Home Blog Pagina 590

Sgombero Cardinal Capranica: con gli idranti per cacciare 350 persone senza casa, tra cui 80 bambini

La barricata eretta dagli occupanti scesi in strada per resistere allo sgombero dell'ex scuola occupata di via Cardinal Domenico Capranica a Primavalle, 15 luglio 2019. ANSA/Massimo Percossi

L’assedio notturno è iniziato alle 23.30 e durato tutta la notte, con almeno 200 agenti in tenuta anti-sommossa, 18 blindati della polizia, 6 camionette dei carabinieri, 6 defender, 2 camion idranti e un elicottero. E poi, intorno alle ore 10 della mattina successiva, lunedì 15 luglio, sono iniziate le operazioni di sgombero dell’ex Istituto agrario di via Cardinal Capranica, a ovest di Roma, nel quartiere di Primavalle. Il palazzo era occupato da circa 350 persone in emergenza abitativa – la maggior parte stranieri, compresi 80 minori – che da una ventina d’anni avevano trasformato lo stabile in un vero e proprio condominio.

La Prefettura di Roma discuteva da tempo sulla liberazione dell’immobile: lo stabile era il primo nella lista stilata dopo la circolare del Viminale che impone di liberare le strutture occupate in tutta Italia. L’operazione di sgombero prevista per la giornata di oggi sarebbe iniziata in nottata per anticipare la manifestazione prevista il 15 luglio dei movimenti per la casa e il diritto all’abitare, a cui attualmente stanno partecipando circa 200 persone. L’intervento sembra essere infatti avvenuto senza preavviso, senza cercare soluzioni alternative, senza alcun accordo con le istituzioni locali e con i giornalisti tenuti a debita distanza.

Mentre gli agenti circondavano l’edificio, gli occupanti hanno accatastato pneumatici e mobilio a formare delle barricate e qualche decina di persone è salita sul tetto, dove è stato esposto lo striscione «Roma si barrica», e su cui sei donne e tre bambini si sono incatenati. «Noi da qui non ce ne andiamo, siamo in 20 sul tetto, 10 sono bambini dai 4 anni in su. Non molliamo, non riusciranno a buttarci fuori. Questa è casa nostra», ha affermato un’attivista di Action, movimento di sinistra per il diritto all’abitare. Anche sul tetto le persone hanno accumulato copertoni di auto, ma in tanti stanno comunque uscendo dalla ex scuola, a seguito dei messaggi della polizia: «Intanto uscite, poi si troveranno le soluzioni abitative».

«Andremo in un posto tipo un hotel, una stanza con il bagno per noi e una stanza per i bambini, ci dicono, ma non sappiamo niente. Ce lo dicono loro. I bambini vanno all’asilo e a scuola in zona. Siamo sotto choc», ha dichiarato una mamma che abitava nella struttura con il marito e i figli. «Ancora una volta a Roma si considera l’emergenza abitativa come una questione di ordine pubblico mentre è una drammatica questione sociale. Quello che sta accadendo a Primavalle non è accettabile», protesta il deputato Pd Matteo Orfini; anche la senatrice Monica Cirinnà condanna l’intervento definendolo propaganda e sciacallaggio.

Tuttavia, secondo il presidente dell’VIII Municipio, Amedeo Ciaccheri, lo sgombero non era previsto: «Fino a qualche giorno fa – ha affermato durante il presidio – questa vicenda era tutta da studiare tra Prefettura, Comune e Regione impegnati in direzione di misure alternative per un modello già applicato a via Carlo Felice (l’immobile a San Giovanni tornato al proprietario Banca d’Italia). La situazione è precipitata in queste ore, solo 20 giorni fa la sindaca proponeva una pausa per studiare una soluzione, invece si è rotto un percorso che dura da qualche mese, anche per altre situazioni di occupazioni abitative tra cui quella di via del Caravaggio. Qui si parla di centri accoglienza per le famiglie e dormitori per single».

Le polemiche sullo sgombero si erano susseguite tra Lega, amministrazione comunale e parti sociali romane, nelle scorse settimane. «Qualcuno ha voglia di piantare una bandierina politica e si è militarizzato un quartiere per sgomberare 78 famiglie e 80 bambini», sostiene Luca Fagiano, uno dei leader dei Movimenti per il diritto all’abitare. «Fino ad oggi gli occupanti sono stati contattati solo da sedicenti assistenti sociali che però non hanno offerto loro soluzioni, oggi che hanno per la prima volta un confronto con le istituzioni si procede lo stesso con una operazione pesante e rischiosa. È una vergogna, bisogna respingere queste politiche che trasformano i problemi sociali in un problema di ordine pubblico», ha concluso.

Chi ci porta i migranti qui

Migrants disembark from an Italian Guardia di Finanza (GdF) ship in Pozzallo, Sicily Island, southern Italy, 09 July 2019. A total of 53 migrants were rescued on a boat in the Sicilian Channel by a Coast Guard patrol boat, but six of them were immediately transferred to Lampedusa due to medical problems. ANSA/CICCIO RUTA

No, no, fermi. Non si parla di Ong. Meglio: si parla anche di Ong ma in tutto questo baccano ho pensato che ogni tanto conviene depurarsi con i numeri. E allora guardiamoli questi numeri, cerchiamo di capire chi porta i migranti in Italia perché ci sia anche più chiaro l’uso strumentale dei numeri che viene continuamente perpetrato.

I numeri li ha dati sul suo profilo twitter Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi:  nel 2019 sono sbarcati in Italia 3.073 migranti. Soltanto 248 sono arrivati a bordo delle navi delle Ong. Sono l’8 per cento. Manca il 92 per cento degli arrivi. Forte, eh?

Quel 92 per cento arriva attraverso gli sbarchi fantasma (ne ho parlato nel buongiorno del 9 luglio, qualcuno chiedeva i dati, eccoli) oppure in modo autonomo. Riguardo alle Ong «dall’inizio dell’anno hanno compiuto soltanto 7 missioni, sono state attive solamente 31 giorni su 187, praticamente un mese non continuativo su sei», dice Villa, spiegando che la percezione smisurata dipende dal fatto che «quando arrivano al largo delle coste italiane, restano un sacco di giorni in attesa di sbarcare».

E sempre a proposito di Ong i dati smentiscono anche un altro luogo comune: non è vero che la loro presenza incoraggi le partenze, no. Nei giorni in cui stavano in mare si sono registrate 32 partenze. 34 sono le partenze in assenza di Ong. Incredibile vero?

Poi c’è l’altro luogo comune, che in realtà è una calunnia: non è mai stato provato (mai!) nessun rapporto tra Ong e scafisti. E gli editoriali, mi spiace dirvelo, no, non sono una prova sufficiente. Sono opinioni che non hanno nessun riscontro giudiziario.

Così, tanto per chiarire.

Buon lunedì.

Scuola e università contro la disgregazione culturale

LUCA ZAIA GIUSEPPE CONTE STEFANO BONACCINI

È il mondo della formazione il terreno di scontro più acceso nel processo di autonomia differenziata chiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ovvero Lega e Pd uniti in nome del “grande Nord”, come il giurista Massimo Villone definisce la paradossale alleanza. Mentre l’intesa Stato-Regioni arranca, tra rinvii e prove di forza, si assiste a una reazione che viene dal mondo della scuola e dell’università. Una «realtà di massa» che rappresenta un elemento centrale nel Paese. «Dagli insegnanti dipende la produzione di identità e della cultura dello Stato. Il futuro dei Millennials dipende da voi, per questo è decisivo chi controlla voi», ha detto Villone rivolgendosi ai partecipanti dell’assemblea nazionale per il ritiro dell’autonomia differenziata il 7 luglio a Roma.

Un evento importante sia per la grande partecipazione di docenti, genitori, giuristi che per l’approfondimento delle riflessioni, oltre che per l’organizzazione di una resistenza al regionalismo (in qualsiasi forma esso sia), compresa la creazione di un comitato nazionale e il lancio di un appello ai sindacati e ai parlamentari.

Nonostante l’avversario adesso sia più ostico della vecchia Lega bossiana, data appunto la trasversalità di interessi politici ed economici del blocco “secessionista”, la lotta dei docenti per difendere la libertà d’insegnamento e il contratto nazionale, dice Villone, ormai non…

L’articolo di Donatella Coccoli prosegue su Left in edicola dal 12 luglio 2019


SOMMARIO ACQUISTA

Pd e immigrazione, le giravolte di Renzi

Il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi e il ministro dell'Interno, Marco Minniti, ospiti della trasmissione di Raitre "In 1/2 ora in pi˘", condotta da Lucia Annunziata, Roma, 18 febbraio 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Per fare una corrente, ci hanno insegnato i “trenta gloriosi” anni democristiani, ci vogliono un capo-corrente, alcuni fedeli e un programma. Matteo Renzi riunisce Ritorno al futuro e il Comitato di azione civile il 12 luglio a Milano e consegna a Repubblica alcuni punti sui quali i suoi fedelissimi si stanno già esprimendo. A differenza della Democrazia cristiana però, il correntismo di Renzi si definisce prima di tutto contro il proprio partito, il suo vero antagonista. L’attacco che sferra contro il Pd è durissimo. E soprattutto è giocato su una premessa: che chi legge abbia la memoria corta, che il presentismo sia la disposizione mentale e psicologica, fuori e dentro il suo partito. Renzi si mobilita contro coloro che erano i maggiorenti del Pd quando egli era segretario e ai quali imputa, oggi, la debolezza del Pd di Nicola Zingaretti.

I bersagli di Renzi sono due: il governo Gentiloni e l’ex ministro Marco Minniti. L’accusa verte su due fatti: l’esasperazione del tema degli sbarchi; il non aver voluto la legge detta dello ius soli.
Qui starebbe secondo Renzi l’inizio del declino del Pd, non il 4 dicembre 2016 con la sberla ricevuta nel referendum sulla sua riforma costituzionale. Il declino sarebbe partito con il governo Gentiloni dunque, e con la truppa di parlamentari che Renzi non controllava. Sarebbe partito con il «funesto 2017», quando «abbiamo sopravvalutato» la questione migratoria considerando «qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, “una minaccia alla democrazia”».

Dov’era Renzi quando tutto questo succedeva? Era segretario del partito. Delle due l’una: o allora anch’egli la pensava esattamente in quel modo, oppure era un segretario debole, impotente a far sentire la sua voce. Visto il carattere dell’uomo, siamo propensi a considerare la prima ipotesi come quella più credibile. Renzi sta…

L’articolo è tratto dal numero di Left in edicola


SOMMARIO ACQUISTA

Il gene della depressione non esiste

È molto probabile che gli psichiatri organicisti siano saltati sulla sedia alla notizia dello studio pubblicato recentemente dall’American Journal of Psychiatric. L’articolo intitolato “No support for Historical Candidate Gene or Candidate Gene-by-Interaction Hypotheses for Major depression Across Multiple Large Samples” descrive una ricerca condotta in Colorado su un campione di 620mila soggetti che smentisce in maniera netta l’origine genetica della depressione. I risultati di questa analisi smentiscono completamente quelli di un’indagine pubblicata nel 1996 sempre sull’American Journal of Psychiatric che, pur  utilizzando uno scarso numero di campioni, esattamente 454, pretendeva di affermare la presenza di alcuni geni, per la precisione 18, responsabili dell’origine della depressione. Si tratta di uno studio europeo in cui si pensò di aver scoperto il primo fattore genetico coinvolto nello sviluppo di questa patologia.

Gli scienziati erano partiti dall’osservazione di un gene, (5-Httl), responsabile della sintesi di una proteina che ha il compito di catturare (reuptake) la serotonina, un neurotrasmettitore il cui valore si abbassa nella depressione. L’alterazione di questo  gene  avrebbe ostacolato il recupero  della serotonina nel neurone, provocando il calo dell’umore. Non veniva considerato che non è la diminuzione della serotonina a determinare l’abbassamento dell’umore ma il contrario: è la sintomatologia depressiva, espressione di una realtà psichica alterata, a determinare il basso valore del neurotrasmettitore. Si scambia cioè la causa con l’effetto. Questa prima ricerca ebbe grande eco tra gli psichiatri organicisti, così che in pochi anni la convinzione dell’origine genetica della depressione si associò, senza alcun supporto scientifico, ad altre patologie mentali. Alla luce del nuovo studio ci chiediamo: come è stato possibile reiterare un simile errore per 23 anni? Come è stato possibile che un’indagine così parziale abbia avuto un impatto così forte nel dibattito psichiatrico? Uno studio quindi assolutamente non scientifico che sicuramente ha avuto conseguenze disastrose sui pazienti depressi i quali, nella convinzione che la malattia fosse incurabile perché di origine genetica, perdevano ogni speranza di guarire. Ma se i pazienti gettavano la spugna, le case farmaceutiche facevano la loro fortuna. Tuttavia  non sono solo gli interessi dei produttori di psicofarmaci a determinare il successo della psichiatria biologica ma anche l’assenza di una ricerca più profonda sulla realtà psichica. Infatti da Ippocrate fino ai giorni nostri, medici e psichiatri si sono arresi di fronte al “male oscuro”, dichiarandolo incurabile. L’impossibilità della guarigione viene sostenuta ancora oggi dalla psichiatria biologica, convinta che  l’origine della depressione vada cercata nei geni e nella disfunzione dei neurotrasmettitori. Tempo fa…

L’articolo di Cecilia Di Agostino, Marzia Fabi e Maria Sneider prosegue su Left in edicola dal 12 luglio 2019

SOMMARIO ACQUISTA

Dopo gli anelli di Saturno, verso la prossima eclissi di Luna

Il 16 e 17 luglio, nella settimana del cinquantenario del primo sbarco dell’uomo sulla luna, avvenuto il 20 luglio 1969, sarà visibile una parziale eclissi del nostro satellite. Lo spettacolo, visibile a occhio nudo, avrà inizio intorno alle 18:42, ma sarà ben visibile dalle 21:00. Il picco è previsto per le 23:30. La parte oscurata dal cono d’ombra della Terra oscillerà tra il 55 e il 70%, vale a dire che la luna sarà coperta per circa due terzi. Quest’anno luglio è davvero ricco di eventi per gli appassionati di astronomia. Oltre alla ricorrenza appena ricordata, nella notte scorsa è stato possibile ammirare come non mai con un semplice telescopio gli anelli di Saturno e la maestosità di un altro gigante gassoso: Giove. Il primo in opposizione, il secondo in congiunzione con la Luna, nella costellazione dell’Ofiuco. Per l’occasione, l’Unione astrofili italiani (Uai) ha organizzato iniziative in tutta Italia, riunite sotto il nome de le “Notti dei giganti”, per osservare i due pianeti.

Il 9 luglio, Saturno si è trovato, infatti, a 1 miliardo e 351 milioni di chilometri dalla Terra, la distanza minima che può intercorrere tra i due, e in opposizione, «cioè in una posizione opposta a quella del Sole», ha spiegato Paolo Volpini della Uai. Di conseguenza, ha aggiunto «quando tramonta il Sole sorge il pianeta, che resta visibile per tutta la notte» e sarà nelle migliori condizioni di visibilità. «A inizio serata (il 12 luglio, ndr) si è potuto cercare il pianeta sull’orizzonte orientale, tra le stelle della costellazione del Sagittario. Poi nelle ore centrali della notte Saturno tenderà a spostarsi verso Sud». La Luna ha culminato a Sud nelle prime ore della notte, per poi spostarsi lentamente nella costellazione dello Scorpione e, insieme a Giove, sono stati preceduti dalla stella rossa Antares e seguiti da Saturno nel Sagittario. Quando un pianeta esterno (cioè più lontano dal Sole rispetto alla Terra) è all’opposizione, la Terra si trova esattamente in mezzo tra il Sole e il pianeta, che si trova nella posizione più vicina possibile alla Terra e completamente illuminato dal Sole. Il fatto di trovarsi all’opposizione, dunque, rende gli anelli di Saturno estremamente più luminosi, per via di un fenomeno ottico che prende il nome di effetto di opposizione o anche effetto Seeliger (da Hugo von Seeliger, l’astronomo tedesco che per primo ne propose la spiegazione nel 1887).

Ma in cosa consiste questo effetto? Si basa sull’angolo di fase, ossia l’angolo formato da un corpo celeste (nel nostro caso Saturno), dalla sorgente luminosa che lo illumina (il Sole) e dal luogo in cui si trova l’osservatore (la Terra). Più Saturno si avvicina all’opposizione, più l’angolo di fase tende a zero, poiché il fenomeno consiste precisamente nel fatto che Sole, Terra e pianeta esterno siano perfettamente allineati. Ecco che, allora, tutte le ombre del corpo illuminato scompaiono. Tale effetto si manifesta maggiormente nei corpi privi di aria, formati da particelle irregolari, come, appunto, gli anelli di Saturno e la superficie lunare. Quando l’angolo di fase è maggiore di zero, allora le sporgenze e gli avvallamenti nei corpi celesti proiettano le loro ombre, che tolgono luminosità alla veduta d’insieme. Ma quando i tre corpi celesti sono allineati, allora, per un breve lasso di tempo, tutte le ombre generate dalle piccole asperità superficiali dei materiali scompaiono sotto la luce diretta, perpendicolare, del Sole.

Accompagnato da Giove (che si è comportato similmente al pianeta con l’anello) ancora ben visibile e luminoso nella prima parte della notte, Saturno lascerà il posto il prossimo 14 luglio a Plutone, quando il “pianeta nano” si troverà in opposizione al Sole (a circa 4.900 miliardi di chilometri di distanza), in una posizione vicina a quella attuale di Saturno. «Come quest’ultimo sarà visibile per tutta la notte, a Sud-Est dopo il tramonto, poi a Sud nelle ore centrali della notte e infine a Sud-Ovest prima dell’alba», precisa l’Uai, sottolineando che per poter ammirare Plutone serviranno, questa volta, telescopi più potenti.

Cinquestelle con l’acqua (pubblica) alla gola

Luigi Di Maio, leader of the Five Star Movement (M5S), drinks water during a meeting with foreign press, on March 13, 2018 in Rome. / AFP PHOTO / Tiziana FABI (Photo credit should read TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

In principio c’è l’acqua ma non vogliamo scomodare Talete di Mileto – per il quale l’umido fa vivere, la sua scomparsa produce la morte e la stessa acqua sostiene la terra che altrimenti non esisterebbe -, stavolta parliamo di stelle. L’acqua era la prima delle Cinque. Le altre sono ambiente, trasporti, connettività e sviluppo e già sappiamo che sono andate a farsi benedire quando il moVimento si è “contrattualizzato” consegnandosi alla Lega di Salvini. La faccenda è nel famigerato contratto di governo, ma la formulazione scelta – «È necessario investire sul servizio idrico integrato di natura pubblica» – lascia spazio a ogni ambiguità.

Da otto anni questo Paese aspetta una legge che prenda atto dell’esito di un referendum che bocciava ogni tipo di privatizzazione e pochi mesi dopo l’insediamento del governo gialloverde scrivevamo su Left che su quel testo il presidente della Camera Fico era riuscito a ottenere la procedura d’urgenza. Quel testo, a firma della pentastellata Federica Daga, ricalcava la legge di iniziativa popolare scritta dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua ma insabbiata dal sopravvalutato Prodi.

Il 29 luglio, all’inizio dell’ultima settimana dei lavori parlamentari, quel testo è stato calendarizzato, «è una data importante, dobbiamo assolutamente arrivare con la discussione fatta in commissione», dice a Left Daga mentre Paolo Carsetti del Forum è più disincantato: «È la terza o quarta volta che viene calendarizzata la discussione in aula e sistematicamente rinviata – spiega -. La magagna sta…

L’articolo di Checchino Antonini prosegue su Left in edicola dal 12 luglio2019


SOMMARIO ACQUISTA

Con il coraggio di Kirikù

Quello che colpisce delle immagini dei film di Michel Ocelot, dei personaggi e delle loro storie è, in particolare, il legame imprescindibile tra fantasia e realtà, là dove quest’ultima assume connotazioni straordinariamente poetiche.
Non ci si trova davanti ad una mera imitazione del reale ma ad una sua trasformazione, che sembra rispondere a profonde ed intime esigenze dell’artista. Come nasce, per lei, tutto questo?
Ciò che mi interessa è la realtà, e migliorarla il più possibile. Mi interessa far passare delle emozioni durante la visione dei miei film, e lasciare spunti di riflessione per dopo. Se faccio film è perché ho qualcosa da raccontare. Trovo che una fiaba che non ha nulla da comunicare sia debole e noiosa.
I temi affrontati sono temi importanti. E, in primo piano, c’è sempre l’essere umano. Se penso a Kirikù e la strega Karabà, mi viene in mente la chiusura nel pregiudizio, il rifiuto all’accoglienza, di contro alla curiosità e all’apertura verso l’altro, rappresentata dal piccolo e coraggioso Kirikù e dai suoi “perché”.
Sì, affronto temi importanti, che nascono dalla mia testa e dalla mia pancia. Il mio ultimo film, Dililì a Parigi, lo fa in maniera più diretta degli altri miei film, raccontando degli orrori perpetrati dagli uomini contro le donne, e che accadono in tutto il mondo.
La forza di Kirikù, come gli ricorda il saggio della montagna, sta proprio nell’assenza di amuleti, in questo suo sguardo lucido e sensibile, e possiamo dire laico, sulla realtà?
A partire dal XVI secolo, l’Occidente ha inventato tutto ciò di cui noi disponiamo attualmente, ed ha letteralmente conquistato il pianeta. L’Occidente ha…

(ha collaborato alla traduzione Valentina Maurizi)

Michel Ocelot è ospite d’onore, sabato 13 e domenica 14 luglio, della 23ª edizione dell’Umbria Film Festival a Montone (Perugia)

L’intervista è stata pubblicata su Left del 5 luglio 2019


SOMMARIO ACQUISTA

L’acqua non è una merce è un diritto universale

Ri-pensare l’acqua è urgente e necessario per liberare il futuro dell’umanità dalle catene della disuguaglianza e dell’ingiustizia. Specie oggi nell’era dell’antropocene, chiamata cosi dagli scienziati perché le condizioni di vita degli abitanti della Terra sono oramai influenzate principalmente dall’azione degli esseri umani e non più dalla natura.

Una delle catene al consolidamento della quale la maniera di pensare l’acqua ha fortemente contribuito è stata creata allorché la comunità internazionale ha affermato a Dublino nel 1992, in preparazione del primo vertice mondiale della Terra a Rio, che l’acqua doveva essere considerata un «bene economico» e non più un bene sociale, un bene comune disponibile per tutti. Si è trattato di una inversione di rotta epocale nella narrazione dell’acqua. Secondo i principi dell’economia capitalista di mercato dominante, un bene economico è tale allorché è oggetto di rivalità per la sua appropriazione ed il controllo dei suoi usi e, quindi, comporta processi di esclusione.

Aver ridotto l’acqua a principalmente un bene economico, a merce, in linea con la cultura generale utilitarista della vita, ha avuto due gravi conseguenze negative. Anzitutto, la comunità internazionale ha legittimato l’idea che l’accesso all’acqua buona per usi umani è possibile solo…

L’articolo di Riccardo Petrella prosegue su Left in edicola dal 12 luglio 2019


SOMMARIO ACQUISTA

Settimo: non rublare

Italian Premier Giuseppe Conte, third right, and Russian President Vladimir Putin, third left, toast during the dinner at Villa Madama after their talks in Rome, Thursday, July 4, 2019. Francis.Gianluca Savoini (cerchiato in fondo ) (Alexei Druzhinin, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP) [CopyrightNotice: Sputnik]

Forti le reazioni sul caso Lega-Russia: il ministro dell’interno aveva tentato di chiudere tutto come semplice blablabla e invece, ovviamente, la cosa ieri è montata e, ovviamente, l’opposizione ha fatto l’opposizione. Così accade che nel Parlamento (che sembra diventato il paese di Bengodi) qualcuno pretenda di avere risposte e spiegazioni un po’ più convincenti dei versetti da bulletto che ha grugnito Salvini e la presidente del Senato Casellati decide che no, che in Parlamento non si deve parlare (nonostante il nome Parlamento) di pettegolezzi giornalistici.

Poiché la realtà supera la fantasia, non passano molti minuti che i pettegolezzi giornalistici diventano un’indagine. E chissà come ci sarà rimasta male, la Casellati, di questi giudici che si mettono in testa di indagare sui pettegolezzi, eh?

Ma c’è un’altra cosa curiosa nell’affare Lega-Russi che andrebbe sottolineato: Gianluca Savoini (l’uomo registrato mentre tentava di convincere i russi a finanziare la Lega) aveva smentito quell’incontro che invece oggi è costretto a confermare. Non ci credete? È tutto qui. Quindi si potrebbe serenamente dire che siano bugiardi, almeno questo.

Poi c’è la reazione di Di Maio, potentissima e decisa come al solito: “meglio Putin che i petrolieri” ha detto il ministro. Perché lui funziona così, con un ragionamento singolo: se spunta merda basta trovarne una nel passato che puzzi di più, così sarà sempre colpa di quelli prima. E fa niente se intanto ci affoghiamo dentro. E così accade che i rivoluzionari da tastiera siano passati da “e allora il Pd?” a “e allora il Pci?”. Secondo me se qualcuno osserva questo Paese da fuori si scompiscia dal ridere.

Ultimo ma non ultimo il buon Giorgetti che ci vuole convincere che quel Savoini sia solo un millantatore. E sarà per questo che il ministro dell’interno se lo porta nelle riunioni di Stato. Eh già.

Buon venerdì.