquisizione o la chat di un Social Network, è fare cedere la mente e l’identità di colui che è oggetto della sua violenza. Violenza che, direttamente o indirettamente agendo sulla realtà materiale di un altro essere umano, mira alla realtà non materiale della vittima. E allora ritorna la domanda iniziale: chi siamo noi psichiatri per parlare di tortura?

Noi che siamo gli eredi di quegli inquisitori che ricorrevano a sofisticati mezzi di tortura per conoscere le vere idee di una eretico o per scoprire una complicità col demonio. E gli inquisitori non erano cattivi, era solo una questione di fare diagnosi accurate, per meglio combattere il Male! Noi che siamo gli eredi di quegli psichiatri che dalla prima metà dell’800, il periodo così detto romantico, ricorrevano a castighi corporali, umiliazioni, spaventi improvvisi e sedie girevoli (il frullone) per curare la mente alterata dei pazzi alienati. “Terapia morale” si chiamava, mossa da intenti pedagogici e volta a raffreddare i bollenti spiriti, come con le docce gelate.

E gli psichiatri morali non erano cattivi, era solo una questione di fare terapie efficaci per meglio combattere l’insania morale! E invece forse sì, della tortura, noi psichiatri odierni, dobbiamo parlare. Perché noi oggi possiamo studiarne l’essenza, il meccanismo d’azione specifico per meglio contrastarne gli effetti. La teoria della nascita di Massimo Fagioli ci ha condotto a conoscere il valore concettuale del termine vitalità mentre la quarantennale prassi da lui svolta nell’analisi collettiva ci ha portato a mettere quotidianamente sotto la lente d’ingrandimento la realtà concreta di essa.

La vitalità, capacità di reagire adeguatamente agli stimoli provenienti da un altro essere umano, è, alla nascita umana, il primo effetto della pulsione nei riguardi della stessa realtà da cui essa è scaturita per reazione alla luce: la realtà biologica e la sua capacità di reagire a stimoli materiali, grazie alla pulsione, si trasforma, diventa umana e non è più solo realtà materiale ma “corpo nuovo”. Ebbene qui agisce la tortura, questo è il punto di attacco per la tortura.E non è un attacco al corpo per semplicemente distruggerlo e annientarlo o un attacco alle idee per dimostrarne logicamente la fallacia; non è una micidiale raffica di mitra e nemmeno una spietata confutazione logico-razionale. Molto più sottile è lo scopo della tortura.

Essa mira a ledere, fiaccare la vitalità affinché essa, cedendo del tutto, non faccia più da ponte tra la realtà materiale e quella non materiale dell’essere umano. Affinché l’umano, ridotto a corpo capace solo di reagire a stimoli materiali e produrre ricordi materiali che servono alla mente per elaborare pensieri razionali, sia scisso dalla sua origine che aveva a lui dato in dote la specifica caratteristica che contraddistingue il genere umano, la realtà psichica e finisca per perderla.

Il fine della tortura è esattamente questo: indebolire fino ad abolire il legame tra il sentire e il sapere la verità umana nell’ambito del rapporto interumano, e il percepire e conoscere la realtà materiale, affinché, scindendosi tra loro, la mente razionale per salvare il corpo biologico finisca per rinnegare quel “corpo nuovo” della nascita che aveva dato alla mente non cosciente del primo anno di vita la capacità di immaginare l’esistenza di altri esseri umani eguali a noi. E si finisce per rivelare segreti, per tradire patti, per confessare azioni mai fatte o idee mai pensate; Si diventa traditori sì, ma soprattutto di se stessi e si arriva addirittura a perdere se stessi quando, peggio ancora, si finisce per credere ciò che gli altri vogliono che si creda.

Perché la mente razionale senza più la sapienza interumana di una nascita rafforzata dalla concretezza di una prima storia vitale di rapporto interumano, può credere a qualunque cosa: dalla verginità della Madonna alle promesse di un politico. Ma ecco, a questo punto, proporsi infine un paragone imprevedibile e impensabile ad una visione fenomenologica superficiale, quella dei soli fatti manifesti. L’esito della tortura fisica sulla mente umana è, nei fatti, eguale a quello raggiungibile tramite l’uso perverso del suo esatto contrario: il piacere fisico.

L’uso sistematico della seduzione fisica, il procurare al corpo sensazioni piacevoli per, contemporaneamente, far soffrire la mente, la fantasia, l’identità, al fine di impedire di vedere e di pensare, anzi forse impedire di essere. Fino a che la corruzione della vitalità, il suo appannamento, faccia cessare le sofferenze della mente che, smettendo di sentire, smette anche di cercare di scoprire l’aggressore invisibile e ne diventa anzi colluso.

Il welfare generoso di una società opulenta, la madre solerte e premurosa solo materialmente, la gentilezza ipocrita di un pedofilo fiaccano la vitalità come e forse peggio (in quanto invisibile) della tortura fisica, ma entrambe mirano a scollare la realtà materiale dalla verità non materiale, affinché per salvare il corpo materiale o per compiacere il corpo materiale si rinunci a sentire, pensare e conoscere la verità di un rapporto interumano, si rinunci a difendere la verità di se stessi.

A queste diverse violenze (la tortura e la seduzione) che offrono lo stesso miraggio illusorio e pacificante della scissione ci si può contrapporre solo aumentando sempre più la resistenza della vitalità affinché si sviluppi a tutti i livelli, personale e collettivo, affettivo e intellettuale, quella coerenza tra la percezione della realtà umana e quella della verità umana, propria e altrui. Il manifesto e il latente. La <<…assoluta necessità di superare la scissione tra realtà materiale, sessualità e pensiero, ragione, realtà psichica>> ci è stato ricordato nell’ultimo numero di Left con l’indicazione che la nascita sociale dell’essere umano deve arrivare a completarsi con la dimensione politica. E allora nessuno riuscirà più a farci diventare traditori di noi stessi come nessuno riuscì a costringere il corpo e la mente di Giordano Bruno a rinnegare sé stesso e la propria vita.

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La bella vittoria dei ragazzi del Cinema America

I ragazzi del cinema America ce l’hanno fatta, affermando il valore di una iniziativa culturale come la proiezione gratuita di film in piazza San Cosimato a Roma e l’efficacia dei movimenti dal basso in difesa dei beni comuni. Con due provvedimenti collegati del Gabinetto del sindaco e del I municipio è stata concessa l’autorizzazione all’Arena di San Cosimato per sessanta giorni. Lo ha annunciato Luca Bergamo, vicesindaco e assessore alla Cultura di Roma, dopo la campagna dell’associazione Piccolo Cinema America in difesa della rassegna cinematografica, aperta a tutti, nel cuore di Trastevere. A sostegno dell’iniziativa bei giorni scorso sono intervenuti anche numerosi registi e attori: Almodovar, Benigni, Vicari, Ozpetek, Bertolucci, Bobulova, Bozzetto, Masta.

«Gentile sindaca – si legge nella lettera firmata da numerose personalità del cinema –  i ragazzi del Cinema America sono uno degli esempi più positivi di realtà giovanile, non solo per Roma, ma per l’Italia intera. Nella precedente edizione del Festival di Trastevere sono stati capaci di portare in piazza, con le loro sole forze, autori di fama internazionale, per la gioia di un pubblico (per lo più di giovani) proveniente dal Rione stesso, come dalla periferia della città, che ha potuto fruire gratuitamente del loro lavoro. Ogni sera hanno pulito, lustrato e lucidato personalmente la piazza (li abbiamo visti con i nostri occhi), hanno trasformato un luogo abbandonato al degrado ed alla movida in una delle piazze più vive e conosciute in città in termini culturali e sociali. La popolazione del quartiere li adora, li sostiene, li nutre persino nelle proprie case; sono il loro fiore all’occhiello. Questa esperienza virtuosissima ha permesso loro di qualificarsi come operatori culturali di eccellenza a livello nazionale, e di vincere il bando comunale per l’assegnazione del Cinema Troisi; sala di vostra proprietà che i ragazzi sono pronti a ristrutturare e riaprire, nonostante da più di un anno siano bloccati in attesa che la sua amministrazione svolga i compiti che le spettano. Sinceramente, non ci sembra il caso di parlare loro di bandi. Togliere loro l’arena in piazza significa rubare alla città un evento culturale di spicco, nonché incentivare i suoi giovani a riempire le serate estive con il consumo di stupefacenti ed alcolici.
E’ questa la sua idea di città, signora Sindaca? Vuole forse un’altra piazza Trilussa a San Cosimato? E il tutto per cosa? Perché Roma è in costante campagna elettorale ed a pagarne le conseguenze devono essere dei ragazzi che attualmente rappresentano una delle sue poche certezze per l’offerta culturale di Roma, a quarant’anni per giunta dalla prima Estate Romana di Nicolini? Con loro l’Estate Romana ha ripreso dignità, hanno riportato in vita lo spirito del Massenzio, a cui non hanno neanche potuto assistere, perché non erano ancora nati.
Signora Sindaca, siccome non possiamo credere che Lei approvi tutto ciò e la invitiamo con tutto il cuore a garantire in prima persona che la manifestazione possa continuare a svolgersi dal 1 giugno al 1 agosto; e la invitiamo anche a partecipare, incontrare i ragazzi ed a rendersi conto con i suoi occhi della realtà dei fatti. Dopodiché siamo sicuri che lei diventerà orgogliosa di questa, che più che l’effetto positivo di alcuni Enzimi è una vera e propria Catalisi d’idee; ne sarà orgogliosa come lo dovrebbe essere un qualunque Sindaco. Se così non fosse e qualora l’arena di San Cosimato dovesse venire mai meno, “nei modi e tempi” pensati dai ragazzi del Cinema America, le annunciamo sin da ora che noi saremo al loro fianco, qualunque decisione essi prendano».

La lettera che si concludeva con un saluto speranzoso, ha trovato ascolto. I ragazzi del cinema America dando a tutti appuntamento in piazza San Cosimato, rigraziano il pubblico e i firmatari dell’appello:
Pedro Almodovar, Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Luca Bigazzi, Gianluca Arcopinto, Gian Luca Farinelli, Bobulova Barbora, Ernesto Assante, Nicola Borrelli, Bruno Bozzetto, Nicoletta Braschi, Francesco Bruni, Volfango De Biasi, Jessica Chastain, Francesca Cima, Roberto Cicutto, Emanuele Crialese, Pappi Corsicato, Ivan Cotroneo, Carlo Degli Esposti, Nicola Giuliano, Raffaella Leone, Giorgio Magliulo, Francesca Marciano, Valerio Mastandrea, Andrea Molaioli, Ferzan Ozpetek, Sandro Petraglia, Alessandro Roja, Gianfranco Rosi, Matteo Rovere, Rocco Papaleo, Rita Rognoni, Valia Santella, Gabriele Salvatores, Alessandra Acciai, Andrea Sartoretti, Paolo Sorrentino, Massimo Spano, Carlo Verdone, Daniele Vicari, Paolo Virzì, Gianni Zanasi e Jasmine Trinca, neo  premiata a Cannes

 

Reato di tortura, legge di facciata

L'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, mostra delle foto durante il dibattimento del processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi, a Roma 31 ottobre 2014. ANSA/ANGELO CARCONI

Arnaldo Cestaro dormiva al piano terra della scuola Diaz quella notte. Dopo la manifestazione del 21 luglio 2011 a Genova, l’attivista vicentino, allora 61enne, aveva bisogno di recuperare le forze. Ma l’irruzione della polizia lo ha catapultato nell’incubo della “macelleria messicana”, come la definì anni dopo il vicequestore Michelangelo Fournier interrogato dai magistrati. Cestaro era in piedi, spalle al muro e braccia alzate, ma non per questo gli furono evitati calci, manganellate, colpi alla testa, fratture agli arti e danni permanenti. Così è accaduto alle altre persone presenti alla Diaz e così nella caserma di Bolzaneto. «Ho visto l’orrore del nostro Stato» ha ripetuto negli anni. Anche dopo il 7 aprile 2015, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per le torture che gli sono state inflitte e per non aver introdotto il reato nel suo ordinamento. C’è chi lo ha definito “diritto penale del nemico”: dietro l’apparente definizione giuridica si cela la giustificazione di pratiche violente e disumane ai danni di persone in vinculis. Un autentico e feroce capovolgimento del principio della “legge uguale per tutti”.

Anche il Consiglio d’Europa, recentemente, ha fatto pressing sull’Italia perché si approvasse una legge, e un passo concreto in questa direzione è stato fatto: il 17 maggio il Senato ha approvato in terza lettura il disegno di legge che prevede l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano. Ora il via libera definitivo è nelle mani dei deputati. Il testo, però, non piace a tanti, in Parlamento – lo stesso promotore e primo firmatario del progetto originario, Luigi Manconi (vedi intervista a seguire), non l’ha votato – e tra le associazioni impegnate per la tutela dei diritti umani. «Pare scritta apposta per renderne difficile l’applicazione» lamentano in una nota Amnesty e Antigone. «È davvero triste che il Parlamento stia perdendo un’occasione storica di porre in qualche modo rimedio a 28 anni di inerzia sul tema».

Il punto ora è: farsi bastare la legge passata a Palazzo Madama e votarla così com’è alla Camera, affidando alla giurisprudenza la possibilità di colmare le lacune, o provare a modificarla subito con il rischio che termini la legislatura senza che l’Italia abbia una legge sulla tortura?

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Come funziona il modello tedesco su cui potrebbero accordarsi non solo Renzi e Berlusconi

Matteo Renzi durante la conferenza stampa al termine delll'incontro sulla legge elettorale con Silvio Berlusconi nella sede del PD a largo del Nazareno, Roma, 18 gennaio 2014. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi ci sarebbe stata una telefonata che, per ora, nessuno ha smentito. Lunedì, invece, Matteo Renzi farà un giro di incontri (forse lo stesso Berlusconi, comunque qualcuno di Forza Italia) e poi martedì la direzione del Pd potrebbe confermare la nuova strategia, l’accordo che non sappiamo ancora se chiamare Nazareno bis.

Si punta comunque non più al Mattarellum, non più al Rosatellum, ma al modello tedesco, giusto un poco modificato (e non solo per rispondere alle evidenti differenze tra la nostra Costituzione e quella tedesca, che, per dire, prevede la sfiducia costruttiva).

Ma come funziona la legge elettorale tedesca?

Un libro che vi abbiamo già citato nel numero di Left che ancora trovate in edicola – ma fino a sabato 27, quando esce il nuovo – ci offre un’ottima sintesi. Il libro (lettura consigliata) è pubblicato dalla Giubilei Regnani, si intitola semplicemente Come funzionano le leggi elettorali, ed è stato scritto da Pino Pisicchio, parlamentare di lunga esperienza.

Ecco cosa scrive Pisicchio.

La Costituzione tedesca affida la funzione legislativa a un sistema bicamerale imperfetto composto dalla Dieta (Bundestag), eletta a suffragio universale e diretto, e dal Consiglio Federale (Bundesrat), formato dai membri nominati dai Governi dei Laender. Il Bundestag si compone di 598 membri eletti per una legislatura quadriennale. La formula elettorale che regge il sistema è prevalentemente ritenuta di tipo “misto”, in quanto gli elementi di proporzionalità e le caratteristiche proprie del maggioritario si equivalgono. Infatti, dei 598 seggi, la metà viene assegnata nell’ambito di collegi uninominali con la formula del maggioritario secco, mentre gli altri 299 seggi vengono attribuiti con la formula proporzionale, sulla base di liste bloccate presentate nell’ambito di circoscrizioni che corrispondono ai Laender. È prevista una soglia di sbarramento al 5% superabile se il partito ha conseguito il risultato di almeno tre eletti nella quota maggioritaria uninominale.

Pisicchio ci aiuta a cogliere anche le principali differenze con il Rosatellum, l’ultima proposta del Pd, che non prevede, ad esempio, voto disgiunto, aumentando e di molto il meccanismo maggioritario. In più, nel modello tedesco, c’è il celebre “scorporo” che – mentre i grandi partiti si giovano dei seggi lasciati liberi dalle liste che non superano lo sbarramento – aiuta un po’ i piccoli. Pisicchio continua così:

In concreto: l’elettore, che è un cittadino che abbia compiuto diciotto anni, riceve in occasione del voto una scheda elettorale con la possibile espressione di due suffragi. Il primo voto è destinato al candidato del collegio uninominale collegato o meno a un partito, il secondo è destinato alla lista di partito che presenta candidati nel Land, su cui compariranno i nomi dei primi cinque candidati. L’elettore, che potrà esprimere un voto dissociato tra candidato nell’uninominale e lista di partito, non potrà esprimere, però, preferenze per la quota proporzionale. È prevista, al fine di correggere l’effetto di sproporzione che può essere indotto dalla quota maggioritaria e dalla clausola di sbarramento, l’applicazione di un criterio di scorporo. Una particolarità della complessa formula elettorale del sistema tedesco è che essa agisce sulla composizione numerica del Bundestag, inducendo incertezza sulla sua dotazione, che spesso supera il numero 598.

Una riforma per salvare l’identità dell’insegnante

Il corteo degli studenti a Napoli organizzato nell'ambito della giornata di lotta nazionale, 7 ottobre 2016. In testa alla manifestazione un grande striscione con un 'No' sia alla riforma della buona scuola, che alle politiche del governo, che alla riforma costituzionale menre una grande foto del premier Renzi e' stata affissa sulla impalcatura che copre palazzo reale in Piazza del Plebiscito. ANSA /CIRO FUSCO

Siamo alla fine di maggio e la scuola è finita, ma per alcune forze dell’opposizione è questo il tempo per cominciare a riflettere e lanciare proposte sull’istruzione pubblica. Sarà che la legge 107 ha ormai collezionato due anni di tensioni e fallimenti eclatanti – dal caos sui trasferimenti dei docenti ai risultati negativi dell’alternanza scuola-lavoro -, sarà soprattutto che le elezioni sono alle porte, fatto sta che sia Sinistra italiana che il Movimento 5 stelle hanno elaborato o stanno elaborando un progetto di riforma della Buona scuola renziana, consolidata adesso dai decreti attuativi varati dalla ministra Fedeli.

Valutazione, chiamata diretta dei docenti, finanziamenti alle scuole paritarie, formazione insegnanti, nuova didattica e soprattutto riorganizzazione delle assunzioni: sono questi i temi centrali delle proposte targate M5s e Sinistra italiana. Con alcuni punti in comune e ovviamente distinzioni di fondo.

Ne parliamo nel numero di Left in edicola, dove, oltre a raccontarvi le proposte dei 5 stelle e di Sinistra Italiana, che riguardano le graduatorie e i test Invalsi, ma anche la chiamata diretta e i finanziamenti alle paritarie, vi segnaliamo Brutta e cattiva. La scuola di Renzi e Gentiloni, una breve guida realizzata (per Sinistra Italiana) da Beppe Bagni, Giorgio Crescenza, Alba Sasso, Simonetta Fasoli e Carlo De Santis, che hanno analizzato gli otto decreti attuativi della Buona scuola. Buona lettura.

Leggi l’articolo su Left in edicola e in digitale

 

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Balle (incendiarie) di Mattino 5 su Manchester

epa05988692 People pay their respects for the victims of the Manchester bombing, at St Ann's Square in Manchester, Britain, 25 May 2017. A suicide bombing at Manchester Arena on 22 May killed 22 and injured dozens after a music concert, in what police treat as a terror attack. EPA/NIGEL RODDIS

La vicenda va raccontata perché contiene tutte le peggiori pulsioni di un tempo di cui ci chiederanno il conto i nostri figli: durante la trasmissione Mattino 5 si discute della strage di Manchester in cui hanno perso la vita 22 persone dopo un concerto di Ariana Grande e qualcuno ha la brillante idea di dare la notizia (falsa) che in un bar di Pioltello (periferia milanese) si sarebbero tenuti veri e propri festeggiamenti appena ricevuta alla televisione la notizia della strage. Inutile sottolineare che il bar (dall’eloquente nome “Marrakech Lounge Bar”) sia gestito da persone di origine marocchina: un boccone troppo ghiotto per lasciarsi scappare la dose giornaliera di xenofobia.

Che la notizia sia falsa non lo dicono solo i proprietari del bar (“trasmettiamo solo musica, non abbiamo mai la televisione sintonizzata su canali di notizie”) ma lo dicono le forze dell’ordine che hanno addirittura riscontrato che l’orario in cui è stato segnalato “il festeggiamento” e un bel po’ precedente rispetto all’ora dell’attentato. Ma fa niente: il giornalista Mediaset Carmelo Abbate ha riferito di testimonianze da lui raccolte che gli avrebbero riferito di avere saputo per via indiretta dell’accaduto. Uno scoop, non c’è che dire, con fonti certe, come quelli che piacciono a un certo tipo di informazione che punta a stimolare la cintola fingendo di occuparsi delle coscienze.

Comunque quando in modo cretino si rilascia una notizia cretina di sicuro si trova qualche clan di cretini pronto a prenderlo sul serio e così al bar, nella notte tra il 24 e 25 maggio, qualcuno ha pensato bene di appiccare del fuoco con una bottiglia incendiaria. Una ritorsione per un fatto che non è mai avvenuto. Ma è stato raccontato in diretta televisiva davanti a milioni di spettatori.

Le chiamano “fake news” e invece sono solo i rimasugli di un’etica evaporata.

Buon venerdì.

La regina della notte

Gli adolescenti si ribellano. Sempre. Hanno la necessità di ribellarsi ai genitori e alla società. È qualcosa che viene da dentro che li spinge a voler essere grandi e forti. Perché in effetti, grandi e forti, lo stanno diventando. L’adolescente non vuole parlare di quello che non va. Vuole tenere per sé il sentire. Non vuole che qualche ragionamento pratico degli adulti lo distolga da quel sentire speciale che sta nascendo dentro di sé. Il primo amore è quanto di più unico e speciale esista per ogni adolescente. Mette alla prova tutto se stesso e se stessa. È un amore senza confini di spazio e di tempo. È qualcosa di totale ed è la scoperta insieme all’altro essere umano diverso da se stessi… di se stessi.
Possono essere anni splendidi e straordinari. Oppure no. Per rapporti che non hanno funzionato e che non funzionano, quel sentire speciale può non esserci o esserci poco, in maniera non sufficiente per fare la ribellione in maniera bella e il rapporto con il diverso da sé.
Domenica 21 maggio a Torino ho ascoltato un’adolescente raccontare con poche essenziali parole la storia di un amore infinito. Della ribellione e del comprendersi senza necessariamente parlare. E ho visto migliaia di persone raccolte ad ascoltare ed emozionarsi. Vorrei ringraziare Lorenzo Fagioli, che ha il grande merito di aver voluto organizzare l’evento di presentazione della seconda edizione di Istinto di morte e conoscenza nella forma di un omaggio al suo autore, Massimo Fagioli, lo psichiatra dell’Analisi Collettiva. È stato un evento straordinario. Consiglio caldamente al lettore che non lo abbia visto di andarselo a guardare (si trova su segnalazioni.blogspot.com). Perché si può comprendere meglio che con mille parole quale sia l’enorme lavoro che ha fatto Massimo Fagioli.
Il primo capitolo di Istinto di morte e conoscenza di Fagioli si apre con un incipit che dice della sua lotta dei successivi 47 anni: il problema dell’assenza. E si può leggere subito come non si può combattere l’assenza soltanto con la presenza. Perché è necessario comprendere cosa sia che fa l’assenza.
Ma, per iniziare, una presenza che includa gli affetti è necessaria. La cosa che Fagioli ha sempre combattuto in tutta la sua vita è stata l’anaffettività: quella dimensione interna, il più delle volte inconscia, di assenza di affetti nel rapporto con l’altro che ha alla sua base la pulsione di annullamento. Quella dimensione che fa una presenza che in realtà è assenza. Una presenza fisica che non corrisponde ad una presenza psichica.
L’anaffettività, quella mancanza di affetti che fa avere un rapporto con gli altri apparentemente interessato e affettuoso ma che invece nasconde una freddezza. Quella realtà interna che non permette di capire il senso vero della ribellione dell’adolescente.
Domenica 21 maggio una ragazza di 16 anni ha raccontato di come sia possibile comprendere un adolescente che sta sulle sue, perché non gli va di parlare. Perché non è il momento, perché non vuole, perché nessuno lo può comprendere. Ed è giusto così. L’adolescente è un ribelle e quando la ribellione riesce diventerà un adulto che avrà un rapporto bello e affettivo con gli altri esseri umani perché avrà una capacità di amare. È quella la ribellione che tutti gli adolescenti vogliono fare. Riuscire a realizzare la loro capacità di amare. Molti, la gran parte, riusciranno. Altri no, perché hanno incontrato nel passato una regina della notte che li ha usati per il suo scopo di vendicarsi del torto subito, nel tentativo di vendicare la propria invidia, il proprio odio e la propria incapacità di amare. La madre anaffettiva che fa ammalare, che fa perdere il significato della vita. Se fosse una favola di Walt Disney la regina della notte sarebbe semplicemente la strega cattiva.
Ma Mozart le fa cantare una delle arie più belle che ha mai scritto. Perché? Cosa può avere di bello una donna fredda e cattiva? C’era forse l’intuizione o la speranza dell’artista-genio che l’anaffettività non è la vera realtà della donna? Ci sono voluti più di 3 secoli ma oggi possiamo affermare che Mozart aveva ragione. Un altro genio ci ha mostrato con il suo lavoro di una vita che la realtà della donna non è l’anaffettività ma può essere la capacità di amare.

L’editoriale è tratto dal numero di Left in edicola

 

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Trump e gli altri 6. Su clima, commercio e migrazioni, Taormina è un test

Preparations are under way in front of San Domenico Palace Hotel, the venue of the annual G7 summit, in Taormina, Sicily, Italy May 26, 2017. The G7 Summit will be held from 26 to 27 May 2017. ANSA/CIRO FUSCO

C’è un sondaggio pubblicato ieri in cui il  presidente degli Stati Uniti d’America sale, per la prima volta da mesi, nel gradimento dei cittadini. La ragione, dicono in molti, è il viaggio all’estero, l’accoglienza in Arabia Saudita, quella in Israele e l’assenza di gaffe clamorose per quattro giorni consecutivi. La pacchia è finita. Nel giro di poche ore abbiamo assistito a cose molto diverse tra loro che rigettano il clima alla Casa Bianca nel caos. Alcune sono note perché riguardano il vertice Nato e quello del G7 in corso a Taormina, altre sono notizie americane. Erano tutte in qualche modo prevedibili, ma avranno lo stesso un effetto.

Elenchiamole per poi analizzarne qualcuna: Jared Kushner, il genero di Trump è anche lui coinvolto nell’inchiesta sui legami tra la campagna presidenziale e la Russia lui per incontri avuti con funzionari di Mosca; nel discorso agli alleati Nato Trump ha chiesto più soldi in maniera diretta e non ha sottolineato l’importanza dell’articolo 5 dei Trattati (vedremo avanti di che stiamo parlando); nei colloqui con gli alleati europei si è evidenziata una certa distanza sui rapporti con la Russia – con le parti invertite rispetto alla tradizione – sul Trattato di Parigi e sul commercio; poi c’è, la legge di bilancio presentata al Congresso, contiene una serie di errori di calcolo e, secondi i conti del Congressional Budget Office, ente pubblico neutrale, sarà un massacro per gli elettori che hanno votato Trump perché si sentivano lasciati da parte. A questo proposito c’è anche la notizia della Carrier, una fabbrica che nei primi giorni Trump aveva visitato e promesso che non avrebbe licenziato, che ha cominciato a mandare le lettere ai dipendenti. E siccome quella promessa il presidente l’ha fatta prima e dopo la campagna elettorale ed è uno dei suoi successi, la notizia è un disastro: l’America industriale non torna perché lo si grida più forte. Non è finita: una corte federale ha definito illegale le regole relative ai visti dai Paesi musulmani. L’amministrazione lo aveva riscritto dopo che il primo era stato giudicato incostituzionale. Lo è anche il secondo.

La vicenda del Russia gate è davvero un disastro per questa presidenza. Su Left in edicola raccontiamo la storia dei processi di impeachment, tre, cominciati, abortiti o finiti prima di cominciare, della storia Usa. Ogni giorno che passa, ma manca ancora molto per sapere se davvero sarà così, aumentano gli elementi che rendono un tentativo di impeachment per Trump possibile – ma non ancora probabile. L’indagine su suo genero, una delle figure centrali della Casa Bianca e considerato la parte razionale, presentabile della sua cerchia ristretta, è in questo senso davvero pessima. Non c’è niente contro Kushner e questi non è indagato ma coinvolto: verrà interrogato e dovrà spiegare alcuni incontri avuti nel periodo di transizione tra la presidenza Obama e quella Trump non resi noti – in un caso si tratta di un banchiere la cui banca è soggetta a sanzioni Usa per il ruolo svolto in Ucraina. Sull’indagine indipendente condotta dall’ex capo dell’Fbi Mueller le bocche degli investigatori sono cucite. Un bene: per sapere se, come e quanto ci siano state interferenze e se, poi, il presidente o altri hanno cercato di ostacolare le indagini, serve un lavoro serio e minuzioso, non titoli roboanti sui giornali.

Veniamo alla scena internazionale. Nel discorso alla Nato il presidente Usa si è lamentato in maniera poco ortodossa per un discorso celebrativo, del fatto che gli alleati non spendano in Difesa, quanto fanno gli americani e quanto concordato in sede atlantica e che tutti debbano agli Usa “una grande quantità di denaro”. Ora, nel Trattato Nato c’è scritto che i contributi finanziari all’Alleanza sono volontari. Nessuno deve nulla a nessuno, dunque. Secondo: a prescindere da quel che si pensa sull’utilità della spesa militare: tutti i Paesi nel corso degli ultimi anni la hanno tagliata, Stati Uniti compresi fino a Trump. La spesa non indica efficienza, qualità o modernità di un esercito. Esempio italiano, la maggior parte dei fondi finiscono per pagare gli stipendi di una truppa che è sovradimensionata e mobilitabile in minima parte. Poi c’è il modo: un presidente non dice queste cose in pubblico, magari batte i pugni sul tavolo, minaccia, ricatta. Un discorso così è un discorso fatto per la platea nazionale: «Visto? ci siamo fatti valere con quegli smidollati!». Il mancato richiamo all’articolo 5 – che dice che un attacco a un alleato è un attacco a tutti e che venne usato da Bush per l’Iraq – è un segnale pessimo. Di nuovo, qualsiasi cosa si pensi del Trattato Nato, è una strana sensazione quella per cui i promotori e leader dell’Alleanza non facciano i convenevoli di rito nei discorsi ufficiali ai vertici Nato.

Le proteste di Greenpeace e Oxfam sono sul clima e sono rivolte a Trump

ANSA/ANGELO CARCONI

ANSA/ANGELO CARCONI

Lo scontro con gli europei, rilevato dal capo del consiglio d’Europa Tusk, sul clima, sulla Russia e sul commercio è destinato a rinnovarsi a Taormina. L’agenda è di quelle che affrontano i grandi temi che però sono proprio quelli su cui c’è distanza tra gli Usa e gli altri 6. Per la prima volta il presidente Usa, osservato speciale di tutti, si troverà a discutere con i principali partner mondiali dei temi che ha usato per vincere la campagna elettorale. Davvero riuscirà a non dire cose vuol fare sul clima e il Trattato di Parigi? Davvero sui rifugiati non si potrà scrivere nulla nel comunicato perché le distanze – pensate alla Germania – saranno enormi? E sul commercio internazionale? E che frasi si lascerà scappare Trump, che ha definito in questi giorni di incontri- riporta Reuters – “Pessime” le politiche commerciali tedesche? Riuscirà il suo staff a limitare i danni? È possibile che, dopo Manchester, molta della discussione e del comunicato si riferirà alla lotta al terrorismo. Su quello, più o meno, tutti sono d’accordo. Ma l’Italia – e la Germania – sembrano intenzionate a sottolineare il nesso che c’è tra migrazioni internazionali, cambiamento climatico e minaccia terroristica: ovvero far riconoscere al presidente Usa che le grandi questioni globali sono interconnesse, complicate e vanno affrontate assieme. Un compito difficile per uno che pensa di poter risolvere le cose a colpi di strette di mano.

La verità è che i primi mesi di presidenza Trump, almeno in termini di politica estera, potevano essere peggiori. Il presidente non ha stracciato l’accordo con l’Iran e ha rinnovato l’alleggerimento delle sanzioni poco prima del voto presidenziale, non ha attaccato la Corea del Nord, ha tenuto toni dignitosi con la Cina, mantenuto una linea rigorosa con la Russia. La ragione, in buona parte, è la gestione della politica estera dal Segretario di Stato Tillerson – un repubblicano di destra, ma equilibrato. Al contempo, il presidente ha rimandato, non affrontato molte questioni spinose. La due giorni di Taormina è un primo, serio, banco di prova. I rapporti con i leader li dovrà gestire direttamente il presidente. Gli occhi degli altri sei saranno tutti su di lui. E la cosa potrebbe renderlo nervoso.

Il Tar Lazio boccia le nomine di cinque direttori di musei volute da Franceschini

olycom - dario franceschini - PROBLEMI DI VOTO ALLE PRIMARIE PD A FERRARA PER DARIO FRANCESCHINI. IL MINISTRO FERRARESE NON RISULTAVA ESSERE ISCRITTO ALLE LISTE ELETTORALI NEL SEGGIO DI FERRARA ED E' STATO COSTRETTO A VOTARE NEL SEGGIO PER I FUORI SEDE

«Dario Franceschini è il peggior ministro della Cultura che abbiamo avuto», ha esordito Tomaso Montanari al Salone del libro di Torino, sabato scorso. Un giudizio pesante dettato soprattutto dalla disastrosa riforma franceschiniana, che su Left Vittorio Emiliani ha definito “Controriforma dei beni culturali. Parole che ora trovano riscontro anche nelle due sentenze del Tar del Lazio che ha bocciato cinque dei venti direttori dei musei. Le nomine sono state annullate perché «Il bando della selezione non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva di reclutare dirigenti pubblici fuori dalle indicazioni tassative espresse dall’articolo 38. Se infatti il legislatore avresse voluto estendere la platea di aspiranti alla posizione dirigenziale ricomprendendo cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente». In sostanza il concorso non era valido,la sentenza del Tar parla anche di prova orale illegittima perché a porte chiuse e di criteri magmatici nella valutazione dei candidati.
La sentenza risarcisce almeno moralmente l’ex direttore degli Uffizi, Antonio Natali, che per dtanti anni e con grande competenza ha diretto uno dei più importanti musei italiani con uno stipendio da funzionario ( introrno ai 1600 euro). Ben diverso il compeso dell’attuale direttore Eike Schimdt, la cui nomina al momento risulta invalidata. Nato a Friburgo 49 anni fa, storico dell’arte con una specializzazione in scultura del Rinascimento, viene dal mondo delle aste essendo stato il capo del dipartimento di scultura europea di Sotheby’s e ha lavorato al Paul Getty Museum a Los Angeles, tristemente noto perché il suo dipartimento antichità acquistava pezzi trafugati dall’Italia e smerciati da ricettatori di alto bordo. Più di recente aveva diretto il museo di Minneapolis. Da quelle latitudini culturali nel 2015 è stato paracadutato agli Uffizi dal ministro Dario Franceschini che lo ha scelto all’interno di una rosa di nomi uscita dal bando internazionale varato dal governo Renzi e tanto sbandierato da Franceschini.Diversamente da Schmidt, Natali non era allineate alle logiche renziane incentrate sulla monetizzazione del patrimonio e sulla vendita del brand Italia, piuttosto che sulla ricerca e sulla tutela come chiede l’articolo 9 della Costituzione. Le altre nomine ora annullate dal Tar sono quelle dell’ l’anglo canadese James Bradburne alla guida di Brera, della tedesca Cecile Hollberg, manager culturale delle Gallerie dell’Accademia di Firenze e della Sylvain Bellenger, che era stata nominata direttore di Capodimonte.

Detenuti in aumento e reati in calo: il rapporto Antigone svela perché

L'esterno del carcere di Rebibbia, Roma 15 agosto 2013. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

I reati diminuiscono ma i detenuti aumentano. È questo lo strano fenomeno che avviene negli ultimi tempi nelle carceri italiane. Lo mette in evidenza Torna il carcere, il XIII Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia curato da Antigone che fornisce un prezioso quadro relativo alla popolazione carceraria. La presentazione oggi alla presenza del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo e del Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. Nel rapporto quattro sono le aree esaminate: le politiche e i numeri; tutti ne parlano; le emergenze; chi vive e chi lavora dentro.

Dalla “radiografia” di Antigone che dal 1998 indaga le carceri italiane si possono trarre delle conclusioni che servono a spiegare anche i cambiamenti avvenuti nella società italiana negli ultimi anni. Il numero totale di detenuti è di 56.436. Negli ultimi sei mesi sono aumentati di circa 1.500 unità, mentre nel semestre precedente la crescita era stata di circa 1.100 unità. Dalla fine del 2015 alla fine del 2016 il tasso di affollamento è passato dal 105% al 108,8%, ed al 30 aprile 2017 eravamo già al 112,8%.

I reati, come si diceva, sono diminuiti: nel 2015 il totale di quelli denunciati è stato pari a 2.687.249, contro i 2.812.936 del 2014. Sono diminuiti reati gravi come l’omicidio volontario (-15%), la violenza sessuale (-6,04), ma anche le rapine (-10,62%) e i furti (-6,97). Antigone fa il paragone con il 1991: gli omicidi erano stati 1.916 che nel 2016 sono passati a 396. Sempre nel 1991 i detenuti erano 31.053. «Dunque – si legge nel Rapporto – si ammazzava cinque volte di più, ma si finiva in galera due volte di meno. Non si era ossessionati dalla sicurezza».

Perché dunque adesso l’aumento di detenuti? Secondo Antigone si tratta di una crescita dovuta al particolare stato dell’opinione pubblica in questo momento, ben diverso rispetto a qualche anno fa. E qui si comprende quanto conta una politica allarmistica e quando contano i media mainstream che seguono acriticamente i leader populistici il cui scopo principale è quello di destare insicurezza tra la popolazione.

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